Artemiscienza - Anno 1 Numero 2

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Universo oscuro, Euclid apre la caccia

Spazio in Laguna, intervista al governatore del Veneto

Luca Zaia

L’arte e la creazione: dialogo con Paolo Nespoli e Michelangelo Pistoletto

L’editoriale

Il concetto di Regione assume una interpretazione diversa a seconda della storia, della cultura e anche della lingua. L’Europava oltre la definizione classica di Regione presente nella Treccani: “ampia parte della superficie terrestre, distinta per caratteri particolari (geografici, storici, antropici) che ne fanno un’unità bene individuata” ma è l’Italia che esprime la più ampia e variegata interpretazione etimologica del termine. La Regione è un territorio, un ecosistema complesso, un luogo, un’espressione socio-culturale, un unicum locale. Gli americani rimangono stupiti e affascinati dalla ‘bio-diversità’ culturale ed industriale italiana, dal dinamismo di questa o quell’altra Regione. Lo Spazio non è esente da questo movimento: negli ultimi anni alle Regioni che, storicamente, hanno espresso distretti, aziende e università di eccellenza nel settore aerospaziale come Piemonte, Lazio e Campania si stanno affiancando dei ‘newcomers’ che vedono nella Space Economy un’opportunità di crescita o sviluppo. Regioni che non hanno un comparto industriale dedicato o non sono nel radar dei territori devoti all’aerospazio, hanno deciso di investire ed animare i loro ecosistemi. Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia sono tra le Regioni che più hanno supportato la connessione delle loro eccellenze non-Spazio con il settore Spazio, hanno promosso incontri internazionali, hanno spronato la costituzione di cluster transnazionali. Un dinamismo che intende mettersi al servizio di una comunità nazionale che certo è ‘local’ ma che deve fare sistema per diventare ‘global’. Lo Spazio offre opportunità che vanno al di là della competizione tra chi offre le migliori agevolazioni fiscali per attrarre insediamenti produttivi; le Regioni che lo hanno capito stanno crescendo più in fretta delle altre. Non sarà un caso che le stesse regioni citate poc’anzi siano ai primi tre posti della Regional Innovation Scoreboard redatta dall’Unione Europea che misura il grado di innovatività delle regioni italiane considerando un insieme di fattori che fanno riferimento al capitale umano, alla dotazione di know how tecnologico ed alla capacità delle aree geografiche di offrire l’infrastruttura materiale ed immateriale per sostenere dei processi di innovazione tecnologica. Lo Spazio è un motore di innovazione territoriale, regionale e nazionale. Viste tali peculiarità forse la prossima volta che un americano vorrà avere informazioni sul comparto Spaziale italiano sarebbe il caso di presentarsi con la terminologia “macro-Regione italiana dello Spazio”.

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4 03 L’editoriale 06 Euclid apre la caccia 10 Le lune di Giove - la presenza di acqua liquida e la possibilità di trovare vita extraterrestre 12 L’Italia si candida capitale delle onde gravitazionali 17 La Virtute 1 di Virgin Galactic 19 Leonardo e Thales investono su Officina Stellare 22 Space Meetings Veneto - a colloquio con Luca Zaia 25 Confessioni di una challenge 31 Piccole aziende crescono... nell’aerospazio - intervista a Chiara Brighenti 34 Raggi cosmici per tutelare l’ambiente - a colloquio con Enrico Schiesaro 40 Officina Stellare 43 AI: Hello World! - intervista a ChatGPT 48 Vinitaly in crociera mondiale 52 Premio Galileo 54 Il processo della creazione e il concetto di VITA - a colloquio con l’astronauta Paolo Nespoli e il maestro Michelangelo Pistoletto
N. 2 | LUGLIO 2023

Direttore responsabile Giulia Bonelli giulia.bonelli@associazioneartemis.com

Hanno collaborato a questo numero Fabrizio Beria Anilkumar Dave Francesco Rea

Progetto grafico Davide Coero Borga

Web editor Fabrizio Beria

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Testata in fase di registrazione da parte del Tribunale di Verona

Crediti immagini Esa, Nasa, Pexels, Wikimedia Commons

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Lanciato con successo il satellite Euclid che misurerà gli spettri di milioni di galassie e studierà la materia e l’energia oscura. Determinante il contributo del nostro Paese attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Si tratta di un programma scientifico dell’ESA, uno dei più ambiziosi nel quale l’Italia gioca un ruolo da protagonista. Il satellite Euclid ospita un telescopio a specchio di 1,2 metri di diametro e due strumenti scientifici, il VIS (VISible Instrument) e il NISP (Near Infrared Spectrometer Photometer), che avranno l’obiettivo principale di osservare il cielo extragalattico con lo scopo di ottenere immagini ad altissima risoluzione e misurare gli spettri di milioni di galassie. Lo scopo scientifico di Euclid è comprendere dettagliatamente la natura della materia oscura e dell’energia oscura, uno dei temi di maggiore interesse nell’astrofisica moderna in quanto queste due componenti, misteriose e invisibili, costituiscono il 95% della composizione dell’universo. La missione raggiungerà questo obiettivo attraverso l’osservazione e lo studio di due fenomeni cosmologici diversi e indipendenti: il lensing gravitazionale debole, cioè l’apparente distorsione dell’immagine delle galassie dovuta alla distribuzione non omogenea della materia oscura lungo la linea di vista, e le oscillazioni acustiche della materia visibile (detta barionica) e il clustering delle galassie. Questo studio combinato porrà vincoli sull’equazione che descrive le proprietà dell’energia oscura, potendo permettere di capire se, ad esempio, questa evolva con l’espansione cosmica o sia necessario considerare modifiche alla teoria della Relatività generale di Einstein. Euclid, che ha una massa di circa 2100 chilogrammi, è stato lanciato il 1 luglio dalla piattaforma numero 40 della base di Cape Canaveral Space Force Station con un vettore Falcon 9 e sarà posizionato, nelle prossime settimane, in orbita attorno al punto lagrangiano L2, uno dei punti di equilibrio gravitazionale del sistema Sole-Terra, a 1,5 milioni di km dal nostro pianeta.

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L’obiettivo: comprendere la natura della materia oscura e dell’energia oscura

Euclid è un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), in cooperazione, per la parte scientifica, con il Consorzio Euclid (EC) al quale partecipano Università e laboratori di quattordici paesi europei tra cui Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Svizzera, con contributi della NASA e di alcuni istituti USA. Il satellite è dedicato allo studio dell’Energia Oscura e della Materia Oscura, ingredienti fondamentali ma ignoti dell’odierno “Modello Standard” della cosmologia fisica e della loro interazione con la gravità. In questo modello, solo circa il 5% della massa-energia dell’universo è fatto di materia ordinaria (protoni, neutroni ect). Il resto è invisibile (materia oscura), e l’universo stesso sembra espandersi a ritmo accelerato sotto l’azione di una fonte di energia finora sconosciuta (energia oscura).

