ДЕТИ (BAMBINI)

Lo spread è da tempo uno degli indicatori più usati per valutare lo stato di salute della nostra economia. Ma la credibilità dell’Italia ormai non si misura più solo dalla distanza che separa il rendimento dei nostri titoli di Stato da quelli tedeschi. Lo spread misura anche il livello di fiducia che altri Paesi hanno nei confronti del nostro Sistema, che è fatto non solo da imprese e commerci ma anche di qualità del Governo, della classe dirigente e della Società civile. Per questo motivo lo spread civico, lo sviluppo sociale dovrebbe diventare una delle nostre più urgenti e prioritarie preoccupazioni.
L’idea alla base è semplice, ma non per questo scontata: Cittadini non si nasce ma si diventa. Dobbiamo imparare a sentirci partecipi e coinvolti in un’impresa collettiva: essere popolo è avere una coscienza civica comune, ossia condividere una visione ed un senso di responsabilità comune. In poche parole, unire il Paese attorno alla consapevolezza che solidarietà, senso del dovere e sviluppo generale non possono che procedere insieme. L’individualismo non ha più futuro: il fatto di chiudersi in difesa dei propri interessi prima o poi si rivela un cattivo affare. Curare l’interesse di tutti fa bene anche agli interessi di ciascuno. Questa è la semplice idea che dovremmo contribuire a rendere normale. E ad applicarla.
Fabrizio Favini
Il marchio del Magazine rivoluzionepositiva riporta 3 parole che sintetizzano i 3 stadi evolutivi del sapere.
Prima parola: INFORMAZIONE. Troppe persone ormai si ritengono soddisfatte nella loro ricerca del sapere quando la loro fonte del sapere è la Rete. Peccato che l’Informazione attendibile si sia ormai estinta
avendo lasciato il posto alle fakenews. Fermarsi a questo stadio significa essere disinformati, superficiali, manipolabili, marginali, inaffidabili.
Seconda parola: CONOSCENZA. Per sconfiggere le fakenews dobbiamo sviluppare un adeguato livello di conoscenza, che si costruisce con lettura profonda, ricerca,
confronto, verifica. Un grande salto di qualità rispetto a INFORMAZIONE, non vi è dubbio. Ma non basta. Ognuno di noi, con un passo ulteriore, può dare un personale contributo alla soluzione dei tanti problemi che stanno comprimendo la nostra esistenza.
Terza parola: SAGGEZZA. Significa saper essere consapevoli, ovvero dominare impulsi, emozioni, sentimenti negativi a favore
di una personale rivoluzionepositiva. Quindi adottare un comportamento responsabile, che discende dal latino res-pondus: farsi carico del peso delle cose!
Saper essere saggi, appunto, una saggezza che nulla ha a che fare con il logoro, millenario paradigma secondo il quale la saggezza apparteneva solo agli anziani del villaggio. Tutti noi possiamo/ dobbiamo tendere alla saggezza!
Il Magazine rivoluzionepositiva da oltre 6 anni contribuisce con continuità e determinazione ad alimentare un importante stimolo: la consapevolezza che abbiamo sempre più bisogno di comportamenti positivi e responsabili da parte di tutti noi!
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L’universo del comportamento umano è uno dei pochi settori in cui si continua ad operare sulla scorta di abitudini e di modelli culturali in buona parte obsoleti.
Veniamo educati a soffrire per conquistarci un posto nella vita; viceversa l’educazione al benessere interiore, all’autoconsapevolezza, alla percezione di sé e degli altri ce la dobbiamo costruire da soli.
E così noi molto spesso facciamo un uso sub-ottimale delle nostre risorse personali, influenzando in tal senso la vita di chi ci sta vicino: in famiglia, in società, sul lavoro. Spesso aderiamo alla cultura della negatività, della lamentela, della critica, del rinvio, dell’immobilismo.
Altrettanto spesso siamo vittime di comportamenti autolimitanti. Sovente l’esperienza, consolidando un pregiudizio, ci
limita nella capacità di interpretare con lucidità la realtà circostante. Siamo in balìa di alibi, conformismi, abitudini consolidate e di false convinzioni.
Per rimuovere emozioni ed atteggiamenti negativi aprendo la nostra esistenza alle opportunità della vita, dobbiamo sviluppare energie costruttive e positive e un diverso approccio con noi stessi e col mondo che ci circonda.
rivoluzionepositiva ha lo scopo di aiutare, chi è interessato, a realizzare questi obiettivi.
Il Comitato di Redazione:
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
20 06 14 10
Esperto di innovazione del comportamento
Bias cognitivi: come
arginare le trappole della nostra mente
Esperto in ricerche sociali
I grandi guai sociali ed i potenziali rimedi
Direttore Scientifico IPSOS
Le nostre democrazie sono in decomposizione
Professore, Fisico del Sistema Terra
Antropocene, ovvero l’era in cui viviamo?
pg. 24
Autori
pg. 28 Manifesto
Ultima pagina
8 MARZO: i segreti della bellezza di una Donna
APPROFONDISCI
PSICOLOGIA DELLE FAKE NEWS: ECCO PERCHÉ TUTTI CADIAMO NELLA TRAPPOLA
La guerra contro le fake non avrà mai un vincitore e un vinto: si configura come giocare a guardie e ladri. Noi utenti possiamo fare la nostra parte: è dimostrato che la conoscenza dei fenomeni e dei processi sottostanti aiuta ad acquisire una maggiore consapevolezza.
