ДЕТИ (BAMBINI)

La generale stagnazione che stiamo vivendo in Italia da oltre 20 anni è dovuta anche al fatto che la maggioranza delle persone non osa uscire dalla gabbia mentale delle abitudini, delle soluzioni prive di rischio, degli schemi comportamentali rassicuranti e supercollaudati.
La comodità, la consuetudine e la conservazione, ancora una volta, la fanno da padrone sterilizzando stimoli, pulsioni, energia creativa.
Ogni essere umano nasce come creatura originale con una
predisposizione embrionale alla positività, all’entusiasmo, alla felicità. Poi succede qualcosa per cui questa dotazione - non allenata, non esercitata - la perdiamo lungo il cammino.
IL 10% DELLE PERSONE
Alfonso Fuggetta ci ha detto: abbiamo voglia di viaggiare o pensiamo di accontentarci leggendo le cartoline spedite dagli altri?
Dai, prepariamo i bagagli e partiamo! (e non dimentichiamoci di comprare le cartoline).
Fabrizio Favini
IL 90% DELLE PERSONE
DICEMBRE 2022
Porta sempre una soluzione
Porta sempre un problema Ha sempre un piano Ha sempre una scusa “Io lo faccio” “Non è il mio lavoro” Ha una soluzione per ogni problema Ha un problema per ogni soluzione Dice che è difficile ma fattibile Dice che è fattibile ma troppo difficile
Invitiamo i nostri lettori a passeggiare insieme a noi nel bosco della complessità e della positività. Vedremo come la Ricerca - scientifica, sociopolitica, culturale, etica, economica e produttiva, insieme all’Innovazione - tecnologica, di metodo, di comportamento, di processo, di
prodotto, cambia la nostra vita. Vedremo come l’innovazione creativa concorra, giorno dopo giorno, alla costruzione di nuovi modelli di relazione economica, sociale, produttiva e organizzativa procedendo instancabilmente, in parallelo, alla distruzione di quelli precedenti.
Un appuntamento mensile. Brevi articoli monotematici che rimandano ad approfondimenti, per chi desidera; repertori iconografici scelti in virtù di criteri estetici; l’impegno di affrontare e di interpretare in modo semplice, ma non semplicistico, la complessità; il piacere della scoperta, dello scambio e della relazione positiva con i nostri Lettori.
Benvenuti a bordo!
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
Esperto di innovazione del comportamento
Il futuro non è più quello di una volta
Segretario Generale e Direttore Esecutivo di UN Global Compact Network Italia
Business e diritti umani: il ruolo delle filiere sostenibili
Presidente del Forum della Meritocrazia
Merito, motore della Società
Campionessa di apnea: 3 record mondiali, 8 record italiani
Il tuffo in apnea è una metafora della vita
Autori pg. 22 Manifesto pg. 28
Per commentare l’attuale situazione umana e comportamentale, riporto il sintetico contributo di 3 autorevoli Pensatori. Procedo poi con una serie di considerazioni che penso siano utili per i Lettori del Magazine.
Edgar Morin, filosofo e sociologo francese.
Stiamo vivendo una crisi molto insidiosa, invisibile e profonda, la crisi del pensiero. Risvegliamoci! Ridestiamo le nostre coscienze.
Si tratta di un degrado che investe molti ambiti e che il flusso di una vita frenetica – in cui la riflessione è ormai un lusso – ci impedisce di percepire.
Secondo Morin le alternative ci sono: bisogna pensarle e costruirle.
Oggi dilaga l’accettazione passiva dello stato delle cose; il futuro si rivela sempre più incerto ed inquietante; servirebbe un movimento sovranazionale in grado di promuovere coraggio, speranza e solidarietà.
Il vero problema oggi non è aumentare la potenza dell’Uomo – che sta già provocando il degrado ecologico e la rovina del Pianetabensì rafforzare le relazioni umane.
Alessandro Baricco, scrittore e sceneggiatore.
Bisogna riuscire a creare un movimento contrario alla paura, che sta ghermendo le nostre coscienze e le nostre menti. In questo momento la paura sta prevalendo sui nostri sogni, sui nostri desideri, sul nostro futuro.