L’ASI, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha guidato il team industriale che ha progettato e realizzato i contributi agli strumenti, formato da un’Associazione Temporanea d’Imprese con OHB Italia mandataria, SAB Aerospace e Temis mandanti mentre la leadership per la realizzazione della piattaforma è stata affidata da ESA a Thales Alenia Space Italia del gruppo Leonardo. ASI, inoltre, supporta l’INAF nell’importante ruolo di guida del Science Ground Segment (SGS) e per lo sviluppo del software di bordo dei due strumenti e tutti gli enti di ricerca per le attività nei Science Working Groups. Infine ASI ha affidato ad ALTEC le attività industriali per la progettazione e la realizzazione del Science Data Center italiano della missione sotto la guida di INAF. Ulteriori risorse di calcolo necessarie per l’analisi dati e per le simulazioni dei risultati scientifici saranno inoltre fornite dall’INFN alla componente italiana della missione. In Euclid sono coinvolti oltre duecento scienziate e scienziati italiani, appartenenti all’INAF, all’INFN e a numerose università, in primo luogo l’Università di Bologna e poi Università di Ferrara, Università di Genova, Università Statale di Milano, Universi-

tà di Roma Tre, Università di Trieste, SISSA, CISAS. Al lancio seguirà un’intensa fase di tre mesi di test e calibrazione del veicolo spaziale e degli strumenti scientifici in volo, in preparazione alle osservazioni. Nell’arco di sei anni, Euclid osserverà un terzo del cielo con precisione e sensibilità senza precedenti. Alla fine della sua vita operativa, prevista al momento di sei anni, Euclid avrà prodotto immagini e dati fotometrici per più di un miliardo di galassie e milioni di spettri di galassie, dati che saranno di grande importanza anche per molti altri settori dell’astrofisica. Tutte le attività di integrazione del satellite sono state completate presso lo stabilimento Thales Alenia Space di Torino. Il satellite è poi partito alla volta dello stabilimento Thales Alenia Space di Cannes dove sono stati eseguiti i test ambientali prima di procedere alla campagna di lancio.

Questa milestone ha consentito di procedere con le prove finali di accettazione del satellite e in particolare le prove funzionali in camera di Thermo-vuoto, le prove meccaniche acustiche e sinusoidali e le prove di compatibilità elettromagnetica. Prima del trasferimento presso la base di lancio di SpaceX a Cape Canaveral per l’inizio della campagna di lancio è stata decisiva la Flight Acceptance Review.

Grazie ai micro propulsori a gas freddo realizzati da Leonardo, ESA sarà in grado di controllare l’orientamento della sonda nello spazio con correzioni di direzione di osservazione infinitesimali. Anche le informazioni circa la linea di mira del telescopio proverranno da un sensore Leonardo: specificatamente sviluppato per la missione Euclid, il Fine Guidance Sensor (FGS) è un sensore stellare di altissima accuratezza, montato direttamente sul telescopio, con lo scopo di assicurare allineamento assoluto fra l’asse del telescopio stesso e le stelle di riferimento. Leonardo fornisce infine i pannelli fotovoltaici, che assicureranno l’alimentazione di tutti i sistemi della sonda.

OHB Italia invece, ha sviluppato le sofisticatissime unità elettroniche del payload, che rappresentano il

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“cervello” del sistema. OHB Italia ha anche progettato e realizzato la “grism wheel” dello strumento NISP (Near Infrared Spectro-Photometer) che posizionerà i grismi (una combinazione di un prisma e di un reticolo disposti in modo da far passare solo una specifica lunghezza d’onda) nel fascio ottico. Nell’ambito del Consorzio Europeo che ha realizzato gli strumenti e svolto l’attività scientifica, l’Italia ha l’importante compito di coordinare il Ground Segment scientifico e, in particolare, la responsabilità diretta di uno dei nove Science Data Center e della verifica delle prestazioni dello strumento NISP, oltre all’incarico di sviluppare diversi passi del trattamento dei dati; italiane sono anche l’elettronica di controllo e acquisizione dei dati di VIS e NISP e la ruota che contiene gli elementi dispersori dello spettrometro, sottosistemi che sono stati realizzati dall’industria nazionale, in collaborazione con INAF e INFN; inoltre, il software di bordo dei due strumenti è stato sviluppato da ricercatori dell’INAF. Infine, a livello scientifico, l’Italia ha la responsabilità della pianificazione e ottimizzazione di tutte le osservazioni (survey) e contribuisce alla definizione dei requisiti e alla preparazione dell’analisi dei dati attraverso l’ampia partecipazione della comunità scientifica nazionale ai Science Working Groups della missione, anche con ruoli di coordinamento.

L’Agenzia Spaziale Italiana ha supportato tutte queste attività attraverso un accordo con INAF, INFN e diverse università e con contratti al team industriale che ha progettato e realizzato i contributi agli strumenti, (un’Associazione Temporanea d’Imprese con OHB Italia mandataria, SAB Aerospace e Temis mandanti) e ad ALTEC S.p.A per le attività industriali per la progettazione e la realizzazione del Science Data Center italiano della missione.

Nella fattispecie l’Agenzia Spaziale Italiana ha affidato ad ALTEC, – Aerospace Logistics Technology Engineering Company – il centro di eccellenza italiano per la fornitura di servizi di ingegneria e logistica a supporto delle operazioni e dell’utilizzo della

Stazione Spaziale Internazionale e dello sviluppo e realizzazione di missioni di esplorazione planetaria, le attività industriali per la progettazione e la realizzazione del Science Data Center Italiano operativo per la missione Euclid , denominato SDC-IT-PROD.

L’Agenzia Spaziale Italiana ha partecipato, inoltre, alle operazioni di lancio monitorando il satellite dalla sua base di Malindi, il Luigi Broglio Space Center, in Kenya. Le stazioni di terra del Broglio Space Center sono localizzate in una posizione privilegiata per osservare gli eventi chiave della missione. La base di Malindi ha, quindi, effettuato attività di supporto sin dalle prime fasi di partenza tracciando la traiettoria del vettore Falcon 9 e acquisendo il primo segnale di Euclid appena 30 minuti dopo il decollo, per poi eseguire il monitoraggio fino a sei ore dopo la partenza. [Redazione]

Sono oltre duecento le scienziate e gli scienziati italiani coinvolti. In sei anni Euclid osserverà un terzo del cielo con precisione e sensibilità senza precedenti

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Lanciata con successo lo scorso 14 aprile la missione Juice dell’Esa andrà a esplorare il gigante dei pianeti Giove e le sue lune ghiacciate Ganimede, Callisto ed Europa. Juice è stata lanciata dallo spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana francese, con un Ariane 5 di Arianespace. Juice è una missione guidata dall’Agenzia Spaziale Europea e - una volta aperti i pannelli solari made in Italy - il grande satellite ha iniziato ad affrontare un viaggio lungo circa 8 anni per percorrere i 750 milioni di chilometri che separano la Terra da Giove. Momento cruciale della missione anche il dispiegamento dell’antenna radar, anche questa di fabbricazione italiana, dispiegamento avvenuto un mese dopo il lancio a 7 milioni di chilometri dalla Terra. Un dispiegamento che ha fatto sudare freddo gli scienziati impegnati in questa ambiziosa missione. Da quando, il 21 aprile scorso, il tentativo di apertura di uno dei due bracci era riuscito solo a metà – anzi, a un terzo – a causa dell’inceppamento del meccanismo d’estensione, sono state vissute tre settimane di apprensione, simulazioni, ipotesi, calcoli e un sereno ottimismo. Alla fine il dispiegamento è andato a buon fine e il radar Rime, progettato per sondare la composizione delle lune ghiacciate di Giove fino a nove km al di sotto della superficie, potrà sorprenderci con i numerosi risultati scientifici che si attendono da questo strumento che rinnova l’eccellenza italiana nella produzione di radar ad uso scientifico e spaziale.

