UN ALTRO NOVECENTO
questioni etnonazionali e a ripensare la dottrina dei diritti umani in termini di minority rights a uso collettivo 11. Negli ultimi anni, alla tradizionale ostilità di alcuni Stati membri, in primo luogo la Francia e la Grecia, si è aggiunta una crescente confusione fra il concetto di minoranza nazionale determinata da una circostanza storica (ad esempio la modifica di un confine fra due Stati) e quello di comunità migrante. Anche in questo caso, le due metà d’Europa sembrano parlare lingue diverse.
Crisi economica e prospettive di ripresa La crisi economico-finanziaria scoppiata nell’autunno 2008 ha interrotto, in Europa orientale, un periodo di sviluppo prolungato e contraddistinto da tassi di crescita economica doppi o tripli rispetto alla media europea (4-6% annuo, con punte del 10% e oltre nel Baltico e in Slovacchia). Nel primo decennio degli anni duemila, i governi della regione hanno cercato di adeguare salari e pensioni all’aumento di prezzi e tariffe. Sebbene ciò sia riuscito solo in parte (un operaio della fiorente industria automobilistica slovacca continua a percepire un salario orario lordo quattro volte inferiore a quello di un collega tedesco), il potere d’acquisto è aumentato significativamente. La crescita economica ha tuttavia stimolato eccessivamente il consumo di beni non essenziali e l’indebitamento familiare rispetto al risparmio, accompagnandosi a fenomeni di speculazione finanziaria e immobiliare. Da parte loro, molti governi hanno condotto politiche economiche e fiscali incaute. All’indomani dell’esplosione della crisi finanziaria, diversi paesi (Ucraina e Ungheria nel 2008, Romania nel 2009) hanno evitato la bancarotta soltanto grazie ai prestiti straordinari concessi dal Fondo monetario internazionale e dall’Unione Europea. La crisi del 2008-09, parzialmente superata nel 2010, ha colpito economie assai più “aperte” (ovvero dipendenti dalle esportazioni, realizzate in gran parte non da piccole e medie imprese ma da multinazionali) rispetto a quelle occidentali. Sulla crisi esteuropea ha dunque pesato il temporaneo tracollo dell’economia tedesca, che ha trascinato dietro di sé sistemi economici legati alla Germania. Gli effetti della recessione, calcolati fra la seconda metà del 2008 e la prima metà del 2010, hanno assunto proporzioni disastrose nel Baltico (–20% sul PIL in Lettonia, –16% in Lituania, –14% in Estonia), dove tuttavia gli anni precedenti avevano fatto registrare una crescita altrettanto brutale; comparativamente assai più drammatico il crollo ucraino (–15% nel 2009), che affligge un sistema economico-sociale ancora convalescente 314