E come sempre, quello che fa la differenza è l’educazione.
L’escalation della disinformazione – sempre esistita, ma ora “esplosa” grazie alla immensa diffusione dei contenuti digitali –ci sta portando verso un nuovo concetto di realtà in cui non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che io credo sia vero.
Le piattaforme di informazione online, preoccupate per la loro credibilità e reputazione, tentano costantemente di combattere questo fenomeno. Eppure noi esseri umani sembriamo essere geneticamente programmati per cadere nella trappola delle fake news, perché questi prodotti intercettano e si avvalgono di alcune caratteristiche della nostra mente.
Ecco perché possiamo parlare di psicologia delle fake news.
Per spiegare come mai nessuno può dirsi “immune” dal contagio delle fake news partiamo dalle euristiche: le possiamo paragonare a delle scorciatoie che il nostro cervello utilizza per risparmiare il più possibile le proprie energie. Sono processi di pensiero e sistemi di credenze che le persone sviluppano presto nella vita, spesso con lo scopo istintivo di proteggersi contro l’ansia e lo stress di un mondo incerto.
Tuttavia sono proprio queste euristiche che ci conducono ai bias cognitivi, ossia processi che ci portano a vedere la realtà che ci circonda in modo parziale, generalizzato, superficiale, affrettato.
La nostra attitudine a credere alle fake news, quindi, nasce e cresce con noi.
Possiamo suddividere questi bias cognitivi in personali, ossia derivanti dall’architettura stessa della nostra mente, e sociali, ossia derivanti dall’influenza su di noi dell’ambiente sociale e dall’interazione con esso.
• Framing effect: noi tendiamo a prendere decisioni basandoci su come le informazioni ci vengono presentate e discusse, anziché sull’effettivo contenuto di queste informazioni. Se noi preleviamo il contenuto e lo inseriamo all’interno
di una nuova cornice di riferimento e di senso, allora si modifica la nostra percezione del contenuto stesso, e con essa il suo significato. Questa distorsione appare quando assumiamo informazioni e dati reali, ma poi li combiniamo e associamo per fornire agli altri un quadro diverso, anche opposto a quello originario.
• Authority Bias: è la tendenza ad attribuire una maggiore accuratezza alle opinioni di una figura che noi percepiamo come autorevole, e di conseguenza ne veniamo maggiormente influenzati. Costruiamo dei personaggi ad hoc, anche inventati, oppure effettuiamo delle operazioni di immagine su altri, e poi lasciamo che siano loro a comunicare agli altri la nostra fake news.
• Implicit Bias: come esseri umani abbiamo la tendenza a raggruppare le persone in categorie. Inoltre, abbiamo la tendenza a considerare più credibili e autorevoli le persone che sentiamo appartenere al nostro stesso gruppo. Un creatore di fake news può sfruttare questo bias facendo comunicare la notizia da una persona particolarmente credibile per il gruppo di riferimento, anche se nella realtà quella persona non lo ha mai detto oppure la persona stessa non esiste. Questo porta anche al naïve realism, ossia quando ci troviamo di fronte a qualcuno con un’idea differente dalla nostra; anziché limitarci a dissentire lo aggrediamo, anche solamente verbalmente.
• Continued influence effect: una volta che ci facciamo un’idea su di un argomento essa diventa molto difficile modificarla, anche qualora la prima informazione si dovesse rivelare errata. Accade anche il processo opposto: operiamo una serie di operazioni logiche per “giustificare” quell’informazione che si era rivelata
non corretta. Il risultato è ciò che viene definito “hostile media effect”: finiamo per ritenere fortemente che la nostra posizione sia l’unica realmente corretta.
• Fluency heuristic: consideriamo un’informazione di maggiore valore rispetto alle altre perché per noi più facilmente ricordabile ed elaborabile.
Questo spiega perché le persone preferiscono informazioni che, nella forma, siano più vicine al loro modo di pensare, al loro livello culturale, sociale, ecc.
«La grande promessa di Internet era che più informazioni avrebbero portato a decisioni migliori. La grande delusione è che in realtà più informazioni comportano maggiori chance di confermare le credenze di ciascuno.
È una trappola mentale detta pregiudizio di conferma. Cambiare idea è una fatica mentale che istintivamente cerchiamo di evitare. Tra migliaia di fonti, selezioniamo quelle che confermano i nostri preconcetti.
Tra due versioni ricordiamo meglio quella che ci dà ragione».
Steven Pinker, neuroscienziato
• Anchoring Bias: tendiamo a considerare il primo pezzo di informazione che incontriamo come il più probabile. Questo è un altro elemento che spiega l’importanza della vitalità di una fake news: deve essere la prima ad arrivare alle persone se vogliamo che la nostra campagna di notizie false abbia successo.