Il Pianeta è ormai un posto quasi sempre in emergenza, dominato dalla paura. Arriverà il giorno in cui il mondo reale sarà talmente inospitale ed il metaverso così confortevole e rassicurante che ci scivoleremo dentro con facilità?
Come reagire? Bisogna impedire al mondo reale di perdere speranza, forza e bellezza. Da qui la necessità di un Umanesimo contemporaneo.
Allora qualche riflessione e qualche informazione su Rinascimento ed Umanesimo.
Il Rinascimento è l’Umanesimo portato a fioritura
Il Rinascimento si caratterizzò con l’affermarsi della centralità dell’Uomo.
Con il Rinascimento incominciò l’Era Moderna e con essa l’Illuminismo, ovvero il perseguimento della felicità individuale e collettiva.
Il Rinascimento introdusse l’autonomia delle sfere politica, economica, giuridica e tecnologica dall’influenza religiosa anche grazie alla Riforma Protestante, un’autonomia senza la quale nessun individuo sarebbe realmente libero.
L’Islam, che non abbracciò questa svolta, restò prigioniero in un mondo teocratico.
Il Rinascimento scoprì la bellezza; l’arte cessò di essere solo artigianato per rivelarsi, attraverso il valore estetico, espressione dei sentimenti e delle passioni.
È ora il tempo di rinascere, di ritrovare fiducia in quell’ineguagliabile ed antico spirito creativo che ci ha reso famosi in tutto il mondo e che può costituire la differenza per noi e per i nostri figli.
È quindi il momento di avviarci verso un nuovo e moderno Umanesimo applicato alla sostenibilità sociale, ambientale ed
economica del mondo imprenditoriale e professionale dove il raggiungimento del benessere della Persona non può che essere il primo obiettivo.
È pertanto l’ora di seguire esempio e stimolo dei nostri grandi Artisti Italiani ai quali attingere quell’energia positiva che li ha pervasi e che ora ci può aiutare nuovamente a realizzare progetti, idee, iniziative, sogni.
Questa rivoluzione culturale nacque nella Firenze del Quattrocento a cura dei Medici che finanziarono l’Arte e la Scienza.
Cosimo (il Vecchio) de’ Medici (1389-1464) – Lorenzo il Magnifico (1449-1492) –Giovanni de’ Medici (diventa Papa Leone X) – Giulio de’ Medici (diventa Papa Clemente VII). La dinastia si estingue con Gian Gastone, morto nel 1737.
NB. Due donne di casa Medici – Caterina e Maria – furono regine di Francia.
Fu grazie a questo mecenatismo che nacque e si sviluppò il Rinascimento.
Benvenuto Cellini ebbe ad affermare che Firenze era diventata la scuola del mondo.
Aaron Benanav, professore di sociologia, esperto di automazione.
Il malessere dei lavoratori non è colpa dell’avvento dei robot o degli algoritmi, bensì invece è un problema sociale, una questione politica ed economica.
Quando le persone si sentono sicure, quando hanno tempo libero e accesso al benessere, fanno cose meravigliose e a beneficio dell’Umanità.
Quello che manca oggi è la fiducia in un mondo migliore e l’idea di come arrivarci.
Abbiamo smesso di cercare di comprendere la straordinaria complessità di questo mondo. Oggi il modo tradizionale di percepire l’essere umano subisce un drammatico cambiamento non solo per la crisi climatica, le epidemie e la scoperta dei limiti del nostro modello economico non più sostenibile, bensì per come ci vediamo allo specchio.
La globalizzazione ci ha portato complessità, molteplicità, eterogeneità, influsso reciproco, interdipendenza: sono queste le nuove chiavi di lettura tramite le quali traguardare il mondo e decidere il nostro futuro. Questo è il complicato intreccio di cui dobbiamo senza più indugio assumerne consapevolezza!
E il nostro approccio alla complessità dei problemi non può che essere interfunzionale e multidisciplinare!
Che effetto hanno le nostre azioni sul futuro della Società?
La pandemia, la guerra, la sostenibilità ci offrono 2 vie d’uscita: la consapevolezza aumentata oppure la pericolosa rimozione del problema dalle nostre menti.