Con la missione Juice gli scienziati sperano, infat-

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La
presenza di acqua liquida potrebbe celare forme di vita extraterrestre

ti, di avere informazioni su possibili forme di vita visto che le lune di Giove che verranno esplorate hanno distese di oceani ghiacciati e che l’acqua è l’elemento principe per la vita. Tutte e tre queste lune infatti presentano discrete quantità di acqua liquida sotto la superficie e sono candidate ideali per la ricerca di vita extraterrestre. La sonda arriverà nel sistema di Giove nel 2031 dopo aver sfruttato quattro volte l’assistenza gravitazionale della Terra e di Venere. Dopo una serie di fly-by di Europa e Callisto entrerà in orbita nel 2034 attorno a Ganimede per un ulteriore studio che verrà completato nel 2035.

Dopo il lancio, Juice ha intrapreso il suo lungo viaggio verso Giove dove è previsto che arrivi nel luglio 2031 con l’aiuto dello slancio e della direzione acquisiti da quattro sorvoli assistiti dalla gravità del sistema Terra-Luna, Venere e, due volte, la Terra. La sonda ha una massa di circa 5 tonnellate e utilizza pannelli solari per produrre energia. La strumentazione scientifica, tra cui radar, magnetometro, spettrometri e macchine fotografiche, pesa circa 100 chilogrammi.

Juice è la missione scientifica più ambiziosa del programma spaziale scientifico dell’Esa Cosmic Vision per il decennio 2015-2025. Il progetto era stato proposto con il nome di Jupiter Ganymede Orbiter (Jgo), ma è stato modificato e rinominato dopo l’abbandono nel 2010 di una missione congiunta tra Esa e Nasa, la Europa Jupiter System Mission. Selezionata dal comitato del programma scienti-

fico dell’Esa nel maggio 2012, è la prima missione esclusivamente europea diretta ai pianeti esterni del sistema solare.

Il principale obiettivo scientifico della missione Juice è determinare fino a che punto i satelliti di Giove e in particolare Ganimede possano ospitare la vita. I principali obiettivi scientifici per Ganimede, e in misura minore per Callisto, sono invece la caratterizzazione degli strati oceanici e rilevamento di possibili serbatoi d’acqua sotterranei; la cartografia topografica, geologica e compositiva della superficie; lo studio delle proprietà fisiche delle croste ghiacciate; la caratterizzazione della distribuzione delle masse interne, dinamica ed evoluzione delle strutture interne; l’indagine sulla tenue atmosfera di Ganimede; lo studio del campo magnetico intrinseco di Ganimede e delle sue interazioni con la magnetosfera gioviana.

Per Europa, l’attenzione si concentra sulla chimica essenziale per la vita, comprese le molecole organiche, e sulla comprensione della formazione delle caratteristiche superficiali e della composizione del materiale diverso dal ghiaccio d’acqua. Inoltre, Juice fornirà il primo sondaggio del sottosuolo della luna, inclusa la prima determinazione dello spessore minimo della crosta ghiacciata sulle regioni attive.

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[Redazione]

L’Italia si candida capitale delle onde gravitazionali

Finanziato con 50 milioni di euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

L’italia in corsa per ospitare l’Einstein Telescope, uno dei progetti scientifici più ambiziosi mai concepiti. Il sito italiano prescelto, nell’area della ex miniera metallifera di Sos Enattos, nel Nord-est della Sardegna, è in competizione con il sito olandese che si trova al confine tra Paesi Bassi, Belgio e Germania.

Con il Governo e il ministero della Ricerca, la candidatura è sostenuta dalla Regione Sardegna e coordinata scientificamente dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in collaborazione con enti di Ricerca e Università di tutta Italia. Finanziato con 50 milioni di euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il progetto dell’Einstein Telescope ha permesso di individuare nell’area dell’ex miniera il luogo ideale per ospitare il nuovo rivelatore di onde gravitazionali a causa del basso rumore sismico, dovuto al fatto che la Sardegna non è connessa alle zone tettoniche più attive e quindi non è interessata da fenomeni di sismicità e di deformazione della crosta terrestre. Si calcola che il costo complessivo della nuova infrastruttura di ricerca, che potrebbe essere realizzata in un tempo compreso fra sei e nove anni, sarà di 1,9 miliardi di euro. Di questi, 5 sono destinati al progetto, 171 alla preparazione, 1,7 miliardi alla realizzazione e 37 milioni l’anno per l’attività. L’Ein-

stein Telescope potrebbe diventare, in Europa e nel modo, quello che il Cern è per la fisica delle particelle, con almeno 1.400 persone attive al suo interno, provenienti da 23 Paesi e 221 istituti di ricerca. Quanto alle ricadute economiche, uno studio dell’Università di Sassari stima che ogni euro speso per l’Einstein Telescope ne genererà 3.2 euro e un incremento del Pil di 1,6 euro.

Il silenzio è necessario perché, sebbene siano l’eco di fenomeni violenti come collisioni di buchi neri o esplosioni di supernovae, le onde gravitazionali arrivano alla Terra come vibrazioni debolissime, che solo strumenti molto sofisticati sono in grado di percepire. Strumenti che dovranno essere al sicuro da qualsiasi rumore estraneo e che per questo dovranno essere costruiti fra 100 e 300 metri di profondità, isolati dalle onde sismiche e dalle attività umane. Il progetto dell’Einstein Telescope raccoglie l’eredità degli strumenti che nel 2015 hanno permesso di scoprire le onde gravitazionali, come l’americano Ligo e l’europeo Virgo, al quale l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Questi strumenti hanno rivoluzionato il modo di studiare l’universo, inaugurando l’era dell’astronomia gravitazionale, ossia lo studio dei corpi celesti e del cosmo attraverso le onde gra-

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vitazionali, e dell’astronomia multimessaggera, che studia lo stesso fenomeno astrofisico utilizzando segnali di tipo diverso (ossia onde gravitazionali, radiazione elettromagnetica, neutrini) come messaggeri cosmici.

