UN ALTRO NOVECENTO
spaziavano dal socialismo antistalinista alla restaurazione della democrazia capitalistica, passando per la “terza via” dei populisti agrari. Il ruolo di Nagy, frettolosamente trasformato in martire e padre della patria dopo il 1989, viene discusso in modo riflessivo, evidenziando le contraddizioni del suo approccio alla rivoluzione o addirittura sottolineando la sua incapacità di frenare una rivolta temeraria destinata al fallimento o, al contrario, la scelta di non chiedere all’esercito ungherese di intervenire in favore della rivoluzione dopo il secondo intervento sovietico del 4 novembre. Nelle analisi acquista inoltre un’importanza sempre maggiore il contesto internazionale nel quale va collocata la rivolta (l’indecisione sovietica, il ruolo ambiguo della Jugoslavia, l’impatto sui paesi confinanti e i movimenti comunisti occidentali). Il fallimento della rivoluzione avviò un processo di destrutturazione sociale in cui la memoria pubblica imposta sul 1956 tentava di schiacciare quelle private. Resistere non aveva più senso; una vita normale sembrava valere più di una morte eroica. Per decenni, la sfera privata restò l’unica sede depositaria della memoria soggettiva di una verità ufficialmente negata e umiliata. Il ricordo “segreto” del 1956 si trasmise non solo nell’emigrazione, ma clandestinamente anche in Ungheria 23. La memoria alternativa del 1956 perse tuttavia gran parte della base sociale originaria (erano milioni gli ungheresi che ancora all’indomani della rivoluzione erano depositari di un ricordo positivo delle giornate di ottobre), per divenire patrimonio quasi esclusivo di piccoli gruppi di intellettuali.
5.2 Continuità e rottura negli anni di Chruščëv Il 1956 viene spesso presentato come una spia della crisi che più tardi, nel 1989-91, avrebbe determinato il crollo dei sistemi di tipo sovietico in Europa orientale. In una prospettiva di lungo periodo, depurata dai fattori locali ed emotivi che caratterizzano la sterminata memorialistica, la portata storica del XX Congresso del PCUS, dell’ottobre polacco e soprattutto della rivolta ungherese esce fortemente ridimensionata. Secondo Kramer, il 1956 non anticipò affatto la crisi degli anni settanta e ottanta, mentre è vero l’esatto contrario: la decisione presa da Chruščëv, il 31 ottobre, di invadere nuovamente l’Ungheria, ricompattò i regimi comunisti e garantì al blocco sovietico oltre tre decenni di sopravvivenza 24. L’URSS e i suoi satelliti superarono 186