Tutti dobbiamo iniziare a chiederci che impatto hanno le nostre decisioni e i nostri comportamenti. È infatti fondamentale capire che nessun nostro gesto è neutro; oggi la responsabilità è collettiva, interconnessa, globale.
La pandemia, ad esempio, ci ha insegnato la circolarità della nostra salute.
Dobbiamo consapevolmente cambiare il comportamento del singolo, delle multinazionali, della politica; questo è l’unico modo per evitare l’effetto domino e il conseguente disastro.
Nessun rapporto umano ha subìto più modifiche a causa della pandemia di quello tra Datori di lavoro e Collaboratori.
In tutto il mondo i Collaboratori stanno chiedendo qualcosa di più ai loro Datori di lavoro, ad iniziare da una maggiore flessibilità e da mansioni più significative. Sebbene l’allontanamento dalla pandemia per le aziende sia un’occasione di rigenerazione, i CEO si trovano davanti ad un paradigma radicalmente diverso da ciò a cui erano abituati. La “normalità” prevedeva che i Collaboratori andassero in ufficio 5 giorni alla settimana. Raramente si parlava di salute mentale sul luogo di lavoro e i salari a mediobasso reddito crescevano a malapena.
Quel mondo non esiste più.
Le aziende che non si adeguano a questa nuova realtà e non danno seguito alle istanze dei Collaboratori lo fanno a loro rischio e pericolo.
La turbolenza che scuote il mondo del lavoro - great resignation per non parlare di quiet quitting - fa aumentare i costi, abbassa la produttività, erode e disperde la cultura e la memoria dell’Azienda.
Signori CEO, dovete domandarvi se avete a disposizione i talenti che servono per competere secondo le nuove regole.
Cosa state facendo per consolidare il rapporto coi vostri Collaboratori?
Come vi state garantendo che i Collaboratori si sentano sufficientemente al sicuro da poter dare libero sfogo alla loro creatività, spirito di collaborazione, produttività, condivisione degli obiettivi?
Come vi state assicurando che il vostro CdA adotti adeguata e continuativa attenzione su questi temi?
Dato che le modalità di lavoro non torneranno più a essere quelle di prima, in che modo la cultura della vostra Azienda si sta adattando a questo nuovo scenario?
Fabrizio FaviniIl rispetto dei diritti umani e la promozione del lavoro dignitoso sono elementi imprescindibili per l’avanzamento dello sviluppo sostenibile. In questo ambito, al settore privato spetta più che mai un ruolo chiave. Le attività imprenditoriali hanno infatti un forte impatto sociale, sia sui Collaboratori che sulle comunità.
Generalmente, quando ci si trova ad affrontare questo tema, si fa riferimento in prima analisi a quelli che sono i due scenari più estremi: schiavitù e lavoro forzato Secondo il report “Global Estimates of Modern Slavery: Forced Labour and Forced Marriage” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel 2021 erano più di 49 milioni le persone che vivevano in condizioni di “moderna schiavitù” e oltre 27 milioni quelle coinvolte in lavori forzati. L’86% di queste ultime, risultava impiegato nel settore privato.
A pochi anni dal 2030, limite temporale indicato dalle Nazioni Unite per il compimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, permangono al livello globale gravi violazioni dei diritti umani, e nessun Paese al mondo può sentirsi libero. Anche laddove questi fenomeni sono meno diffusi e la normativa vigente più matura, restano aperti campi in cui le imprese sono chiamate ad alzare l’asticella ricercando un impatto positivo sempre maggiore: in particolare, parliamo di pari opportunità di accesso al lavoro e di carriera per le donne, diversity e inclusione, non-discriminazione, sicurezza sul lavoro, ecc. Rispetto a queste tematiche, l’azienda può scegliere se lavorare restando all’interno del proprio perimetro, guardando anche agli stakeholder esterni o, nel migliore dei casi, considerando l’intera catena del valore. In altre parole, adottando un approccio di filiera, unica via per scalare l’impatto.
