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1.7. Democrazie impossibili?
1.7 Democrazie impossibili?
Gli Stati indipendenti emersi sulle rovine degli imperi erano, in buona misura, creature diplomatiche frutto sia di nozioni approssimative, sia di spiriti velleitari. Le loro frontiere non tenevano spesso conto della realtà etnografica, delle consuetudini storiche e del buon senso strategico. La vita politica interna fu dominata, soprattutto tra il 1918-22 e negli anni trenta, da turbolenze economiche, sociali ed etniche che portarono ovunque entro il 1934, tranne che in Cecoslovacchia, allo smantellamento delle forme democratiche di tipo occidentale e alla creazione di regimi autoritari, presidenziali, o di monarchie semiassolute. Nell’Europa orientale del periodo interbellico dozzine di regioni e città contese dal nome generalmente impronunciabile divennero familiari all’opinione pubblica europea, che imparò a conoscere questa regione come patria dei più inguaribili nazionalisti moderni. Dopo il 1945 si diffuse fra gli specialisti l’opinione che l’intera opera di pace di Versailles avesse generato una serie di “Stati falliti” in partenza.
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Sarebbe tuttavia un errore giudicare con il senno di poi, alla luce della Seconda guerra mondiale, l’evoluzione storica dell’Europa orientale nel periodo interbellico come solo il preludio di un’inevitabile catastrofe. Hugh Seton-Watson ammonì per tempo che entrambe le guerre mondiali erano scoppiate in Europa orientale e per l’Europa orientale, ma i loro protagonisti principali non erano stati le popolazioni e i governi coinvolti, ma gli interessi strategici delle potenze europee 96. Nel 1974 Joseph Rothschild ebbe a precisare sul ruolo dei movimenti di estrema destra e i regimi autoritari degli anni trenta:
Essi non vollero o non poterono imitare il dinamismo totalitario di Hitler. Il loro approccio alla politica era essenzialmente bucrocratico e conservatore o, al massimo, tecnocratico e oligarchico. Senza progettare alcuna ideologia di massa, non riuscirono o rifiutarono addirittura di carpire il sostegno popolare. Nonostante la sonora retorica della “mano pesante”, si rivelarono meschini, fragili, spesso irresoluti e generalmente demoralizzanti 97 .
I regimi politici e gli ordinamenti sociali affermatisi nella regione dopo il 1918 non possono venire facilmente inclusi, come la storiografia ufficiale tendeva a fare nell’Europa orientale comunista, nella categoria «fascismo» 98, e non ebbero un carattere totale, almeno sino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Differenziare i movimenti di estrema destra sorti in Europa orientale negli anni venti e trenta
e i regimi collaborazionisti dal fascismo italiano e dal nazismo tedesco non significa sottovalutare le spinte, le tentazioni e le pulsioni di dominio e odio etnorazziale che animarono partiti politici dall’influenza pubblica crescente 99; e non significa neppure aderire alla tesi, assai in voga nelle nuove storiografie nazionali postcomuniste, di un nazionalismo, razzismo e/o antisemitismo puramente mimetico, frutto di adattamento a modelli culturali stranieri (in primo luogo, all’eugenetica e alla biopolitica di ispirazione tedesca, francese e italiana) 100. Rivalutare criticamente il ventennio interbellico, la capacità di consolidamento e i motivi dello sfaldamento del sistema di Stati creati a Versailles significa piuttosto cercare di comprendere l’originale coesistenza, nell’Europa orientale degli anni venti e trenta, del “vecchio” mondo degli imperi multinazionali e delle nuove realtà nazionali, con il loro corredo di ideologie e proclami.
I rapporti interetnici rappresentano un terreno di analisi particolarmente istruttivo. Contrariamente a quanto percepito dal senso storico comune, essere tedeschi nella regione dei Sudeti, ungheresi in Transilvania ed ebrei in Ungheria o in Polonia non rappresentò affatto una condizione intollerabile fra le due guerre. Nonostante le discriminazioni giuridiche e le ancora più frequenti vessazioni informali, la vita quotidiana delle popolazioni minoritarie era regolata sotto molti aspetti da un sistema di norme plurisecolare e reciprocamente accettato. Alla chiusura di una scuola pubblica si reagiva con una raccolta di fondi per aprirne una confessionale; a un’ingiuria, con una denuncia pubblica; alla perdita di un incarico pubblico per motivi etnici, con l’apertura di un’attività commerciale. L’inviolabilità della proprietà privata fu sfidata, ma non annullata dalle riforme agrarie a carattere “etnico” del primo dopoguerra. Fino al 1938-39 molte delle principali città cecoslovacche, jugoslave, polacche e romene conservarono intatta la propria popolazione, la propria struttura sociale e la propria tipica cultura, scandita da rituali e abitudini propriamente borghesi. Solo la Seconda guerra mondiale, l’occupazione tedesca e l’avvento dei regimi comunisti avrebbero spazzato via in appena un decennio questo consolidato equilibrio sociale.
Negli Stati indipendenti dell’Europa orientale l’arbitrio statale e poliziesco si mescolava a spazi di libertà impensabili nel cinquantennio successivo, anche per quanto riguarda la sfera culturale. Chiunque si trovi a sfogliare quotidiani e riviste dell’epoca resterà stupito dall’apertura e dalla ricchezza del dibattito politico e sociale, possibile non solo grazie alla (talvolta relativa) libertà di stampa, ma anche grazie all’assenza di meccanismi di autocensura nei giornalisti e
negli intellettuali. L’eredità forse più positiva del ventennio interbellico, soprattutto alla luce della successiva egemonia tedesca e dei tentativi di sovietizzazione dopo il 1948, fu costituita dall’affermarsi nell’Europa centro-orientale postimperiale di una cultura politica di massa, al centro della quale stava lo Stato nazionale indipendente. Tale cultura e tale retaggio avrebbero assunto un’importanza vitale dopo il 1989, al momento della ricostruzione di comunità nazionali sovrane 101 . Il fallimento di Versailles deve essere attribuito a una combinazione di fattori interni ed esterni. Il peso di questi ultimi fu probabilmente maggiore di quanto sospettato dai critici coevi delle “democrazie impossibili”.
L’Europa orientale nel 1923