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Il «Pianeta città» di Italo Rota

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Un altro Puccini

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il «pianeta città» di italo rota

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Paolo Bolpagni

Il 2021 è stato un anno singolare, di riassestamento e ripresa dopo la terribile epidemia da SarS-coV-2. alla luce di quanto avvenuto, la scelta di programmazione della Fondazione ragghianti è stata di tornare alle sorgenti della nostra civiltà, del modo che l’uomo ha elaborato per il proprio vivere in comune: la città. e di farlo riferendosi in maniera speciale al mezzo privilegiato di trasmissione della conoscenza, ovvero il libro. la colle-

La grande mostra post-pandemia della Fondazione Ragghianti torna a riflettere sull’evoluzione dell’idea di città

zione del famoso architetto milanese italo rota si è rivelata una miniera cui attingere per creare percorsi di senso che partono alle radici della contemporaneità, ossia negli anni iniziali del XX secolo. ne è nata una mostra multidisciplinare e caleidoscopica, scaturita dall’incontro e dal dialogo tra competenze differenti, fondendo svariati saperi e consentendo esplorazioni e scoperte: una sorta di archivio dell’immaginario visivo legato alla dimensione urbana, unificato dalla prospettiva estetica. ripercorrere lo sviluppo dell’idea di città, da quella futurista concepita da antonio Sant’elia negli anni Dieci fino all’architettura attuale delle megalopoli, e insieme analizzare come siano

1. Josef Franz maria hoffmann, Fabrik von Prof. Josef Hoffmann, 1920, giocattolo in blocchi di legno dipinto impilabile, misure variabili, milano, collezione italo rota 2. herbert Bayer, Walter gropius, ise gropius (eds.), Bauhaus 1919-1928, 1938, collezione italo rota 3. aleksandr rodčenko, «novij lef», i, 2, 1927, collezione italo rota 4. Walter Benjamin, Einbahnstraße, 1928, collezione italo rota 5. thea von harbou, Metropolis, 1927, collezione italo rota 6. le corbusier, Le modulor, 1950, collezione italo rota 7. peter cook (ed.), Archigram, 1972, collezione italo rota

2 cambiate le nostre modalità di trasmissione della conoscenza, fino alle evoluzioni contemporanee (ma con la permanenza del libro, rivelatosi ancora vivo e insostituibile nella sua dialettica tra la carta stampata e il digitale), è un valido strumento per progettare un avvenire umano e adatto alle sfide che attendono la cultura e la società. Secondo Johann gottfried herder ogni città è un linguaggio; ed è inoltre il risultato di un lungo processo storico, attraverso cui si esprime l’anima della civitas. Quello straordinario archivio di beni comuni che è la collezione di italo rota ce lo fa chiaramente comprendere, e può servirci a immaginare il futuro. fatto parte insieme con aldo colonetti, filosofo ed esperto di design, con lo stesso italo rota, con gianni canova, rettore dello iulm, con Daniele ietri, ordinario alla Freie universität di Bolzano, con Francesco careri, studioso di urbanistica e arte urbana e professore associato a roma tre, con eleonora mastropietro, documentarista e geografa e ricercatrice all’università Statale di milano, e con alessandro romanini, critico e docente all’accademia di carrara, nonché presidente del comitato scientifico della Fondazione ragghianti. il risultato è stata una selezione di circa seicento pezzi che, in dieci sezioni, hanno creato una narrazione del novecento e del primo ventennio del nuovo millennio attraverso la visione della città, la sua rappresentazione nelle arti e nel cinema e l’evoluzione dell’oggetto libro. l’allestimento, progettato dallo stesso rota, consisteva principalmente di tavoliespositori, di vetrine e di vecchi televisori do-

UNA SELEZIONE ACCURATA costruire una mostra incentrata su una raccolta variegatissima di più di centomila pezzi non è stata un’impresa semplice. Si è trattato di un lavoro lungo e paziente, coordinato da un comitato scientifico nel quale sono state rappresentate le differenti discipline coinvolte – la storia dell’arte, il cinema, la geografia economica, l’architettura, l’urbanistica –, di cui ho

4 ve scorrevano le immagini in movimento di rari filmati d’epoca. Sperimentale è stata inoltre la scelta di sostituire i testi di sala con video in cui il collezionista raccontava il senso degli oggetti in mostra e dei loro accostamenti.