Perché un Big Player dovrebbe coinvolgere i propri fornitori nelle strategie di sostenibilità? La riduzione di rischi reputazionali è sicuramente un beneficio, ma non l’unico. L’azienda che promuove i diritti umani lungo la catena di fornitura, di fatto innesca un circolo virtuoso che attraversa contesti socio-culturali e legislativi anche molto diversi e distanti, assumendo un valore particolare quando parliamo di catene di fornitura globali. Una filiera sostenibile fa bene a tutti, al Big Player, ai Fornitori, alle comunità locali.
Anche la normativa europea sta diventando sempre più stringente in termini di garanzia sui diritti umani nel business. Il 10 novembre scorso, il Parlamento Europeo ha adottato in via definitiva la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che introduce obblighi di trasparenza più dettagliati sull’impatto delle imprese su ambiente, diritti umani e standard sociali, estendendo tali obblighi anche alle grandi aziende non quotate ed alle PMI quotate. Relativamente alle supply chain, la Direttiva Europea richiede all’Azienda di comunicare sull’intera catena del valore, operante sia all’interno dell’Unione che in Paesi terzi.
Per poter lavorare sulla catena di fornitura è necessario che l’Azienda abbia una conoscenza approfondita delle realtà che ne fanno parte e dei contesti nelle quali operano. La mappatura dei Fornitori è un processo complesso ma fondamentale, che consente all’Azienda di fare un assessment iniziale, per fissare obiettivi di crescita per il futuro. L’introduzione dei criteri ESG, o dei principi etici, nella selezione delle aziende partner e fornitrici aiuta sicuramente a garantire un livello di sostenibilità iniziale più alto.
Conoscere la propria filiera significa, inoltre, essere consapevoli delle principali aree di vulnerabilità nelle quali la catena produttiva opera, aiuta a gestirle, riducendo quindi il rischio. L’attività di monitoraggio e misurazione della sostenibilità lungo la filiera consente, poi, di orientare il coinvolgimento attivo dei fornitori verso una logica di progresso continuo che è l’approccio caratterizzante il modello di Supply Chain Management promosso dal Global Compact delle Nazioni Unite.
Esiste una moltitudine di strumenti messi a disposizione dalla comunità internazionale per aiutare le imprese ad accrescere il proprio impatto sui diritti umani lungo la filiera: due importanti esempi di Soft Law sono i “Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani” e le “Linee Guida per le Imprese Multinazionali” dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. I Principi Guida dell’ONU (UNGPs) hanno lo scopo di indicare sia ai Governi che alle aziende di tutto il mondo quale condotta è consigliabile assumere per prevenire e far
fronte agli impatti negativi delle attività imprenditoriali sui diritti umani. Le Linee Guida OCSE, invece, sono raccomandazioni rivolte dai Governi alle imprese multinazionali per orientare l’azione del settore privato verso l’avanzamento dello sviluppo sostenibile.
Anche il Global Compact delle Nazioni Unite ha prodotto diversi strumenti e pubblicazioni nei suoi primi 20 anni di attività sul tema della gestione sostenibile della filiera: tra i più recenti, vi sono il Business & Human Rights Navigator, un tool online utile alle aziende per migliorare la comprensione e l’attuazione degli UNGPs e gestire l’impatto sui diritti umani generato dalle proprie attività e catene di fornitura, e il Decent Work Toolkit for Sustainable Procurement, strumento pratico che consente agli addetti aziendali degli Uffici Acquisti e ai loro fornitori di costruire o rafforzare un dialogo trasparente e costruttivo per identificare e affrontare eventuali gap nelle condizioni dei lavoratori lungo le catene di fornitura. A conferma della centralità del tema per l’iniziativa dell’ONU, ad ottobre 2022 il Network Italiano del Global Compact ha pubblicato un Position Paper su «La gestione sostenibile delle catene di fornitura: tra responsabilità e opportunità per le imprese», elaborato con il contributo di oltre trenta aziende italiane aderenti all’UN Global Compact.
Infine, è possibile per le aziende attivare partnership fra realtà business o tra pubblico e privato, attraverso le quali condividere risorse, punti di osservazione privilegiati, know-how sui temi. Partner cruciali, ad esempio, possono essere le organizzazioni della società civile o quelle non governative, che operano per la tutela dei diritti umani e dei lavoratori; le istituzioni finanziarie particolarmente
sensibili al tema, che possono investire i propri capitali a supporto delle attività aziendali di promozione e rispetto dei diritti umani; i Governi dei Paesi in cui le filiere operano per un’azione di advocacy orientata alla trasformazione culturale.
