Animali misteriosi e come mangiarli - ed. brossurata

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ANIMALI MISTERIOSI & COME MANGIARLI

EdizionE Brossurata

di Michele Mingrone, Sara Vettori, Caterina Scardillo

© 2020, Imaginary Travel Ltd.

© 2023, Solone srl per questa edizione

Stampato presso Rotomail Italia S.p.A. – Vignate (MI)

nel mese di aprile 2023

Collana Horror, 20

Direttore Editoriale: Nicola Pesce

Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it

Caporedattore: Stefano Romanini

Ufcio stampa: Gloria Grieco

ufciostampa@edizioninpe.it

Coordinamento Editoriale: Cristina Fortunato

Correzione bozze: Gabriella Vajano

Copertina e quarta di copertina: Imaginary Travel Ltd.

Edizioni NPE

è un marchio in esclusiva di Solone srl

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Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può

essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi modo senza preventiva

autorizzazione scritta da parte di Solone srl. Fanno eccezione

piccoli estratti a corredo di articoli e recensioni.

“Mangio solo chi conosco” .

(Tillo, pastore toscano)

A tutti piace mangiare bene, ma ognuno lo fa alla sua maniera: c’è chi tiene particolarmente alla freschezza degli ingredienti, chi alla preparazione, chi alla provenienza.

Ci sono, infine, persone che si pongono il problema di cosa mangiare, dando un senso particolare all’unicità, alla rarità, alla difficoltà di reperire quel particolare ingrediente.

Ovviamente siamo del tutto contrari a chi mette a rischio specie animali rare per la frivola gioia del palato. Non vogliamo in alcun modo essere accostati a tali criminali.

Ma una domanda che ci siamo posti, irresistibile, è: trovandoci davanti a una creatura inesistente, avremmo la stessa cautela? Resisteremmo alla tentazione di gustarne il sapore? Non stiamo parlando di rarità, bensì di impossibilità. Nessuno ha mai assaggiato un unicorno, un basilisco o una chimera per il semplice motivo che… non esistono. Sono quindi, fin dall’inizio, estinti.

Quindi cucinandoli non facciamo loro alcun torto! Qualcuno dirà: se mai ne incontrassi uno, lo vorrei tenere in vita, e anche dopo la morte conservarlo per i posteri. Ma i posteri sono così lontani, così astratti… Anziché lasciar muffire

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le spoglie mortali di un Kraken o di un Arthropleura preistorica, molto meglio cogliere l’attimo. Se credete che questo ci renda persone peggiori, che sia. Ma una cosa ve la possiamo assicurare: nessun animale, né reale né ovviamente immaginario, è stato maltrattato durante la realizzazione di questo libro.

una precisazione Questo libro è a tutti gli effetti un ricettario. Ciò significa che i piatti presentati sono assolutamente cucinabili (salvo avvertenze specificate nelle note), naturalmente con l’accortezza di sostituire gli ingredienti immaginari con degli equivalenti reali. Per esempio, un kraken si sostituirà agevolmente con un polpo, una fenice con un fagiano, il Minotauro con un toro, e così via. Terminate le precisazioni, resta solamente da augurare a tutti i lettori il più cordiale… Buon appetito!

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Gli autori

nota

In onore della recente attenzione a diete vegetariane e vegane, abbiamo inserito anche qualche creatura non animale, così da tacitare la coscienza di chi voglia, con la fantasia, assaggiare cibi unici al mondo senza però pensare di mangiare un essere senziente.

A parziale consolazione dei più sensibili, comunque, ricordiamo che la maggior parte degli esseri qui nominati non avrebbero alcuno scrupolo a nutrirsi di voi lettori, se solo ne avessero l’occasione.

I FENICE UN PIATTO IMMORTALE

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a Fenice è un uccello di grande bellezza e rilevanti dimensioni, dall’estetica simile per alcuni versi al Fagiano dorato, per altri al pavone, con un becco grifagno simile all’aquila, una corona di piume sul capo – simbolo di Osiride e chiamata in egiziano Atef – con un portamento aggraziato degno di un airone. Le piume, color oro e cremisi, nella tradizione russa le sono valse il nome di “Uccello di fuoco”, ma hanno anche una qualità cangiante e iridescente, virando a seconda della luce sul violetto, arancio, blu lapislazzulo.

Conosciuta in quasi tutte le culture antiche, è presente nella tradizione egizia, araba, greco-romana e – con nomi diversi – celtica e orientale.

Nota per il suo canto melodioso e soave e per le sue capacità curative (si dice che una sua lacrima guarisca da ogni male), deve la sua fama soprattutto alla capacità di rinascere dalla morte.