Rispetto a questi strumenti, l’Einstein Telescope osserverà un volume di universo circa mille volte maggiore, fornendo dati senza precedenti per esplorare la storia dell’universo e comprenderne l’evoluzione e il futuro; permetterà inoltre di sottoporre a nuovi esami la teoria della relatività. Al progetto dell’Einstein Telescope lavora un consorzio guidato da Italia e Paesi Bassi, con il sostegno politico di Belgio, Polonia e Spagna e sono in corso gli studi di caratterizzazione dei due siti candidati a ospitare Einstein Telescope: uno in Sardegna, nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos, nel Nuorese, e uno vicino al confine tra Paesi Bassi, Belgio e Germania. Il progetto prevede al momento due soluzioni; la prima è un rivelatore della forma triangolare, con bracci sotterranei di 10 chilometri costituiti da tubi a ultra-alto vuoto nei quali scorrono fasci laser che saranno riflessi da specchi: quando un’onda gravitazionale attraversa l’interferometro, la lunghezza dei bracci oscilla, e di conseguenza i fasci laser che corrono al loro interno compiono percorsi

di diversa lunghezza. Queste minuscole variazioni, di una frazione di miliardesimo del diametro di un atomo, vengono misurate dallo strumento, grazie a tecnologie avanzatissime, messe a punto grazie a un dialogo fra ricerca e industria. La seconda soluzione prevede una configurazione a L, con due bracci perpendicolari. Questa si sceglierebbe nel caso in cui il progetto definitivo dovesse prevedere due interferometri gemelli, sul modello del rivelatore americano Ligo.

La Sardegna, con Lula, è il luogo migliore per ospitare l’Einstein Telescope, il grande strumento destinato a dare la caccia alle onde gravitazionali secondo il Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi. «Il sito si deciderà non prima della fine del 2024 e l’Einstein Telescope in Sardegna potrebbe essere operativo per il 2032 o 2033», ha detto ancora Parisi. «Dopo la decisione del sito - ha precisato - i successivi 4 o 5 anni saranno un periodo dedicato allo scavo del tunnel di una trentina di chilometri. A quel punto, nel 2029 si dovrebbe incominciare a mettere su la parte scientifica e ci vorrà ancora qualche anno».

«Io sono assolutamente convinto che il sito di Lula sia assolutamente la candidatura migliore - ha ribadito il fisico, presidente del comitato scientifico che sup-

porta la candidatura italiana per la realizzazione dell’opera - che sia decisamente migliore di quella olandese. E lo è proprio per le caratteristiche del terreno di Lula e per il fatto che nella zona ci sono scarsi insediamenti umani attorno se la paragoniamo all’Olanda». Secondo Parisi «il punto di forza sono le scarse vibrazioni che vengono prodotte, poi il terreno di granito e quindi estremamente solido ma anche facile da scavare. Inoltre i fisici italiani, insieme a quelli francesi, sono gli unici che hanno fatto dei rivelatori di onde gravitazionali in Europa e quindi l’Italia è un posto naturale».

Secondo il Premio Nobel per la fisica

Giorgio Parisi la Sardegna con Lula è il luogo migliore per ospitare l’Einstein Telescope, il grande strumento destinato a dare la caccia alle onde gravitazionali

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[Ansa]
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VALENTE ALLA GUIDA DELL’ASI

Teodoro Valente è il nuovo presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. Succede a Giorgio Saccoccia. Esperto di materiali polimerici compositi e nanotecnologie il nuovo presidente dell’ASI vanta una lunga esperienza nel settore accademico. Ha conseguito una laurea in ingegneria meccanica all’Università La Sapienza di Roma e ha successivamente ricoperto per diversi anni la carica di professore ordinario di Scienza e tecnologia dei materiali presso lo stesso ateneo romano, di cui è anche stato prorettore. È stato Presidente del Consorzio interuniversitario nazionale per la Scienza e la tecnologia dei materiali (INSTM), partecipato da 46 atenei italiani e direttore dell’Istituto per i Polimeri, compositi e biomateriali del CNR e ha prestato servizio presso la Direzione ricerca e sviluppo della Commissione Ue e nel settore privato.

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È partita il 29 giugno da ‘Spaceport America’ di Virgin Galactic (New Mexico – USA), la missione Virtute 1 che ha visto l’equipaggio italiano, due Ufficiali dell’Aeronautica Militare (AM) e un ingegnere del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), decollare a bordo della navicella spaziale VSS Unity, per un volo della durata totale di novanta minuti.

Il volo è stato effettuato a bordo della SpaceShipTwo di Virgin Galactic, pioniera dei voli suborbitali commerciali, in grado di far volare sia passeggeri che strumentazione nello spazio. Quello di oggi, è stato il primo volo che ha ospitato esperimenti e progetti di ricerca controllati direttamente da personale di bordo, sia tramite tecnologie indossabili sia tramite strumentazione montata in rack all’interno della navicella spaziale. Durante il volo spaziale suborbitale, in seguito allo spegnimento del motore, l’equipaggio AM-CNR ha avviato le procedure per esperimenti in condizioni di microgravità, altrimenti di difficile realizzazione, relativi alla medicina, ai materiali avanzati, alla fisica dei fluidi, alla fisiologia. Membri dell’equipaggio italiano erano Walter Villadei, Colonnello dell’Aeronautica Militare, ingegnere e cosmonauta, con il ruolo di comandante della missione, che si è occupato degli esperimenti a gestione passiva, ha indossato una innovativa tuta intelligente (Smart Suit) per misurare i parametri biometrici fornendo dati sulle reazioni fisiologiche durante il volo.

Membri dell’equipaggio italiano Walter Villadei, Angelo Landolfi e Pantaleone Carlucci

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Angelo Landolfi, Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare, medico aerospaziale, che ha effettuato test sulle prestazioni cognitive in microgravità e per investigare l’interazione tra alcune sostanze liquide e solide in ambiente microgravitazionale. Pantaleone Carlucci, ingegnere energetico del Consiglio nazionale delle ricerche, responsabile degli esperimenti di bordo proposti dal CNR, che ha indossato una serie di sensori per la misurazione di battito cardiaco, funzioni cerebrali e altri fattori corporei durante il volo in microgravità.

Virtute I (Volo Italiano per la Ricerca e la Tecnologia suborbitale) è la prima missione suborbitale al mondo completamente orientata alla ricerca scientifica e alla sperimentazione ed innovazione tecnologica. Gli esperimenti condotti a bordo, 13 in tutto di cui 5 targati Cnr, hanno avuto l’obiettivo di studiare gli effetti biologici della permanenza nella mesosfera sul corpo umano; gli effetti della microgravità su un’ampia varietà di proprietà fisiche e chimiche dei materiali (fenomeni di combustione o comportamento dei fluidi), caratterizzanti l’ambiente di volo (ad esempio dal punto di vista delle radiazioni a bordo). Partner scientifici degli esperimenti molte realtà universitarie italiane e non, tra cui le università di Padova, Milano e ‘Tor Vergata’ di Roma oltre che aziende specializzate in tecnologia ed innovazione.

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[Cnr

Cinque anni. Tanto durerà l’accordo di sviluppo tecnologico e cooperazione industriale che la società vicentina, Officina Stellare, specializzata in strumentazioni ottiche per aerospazio e astronomia, ha firmato con due colossi dell’aerospazio: Leonardo e Thales Alenia Space (joint venture 67% Thales e 33% Leonardo) Italia. Nel quadro dell’accordo le tre società condivideranno conoscenze e competenze specifiche, con l’obiettivo di sviluppare nuove soluzioni, applicazioni e prodotti che possano rientrare negli interessi comuni.