• Information overload: non è di per sé un bias, ma una condizione tipica della nostra Società che ci impedisce un corretto ragionamento basato sui dati, e che potenzia tutti i bias che abbiamo visto fino ad ora e che vedremo tra poco. Il bombardamento delle informazioni a cui siamo sottoposti tutti i giorni causa un sovraccarico cognitivo che porta la nostra mente a difendersi rifugiandosi in strategie di risparmio energetico. Ad esempio, leggiamo solamente i titoli senza approfondire, pensando di ricavare abbastanza informazioni già da quelli. Siamo anche portati a prendere delle persone come riferimento, e a fidarci di quanto riferito da loro senza verificare, spingendoci verso i bias appena descritti. Tutto questo fino a quando la persona, stanca e affaticata, non getta la spugna e ricondivide news dubbie e non verificate portando come argomentazione il “non ho avuto tempo di verificare, male che vada non avrò fatto torto a nessuno”.
Tutto questo processo innesca una catena per cui ad ogni ricondivisione di fake news su un determinato argomento si abbassa il livello di guardia, portando la persona sempre più incline a ricondividere senza verificare.
Le ricerche ci dicono che ciò avviene con la semplice esposizione alle fake news, anche quando noi siamo consapevoli che si tratta di falsi.
Ecco perché la diffusione di fake news, anche da account creati ad hoc con il solo scopo di creare massa, nel tempo diventa deleteria anche per i più attenti.
Sono strettamente correlati ai bias cognitivi personali, ma riguardano l’influenza che l’ambiente sociale e l’interazione con esso
esercitano su di noi:
• Bandwagon effect: più persone intorno a noi ritengono un’informazione corretta, e più saremo inclini anche noi a ritenerla tale, anche nel caso dovessimo avere dei dubbi. È un bias che si intreccia fortemente con la riprova sociale per cui, se un nutrito numero di persone ritiene l’informazione corretta, allora lo sarà sicuramente.
• Availability cascade: una credenza collettiva guadagna sempre maggiore plausibilità attraverso la sua frequente ripetizione in pubblico. Possiamo ritenere questo bias cognitivo la summa dei bias cognitivi sociali: tutto converge qui.
Fabrizio Favini
Nella Storia il mondo è sempre stato popolato da masse incolte, che non hanno mai avuto alcuno stimolo progettuale per ambire ad una vita caratterizzata da evoluzione sociale.
Per milioni di anni la popolazione, totalmente incolta, è sempre stata composta dai due generi fino a pochissimi anni fa con caratteristiche e ruoli sociali molto diversi (con minime eccezioni):
• da una parte donne incolte, e senza progetti di protagonismo personale al di fuori della famiglia, totalmente donate alla famiglia, e soprattutto ai figli. La natura ha favorito questo ruolo, donando loro gentilezza, rispetto e sacrificio per gli altri anche in prospettiva futura, ed etica. È stato un dono talmente forte ed impregnante l’esistenza che da sempre e fino a pochissimi decenni fa ha condizionato il proprio progetto di vita: senza ruoli sociali al di fuori della famiglia. Peraltro la vita sociale, che storicamente ha sempre avuto una prevalenza di fisicità, non ha mai favorito la donna, decisamente meno dotata di forza fisica. Pertanto la natura ha dato alla donna due caratterizzazioni:
• forte etica: disponibilità a privilegiare altri, anche sacrificando se stesse; capacità di relazione positiva che la natura ha favorito intervenendo sull’attrattività fisica
• inabilità nell’azione fisica dove erano costantemente richiesti forza fisica e competizione;
• dall’altra parte uomini altrettanto incolti ma costruiti dalla natura in modo completamente diverso: totalmente centrati su se stessi, dotati di forza
fisica, tesi verso la contrapposizione e a raggiungere egocentricamente risultati nel più breve periodo possibile. Quindi esseri umani del tutto opposti in entrambe le caratterizzazioni:
• totale assenza di etica: in origine concepiti contrappositivi e centrati su se stessi
• forte abilità all’azione: struttura fisica e forza fisica hanno sempre rappresentato gli ingredienti fondamentali dell’azione.
Queste 2 differenti caratterizzazioni sociali tra Donna e Uomo sono sempre state alla base di tutta la Storia che ci sta alle spalle.
La vita si basa sulla complementarietà e sulla relazionalità positiva delle 2 componenti fondamentali:
• la componente fisica, tipicamente maschile
• la componente mentale, tipicamente femminile.
Per creare vita vera, condivisibile e felice, le 2 componenti devono entrare in relazione. Nella Storia ciò non è mai avvenuto: ha sempre prevalso la componente fisica - per una vita non condivisibile, né felice
La componente fisica, la forza, è basica e fondamentale anche per innescare la vita e avviarla, ma non è affatto sufficiente per ottenere il vero ed ambìto risultato che è il vivere bene la vita, in modo felice Risultato questo consentito solo dalla relazionalità positiva, in totale assenza di contrapposizioni.
La soluzione per creare relazionalità positiva deve prevedere interventi atti a far superare gli ostacoli creati dalle 2 caratterizzazioni
originarie, aggiungendo degli “ingredienti complementari”:
• bisogna fare in modo che la Donna –già dotata di etica – aggiunga abilità all’azione esterna, pur in ambiti operativi che non richiedono forza fisica
• bisogna fare in modo che l’Uomo – già dotato di forza fisica – aggiunga capacità relazionale, attenzione agli altri, etica.
