Pasta & Pastai 182

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Le aziende informano

I pici, la pasta che parla toscano a cura di Molino Pasini

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e cerco di immaginare un tipo di pasta rustico, con carattere, corpo, che identifichi bene una regione e che sia “per molti ma non per tutti”, non riesco a non pensare ai pici toscani. La loro storia parte da lontano, nel periodo etrusco, e la zona è il confine fra Toscana, Lazio e Umbria, dove è possibile trovare la stessa preparazione con nomi diversi: torcolacci, filarelli oppure pisciarelli, lilleri laziali o lombrichelli viterbesi, per finire con gli stringoli umbri e gli stringozzi perugini. La differenza la fa il condimento, mentre gli ingredienti sono sempre gli stessi, semplici e immediati: farina, acqua e sale. Niente uovo, che veniva usato solo nelle tavole dei ricchi. Prodotti a mano da un pezzo di impasto che viene schiacciato e allungato, hanno un’etimologia che, probabilmente, deriva dal gesto che si fa con il palmo della mano per far prendere al-

Il Maestro Danilo Curotto

l’impasto la forma del picio, quello che nel gergo culinario toscano è il verbo “appicciare”. Ma dato che nulla è certo, e che l’origine delle ricette lo è meno di tutto, riporto per dovizia di cronaca anche altre due opzioni. La prima vedrebbe legato il nome di questa pasta alla figura di Marco Gavio Apicio, personaggio della gastronomia romana, autore fra l’altro della famosa opera “De re Coquinaria”. In effetti, è una possibilità. La seconda, invece, vorrebbe farne derivare il nome da San Felice in Picis, località vicino ad Arezzo. Se sul nome non riusciamo ad avere certezza, su una cosa siamo invece certi: ingredienti e metodo di produzione, immutati da centinaia di anni.

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PASTA&PASTAI 182 AGOSTO/SETTEMBRE 2021


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