L’accordo riguarderà in particolare le soluzioni e i prodotti per le future infrastrutture di comunicazione ottica “Terra-Spazio”, “Spazio-Spazio” e le attività di “Ricerca e Sviluppo” per le applicazioni spaziali delle Quantum Technologies, la progettazione e realizzazione di sensori ottici per Space Awareness e Debris Tracking, Early warning e Space Intelligence e, più in generale, le attività riguardanti assetti spaziali basati sulle tecnologie ottiche in ambito nazionale.

«Questo accordo si inserisce perfettamente nell’ambito dello svi-

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luppo delle soluzioni strategiche nelle quali Officina Stellare ha acquisito conoscenze e consolidato capacità industriali, che ne hanno rafforzato il posizionamento sul mercato della Space Economy globale», ha commentato Gino Bucciol, co-fondatore di Officina Stellare e direttore dello sviluppo commerciale.

«Ci fa particolarmente piacere –ha continuato Gino Bucciol - che l’intesa nasca con partner di assoluto rilievo nella scena nazionale ed internazionale come Leonardo e Thales Alenia Space, player che hanno ben compreso il valore aggiunto dato dalla sinergia con attori innovativi della filiera. E come dimostrato da altre attività in corso, vogliamo proseguire su questa strada per dare un contributo efficace affinché l’industria spaziale italiana rafforzi maggiormente la propria presenza in campo internazionale».

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[Redazione]
Nel quadro dell’accordo le società condividono saperi e competenze

CREDIAMO NELL’INTELLIGENZA

Da oltre 40 anni crediamo nell’intelligenza.

E negli ultimi 15 anni abbiamo investito nella progettazione di piattaforme di interpretazione di flussi di dati sempre più complessi da cui trarre stimoli e segnali per cercare di comprendere il presente e anticipare il futuro per i nostri clienti.

Ma abbiamo continuato a ritenere fondamentale l’istinto, il pensiero laterale e qualche volta la visionarietà dell’umano intelletto.

Per questo crediamo fermamente nella IA.

L’Intelligenza Animale.

grupporoncaglia.it

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Nel creare connessioni, osservare e scoprire, trovare similitudini, domandare e provocare, costruire e verificare.
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Lo scorso 16 maggio, il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia ha inaugurato a Venezia la prima edizione di Space Meetings Veneto, evento di tre giorni cadenzato da una fitta serie di incontri a livello internazionale costruito per approfondire gli ultimi sviluppi nel mondo delle applicazioni satellitari, tecnologie innovative, supply chain e investimenti, promosso dalla stessa Regione del Veneto e dalla Rete Innovativa Regionale AIR - Aerospace Innovation and Research. Alla cerimonia inaugurale erano presenti, tra gli altri, il Vice Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini, il Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il Presidente RIR AIR, Federico Zoppas, il Presidente ABE, Stephane Castet, il Presidente Confindustria Veneto Est, Leopoldo Destro, la Rettrice dell’Università di Padova e Rappresentante Fondazione UniVeneto, Daniela Mapelli.

I lavori sono stati l’occasione per puntare i riflettori sul ruolo del distretto dello spazio che fa del Veneto una delle principali regioni in Italia nella filiera dell’Aerospazio, con un fatturato di circa un miliardo e mezzo di euro e un valore occupazionale di oltre 5.000 addetti in 260 aziende. Una posizione che ha favorito la discussione e il confronto, assieme ai principali player del settore, sul trend, le visioni e insights legati agli investimenti in ambito aerospaziale a livello nazionale e internazionale. L’evento, infatti, è stato contrassegnato da numeri importanti: 1700 presenze (tra partecipanti e visitatori, di cui 200 studenti), 2300 incontri b2b organizzati, 122 aziende del settore aerospazio provenienti da 15 paesi diversi, 110 buyer italiani e internazionali, 25 startups europee, 150 relatori, 15 tavole rotonde.

«Per tre giorni Venezia è stata la capitale dell’Aerospazio, richiamando le principali aziende nazionali e internazionali del settore oltre ai player veneti che operano in questo campo, con giovani e start up –ci racconta il Presidente Zaia -. Abbiamo registrato numeri importanti che decretano il successo della manifestazione e confermano il forte interesse delle Istituzioni e del sistema finanziario, imprenditoriale

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A colloquio con Luca Zaia, governatore della Regione Veneto

e della ricerca verso questo settore, considerato una delle più interessanti opportunità di investimento, anche rispetto ad una sempre maggiore sostenibilità economica e ambientale. Vogliamo continuare a puntare su momenti come questi, che riescono a far dialogare i giovani con il mondo accademico e quello delle imprese, facendo da leva di attrazione dei talenti per costruire qualcosa di importante per la nostra regione e per tutto il Paese». «Partendo dalla ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali si può arrivare alla generazione di prodotti e servizi innovativi –prosegue il governatore del Veneto. E in Veneto tutto questo è possibile, grazie a una filiera di 260 aziende, le quali sono già in grado di produrre il 60% dei componenti necessari a costruire un satellite veneto. Con questi numeri ci confermiamo, quindi, come una delle principali regioni in Italia impegnate nel settore dell’Aerospazio, cavalcando quella che rappresenta una delle più promettenti traiettorie di sviluppo dell’economia mondiale dei prossimi decenni. I dati spaziali e i satelliti rappresentano un’opportunità poiché, sempre di più, essi possono offrire risposte valide alle esigenze e alle problematiche più complesse in svariati settori – aggiunge Zaia. Le tecnologie e le soluzioni spaziali contribuiscono già a dare risposte innovative nell’ambito dell’agricoltura e dell’irrigazione di precisione, piuttosto che nella logistica e nella sanità, passando per il comparto energetico. E non a caso, oggi, la nostra regione dopo Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna si conferma come la quarta in Italia per valore della filiera dell’Aerospazio».

Quello del supporto all’agricoltura è un tema che ha meritato uno specifico convegno all’interno del fitto programma di tre giorni, a cui hanno partecipato l’Assessore regionale di riferimento Federico Caner, il direttore di Anbi Veneto, Andrea Crestani, la direttrice di Coldiretti Veneto, Marina Montedoro, il Presidente di Confagricoltura Veneto, Lodovico Giustiniani, il Presidente di CIA Veneto, Gianmichele Passarini.