In entrambi i casi, l’ingrediente risolutivo è lo studio, la formazione culturale, sviluppata in modo completo:
• lo studio dà alla Donna sicurezza in se stessa, desiderio di sviluppare la propria individualità anche all’esterno della propria famiglia, di acquisire una capacità di agire in ruoli sociali importanti che non aveva mai frequentato. È come se lo studio pilotasse la Donna verso ruoli storicamente maschili
• lo studio dà all’Uomo la capacità di scoprire gli altri, e di capire che gli altri sono entità fondamentali per la propria
esistenza, di scoprire che la relazionalità positiva è la tecnica fondamentale per vivere bene, di interiorizzare il valore irrinunciabile che è l’etica. È come se lo studio portasse l’Uomo verso ruoli storicamente femminili.
Lo studio fa incontrare in modo armonico e rispettoso i 2 ingredienti basici della vita, producendo relazionalità positiva e felicità. Azione (originariamente maschile), ed etica (originariamente femminile) finalmente si incontrano.
Ricordandoci comunque che tutte le forme di vita richiedono innanzitutto la relazionalità positiva, e quindi il rispetto, l’assoluto evitamento della contrapposizione, e quindi l’etica.
Il tema dell’etica è pertanto fondamentale e per questo obiettivo è socialmente obbligatorio che soprattutto l’Uomo porti a termine tutti gli studi, in modo completo.
Nello sviluppo dello studio si raggiungono progressivamente 2 risultati, soprattutto nella componente maschile che sociologicamente è la più preoccupante. Due risultati entrambi estremamente importanti, soprattutto considerato che fino a pochissimi anni fa – stante il fatto che la grande maggioranza non ha mai studiato – nessun risultato era mai stato raggiunto.
Nella prima parte dello studio – conclusione delle medie superiori – si ottiene il primo grande risultato: si esce dalla massa, si diventa individui – ognuno con delle proprie peculiarità – e si acquisisce capacità critica: capacità di capire e di giudicare. La Scuola insegna la comprensione ed il giudizio.
È un momento importante, perché si scopre
la propria persona e ci si carica di importanti speranze di vita: si ha consapevolezza di essere usciti dalla massa e di avere opportunità di partecipazione alla Società prima non immaginabili.
Ma attenzione: la centratura su se stessi, in questa fase, è massima. È talmente forte che si percepisce di dover vivere in contrapposizione con gli altri. L’egocentrismo è talmente alto da contrastare in modo violento la componente etica. È un guaio che ovviamente non dovrebbe essere accettato, e che richiederebbe interventi riparativi.
L’intervento risolutivo è il frutto della seconda parte degli studi: la frequentazione dell’Università. La prosecuzione degli studi fa capire sempre di più la propria incompetenza, il divario che solo lo studio può coprire, la grande complementarietà degli altri, siano essi Docenti che propri Colleghi sempre più preparati. Quindi è solo lo studio evoluto che porta verso gli altri il rispetto e l’etica.
L’etica non viene insegnata – diversamente dalla capacità critica – ma è il frutto naturale dell’interiorizzazione della cultura e della capacità di riflettere che si autoproduce, innescata dallo studio.
PURTROPPO LA GRANDE MAGGIORANZA NON COMPLETA GLI STUDI: CHE FARE?
L’attuale situazione sociale italiana – ma anche in buona parte del mondo, pur con qualche eccezione – è molto diversa. La grande maggioranza non ha continuato gli studi: la centratura su se stessi – soprattutto maschile – è rimasta massima, e l’etica –in ambito maschile – continua a rimanere minima.
Il non completamento degli studi ne ha la massima responsabilità. L’impostazione della Scuola dovrebbe avere l’obbligo di
tenere conto di questa esigenza e di trovare soluzioni per agevolare questo obiettivo. In realtà esistono problemi che non vengono affrontati e creano freni: il 75% degli Studenti delle medie superiori soffre di stress ed attacchi di panico, ed il 44% ha dichiarato di sentirsi del tutto inadeguato. La conseguenza di ciò è che solo ¼ decide di proseguire con gli studi universitari.
In realtà la Scuola – ragionando in termini di “marketing” – pare che non abbia una impostazione ottimale: è totalmente centrata su se stessa, rigida, e non capisce che deve invece sviluppare una politica di “desiderabilità”, andando incontro ai Giovani considerando che proprio nell’adolescenza hanno bisogno di vicinanza, di non perdere l’orgoglio in se stessi, di essere aiutati – anche con pazienza ed adattamenti personali – a superare le difficoltà.
Se così fosse, i Giovani arriverebbero a concludere le medie superiori con maggiore desiderio di proseguire gli studi.
E nel caso ci fossero in famiglia delle difficoltà economiche per i costi universitari, il Sistema Pubblico dovrebbe aiutare. I Giovani sono l’unica vera grande ricchezza potenziale che ha un Paese. Sono il suo futuro, e bisogna fare di tutto per aiutarli a crescere. Conviene a tutti, e conviene al Paese. Se le Famiglie non hanno risorse, il Sistema Pubblico deve provvedere.