IL «PIANETA CITTÀ» il percorso si è snodato partendo dal Primo Novecento: l’alba della contemporaneità, con l’arrivo in città dei veicoli senza cavalli e l’invenzione dell’aereo, che avrebbe tanto accorciato le distanze. non poteva mancare un ampio spazio riservato ad alcuni protagonisti dell’architettura moderna, con tavole progettuali e libri di Frank lloyd Wright e richard Buckminster Fuller e rari volumi in edizione originale di le corbusier, realizzati tra il 1923 e il 1966, oltre all’inedito modellino di Villa Savoye. Volutamente disturbante era la sezione dedicata all’affermarsi degli stereotipi antisemiti nella germania degli anni Venti, all’‘arte degenerata’ e al ruolo di leni riefenstahl nel creare l’immaginario pop del regime hitleriano. in parallelo, in Svezia e in Danimarca si pro-

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duceva La rivoluzione silenziosa degli Scandinavi, con la nascita di un nuovo modo di arredare e di abitare, da ellen Key a ikea (di cui è stato esposto il primo catalogo, eccezionale e sorprendente cimelio). affascinante ma al contempo inquietante il focus su Metropolis di Fritz lang e sulle avanguardie sovietiche, con rari prodotti grafici di el lissitzky e alexandr rod enko, mentre l’ideale del flâneur a spasso per la città d’anteguerra era rappresentato soprattutto da edizioni originali dei libri di Walter Benjamim, Bertold Brecht, robert musil e upton Sinclair. nella sezione sul Bauhaus ha trovato posto un florilegio di pezzi straordinari, dalla raccolta completa dei quattordici Bauhausbücher (di gropius, mondrian, moholy-nagy, Klee, Kandinskij, Schlemmer…) agli scacchi in legno realizzati da Josef hartwig, al gioco di costruzioni del 1923 di alma Siedhoff-Buscher. altri capitoli notevoli sono stati quelli sui primi robot-giocattolo, accompagnati dai libri di Karel Čapek, ruggero Vasari e isaac asimov, e sull’utopia, propagandata da Wernher von Braun e sostenuta da Walt Disney negli anni cinquanta, di colonizzare lo spazio per costruirvi le città del futuro. arriva nel frattempo il periodo del boom economico, che in mostra è stato analizzato attraverso tre esempi: la londra pop e poi beat, con i ritratti psichedelici dei Beatles di richard avedon e dischi celebri come Yellow Submarine e Stg. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, la ‘fioritura’ della costa pacifica degli Stati uniti (Francisco LSD city), con un approfondimento sulla mitica Summer of Love del 1967, e l’emergere del nuovo giappone, con il movimento dell’architettura metabolista e lo sviluppo dell’immaginario manga, con manifesti, fumetti e libri fotografici di nobuyoshi araki e Daido moriyama. a seguire, La rivoluzione della cibernetica: tecnologia, arti, musica e città, con testimonianze video ed editoriali sulla mostra Cybernetic Serendipity curata da Jasia reichardt nel 1968 all’institute of contemporary arts di londra, Archigram e l’avanguardia architettonica degli anni Sessanta e Settanta, La nascita del movimento ecologista, con i primi volumi di cultura alternativa e sostenibilità am-

8. tadanori Yokoo, La città e il design. Le meraviglie della vita sulla Terra. Isamu Kurita, 1966, collezione italo rota 9. richard avedon, Ritratto psichedelico di John Lennon, 1967, collezione italo rota 10. antonio Sant’elia, Progetto per la Nuova stazione di Milano, 1914, collezione privata, courtesy matteo maria mapelli arte moderna e contemporanea 11. Davide la rocca, Ora X 2, 2009, olio su tela, courtesy matteo maria mapelli arte moderna e contemporanea

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10 bientale ante litteram, da Yona Friedman a ico parisi, sino alla sezione finale, che ho intitolato Trenta libri per gli ultimi venticinque anni, contrappuntata dall’inquietante dipinto di Davide la rocca Ora X 2 del 2009, una sorta di monito di fronte alla catastrofe ambientale sempre incombente.

IL CATALOGO in occasione di questa grande esposizione le edizioni Fondazione ragghianti Studi sull’arte hanno pubblicato non un catalogo, ma un vero e proprio libro, Pianeta città, da me curato, con i testi di chi scrive e di aldo colonetti, italo rota, Francesco careri, eleonora mastropietro, Daniele ietri, alessandro romanini e Franco la cecla, elencati in rigoroso ordine di apparizione. inoltre è stato realizzato un documentario della durata di circa venti minuti (proiettato in una sala della mostra), prodotto dalla Fondazione ragghianti in collaborazione con la Fournaise, che racconta la collezione di rota dalla sua prospettiva personale. il cortometraggio, diretto da eleonora mastropietro, esplora la casa dell’architetto, dove si trova l’‘accumulo’, come lui stesso lo chiama, delle migliaia di oggetti, opere d’arte e libri che compongono questa straordinaria raccolta: una congerie in cui si alternano ‘alto’ e ‘basso’, popolare e cólto, che dialogano fra loro in una collocazione apparentemente casuale, e che italo rota usa alla stregua di strumenti di ricerca, icone e promemoria per supportare il proprio lavoro culturale e creativo. il documentario è già stato selezionato dal Venice architecture Film Festival, che si è svolto all’inizio di settembre, dove si è classificato al quarto posto, e, in ottobre, è stato in concorso al milano Design Film Festival, in attesa di ulteriori approdi. un Pianeta città che, partito dalla nostra lucca, continua insomma a viaggiare.

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