«Abbiamo messo in evidenza le tendenze nella supply

chain a supporto del settore agricolo – spiega l’assessore all’Agricoltura, Federico Caner, intervenendo al convegno La tecnologia aerospaziale per l’agricoltura prossima ventura nella terza e ultima giornata: grandi opportunità infatti ci sono in campo vitivinicolo ma anche per tutti i nostri imprenditori veneti che quotidianamente contribuiscono alla crescita del comparto. Gettiamo le basi per creare un ecosistema tra aziende, territorio e istituzioni per far diventare il Veneto un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale. Il modello tradizionale di agricoltura vive già una fase di transizione, che sarà accelerata da digitalizzazione e gestione funzionale dei big data nell’ambito dell’Hight Tech Farming, innovazioni che possono dare un contributo determinante per una gestione economica, sostenibile e virtuosa della produzione alimentare. In particolare, i dati satellitari sono un asset strategico, per esempio in tema di monitoraggio delle attività agricole, di controllo della risorsa idrica o di stima dei danni legati ai cambiamenti climatici, ed è in questa direzione che la Regione del Veneto sta indirizzando la ricerca di nuove soluzioni per l’agricoltura».

«Avere a disposizione momenti di confronto con le categorie economiche ci permette di definire la strada della ripresa, dell’approvvigionamento delle materie prime, dello sviluppo di un’agricoltura sostenibile che utilizzi processi innovativi – aggiunge l’Assessore. E, in questo contesto, per affrontare le sfide del presente e del futuro in cui i cambiamenti climatici giocano un ruolo determinante, con momenti di forte siccità o, al contrario, un eccesso di pioggia incontrollata che nelle ultime ore sta mettendo in ginocchio l’Emilia Romagna, l’uso e le tecnologie dello spazio possono dare contributi fondamentali. Ecco perché la ricerca e l’innovazione, nell’ambito dell’agricoltura di precisione, offrono soluzioni basate su dati, analisi, tracciabilità dei processi, indirizzati anche alla prevenzione di patologie come quella del bostrico o della flavescenza dorata che minacciano quotidianamente i nostri raccolti».

In Veneto tutto questo è possibile grazie a una filiera di 260 aziende già in grado di produrre il 60% delle componenti necessarie a costruire un satellite veneto

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Per chi è cresciuto in campagna esistono delle leggi, dei dogmi che sono così da sempre perché “si è sempre fatto così“. La regola aurea vuole che il vigneto venga potato in inverno con Luna calante, come in Luna calante debbono essere fatte anche la vendemmia e la potatura verde. Mentre i nuovi impianti, sempre secondo la tradizione, vanno realizzati in Luna crescente, così come gli innesti.

Quando nel 1945 Mariangelo da Cerqueto diede vita all’almanacco di “Frate indovino” lo chiamò così proprio perché sfruttando una grande abilità nell’interpretare le osservazioni sugli eventi meteorologici, sulle macchie solari e su altri fenomeni celesti, unita allo studio statistico delle cronache e dei dati storici, di fatto ‘indovinava’ e consigliava agricoltori ed appassionati della coltivazione.

È stato un ‘data scientist’ ante litteram e per la prima volta ha unito ad una osservazione rigorosa una estrazione di informazione accessibile a tutti. Il settore agricolo però è ancora refrattario alle nuove tecnologie e ad affidarsi a delle elaborazioni su dati che non si possono toccare o vedere. Le nuove generazioni di agricoltori stanno avvicinandosi alle nuove tecnologie, superando gli effetti della rivoluzione che i loro genitori hanno abbracciato con la meccanizzazione agricola: droni, guida

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autonoma, monitoraggio automatico, automazione intelligente sono alcune delle caratteristiche dell’agricoltore 4.0. Piccoli agricoltori crescono? No, grandi agricoltori in arrivo! Competenze trasversali e nuove idee, strumenti di ultima generazione e accesso gratuito a dati che, se uniti allo sprint digitale della generazione ALPHA (sotto i 25 anni), potrebbero accelerare lo sviluppo del settore. Il settore agricolo della regione Veneto è caratterizzato da uno dei più alti generatori di reddito in Europa dovuto principalmente all’agricoltura altamente specializzata: 77.800 ettari di vigneti, 22.500 di frutteti, 17.000 di ortaggi e 450.000 di colture estensive. La qualità dei prodotti è apprezzata all’estero e imitata in tutto il mondo, con un fatturato in costante crescita negli ultimi anni, capace di creare autentici simboli della regione, come il Prosecco o i rinomati formaggi veneti. Il nuovo Piano di Sviluppo Rurale regionale ha posto una particolare attenzione alla tutela dell’ambiente, alla promozione del territorio, al miglio-

ramento del processo e all’adozione di nuove tecnologie per ridurre i costi di produzione e l’impronta ambientale. È espressamente citato che i nuovi approcci, come ad esempio l’agricoltura di precisione, dovranno affidarsi alle innovazioni digitali e all’utilizzo di dati di qualità.

Su queste basi è nata la challenge europea VeneToStars promossa dalla Regione Veneto, dall’Agenda Digitale del Veneto e da Veneto Innovazione con il supporto ed il patrocinio dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), di Veneto Agricoltura, dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dello User Forum Nazionale Copernicus oltre al sostegno della Rete Innovativa Regionale

aerospazio e dell’Università di Padova. I principali obiettivi condivisi tra i partner sono stati la volontà di dimostrare che i dati spaziali possono generare nuovi servizi per il settore primario e cogliere l’opportunità di attrarre giovani talenti da tutta Europa.

Tema semplice ed ampio allo stesso tempo: utilizzo dei dati spaziali per sviluppare applicazioni in ambito agroalimentare che, partendo dalla Regione Veneto, possano poi ampliare il loro raggio d’azione.

Prima edizione con numeri ragguardevoli, tali da far pensare subito a quanto sarà difficile subissare tale risultato nella prossima. Un team dedicato di personale della Regione ed esperti esterni, un lavoro di comunicazione che ha coinvolto quasi 100 istituzioni europee che hanno diffuso l’iniziativa, la partecipazione ad eventi internazionali in presenza ed online, un utilizzo esteso delle piattaforme social e una conferenza stampa del governatore Luca Zaia presso il circolo della stampa estera a Roma hanno dato l’idea di quanto fosse

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rilevante per la Regione dare valore alle nuove idee di giovani innovatori.

Il Veneto ha chiamato e l’Europa ha risposto. E che risposta! Vita dura per la giuria interna che ha dovuto subire l’impatto con quasi 80 partecipanti (di cui il 75% di età compresa tra 21 e 25 anni ed il 25% donne) in rappresentanza di 9 nazioni, divisi in squadre che hanno prodotto 10 slide ricche di contenuti ciascuna. Criteri come l’innovatività, la sostenibilità, il team e l’applicabilità non sono bastati a decidere le 10 squadre finaliste e così si è dovuto chiedere anche ad esperti esterni e in alcuni casi discutere animatamente per chi tenere nei magnifici 10 e chi rimandare ad un’altra edizione. Neanche il tempo di gioire per la scelta e smaltire i litri di caffè della giuria (ecco spiegato anche il perché delle discussioni animate) che era giunto il momento di comunicare ai 30 ragazzi finalisti in rappresentanza dei 10 team provenienti da 4 paesi che il loro momento di gloria sarebbe stato il 16 ed il 17 maggio. A carico dell’organizzazione voli, hotel, pianificazione di una giornata presso la sede di Veneto Agricoltura, presentazioni di esperti, visita in campo, networking, spiegazione dei dettagli logistici, pranzo, doccia (unica cosa a carico dei singoli), aperitivo di benvenuto a Venezia e stupore per il fatto che il team po-

lacco non fosse mai stato a Venezia. Non tutto il male vien per nuocere, anche questo è stato motivo di brindisi. Morale alle stelle e non alle stalle, battuta scontata. L’occasione era di quelle importanti, la prima edizione degli Space Meetings Veneto, il primo evento di B2B organizzato in Regione per l’industria aerospaziale, la prima volta di un viceministro all’inaugurazione presso il terminal passeggeri, le prime foto con le magliette bianche con il logo VeneToStars. Poteva sembrare una festa ma così non era. Le squadre sono arrivate piuttosto agguerrite e con molta voglia di mettere in difficoltà nuovamente la giuria, questa volta composta da rappresentanti delle organizzazioni partner dell’evento. Primo problema: il numero di persone nella sala rendeva vitale accendere il condizionatore. Secondo problema: molte erano le persone connesse da remoto