L’etica non evolve, anzi. E questo non solo in Italia. Le centrature su se stessi, le tensioni, l’incapacità di sviluppare una relazionalità positiva stanno caratterizzando un po’ tutto il mondo. E le cause sono le stesse, in tutti i Paesi.
Curiosamente l’istruzione è risultata la causa
innescante. Infatti il suo avvio:
• ha svegliato il mondo dal torpore dell’ignoranza
• i Giovani – soprattutto il genere maschile - hanno avviato un nuovo tipo di vita, con molto più protagonismo ed illusioni, arrivando a forti investimenti e centrature su se stessi.
Ma l’interruzione dell’istruzione ha provocato un blocco dell’acquisizione dell’etica.
Non solo: gli accadimenti degli ultimi 15 anni hanno ulteriormente aggravato la situazione, perché hanno provocato –soprattutto nei Giovani – una forte chiusura in se stessi.
In particolare, facciamo riferimento alle conseguenze degli eventi internazionali degli ultimi anni:
• ad iniziare dalle crisi finanziarie verificatesi dal 2007 al 2013, che hanno creato, soprattutto nelle classi giovanili, situazioni complesse, di precariato
• proseguiamo con i guai prodotti dal lockdown per il Covid; soprattutto nelle classi giovanili si sono manifestate forti turbative mentali, tuttora esistenti, che hanno coinvolto ben più di 1/3 di questa generazione
• non dimentichiamo le continue tensioni internazionali provocate dalle guerre in corso, con elevate conseguenze sui costi della vita (prezzi, inflazione, ..).
Tutte questi eventi hanno provocato chiusura in se stessi, contrapposizioni, eccessi di populismo un po’ in tutto il mondo occidentale (Brexit, Trump, Vox in Spagna, Gilet Gialli in Francia, …).
Di tutto ciò nessuna responsabilità è da attribuire alle nuove classi giovanili: sono state semplicemente abbandonate, dallo Stato e dalla Scuola, senza averne colpa.
I Responsabili della gestione non hanno capito il proprio ruolo, facendo ragionamenti di solo breve periodo, tipici della Politica: in particolare non hanno previsto i guai provocati dall’avvio di un nuovo percorso non portato a compimento.
E la centratura su di sé, aggravata dalla chiusura verso il sociale, non ha fatto altro che violentare l’etica.
Il non investimento sull’etica è una dei problemi più grossi della nostra Società, e della sua sopravvivenza.
A giudizio degli scienziati dei 193 Paesi dell’ONU, sono in atto turbative sociali estremamente rischiose per il futuro dell’Umanità. Il tema è quello della Sostenibilità dei comportamenti - nel 2015
hanno varato l’Agenda 2030 - per consentire una vivibilità sociale decorosa nel tempo.
I grandi pilastri della Sostenibilità sono 2: sono le grandi basi degli obiettivi dell’Agenda 2030, che poi si articolano negli obiettivi:
• rispettare l’ambiente
• avere un comportamento etico, di inclusione ed aiuto verso tutti.
In questa sede non entriamo nel dettaglio di questa tematica fondamentale per la vita di tutti. Però dobbiamo constatare che non è pensabile non fare nulla.
Purtroppo, oggettivamente – quantomeno per l’etica – non si sta facendo sostanzialmente nulla. E se la gente non ha cultura sufficiente, ed in più è infelice ed è chiusa in se stessa non avendo alcun interesse per una relazionalità positiva con gli altri, il disinvestimento sull’etica non può che aumentare.
Un primo passo strategico del Potere Politico, come base fondamentale per l’ingrediente basico della relazionalità positiva e dell’etica, sarebbe quello di innovare il marketing della Scuola, renderla desiderabile, e di aiutare economicamente coloro che ne hanno necessità. È certamente un passo fondamentale, anche se gli esiti di queste scelte non potranno essere immediati: bisognerà formare le nuove generazioni, ci vorranno 2-3 lustri - il tempo è lungo, pur se è obbligatorio farlo, per le future generazioni
E nel breve periodo, che cosa si potrebbe fare? Una prima risposta potrebbe essere quella di alleviare le aggravanti, cioè aiutare la gente a vivere meglio, a limitare la contrapposizione.
Ma la Politica non è in grado, non ha credibilità, non è abituata a fare
ragionamenti strategici, di lungo periodo.
Se è così, la soluzione potrebbe essere: ci pensino le Imprese, assumendosi una nuova Responsabilità e Sostenibilità Sociale: hanno credibilità, hanno capacità, ed anche convenienza … avrebbero ritorni economici davvero importanti!
Remo Lucchi
Un virus infettivo sta colpendo le principali nazioni occidentali. Questa volta non è una emergenza sanitaria ma democratica.
La malata del secolo è la democrazia, affetta da un morbo che colpisce le istituzioni e, soprattutto, la cultura democratica, alimentando le dinamiche di disfacimento del demos. La democrazia non è solo un insieme di istituzioni, ma anche uno stato d’animo, ricorda il politologo americano Francis Fukuyama. Quando la fiducia nelle istituzioni si erode, la democrazia stessa è in pericolo.