Nella tradizione, raggiunti i 500 anni la Fenice si fabbrica una sorta di pira funeraria fatta di legni ed erbe aromatiche, tra cui vengono spesso citati cannella, incenso, mirra, mirto, sandalo, cedro e spigonardo (qualunque cosa sia). Composta e accesa la catasta, vi si adagia e rende l’anima. Appena ridotta in cenere risorge (non è

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chiaro se come uovo o come implume), e in tre giorni è di nuovo adulta e pronta a ricominciare la sua vita immortale. In pochissimi dichiarano di averla vista, ma in genere si concorda che ve ne sia solamente una al mondo. Immortale e solitaria: non stupisce che il suo canto sia così malinconico da struggere l’anima. Ma quello che più ci interessa in questa sede, è la sua preziosa valenza in cucina.

Le sue carni sono squisite, morbide, simili a quelle della faraona, ma con un retrogusto aromatico dovuto alle progressive rinascite immerse in essenze preziose che ne hanno impregnato le carni. La si può cucinare in vari modi, al forno, in padella e in casseruola, con patate e carote a richiamare i colori del piumaggio, ma la modalità migliore, quella che garantisce la massima fedeltà alla tradizione, è senz’altro alla fiamma del camino: è questa la ricetta che andiamo a proporvi.

La parte più singolare e bizzarra della questione per un altra: recenti scoperte scienti c e hanno dimostrato che la Fenice rinasce e dalle ceneri cresce anche dopo essere stata mangiata: è sufciente, dopo esservene pasciuti, ettare nella amma viva ossicini, pelli, becco, zampe utto

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quanto non avrete ritenuto commestibile.

La Fenice entro tre giorni risorgerà in forma smagliante, pronta a essere cucinata nuovamente, non prima di averci allietato con il suo canto dolcissimo.

Considerato che una Fenice di medie dimensioni può sfamare agevolmente una famiglia di quattro persone per almeno tre giorni, le prospettive sono vertiginose: se solo fosse possibile far moltiplicare a dismisura il numero delle fenici viventi, per clonazione, osmosi o gemmazione che sia, si potrebbe ritenere una volta per tutte risolto il problema della fame nel mondo.

La Fenice non ha bisogno né di riparo né di nutrimento. Non solo: con le sue lacrime potremmo debellare le malattie, e con le sue piume (anch’esse destinate a riformarsi) realizzare lussuosi cuscini e caldi piumoni. Ci afdiamo alla valent a de li scienziati: una s da ardua, ma merita di essere a rontata. Certo, ci si potrebbe chiedere quanto sia piacevole per il povero pennuto vivere la sua immortalità in un eterno alternarsi di amma e tavola imbandita ma, a parziale consolazione, si può ritenere fortunato: almeno non rischia di estinguersi anzitempo, come il dodo o il rinoceronte albino.

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LA RICETTA

“FENICE ALLA FIAMMA CON ERBE AROMATICHE”

utensili necessari: Camino o barbecue e tutto quanto serva per fare una brace, griglia con alzata di almeno 20 cm dalla brace, un pentolino, spruzzino.

preparazione brace: Legno e rami di quercia, corteccia di cannella, nido di rami di mirto.

preparazione della fenice per la cottura: Prima di tutto, c’è un piccolo problema. La Fenice immortale, almeno no a uando non stata cotta a puntino. Quindi se la volete cucinare, dovrete farlo da viva. Per fortuna, oltre che non poter morire, non può nemmeno sentire il dolore. Vi guarderà con aria velatamente malinconica mentre la spennate, le togliete le interiora e l’aprite a libro. Probabilmente vi farà sentire molto in colpa. Se non reggete all’emozione, bendatela.

Dopo averla così preparata e aver formato la brace, fate bollire due litri di acqua con 5 foglie e scorze di mezzo cedro, un rametto di rosmarino e uno di timo, un cucc iaio di sale. ate ra reddare.

Mettete da parte un bicchiere e immergete la Fe-

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nice nel liquido rimanente per 5 ore. Asciugatela.

Scaldate un pentolino di olio con rosmarino, cannella, cedro, timo e mirto.

Massaggiate la Fenice con l’olio aromatico e sale. In questa fase sembrerà divertita, nonostante tutto. I massaggi piacciono anche alle fenici.

Mettete la Fenice sulla brace con griglia alta almeno 20 cm per circa 40/50 minuti.

A questo punto probabilmente canterà. Apprezzate la meravigliosa melodia della sua voce. Continuate a spennellare con l’olio aromatico durante la cottura alternando con l’infuso messo da parte per ammorbidirla (meglio usare uno spruzzino).

A ne cottura a iun ete rami di rosmarino, mirto, timo alla brace e aspettate la amma alta. Siamo arrivati al momento in cui, inevitabilmente, la Fenice morirà, non prima di aver pianto calde lacrime. Raccoglietele in una piccola ampolla: curano quasi tutte le malattie. Il momento in cui versa le sue lacrime è quello della perfetta cottura, quindi non potete sbagliare.

Rosolate la Fenice per dorare la pelle e servite subito in tavola. Per migliorare l’esperienza degustativa, di ondete nella sala da pranzo aromi di incenso e mirra.

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Finito il pasto, raccogliete tutti i residui (testa, zampe, ossa, interiora, potete tenere le piume) e ettateli nella amma alta.

Aspettate che la Fenice si riformi come nuova. Lasciatela riposare tre giorni, se l’è meritato. Al quarto giorno potrete cucinarla di nuovo.

