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Roma, terra di governi, poltrone ed eroi

FRANCESCO VACCARO, 5aa JACOPO PALAZZOLO, 2C GIOVANNI COLOMBO, 4D

“Fine intellettuale”. È sicuramente questo appellativo che Conte ha rivolto a Nencini (nel tentativo di sedurlo) a riassumere quanto andato in scena lunedì e martedì a Montecitorio e a Palazzo Madama. Il livello culturale, infatti, ha raggiunto livelli vertiginosi: Aldo Moro, Paolo Borsellino, Giovanni Verga, Agostino Depretis e chi ne ha più ne metta. Per un attimo ci siamo preoccupati di aver sbagliato diretta, di trovarci in un’assemblea parlamentare, ma poi le grida della destra, il “mercimonio” dell’on. Meloni e il termine “poltrone” ci hanno tranquillizzati: era la diretta giusta. Durante questa crisi di governo “parlamentarizzata” ne sono successe molte (anche se il contenuto è rimasto scarno) e noi abbiamo ritenuto doveroso riportare i “Best of” della politica italiana.

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CONTE, IL DISCEPOLO DI ANDREOTTI Non potevamo che iniziare con lui, l’Avvocato del Popolo per i più, “Giuseppi” per gli amici. Il premier, dopo la crisi di governo aperta da Italia Viva, è andato in Parlamento con due missioni ben precise: prendere a bastonate Renzi e tentare la nobile arte politica dell’abboccamento. Conte si sentiva, più che in Parlamento, al mercato del pesce, e con sguardo esperto scrutava ora a sinistra ora a destra per cercare i tonni migliori. Certo, essendo un politico novizio non sapeva cosa pensare, e si è visto bene: mentre parlava di “costruttori”, “responsabili” e “volenterosi” si è grattato la testa con fare dubbioso, come a dire: “Ma davvero sono arrivato a questo punto?”. Conte poi ha voluto seguire i suggerimenti del Colle, che gli ha chiesto una maggioranza ampia e coesa: ha aperto il suo governo a europeisti, liberali, popolari, socialisti... paninari, kebabbari e alcolisti anonimi. L’inquilino di Palazzo Chigi, nel dubbio, per non farsi scappare nessuno, ha ritenuto migliore prendersi tutto l’arco costituzionale: non sarà una maggioranza coesa, ma ampia senz’altro! Bisogna capirlo, il nostro “Giuseppi” ha avvertito la

fifa di qualsiasi Presidente del Consiglio italiano, ovvero quella di andare a casa, e così si è affidato alla sapienza di Andreotti: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”

SALVINI, IL REAZIONARIO Martedì in Senato Matteo Salvini era furibondo con i “poltronari” della sinistra e ha impartito loro una lezione sull’economia, sulla proprietà privata e sull’Europa, manifestando un europeismo inedito che non sappiamo dove tenesse nascosto e si è ispirato al grande De Gasperi, il cui degno erede ad oggi è naturalmente Orban, l’idolo del Capitano. Matteo poi si è scagliato con veemenza contro la campagna acquisti di Conte alla ricerca dei “responsabili”, che per lui sono soltanto dei “complici da pagare”. Eddai, “Giuseppi”, queste cose non si fanno, impara da un grande esempio di moralità come Matteo! Il segretario della Lega si è poi mostrato il più liberale di tutti in Parlamento: ha difeso il diritto alla proprietà privata, “sacra e inviolabile”, e ha accusato il governo di “esproprio proletario” per aver bloccato l’esecuzione degli sfratti... In effetti ottobre si avvicina, e non sia mai che alla sinistra venga in mente di fare una rivoluzione! Insomma, abbiamo visto un Salvini tutto nuovo, europeista, liberale e reazionario, all’altezza della situazione: mentre Conte cercava i voti dei parlamentari, lui ha cercato quelli degli italiani in diretta!

NENCINI, LA LOVE STORY DI CONTE Quello di Conte nei confronti del senatore del PSI Riccardo Nencini è stato un tentativo di seduzione fino all’ultimo. Cosa voleva Conte da Nencini? Un amico sincero? No. Un consigliere fidato? Nah. Il suo voto? Bingo. Conte nel suo primo intervento ha esibito tutto il suo repertorio nel tentativo di far cadere Nencini ai suoi piedi: un manifesto programmatico pomposo e magnifico, uno sguardo penetrante e, ciliegina sulla torta, l’invito ad entrare nella maggioranza ai socialisti. Ed è evidente che Conte si riferisse a lui, se non altro perché Nencini è l’unico senatore socialista in Senato. Nencini però non ci è cascato, le vedeva bene le corna dei due Matteo che il premier si porta addosso, lo ha sgridato per le cose che non vanno e non ha dato mica il suo consenso al matrimonio; ha voluto fare la difficile. Così Conte nella sua replica si è giocato il jolly: lo ha nominato direttamente e lo ha definito “fine intellettuale”. Nulla è più efficace di un complimento così ammaliante, e alla fine il senatore ha ceduto. Ma ha fatto vedere per un attimo