Per il 52% degli italiani la democrazia è lenta, ci vuole decisionismo; il 41% ritiene le elezioni un rito ormai inutile e il 31% giudica il Parlamento un freno all’agire e auspica più poteri all’Esecutivo. La crisi della democrazia non è solo una decadenza politica, ma anche una crisi di significato, sostiene il filosofo
Slavoj Žižek. Non a caso per il 52% è poco importante partecipare alla vita politica e la grande maggioranza del Paese preferisce soluzioni semplici perché dietro a quelle complesse ci sono sempre delle fregature (77%).
Metà del Paese (50%) predilige più ordine anche se significa meno libertà; il 39% avverte il bisogno di un leader forte disposto a infrangere le regole e il 53% ritiene che l’Italia abbia bisogno di un leader vigoroso.
I sintomi del disfacimento del demos li ritroviamo anche nell’interpretazione della politica come un confronto tra buoni e cattivi (38%); nel ritenere “Il nemico del mio nemico è mio amico” (36%); nella difficoltà ad andare d’accordo con persone che esprimono opinioni politiche differenti dalle proprie (44%). I dati tracciano l’affresco dei diversi fattori che partecipano al processo di
disfacimento del demos. Un andamento in cui troviamo le dinamiche di erosione della legittimità istituzionale. La crisi di fiducia nelle istituzioni democratiche tradizionali erode le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa, mettendo in discussione la validità dei suoi meccanismi fondamentali.
Un secondo aspetto che possiamo osservare è l’ascesa di un autoritarismo soft. La tendenza verso un decisionismo marcato e il desiderio di leadership forti indicano l’avanzare di quello che Colin Crouch definisce post-democrazia. Un ambiente in cui le forme democratiche persistono, ma il potere effettivo si concentra in figure autoritarie, creando una tensione tra efficienza e principi democratici.
Una terza dinamica è l’affermarsi del simplism, il bisogno di semplificazione della politica. La preferenza per soluzioni semplici e la visione dicotomica della politica raccontano l’insediarsi di una forma di democrazia post-consensuale. Un fenomeno che riduce la politica a scelte binarie, basate sull’individuazione di soggetti su cui scaricare ogni colpa, impoverendo il dibattito pubblico e la capacità di affrontare i problemi complessi.
La dimensione della tribù è il quarto fenomeno che porta con sé la dimensione della politica attuale. La difficoltà di dialogo tra persone con opinioni diverse e l’adozione di logiche tribali evidenziano una crisi del pluralismo democratico e l’affermarsi di una fandomizzazione (essere fan e non elettori) del confronto politico, che trasforma la politica in uno scontro tra tifoserie.
Il disinteresse per la partecipazione politica, infine, crea i presupposti per quella forma
di democrazia fuggitiva - come la chiama lo scrittore americano Sheldon Wolin - in cui l’impegno politico diventa sempre più raro e transitorio. Un fenomeno che mina la base stessa della democrazia partecipativa, creando un vuoto che può essere facilmente riempito da forze antidemocratiche.
Le tendenze identificate non sono fenomeni isolati, ma sintomi interconnessi di una trasformazione del rapporto tra cittadini, istituzioni e potere. Le fratture sociali e i fenomeni esistenziali che attraversano la società incidono sulle dinamiche della democrazia. L’enfasi sull’individualismo erode il senso di solidarietà e promuove una visione della libertà basata sull’affermazione di sé e non sul dialogo. La competizione al profitto alimenta le disuguaglianze e la polarizzazione sociale, rendono fragile la difesa dei beni pubblici e degli spazi di convivenza civica. Le dimensioni della società dell’applauso e dei like sostituiscono la politica inclusiva: i Cittadini sono sempre più visti come consumatori e le scelte politiche come una merce da vendere sul mercato, mentre il dissenso è marginalizzato o considerato irrazionale.
L’emergere delle post-verità, infine, mina le basi razionali del dibattito pubblico, sostituendolo con la fiction permanente. La sfida per il futuro della democrazia non è una difesa d’ufficio dei suoi principi ma è un confronto per l’egemonia sul futuro, per consolidare il modello democratico e sviluppare una cultura politica inclusiva e capace di affrontare le sfide complesse del nostro tempo.
Al fondo di questo processo di decadimento del demos c’è, come diceva il politologo Robert Dahl, il peso delle fratture sociali.
La democrazia è un sistema fragile, che richiede costante manutenzione.
Quando le disuguaglianze economiche e sociali diventano troppo grandi, il sistema democratico rischia di collassare.
Enzo Risso
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I media non ne hanno parlato ma la scorsa primavera ha visto un’importante decisione della International Union of Geological Sciences (IUGS ) che ha respinto la proposta di riconoscere che dal 1952 il pianeta Terra sia entrato in un nuovo periodo geologico chiamato Antropocene che mette fine a quello iniziato circa 11.000 anni fa con la conclusione dell’ultima glaciazione, periodo geologico chiamato Olocene.
