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Bias cognitivi: come arginare le trappole della nostra mente

Fabrizio Favini

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PSICOLOGIA DELLE FAKE NEWS: ECCO PERCHÉ TUTTI CADIAMO NELLA TRAPPOLA

La guerra contro le fake non avrà mai un vincitore e un vinto: si configura come giocare a guardie e ladri. Noi utenti possiamo fare la nostra parte: è dimostrato che la conoscenza dei fenomeni e dei processi sottostanti aiuta ad acquisire una maggiore consapevolezza.

E come sempre, quello che fa la differenza è l’educazione.

L’escalation della disinformazione – sempre esistita, ma ora “esplosa” grazie alla immensa diffusione dei contenuti digitali –ci sta portando verso un nuovo concetto di realtà in cui non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che io credo sia vero.

Le piattaforme di informazione online, preoccupate per la loro credibilità e reputazione, tentano costantemente di combattere questo fenomeno. Eppure noi esseri umani sembriamo essere geneticamente programmati per cadere nella trappola delle fake news, perché questi prodotti intercettano e si avvalgono di alcune caratteristiche della nostra mente.

Ecco perché possiamo parlare di psicologia delle fake news.

Il Concetto Di Euristiche

Per spiegare come mai nessuno può dirsi “immune” dal contagio delle fake news partiamo dalle euristiche: le possiamo paragonare a delle scorciatoie che il nostro cervello utilizza per risparmiare il più possibile le proprie energie. Sono processi di pensiero e sistemi di credenze che le persone sviluppano presto nella vita, spesso con lo scopo istintivo di proteggersi contro l’ansia e lo stress di un mondo incerto.

Tuttavia sono proprio queste euristiche che ci conducono ai bias cognitivi, ossia processi che ci portano a vedere la realtà che ci circonda in modo parziale, generalizzato, superficiale, affrettato.

La nostra attitudine a credere alle fake news, quindi, nasce e cresce con noi.

Possiamo suddividere questi bias cognitivi in personali, ossia derivanti dall’architettura stessa della nostra mente, e sociali, ossia derivanti dall’influenza su di noi dell’ambiente sociale e dall’interazione con esso.

Bias Cognitivi Personali

• Framing effect: noi tendiamo a prendere decisioni basandoci su come le informazioni ci vengono presentate e discusse, anziché sull’effettivo contenuto di queste informazioni. Se noi preleviamo il contenuto e lo inseriamo all’interno di una nuova cornice di riferimento e di senso, allora si modifica la nostra percezione del contenuto stesso, e con essa il suo significato. Questa distorsione appare quando assumiamo informazioni e dati reali, ma poi li combiniamo e associamo per fornire agli altri un quadro diverso, anche opposto a quello originario.

• Authority Bias: è la tendenza ad attribuire una maggiore accuratezza alle opinioni di una figura che noi percepiamo come autorevole, e di conseguenza ne veniamo maggiormente influenzati. Costruiamo dei personaggi ad hoc, anche inventati, oppure effettuiamo delle operazioni di immagine su altri, e poi lasciamo che siano loro a comunicare agli altri la nostra fake news.

• Implicit Bias: come esseri umani abbiamo la tendenza a raggruppare le persone in categorie. Inoltre, abbiamo la tendenza a considerare più credibili e autorevoli le persone che sentiamo appartenere al nostro stesso gruppo. Un creatore di fake news può sfruttare questo bias facendo comunicare la notizia da una persona particolarmente credibile per il gruppo di riferimento, anche se nella realtà quella persona non lo ha mai detto oppure la persona stessa non esiste. Questo porta anche al naïve realism, ossia quando ci troviamo di fronte a qualcuno con un’idea differente dalla nostra; anziché limitarci a dissentire lo aggrediamo, anche solamente verbalmente.

• Continued influence effect: una volta che ci facciamo un’idea su di un argomento essa diventa molto difficile modificarla, anche qualora la prima informazione si dovesse rivelare errata. Accade anche il processo opposto: operiamo una serie di operazioni logiche per “giustificare” quell’informazione che si era rivelata non corretta. Il risultato è ciò che viene definito “hostile media effect”: finiamo per ritenere fortemente che la nostra posizione sia l’unica realmente corretta.

• Fluency heuristic: consideriamo un’informazione di maggiore valore rispetto alle altre perché per noi più facilmente ricordabile ed elaborabile.

Questo spiega perché le persone preferiscono informazioni che, nella forma, siano più vicine al loro modo di pensare, al loro livello culturale, sociale, ecc.

«La grande promessa di Internet era che più informazioni avrebbero portato a decisioni migliori. La grande delusione è che in realtà più informazioni comportano maggiori chance di confermare le credenze di ciascuno.

È una trappola mentale detta pregiudizio di conferma. Cambiare idea è una fatica mentale che istintivamente cerchiamo di evitare. Tra migliaia di fonti, selezioniamo quelle che confermano i nostri preconcetti.

Tra due versioni ricordiamo meglio quella che ci dà ragione».

Steven Pinker, neuroscienziato

• Anchoring Bias: tendiamo a considerare il primo pezzo di informazione che incontriamo come il più probabile. Questo è un altro elemento che spiega l’importanza della vitalità di una fake news: deve essere la prima ad arrivare alle persone se vogliamo che la nostra campagna di notizie false abbia successo.

• Information overload: non è di per sé un bias, ma una condizione tipica della nostra Società che ci impedisce un corretto ragionamento basato sui dati, e che potenzia tutti i bias che abbiamo visto fino ad ora e che vedremo tra poco. Il bombardamento delle informazioni a cui siamo sottoposti tutti i giorni causa un sovraccarico cognitivo che porta la nostra mente a difendersi rifugiandosi in strategie di risparmio energetico. Ad esempio, leggiamo solamente i titoli senza approfondire, pensando di ricavare abbastanza informazioni già da quelli. Siamo anche portati a prendere delle persone come riferimento, e a fidarci di quanto riferito da loro senza verificare, spingendoci verso i bias appena descritti. Tutto questo fino a quando la persona, stanca e affaticata, non getta la spugna e ricondivide news dubbie e non verificate portando come argomentazione il “non ho avuto tempo di verificare, male che vada non avrò fatto torto a nessuno”.

Tutto questo processo innesca una catena per cui ad ogni ricondivisione di fake news su un determinato argomento si abbassa il livello di guardia, portando la persona sempre più incline a ricondividere senza verificare.

Le ricerche ci dicono che ciò avviene con la semplice esposizione alle fake news, anche quando noi siamo consapevoli che si tratta di falsi.

Ecco perché la diffusione di fake news, anche da account creati ad hoc con il solo scopo di creare massa, nel tempo diventa deleteria anche per i più attenti.

Bias Cognitivi Sociali

Sono strettamente correlati ai bias cognitivi personali, ma riguardano l’influenza che l’ambiente sociale e l’interazione con esso esercitano su di noi:

• Bandwagon effect: più persone intorno a noi ritengono un’informazione corretta, e più saremo inclini anche noi a ritenerla tale, anche nel caso dovessimo avere dei dubbi. È un bias che si intreccia fortemente con la riprova sociale per cui, se un nutrito numero di persone ritiene l’informazione corretta, allora lo sarà sicuramente.

• Availability cascade: una credenza collettiva guadagna sempre maggiore plausibilità attraverso la sua frequente ripetizione in pubblico. Possiamo ritenere questo bias cognitivo la summa dei bias cognitivi sociali: tutto converge qui.

Fabrizio Favini
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