(compresi i membri dei team che non hanno potuto essere presenti) e quindi il rispetto dei tempi era cruciale. Terzo problema: con così tanta gente come avrebbero i giudici tenuto segreto il loro voto senza tradire qualche espressione di approvazione o mostrare degli appunti o i giudizi sulle schede? Saluti istituzionali, veloce riassunto delle regole e prova dell’urlo di battaglia “ VeneToStars are you here?”… “yeahhhhh”. Questo ha ovviamente reso necessario chiarire la sicurezza che non stava succedendo nulla di grave e che potevano tranquillizzare i seriosi in giacca e cravatta che nel frattempo sfrecciavano tra gli stand (ma che ogni tanto si affacciavano in sala). È stato sorprendente vedere come tutti i team avessero studiato la situazione del comparto primario del Veneto, come si fossero prodigati nel recuperare dei dati spaziali per sviluppare dei test e di come si siano impegnati nell’abbozzare anche delle tappe di sviluppi futuri. La challenge non citava la parola ‘start-up’ ma solo ‘idee’, non c’erano investitori ma solo giudici disposti ad ascoltare idee, a chiedere eventuali delucidazioni ma non si pretendevano business plan o target group né proiezioni di mercato o richieste di finanziamento. I patti erano chiari e l’amicizia lunga: il premio in palio (oltre a quanto già avevano ricevuto nella tre giorni

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Due cose sono rimaste impresse a tutti i partecipanti degli Space Meetings

Veneto: l’entusiasmo generale per una prima volta in regione e la presenza di tanti giovani

veneta) sarebbe stato una settimana di permanenza in Veneto per incontri, visite, tutoraggio e opportunità di sviluppare l’idea insieme ad un incubatore di startup o un dipartimento universitario. È destino delle giurie di VeneToStars di non avere vita facile. La finale non ha sovvertito il cliché e così, questa volta senza caffè e rinchiusi in una stanza di legno su un tavolino in bilico, la discussione si è nuovamente animata. Punti di vista ’spaziali’ e quelli ‘agricoli’, opinioni sul contenuto e sulla grafica, meglio la fattibilità o l’innovatività, osservazioni sull’esposizione e sulla qualità delle risposte, degenerando (perché gli argomenti stavano terminando e la decisione doveva essere presa entro la fine del mese lunare, in senso agricolo) sui dubbi sull’età, sull’armocromia, sul posizionamento sul palco, sul trucco-parrucco, la regia, le luci, la moquette, il presidente di giuria con le sneaker. Ulisse che resiste al canto delle sirene, così la giuria tornando sui criteri più importanti non si è distratta ed è riuscita a terminare la giornata e a raggiungere i team nel meritato momento di svago con il nome del vincitore in tasca. Ma un colpo di scena stava per accadere.

L’organizzazione di Space Meetings Veneto aveva inserito nel programma principale la premiazione di VeneToStars in un orario televi-

sivamente parlando molto appetibile in day-time e in una location di tutto rispetto, lo stand istituzionale della Regione Veneto. Spiegamento di cronisti, televisioni locali e uffici stampa regionali facevano trasalire alcune delle ragazze dei team, colte dal rimorso di non avere portato scarpe con il tacco ma solo scarpe da ginnastica, o alcuni dei ragazzi perché non erano riusciti a scrivere con il pennarello sulla mano “hello mummy” da mostrare mentre venivano inquadrati. Saluti istituzionali, veloce riassunto della competizione e prova dell’urlo di battaglia “ VeneToStars are you here?”… “yeahhhhh”. Questa volta nessuno è trasalito, anzi, è aumentato il pubblico. L’assessore regionale Francesco Calzavara ed il presidente della Rete Innovativa Regionale Federico Zoppas hanno consegnato i riconoscimenti man mano che venivano chiamati i team. Fino al colpo di scena.

La giuria, dopo animata discussione, aveva riconosciuto l’alta qualità delle proposte ed invece di un vincitore aveva deciso di proclamare anche un secondo e terzo classificato ai quali sarebbero stati erogati dei premi in forma minore rispetto al primo classificato ma con la garanzia che per tutti ci sarebbe stata l’opportunità di presenziare alla successiva edizione degli Space Meetings Veneto. Applausi.

Terzo Classificato: Team Vineto

(Lussemburgo), con la proposta di sviluppare una piattaforma tecnologica per migliorare la sostenibilità, la qualità e la sicurezza nel settore vitivinicolo. Secondo Classificato: Team Apisense (Polonia), con la proposta di utilizzare dati satellitari e sensoristica per rilevare un parassita delle api e quindi proteggere meglio gli alveari. Rullo di tamburi. Primo Classificato: Team The Space Ranchers (Olanda), con la proposta di utilizzare i dati satellitari per la gestione delle colture creando una mappa digitale del suolo e identificando le rotazioni delle semine.

Due cose sono rimaste impresse a tutti i partecipanti degli Space Meetings Veneto: l’entusiasmo generale per una prima volta in regione e la presenza di tanti giovani. Agli organizzatori di VeneToStars sono rimaste impresse le stesse cose ma unite: l’entusiasmo dei giovani. Le foto di rito nelle varie combinazioni matrimoniali, maschi, femmine, parenti della sposa, parenti dello sposo, scapoli, ammogliati, veri under 25, finti under 25, chi abita in una nazione cha ha vinto la Champions e chi no, con assessore, senza assessore, con presidente RIR, senza presidente RIR, danno merito ad una iniziativa che, giustamente ricordata ed enfatizzata anche dal governatore Zaia, ha messo al centro i dati spaziali, i giovani e l’Europa. La foto che invece non

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c’è ma forse è la più bella è quella che ritrae i ragazzi abbracciarsi mentre si salutano, scambiarsi contatti email e numeri di telefono darsi appuntamento per qualche altra challenge e forse nel loro piccolo creare la prima community di ‘alumni VeneToStars’.