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II KRAKEN

MANGIARE O ESSERE MANGIATI

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l nome Kraken deriva dal norvegese krake. l si ni cato letterale aberrazione , ma possiamo arantirvi c e, ben cucinato, non lo a atto. iportato n dal XIII secolo dalla mitolo ia scandinava, uesta creatura simile a un polpo, dalle dimensioni approssimative di un centinaio di metri, era noto per alcune divertenti abitudini, tra cui alleiare placido in super cie n endosi un isoletta, per attirare li s ortunati marinai.

oto anc e con l appellativo di distruttore di navi , ne parla anc e inneo nel suo Systema Naturae, pubblicato nel 5, dic iarandone l afnit con calamari i anti e piovre, solo in scala : 00. el edioevo, razie a una certa con usione con li u ualmente attestati mostri isola (in enere balene e capodo li di enormi dimensioni) si diceva c e per simulare me lio una super cie terrestre si coprisse a bella posta di terriccio e ve etazione.

l primo punto da a rontare, se volete de ustare un ra en, tenere bene in mente c e la sua intenzione sarebbe del tutto opposta. Si tratta di un ormidabile predatore, dalla ame pressoc insaziabile. l suo becco corneo pu tranciare in due un uomo adulto nel tempo c e impie ereste a dire polpo alla ri lia , e i suoi tentacoli sono in rado di stri-

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tolare una nave da crociera in poc i minuti. Andare a caccia di ra en attivit impe nativa e prevede una ciurma numerosa uanto determinata: circa il 25 dell e uipa io di solito non torna in porto. a uesto un manuale di cucina, non di caccia: riterremo uindi c e la cattura sia i avvenuta e c e il nostro ra en sia stato i ucciso e iaccia in tutta la sua ma ni cenza nella piazza centrale del porto. uale occasione mi liore per una bella sa ra del polpo i ante ni area a la sua ricetta, ovviamente. C c i lo pre erisce stu ato e c i al orno, c i lo salta in padella e c i (specie nel ord Europa) lo a marinare nel burro uso. ccorrer prima di tutto pulire la bestia, to liendo le interiora, il cervello, la sacca dell inc iostro, il becco e li occ i. on un lavoro divertente, ma ualcuno dovr arlo. a parte pe iore, in uesta ase, c e i tentacoli tendono a rea ire a li stimoli, benc de unti, scattando all improvviso e attorci liandosi intorno a li s ortunati cuoc i. a non vi preoccupate: solitamente la pulitura di un ra en non prevede pi di tre o uattro vittime e, una volta se ati, i tentacoli smetteranno nalmente di molestarvi. robabilmente saranno necessari alcuni autoarticolati per trasportare il tutto: un sin-

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olo occ io di ra en pu pesare no al uintale e superare i due metri di circon erenza. Un uarto di tentacolo soddis er una tavolata intera, una manciata di ventose baster per uattro persone. a nostra ricetta, per , a l ambizione di s amare una olla, uindi dovrete tenerne conto nelle dosi. er puro campanilismo abbiamo scelto un antica ricetta della costa toscana, proveniente dal porto di ivorno, a cui siamo particolarmente a ezionati: il ra en cacciuccato.

LA RICETTA

“KRAKEN CACCIUCCATO ALLA LIVORNESE”

dosi per 150 persone: Saranno necessarie un buon numero di casseruole di almeno un metro e mezzo di diametro, e fuoco adeguato.

ingredienti:

Un Kraken di media grandezza, 10 capi d’aglio, peperoncino a piacere (comunque almeno 100 gr), un’intera pianta di salvia, un mazzo di prezzemolo, vino rosso 10 litri (valutare per bagnare tutto in modo omogeneo), pelati 15 kg, olio e sale qb.

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preparazione:

a liate in porzioni la parte scelta della bestia (a noi piace molto sporzionare le sin ole ventose, ma

c c i pre erisce a ettare il tentacolo a rondelle). ettete l olio nella casseruola, l a lio in spicc i sc iacciati, a iun ete il peperoncino e rosolare la bestia a amma alta.

uando diventata di color rosso acceso, aiun ete le erbe aromatic e, s o liate e tritate. S umate con il vino.

uando riprende il bollore, abbassate la amma e cuocete per 0 minuti.

A iun ete i pelati precedentemente passati o rullati, rialzate la amma e mescolate, possibilmente con entilezza.

iabbassate la amma e cucinate per altri 20 minuti. asciate ra reddare dentro la pentola. Servite in randi piatti da portata.

un’alternativa:

Un modo assai goloso di cucinare il Kraken, più tipico dei paesi nordici, è naturalmente l’uso della griglia.

ingredienti:

Un Kraken di medie dimensioni, olio o burro a seconda del vostro gusto, prezzemolo, sale e pepe q.b.

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ISBN:978-88-36271-86-3

euro 14,90

Nessun animale, né reale né ovviamente immaginario, è stato maltrattato durante la realizzazione di questo libro.

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