Il termine Antropocene è stato coniato nel 2000 dal premio Nobel per la chimica Paul Crutzen - ha contribuito a spiegare il buco d’ozono - insieme a Eugene Stoermer, un biologo americano. La proposta ebbe subito un successo planetario soprattutto fra gli ambientalisti che la vedevano come una innegabile dimostrazione di come le attività umane avessero inesorabilmente influito alterando il destino della Terra.
La proposta, come era prevedibile, ha innescato il solito giro accademico di pubblicazioni scientifiche, comitati, convegni, persino riviste. Ma non tutto il mondo scientifico era d’accordo, per diverse ragioni.
Innanzitutto il nome che veniva proposto in assonanza con altre epoche; ad esempio l’era attuale Olocene sta per interamente (olo) e recente (cene) e tutti i nomi di ere geologiche stanno ad indicare il grado di “modernità”. Ad esempio il Pleistocene, che precede l’Olocene, deriva da “il più recente”. Nel caso dell’ Antropocene sembrerebbe “l’umanità recente”.
A parte queste disquisizioni semantiche, l’obiezione più seria è che questa nuova era nasce solo 70 anni fa e deve ancora manifestarsi tutta, ossia - oltre agli effetti causati dalle attività umane - potrebbero verificarsi fenomeni naturali quali l’impatto di una meteora con la Terra che potrebbero cancellare tutti gli effetti antropici.
Inoltre, ormai qualche geologo sostiene che non ha più senso parlare di tempo geologico tante sono le testimonianze che provano e registrano l’evoluzione geologica della Terra. Il gruppo di lavoro sull’Antropocene (AWG) del IUGS aveva anche individuato il sito rappresentativo di questa epoca (il cosiddetto Golden Spike, o chiodo d’oro) nel lago Crawford in Ontario dove si possono
rilevare depositi geologici di plutonio radioattivo derivanti dagli esperimenti di bombe all’idrogeno degli anni Cinquanta.
Una delle obiezioni che erano state sollevate su questa definizione è che l’influenza dell’uomo sull’ambiente è iniziata molto prima degli anni Cinquanta, soprattutto grazie alle pratiche agricole con annesse deforestazioni ed estese sostituzioni della fauna. Ma il principale problema è di carattere politico: il termine è andato oltre il suo significato scientifico per arrivare a individuare le cause e le ragioni del cambiamento globale a cui stiamo assistendo.
Le discussioni che sono seguite alla decisione del AWG hanno portato alla proposta di trascurare l’Antropocene quale era geologica e considerarlo come un evento geologico. Di questi eventi gli esempi più importanti sono l’Esplosione del Cambriano avvenuta circa 500 milioni di anni fa che ha portato allo sviluppo della fauna più recente e il Grande Evento di Ossidazione avvenuto circa 2 miliardi di anni fa che ha portato alla crescita dell’ossigeno nell’atmosfera terrestre. Si tratta di trasformazioni graduali dell’ambiente e non di variazioni improvvise.
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Dividere, come fa la definizione di Antropocene, la storia geologica nei due periodi prima e dopo gli anni Cinquanta non fa giustizia nel riconoscere la grande influenza che ha avuto la rivoluzione industriale, il colonialismo e altri fenomeni tutti innescati dalla cosiddetta Civiltà Occidentale. Infatti è proprio l’establishment scientifico occidentale a coniare il termine Antropocene che nasconde le enormi responsabilità del capitalismo nel creare le condizioni per questo stato di cose.
Infatti qualcuno l’ha ribattezzato capilalocene o sprecocene per mettere in evidenza le enormi responsabilità del surplus produttivo della nostra società.
Un’accusa poi mossa al AWG è che i suoi 44 membri sono composti quasi esclusivamente da studiosi anglosassoni maschi con pochi elementi femminili e da soli 2 scienziati africani. Questo, secondo alcuni, genera un punto di vista che tende a giustificare l’Antropocene anche se, dopotutto, la specie umana si è originata in Africa.
Guido Visconti
Nel mondo del management consulting da 50 anni, è consulente esperto di innovazione del comportamento, facilitatore e formatore per lo sviluppo del talento in Azienda. Migliora il rendimento del capitale umano
favorendo la crescita di soddisfazione, motivazione, selfengagement, produttività.
Utilizza le neuroscienze per favorire l’acquisizione delle competenze sociali indispensabili
a modificare i comportamenti non più funzionali alla crescita sia dell’Individuo che dell’Azienda.
Oltre a numerosi articoli, ha pubblicato i seguenti libri: La Vendita di Relazione
(Sole 24ORE); La vendita fa per te (Sole 24ORE); Scuotiamo l’Italia (Franco Angeli); Comportamenti aziendali ad elevata produttività –Integrazione tra stili di management e neuroscienze (gueriniNext).
Editore di rivoluzionepositiva. com, Magazine On Line orientato al nuovo Umanesimo d’Impresa per la sostenibilità sociale, economica ed ambientale dell’Impresa stessa.
Dal novembre
2015 è presidente dell’advisory board di Eumetra, Istituto di nuova concezione per lo studio della discontinuità e
dei nuovi eventi sociali alimentati dai nuovi approcci della Sostenibilità.