Daniela BernacchiSembra che negli ultimi tempi – complice l’attualità - non si faccia altro che parlare di Merito. Spesso, a vanvera, mentre potrebbe essere l’occasione per una riflessione intellettualmente onesta su quanto sia importante nelle nostre vite il riconoscimento del merito sin da quando siamo bambini, perché risponde a un senso di giustizia preistituzionale che ci appartiene. Da adulti, poi, perché come sosteneva Aristotele, una società giusta non può esimersi dal riconoscere i meriti dei suoi cittadini.
A riaccendere un feroce dibattito sul merito - dopo anni di silenzio seguiti al fallimento della “terza via”, il programma politico progressista di Tony Blair - è stato il sociologo Michael Sandel, professore ad Harvard, con il suo libro The tiranny of merit (Hardcover, settembre 2020). Sandel ha additato l’ideologia meritocratica come
la causa della creazione di una società ingiusta e discriminatoria negli Usa, divisa tra coloro che ricoprono posizioni vantaggiose, convinti di averle meritate nella loro sconsiderata arroganza, e coloro che si ritrovano in posizioni svantaggiate, anch’essi convinti di meritarlo e quindi annichiliti da umiliazione e risentimento. Ma l’interpretazione di Sandel tradisce una visione distorta di meritocrazia.
Come ha sagacemente obiettato Marco Santambrogio, filosofo del linguaggio e saggista, nel libro dal titolo Il complotto contro il Merito (Editore Laterza, ottobre 2021), una società meritocratica non è necessariamente una società competitiva che incoraggia l’egoismo e che soprattutto ragiona in termini di un’unica gara globale, tutti contro tutti, per conquistare quote di ricchezza e di potere. Semmai, il confronto
e la valutazione dei meriti ha senso in piccole competizioni locali, per assegnare posti e posizioni sociali che vanno attribuiti secondo equità nell’interesse dell’individuo e della collettività’. In sostanza, riconoscere la pluralità dei meriti non confrontabili tra loro è fondamentale, per non cadere nel rischio di parlare di diversità e inclusione senza renderci conto di immaginare un solo tipo di società e di progresso, in cui alcune tipologie di talento vengono di fatto escluse.
Si tratta di una visione estremamente attuale, se consideriamo le peculiarità dell’era della conoscenza inaugurata dal XXI secolo. A coglierne bene il senso è stato Adrian Wooldridge, nel suo saggio del 2021 The Aristocracy of Talent: how meritocracy made modern world (Allen Lane), in cui mette in evidenza quanto la meritocrazia sia necessaria per valorizzare il talento unico
e affinare le competenze di ciascuno e di tutti, in modo da fare del capitale umano il più potente motore di progresso del secolo.
E sta proprio qui il punto. Come ampiamente argomentato durante l’edizione 2022 del Festival internazionale dell’Economia, traslocata da Trento a Torino, merito ed uguaglianza devono essere tenute in equilibrio, altrimenti a soffrirne sono le strutture democratiche. Proprio quello che è successo negli ultimi decenni: in tutte le economie avanzate, l’ingiustizia sociale è aumentata, a causa di una crescente polarizzazione di ricchezza innescata dall’accelerazione di globalizzazione e rivoluzione digitale non adeguatamente governate. La pandemia ha fatto il resto, acuendo vecchie disuguaglianze e creandone di nuove, che si riflettono sotto i nostri occhi in tensioni sociali e spinte populiste.
La sfida, dunque, è quella di utilizzare la leva meritocratica per smuovere l’ascensore sociale e restituire dinamicità al nostro sistema sociale. Solo un ecosistema meritocratico, infatti, può permettere di scardinare il peso decisivo delle condizioni di partenza delle famiglie di origine nel determinare l’accesso alle opportunità di educazione, innanzitutto, e poi di lavoro, ma anche di salute e benessere in generale, inteso come qualità di vita.
