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Vaccino anti Covid, con che criterio si decide la priorità

ATTUALITÀ VACCINO ANTI COVID CON CHE CRITERIO SI DECIDE LA PRI ORITÀ

SHEEZA HABIB, 3F Da domenica 27 dicembre in tutta Europa sono state somministrate contemporaneamente le prime dosi di vaccino Pfizer, il primo approvato dall’EMA (Ente Europeo per i Medicinali) e anche dall’AIFA (l’Agenzia Italiana del Farmaco). I due istituti di vigilanza hanno giudicato il siero non solo efficace ma anche sicuro: un risultato che solo qualche mese fa sembrava impossibile considerando la necessità di diversi anni prima che un vaccino possa essere commercializzato. La pandemia di COVID-19 ha spinto centri di ricerca, università, laboratori e case farmaceutiche in tutto il mondo a sviluppare il più velocemente possibile un vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2. Ma come funziona e com’è stato possibile testarlo così in fretta? Nei campioni umani ha dimostrato un’efficacia altissima: il 90%, contestata da quei “complottisti” che rifiutano il vaccine asserendo che questo “modifichi il nostro DNA” tesi che ha ricevuto una forte eco sui social network. Ciò non solo si configura come vera e propria disinformazione scientifica, ma rischia anche di compromettere lo sforzo della campagna vaccinale più grande nella storia dell’umanità. Il suo funzionamento è garantito da una nuova tecnologia chiamata MRNA: a differenza dei vaccini tradizionali che corrispondono a una versione indebolita dei virus per stimolare la reazione immunitaria senza sviluppare i sintomi della malattia, i vaccini MRNA contengono solo il materiale genetico del virus, permettendo così che il sistema immunitario non entri mai in contatto con il virus neanche in versione depotenziata, ma che sia dotato delle istruzioni per contrastarlo. La produzione è più rapida e, poiché non contiene agenti infettanti, può essere somministrato anche a soggetti più fragili.

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Le prime dosi di vaccino sono state destinate a circa un milione di operatori sanitari: medici, infermieri e oss, ogni giorno in “prima linea” nella lotta alla diffusione dei contagi e dunque molto più esposti al rischio di contrarre il Covid. La priorità è spetatta a chi lavora nei pronto soccorso, nei reparti di terapia intensiva, pneumologia, di malattie in-

fettive e agli operatori che si muovono sul territorio a bordo delle ambulanze. La campagna vaccinale si è poi spostata nelle strutture assistenziali come Rsa e case di riposo, in cui è stato registrato il più alto tasso di morti per covid. La prima fase di vaccinazioni dovrebbe concludersi entro il mese di gennaio o poco dopo. A seguire toccherà al resto della popolazione, sempre dando la priorità ai soggetti più a rischio, ovvero i più anziani e gli affetti da patologie pregresse. Riguardo l’organizzazione della campagna, molti si sono chiesti se non sia invece più giusto dare la priorità ai più giovani, riassumibile nel quisito “Vogliamo salvare più vite o più anni di vita?”. Secondo alcuni ricercatori delle Università della Sud California e Johns Hopkins, per contrastare l’avanzata del virus è più utile proteggere i giovani in quanto “La diffusione da parte di asintomatici sta facendo chiudere scuole e università e minaccia le comunità. I vaccini dovrebbero essere dati ai più grandi diffusori e solo dopo ai più vulnerabili”, come scrivono Dana Goldman, David Conti e Matthew Kahn su The Conversation. In Italia la tesi degli scienziati americani Mario Clerici, professore ordinario di Immunologia all’Università di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi: “I giovani sono i soggetti più a rischio di contagio, per i contatti sociali che hanno ogni giorno. Trovo che la proposta di inserirli nella lista dei primi vaccinati, dopo medici e infermieri, sia utile anche nell’ottica di proteggere gli anziani, che frequentano figli e nipoti”. Per un ritorno a scuola in sicurezza, infatti, risulterebbe utile una vaccinazione anticipata degli student. Repubblica.it aggiunge: “Anche i liceali dovrebbero essere tra i primi a venire vaccinati, perché hanno una lunga aspettativa di vita e

non soltanto perché hanno il diritto di tornare a scuola”. Un’ attuazione pratica di queste toerie di ha in Indonesia, dove il 13 gennaioio è iniziata una campagna di vaccinazione su larga scala contro il coronavirus. Ma a differenza di molti altri Paesi, Italia inclusa, che hanno deciso di dare la priorità alla persone anziane, considerate più a rischio, l’Indonesia ha optato per partire dai giovani. Come annunciato lo scorso dicembre dal Governo indonesiano, i primi a ricevere le dosi di vaccino, oltre agli operatori sanitari, saranno i cittadini di età compresa tra i 18 e i 59 anni. “Vogliamo concentrarci inizialmente su coloro che potrebbero diffondere il virus”, ha precisato il consulente sanitario dell’Esecutivo indonesiano. Al momento, il piano prevede di somministrare le dosi che stanno arrivando proprio in queste giorni per primi agli anziani e poi abbassare l’età fino ad arrivare ai giovanissimi, entro la fine dell’anno 2021. Nel nostro paese ci sono 19 milioni di persone fra i 10 e i 39 anni, 26 milioni fra 40 e 69 e 10 milioni sono over 70. Vaccinare le persone di più di 70 anni e poi scendere fin dove si riesce significa coprire gli adulti dai 50 anni in su, lasciando scoperti i 30 milioni di persone della fascia 10-49 anni. Vaccinando invece gli adulti fra i 40 e i 70 anni (possibile con 25 milioni di dosi) si coprirebbe la fascia più produttiva della società, che è anche quella con più contatti sociali e si lascerebbero scoperti “solo” 19 milioni di individui compresi nella fascia 10-39 anni. In questo modo gli anziani sarebbero protetti, perché le persone con cui entrano in contatto sono immuni. I nonni forse dovrebbero rinunciare ad abbracciare i nipotini per un po’ di tempo e dovrebbero accettare qualche limitazione di libertà per evitare contatti con altri coetanei sono sacrifici limitati considerando che proprio i più anziani, e dunque gli individui più fragili, eviterebbero i rischi di una vaccinazione percepita come niente affatto innocua.

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