È stato cofondatore, Direttore della ricerca,
Amministratore
Delegato e Presidente di GFK Eurisko. Dal 1978 in poi Docente in ricerche sociali e di mercato in
varie università. Ha personalmente sviluppato la principale ricerca sociale in Italia, punto di riferimento per l’analisi
dell’evoluzione sociale e per la definizione delle strategie media.
quotidiano Domani. Autore del manifesto
libri, realizzato per Libro 2022. Coordina con il prof. Andrea Segrè l’osservatorio internazionale sullo
spreco alimentate Waste Watcher. Ha pubblicato molteplici volumi di analisi sociale, politica e valoriale; solo per citare gli ultimi: “Il consumatore narratore si sé,
L’immaginario collettivo e il suo ruolo nelle scelte di consumo” (Guerini & associati, 2023); “Lo spreco alimentare in Italia e nel mondo. Quanto, cosa e perché. I rapporti
dell’Osservatorio Waste Watcher International 20222023” (con Andrea Segré, Castelvecchi 2023).
Laureato in Fisica presso l’Università dell’Aquila. Ha trascorso lunghi periodi di studio presso l’Università del Maryland, il Massachusetts Institute of Technology, il National Center
for Atmospheric Research (NCAR). Nel 1994 diventa professore di ruolo presso l’Università dell’Aquila in Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia. Nel 2001 ha fondato e poi diretto il Centro di Eccellenza per la
Previsione di eventi Meteorologici severi (CETEMPS).
In passato è risultato principal investigator per diversi progetti della NASA; attualmente è associate investigator per il progetto Venus-Express.
Nel 2005 è stato nominato membro dell’Accademia dei Lincei. Per l’Agenzia Spaziale Italiana partecipa al progetto triennale Quitsat. Gli interessi principali riguardano lo studio del clima per mezzo di satelliti, la chimica
dell’atmosfera e la meteorologia ad alta risoluzione. Vanta oltre 130 pubblicazioni su riviste internazionali e 10 libri quale editor.
Perché Rivoluzione Positiva?
Un nuovo Magazine On Line: informazione, conoscenza, saggezza.
Con l’enorme disponibilità di informazioni, resa possibile dalla tecnologia, la nostra vita è diventata molto più veloce e molto più distratta. Abbiamo creato i presupposti per cui il nostro cervello è meno preciso, fatica di più a concentrarsi. Perdiamo il focus attentivo sui problemi, divaghiamo mentalmente, siamo intermittenti e discontinui nel nostro modo di pensare e,
quindi, nel nostro comportamento.
Siamo passanti frettolosi e distratti la cui soglia di attenzione dura 8 secondi; siamo meno concentrati dei pesci rossi che arrivano a 9, ci dicono gli esperti. Siamo diventati bulimici di informazioni, emozioni, immagini, collegamenti, suoni. Divoriamo il tutto in superficie senza gustare, approfondire, riflettere.
Oggi chi non si ferma a
guardare non vede; chi non si ferma a pensare non pensa.
Riscopriamo allora il piacere - o la necessitàdi riflettere, di pensare, di soffermarci per capire meglio dove stiamo andando per essere più consapevoli del nostro tempo, complesso e complicato, e del nostro ruolo, umano, sociale e professionale.
Se condividete queste nostre riflessioni, siete invitati a partecipare ad
una iniziativa virtuosa resa possibile dalla combinazione dei saperi e delle esperienze umane e professionali di un manipolo di Pensatori Positivi, profondi, competenti e sensibili interpreti del nostro tempo, che hanno deciso di contribuire a questo Progetto. Ad essi si uniscono autorevoli Testimoni Positivi. A tutti loro il nostro grazie! di cuore.
Fabrizio Favini
Edoardo Boncinelli
Roberto Cingolani
Enrico Giovannini
Gianni Ferrario
img: it.wikipedia.org
https://www.facebook.com/AlbatrosIlFilo/ videos/950119959796814
• Per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili
• Per avere uno sguardo amorevole, cerca il lato buono delle persone
• Per avere un aspetto magro, condividi il tuo cibo con l’affamato
• Per avere capelli bellissimi, lascia che un bimbo li attraversi con le proprie dita una volta al giorno
• Per avere un bel portamento, cammina sapendo di non essere mai sola, perché coloro che ti amano e ti hanno amato, ti accompagnano
• Le persone, ancora più che gli oggetti, hanno bisogno di essere riparate, viziate, risvegliate, volute e salvate: non rinunciare mai a nessuno
• Ricorda che, se mai avrai bisogno di una mano, le troverai alla fine di entrambe le tue braccia
• Quando diventerai anziana, scoprirai di avere due mani, una per aiutare te stessa, la seconda per aiutare gli altri
• La bellezza di una donna non è nei vestiti che indossa, nel suo viso o nel suo modo di sistemare i capelli. La bellezza di una donna si vede nei suoi occhi, perché quella è la porta aperta sul suo cuore, la fonte del suo amore. La bellezza di una donna non risiede nel suo trucco, ma la vera bellezza in una donna è riflessa nella propria anima
• È la tenerezza che dà l’amore, la passione che essa esprime. La bellezza di una donna... cresce con gli anni.
Audrey Hepburn - attrice
Ringraziamo Remo Lucchi di averci fatto scoprire questo luminoso esempio di bellezza umana!