Naturalmente servirebbe un ingente investimento nel sistema educativo, nonché una radicale riforma dei sistemi fiscali e di redistribuzione del reddito, in un Paese dove dal 1995 in poi si è verificata una progressiva concentrazione di ricchezza soprattutto nelle fasce di età superiori ai 50 anni, sempre più derivanti da lasciti ereditari e donazioni. Di fatto, se vogliamo riequilibrare la situazione e creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile, dobbiamo agire velocemente – sia a livello macro sia a livello
macroeconomico – per permettere una piena inclusione delle nuove generazioni e delle donne, così come peraltro richiesto dagli obiettivi dell’Agenda Onu 2030.
Bando, allora, a chi strumentalizza o interpreta attraverso la lente ideologica il merito e, piuttosto, concentriamoci sui numeri.
Il Meritometro, indicatore scientifico ideato dal Forum della Meritocrazia assieme ad Alessandro Rosina, professore di demografia e statistica dell’università Cattolica di Milano, ci restituisce una fotografia composita dello stato di salute del Paese, in termini di competitività e di benessere (inteso come accesso al libero dispiego del potenziale e al riconoscimento del merito individuale). Ovvero della capacità di garantire un ecosistema favorevole allo sviluppo delle idee, delle competenze e dei talenti di tutti, a partire dai giovani, perché è di questo che stiamo parlando.
Ebbene, la situazione aggiornata al 2022 è la seguente. Sui 12 Paesi misurati dal 2015 ad oggi, sulla base di 7 pilastri riconosciuti a livello internazionali come indicatori di buona governance – qualità del sistema educativo, attrattività dei talenti, pari opportunità (per donne e giovani), libertà, regole, trasparenza e mobilità sociale - l’Italia, con un punteggio di 25,48, si conferma in ultima posizione nel ranking europeo. Conta più di 9 punti di distacco dalla penultima in classica (la Polonia) e ben 43 dalla prima (la Finlandia).
I maggiori gap rispetto alle medie della UE si riscontrano con riferimento ai pilastri della qualità del sistema educativo e della trasparenza seguiti dalla libertà, dalle regole, dall’attrattiva per i talenti e dalla mobilità.
In ogni caso, siamo ultimi sia come risultato complessivo che sui singoli pilastri.
In particolare emerge che l’incapacità strutturale di attivare il talento dei nostri giovani è addirittura peggiorata rispetto a dieci fa. Infatti, come attestano anche altri osservatori, tra cui il Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, siamo tra i Paesi avanzati che meno valorizzano il capitale umano, soprattutto di giovani e donne.
Quindi, di che merito stiamo parlando?
Vogliamo davvero arrenderci e continuare a pagare il costo di un sistema che disconosce i meriti, cha ha paura dell’eccellenza, privando le nuove generazioni di fiducia nel futuro, di prospettiva di vita e quindi di motivazione, con un impatto drammatico sulla nostra società ed economia?
Forse quello che manca è un metodo.
Misurare (che significa trasparenza) per guardare la realtà senza pregiudizi e barriere ideologiche, e avere poi il coraggio di agire di conseguenza. A chi spetta se non a tutti noi, cittadini di Paesi democratici, difendere il valore del merito, che è espressione di libertà? Noi del Forum della Meritocrazia dal 2011 promuoviamo la Cultura del Merito in modo sistemico nella società italiana, attraverso progetti concreti e pluriennali rivolti a giovani, aziende e istituzioni, con una visione di lungo periodo e in un’ottica multistakeholder, per portare avanti una rivoluzione culturale che è responsabilità di tutti. E, non v’è dubbio, che si tratti di una rivoluzione positiva.
Maria Cristina Origlia
Quando riemergi da una profondità di 100 metri è come venire al mondo una seconda volta.
Forse potreste pensare che chi va a 100 metri di profondità in mare non abbia paura o che, al contrario, provi paura. Ecco, nessuna delle due opzioni è personalmente vera: vivo la paura come una emozione fondante della mia vita e non ho paura quando mi trovo a 100 metri sotto il livello del mare: perché?