i sorci verdi a Conte, dando il suo consenso esattamente alla fine della votazione e rischiando di infliggere al premier un terzo fatale tradimento. OCCHIUTO, IL MONARCHICO Il senatore di FI nel suo intervento ha parlato di “voltagabbana, parlamentari preoccupati della fine della Repubblica”.... È chiaro che Occhiuto volesse dire legislatura, si tratta di una svista... O forse no? Freud dice che ogni azione umana ha una spiegazione razionale, anche i gesti più spontanei, quindi questo “lapsus” potrebbe nascondere qualcosa di più grande: che Forza Italia si stia prodigando per ristabilire il Regno d’Italia, questa volta sotto la dinastia dei Berlusconi? Chi lo sa, ma sicuramente alla corte di Silvio XIV, con Meloni e Salvini consiglieri, il lusso e il divertimento non mancherebbero mai. CIOFFI, UN BOTANICO INCOMPRESO L’intervento più.... particolare di tutti è stato quello di Andrea Cioffi, senatore M5S. Cioffi è intervenuto per difendere a spada tratta il suo Presidente e ha sottolineato l’importanza del legame tra Parlamento e popolo con un esempio che sicuramente molti italiani avranno compreso: la catena del glucosio. Ma sì certo, la catena di glucosio per indicare il popolo, come abbiamo fatto a non pensarci? Cioffi però non si è fermato qui, no, ha voluto dare sfoggio delle sue conoscenze scientifiche e si è lasciato andare ad una descrizione quasi poetica della sintesi clorofilliana delle piante. Che dire, Cioffi probabilmente non è un oratore trascinatore di masse, ma un futuro come botanico non glielo toglie nessuno! (Vi consigliamo di andarvelo a vedere perché merita dav-

vero) CIAMPOLILLO, IL GOAL AL 90ESIMO Senatore finito al Misto dopo le dimissioni dal M5S, Lello Ciampolillo è diventato da perfetto sconosciuto vero e proprio protagonista di questa crisi di governo. Al momento della votazione quest’uomo, che aveva già detto che avrebbe votato a favore, si è volatilizzato: forse doveva andare in bagno o forse si vergognava troppo di fare il senatore dopo le performance dei suoi colleghi. Conte gli avrà sicuramente tirato le orecchie, sarà che non lo conosce neanche lui però il suo voto lo vuole, e al-

lora si fionda subito dalla Presidente del Senato Casellati esattamente mentre questa sta pronunciando la chiusura della seduta. Apriti cielo: la Casellati, donna seria e ligia alle regole, si infuria, punta i piedi e si rifiuta di validare il voto. E cosa si fa in un grande Paese come il nostro quando non si sa se un’azione è valida o meno? Si va al VAR ovviamente. Non sappiamo se le altre democrazie occidentali siano provviste di questo utile strumento, ma il nostro Parlamento, che ha più elementi in comune con gli stadi di calcio che con un’assemblea parlamentare, ce l’ha, e quindi perché non usarlo? I Senatori Questori si sono attivati, hanno riavvolto il nastro, e hanno emesso il verdetto: sì, il goal è valido! Tutto questo mentre i colleghi di maggioranza gridavano allo scandalo: in pratica per un senatore che si è attardato al bagno si è rischiata una crisi istituzionale non da poco. Altro che mossa del cavallo di Renzi! SEGRE, LA MIGLIORE Chiudiamo questo articolo con qualcosa di molto serio. Mentre Salvini gridava all’ “esproprio proletario”, Occhiuto rievocava la monarchia e Conte cercava spasmodicamente i suoi “responsabili”, c’era una persona nell’emiciclo di Palazzo Madama che attendeva silenziosa il momento della votazione senza attirare su di sé i riflettori mediatici: quella persona è Liliana Segre. Questa donna di ben 90 anni, senatrice a vita, ha deciso di prendere la sua borsa e di andare a Roma in barba ai consigli dei medici che la invitavano a restare a casa, essendo un soggetto a rischio Covid-19. Lo ha fatto perché, davanti alle difficoltà del nostro Paese, ha avvertito dentro di sé un forte senso civico e dovere morale che molti di noi hanno ormai dimenticato, e ha voluto fare la sua parte con il suo umile voto a sostegno del premier Conte. Ora, la questione al momento non è senatori a vita sì o no, non è questo che adesso ci interessa. Quello che ci interessa è che il gesto umile di Liliana ha dato uno schiaffo in faccia ai nostri politicanti, mostrando loro la vera importanza di quelle “poltrone” tanto vituperate da certi esponenti politici, e con una bella faccia tosta per giunta, visto che parlano in questo modo mentre sono comodamente seduti sulle loro di poltrone. I nostri complimenti alla senatrice, alla quale auguriamo, alla faccia di Grillo e Salvini, ancora tanti anni di vita.

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