Se ci pensiamo, il momento storico in cui viviamo alimenta l’illusione di poter eliminare la paura come se crescere senza ferirsi, senza avere paura soprattutto senza affrontarla possa essere una opzione valida e percorribile. Spesso le persone pensano: mi fa paura quindi non lo faccio. Fino a quando affronti la paura superficialmente ti senti costretto a cambiare direzione, come se la paura fosse una emozione da evitare in senso assoluto. In realtà annullare la paura non è un obiettivo semplicemente perché non ci è utile. Ciò che è importante è non permettere che la paura - di morire, di sbagliare, di fallire, di non essere all’altezza, di deludere gli altri, di trovarsi in condizioni di
vita infelici, dell’ignoto e persino del futurocondizioni così pesantemente il nostro agire da impedirci di fare, e di fare bene.
L’apnea mi ha dato la motivazione forte a superare la paura. Oggi posso dire che non aspetto di andare sottacqua per avere paura, ma andando sottacqua ho imparato a conviverci e a gestirla.
Ma la cosa più interessante è che una volta fatto questo percorso sott’acqua ho capito che tutta la vita è un susseguirsi di paure con cui confrontarmi. Che frequentare assiduamente la paura aiuta a relazionarsi con essa sempre meglio e, soprattutto, a darle la corretta dimensione. E che da quando la paura aveva smesso di essere una emozione bloccante la mia vita aveva preso una direzione stupefacente. La paura è una compagna impegnativa, un po’ difficile da gestire, ma una volta compresa non puoi più farne a meno perché sai che quando arriva non è mai un caso: ogni volta so che c’è qualcosa di straordinario ad attendermi se avrò il coraggio di andare a prenderlo. La paura è una emozione primaria, come la fame, la sete, dominata dall’istinto ed essenziale
per la sopravvivenza. È proprio la paura che ci aiuta a mantenere alta l’attenzione e a fare le cose al meglio. Il vero problema è capire quando realmente ci troviamo a correre un rischio: pensate che sia più pericoloso
nuotare con gli squali o guidare mentre si usa il telefonino? Quanta paura è giusto avere? Quando è troppa e quando è troppo poca? Come possiamo relazionarci con la paura?
In primo luogo accogliendola: la paura va vissuta, non è una emozione che si risolve una volta per tutte, ma è una emozione che può essere affrontata di volta in volta. Inoltre via via che comprendiamo che può essere superata, che siamo in grado di superarla, costruiamo la fiducia nei nostri mezzi e offriamo le radici più solide che si possano immaginare alla nostra autostima.
Così impediamo che prenda il sopravvento e governi la nostra vita.
Dovremo sempre domandarci: chi è al comando, io o le mie paure? Il primo vero passo per cambiare il nostro rapporto con la paura riguarda la visualizzazione: se vi dico di pensare alla paura cosa vedete? Quasi
certamente sono immagini da rimuovere, come se dovessimo cambiare la foto del profilo, cioè l’immagine che la identifica. Provate invece a immaginare un pacco regalo, con una bella carta che lo avvolge, e con il fiocco: ora apritelo. Ecco dentro c’è la vostra paura il vero modulatore della paura non è il coraggio ma la conoscenza. Se io conosco ciò che faccio, se sono preparata fisicamente e mentalmente per la performance che devo realizzare, mi concentrerò più sulle mie capacità che sulle mie paure.
Tanto più sappiamo di un determinato argomento, tanto più possiamo consolidare la gestione del rischio e quindi modulare entro range di attenzione positiva la paura. E, oltre alla conoscenza, è fondamentale la nostra consapevolezza: chi sono, cosa voglio ottenere, cosa per me è importante, a cosa posso o non posso rinunciare.
Qualche suggerimento:
• la paura è un processo naturale; se tu accetti il fatto di provare paura e l’eventualità di fallire, stai accogliendo anche l’opportunità di riuscire, di inseguire un tuo sogno
• la parte più interessante della vita inizia
dopo le nostre paure. A me piaceva andare sott’acqua. Ma soprattutto in profondità, in grande profondità. E avevo paura. L’apnea mi ha dato la motivazione forte per superarla. Trovatevi un motivo valido per superare le vostre paure
• affrontare la paura permette di incontrare la parte migliore di te: ti obbliga a migliorare, a lasciare da parte ogni convinzione, ogni certezza per aprirti al percorso
• la paura protegge, non guida. Se la paura guida, sovrasta la nostra volontà. La paura di sbagliare, di fallire o di morire arriva a condizionare il nostro agire così tanto da diventare non fare. Da condurci alla paralisi, fisica ed emotiva.
Se invece la paura è compagna, protegge. Ci obbliga a valutare in maniera corretta e continua ciò che stiamo facendo e a mantenere alto il livello di attenzione. La curiosità guida; la voglia di migliorare guida; la passione guida; l’entusiasmo guida.
Di certo dovremo morire, ma non sarà di paura.
Chiara ObinoNel mondo del management consulting da 45 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano
favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.
Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili
a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.
Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione
(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).
Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.
dell’editoria, dell’entertainment e dell’energia, dal 2007 Daniela è entrata nel terzo settore ricoprendo il ruolo di Direttore Generale di
due tra le principali organizzazioni non governative italiane (WeWorld e Fondazione Cesvi; di quest’ultima anche Amministratore Delegato) con particolare attenzione ai programmi umanitari e di sviluppo. Fino
a marzo 2019 è stata membro del consiglio direttivo di “Alliance2015”, network delle più importanti ONG europee impegnate nella promozione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in 89 Paesi. Da Settembre 2019 è
Segretario Generale e Direttore Esecutivo di UN GCNI, network locale del Global Compact delle Nazioni Unite, la più ampia iniziativa strategica al mondo di Corporate Sustainability. Nel luglio 2020 è stata eletta Alternate
Chair all’interno del Regional Network Council per Europa Occidentale e Nord America, che coordina 16 Paesi e UN Global Compact Local Networks, incarico ricoperto fino a aprile 2022.
Giornalista socioeconomica, con esperienza di direzione editoriale di magazine, contenuti web, video, collane di libri, saggista e opinionista, che da sempre si distingue per una lettura
sistemica e innovativa dell’attualità. Ha sviluppato una forte competenza sulla governance e sulla cultura manageriale in vent’anni di lavoro nel Gruppo Sole 24 Ore, di cui otto come capo-redattrice
del magazine “L’Impresa”. Oggi scrive sul blog Alley Oop-Sole 24 Ore, su Il Dirigente, Progetto Manager e Divercity, ed è impegnata in un’intensa attività convegnistica, di dibattiti e talk. Alumna di
IntheBoardroom di Valore D e del corso Designing Your Life della Stanford University, è membro del Comitato scientifico dell’Osservatorio sul Lavoro sostenibile di GiGroup e dell’Advisory Board
del master COM.FIL. DEC dell’Università Cattolica. Inoltre, è Presidente del Forum della Meritocrazia. Il suo primo libro è Questione di Merito. Dieci proposte per l’Italia (Guerini, 2020).
È atleta della Nazionale Italiana di apnea; la sua disciplina è l’assetto costanteprofondità in mare. Ha realizzato 3 Record del mondo
e 9 Record italiani. Ha vinto 1 oro, 1 argento e 1 Bronzo ai Campionati del Mondo. Ha vinto 8 Campionati Italiani assoluti. È stata insignita dal CONI
della medaglia d’oro al valore sportivo. Attualmente è la quarta donna più profonda della storia dell’apnea104 metri, Sharm El Sheick, 8 Agosto
2022. Laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria nel 1999 con lode e menzione speciale. È specializzata in protesi dentaria di
cui ha conseguito più Master di II livello. Esercita la libera professione a Cagliari.
Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.
Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i
presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro
modo di pensare e, quindi, nel nostro comportamento.
Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci
rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.
STUDIO BETTINARDI BOVINA Dottori Commercialisti e Revisori Contabili Galleria Unione, 1 - 20122 MILANO, ITALIA Tel: +39 02 805 804 210 - Fax: +39 02 936 602 65 Via Bacchini Delle Palme, 1 - 37016 GARDA, ITALIA Tel: +39 04 562 703 11 studio@studiobettinardibovina.it
Oggi chi non si ferma a guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.
Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare,
di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.
Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali
di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si
uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.
Ci danno il loro supporto:
Progetti per l’innovazione del comportamento mobile 335.6052212 info@rivoluzionepositiva.com
Applicazioni web based mobile 329-2115448 tommasocrippa@tamberlow.com