L’appuntamento con i vincitori invece è in autunno per tornare in regione e aggiungere un’altra tappa allo sviluppo della loro idea. Il progetto triennale alla base di VeneToStars, realizzato nell’ambito dell’Agenda Digitale 2025, riportava come incipit la promozione del Veneto come “laboratorio di Open Innovation per giovani che propongono idee e soluzioni digitali legate alla Space Economy per ambiti specifici regionali strategici” con il chiaro intento di diventare una regione per giovani innovatori europei supportando il connubio dati spaziali-applicazioni terrestri. Non si dovrà aspettare i posteri per la sentenza perché a vedere i primi risultati non c’è nulla di arduo ma anzi, piena soddisfazione e gioia negli uffici regionali nel leggere l’entusiasmo dei ragazzi.

Nel 2022 il testimone di “Frate Indovino” passò a padre Mario Collarini che, senza nessuna arte divinatoria, continuò l’operato e anzi ne aumentò la tiratura. L’interpretazione cistercense di “Ora et labora” è riferita ai lavori agricoli mentre il Cantico delle Creature parla del sole, ma anche della luna e delle stelle, intendendo con ciò abbracciare il cosmo intero per trovare l’infinitamente grande nell’infinitamente piccolo, e viceversa. Non è cambiato l’approccio ma il modo di guardare da e verso l’infinito, osservare l’universo per comprendere la Terra, monitorare il pianeta per migliorarlo e conservarlo. Le nuove generazioni di agricoltori forse non consulte-

ranno l’almanacco più famoso d’Italia ma una applicazione che faciliterà il loro lavoro perché con l’uso dei dati spaziali renderà possibile lo smart harvesting, la crop detection e la stima delle colture ma saranno sempre intimamente legati alle lune calanti o crescenti che hanno guidato i loro nonni. Il vantaggio delle nuove generazioni di imprenditori agricoli è che sono nativi tecnologici e non più digitali e ragionano sulle applicazioni innovative come farebbe un satellite: non vedono confini se non vengono disegnati da qualcun altro. “VeneToStars are you here?”.

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Uno dei meriti, se non forse l’obiettivo principale, degli Space Meetings Veneto, è stato quello di mettere in relazione le molte e medio piccole realtà industriali che operano nel settore da e per lo spazio, e che non sapevano reciprocamente di esistere. Una conoscenza che può portare a far nascere nuovi progetti, mettendo insieme esperienze e capacità diverse che, però, se unite, possono produrre un potenziale assai superiore a quello della semplice somma algebrica delle due o più realtà.

Tra queste la SATE, Systems and Advanced Technologies Engineering, che ha gli uffici nel cuore di Venezia: «La SATE è nata nel 98 fondata da mio padre, Attilio Brighenti», ci racconta la figlia, Chiara Brighenti, anche lei ingegnere, Technical Director – Controls and Diagnostics. «In questi anni abbiamo sviluppato un’attività molto radicata nel territorio, perché siamo proprio a Venezia, centro storico, come diceva».

Eravate agli Space Meetings Veneto, voi lavorate con tecnologie spaziali: siete nati con tecnologie spaziali oppure è stato uno sviluppo successivo?

È stato uno sviluppo successivo. La SATE è nata inizialmente svolgendo attività di servizi e consulenza e sviluppo di soluzioni software per la modellazione e la simulazione di sistemi complessi, prevalentemente per il settore energia o gas, per la simulazione di impianti di compressione, di turbomacchine e attraverso servizi molto avanzati di simulazione. E da lì poi, grazie a questa competenza, siamo riusciti ad espandere l’attività, già dai primi anni 2000, nel settore automotive. E sempre questa competenza ci ha consentito poi di espanderci ulteriormente con nuove soluzioni e anche nuove applicazioni di diagnostica di sistemi. Diagnostica di sistema che in quegli anni era applicata prevalentemente in attività di ricerca e sviluppo. Siamo stati tra i primi ad utilizzare soluzioni di machine learning, dai primi anni 2000, quando ancora non era così diffusa come oggi. Grazie allo sviluppo di applicazioni di diagnostica e arricchendo sempre di più il bagaglio culturale anche di tecnolo-

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Intervista a Chiara Brighenti di SATE

gie di intelligenza artificiale, ci siamo qualificati per entrare nel settore spazio, nel 2014, attraverso i primi contratti con l’Agenzia spaziale europea, proprio per le applicazioni di analisi dei dati di telemetria dei satelliti, per il rilevamento precoce di anomalie, il supporto alle operazioni con rilevamento anche di possibili relazioni tra eventi di anomalia rilevati da queste analisi. E’ da quel momento che abbiamo cominciato un’attività continua anche nel settore spazio.

Se ho ben capito, grazie ai vostri sistemi di diagnostica potete dunque testare la funzionalità di un sistema e scoprirne possibili anomalie prima che queste avvengano e le implicazioni che ne deriverebbero.

Più che test, noi offriamo una libreria di soluzioni software in grado di eseguire un’analisi dei dati acquisiti nel funzionamento reale di un sistema, sia esso un satellite, un veicolo o le turbine di un impianto. E attraverso questa analisi riusciamo a capire se ci sono dei sintomi precoci di possibili guasti incipienti, a identificare anche precocemente qual è il tipo di guasto che si sta verificando, qual è il componente specifico del sistema che sta esaurendo la propria funzionalità e, laddove è possibile, dove non ci sono le cosiddette rotture a schianto, riusciamo anche a stimare qual è il tempo di vita residuo del componente, qual è il tempo che ancora può operare prima che si verifichi la definitiva rottura.

Qual è stata l’applicazione derivante dallo spazio che vi ha permesso di appunto sviluppare ulteriormente questo sistema di diagnostica?

Siamo entrati nel settore spaziale grazie all’esperienza fatta nel settore automotive, con metodi diagnostici basati sia su modelli che su tecniche “data-driven”.

E adesso, grazie all’esperienza fatta anche nel settore spazio, siamo riusciti a riproporre nel settore automotive, così come anche energia, delle soluzioni che

sfruttano tutto quello che è stato sviluppato da noi per l’applicazione a costellazioni di satelliti. Quindi sono moltissimi gli sviluppi ottenuti. Riusciamo anche a comprendere le affinità dei problemi che i nostri clienti incontrano, trasferendo loro con maggiore efficacia le possibili soluzioni.

Ecco, però, mi faccia un esempio di cosa fate per l’Agenzia spaziale europea, così da far capire meglio anche ai nostri lettori?

Abbiamo in corso vari progetti, tra i più recenti quello più significativo, parlando di diagnostica, è un progetto per potenziare con i nostri software i centri di controllo delle costellazioni satellitari. In questo modo se c’è qualcosa di rilevante da osservare, da meglio investigare, il nostro software segnala automaticamente il problema. Allo stesso tempo l’operatore del centro di controllo sa che se il nostro software sta girando ed è tutto nominale può concentrarsi su altro, non necessariamente monitorare visivamente tutte le migliaia di centinaia di telemetrie che vengono inviate a terra dai satelliti.

Nel 2008 avete vinto il premio dedicato a Bepi Colombo, un premio piuttosto prestigioso a livello nazionale…

È stato un premio che è stato conferito in relazione alle nostre cosiddette Sate Diagnostic Solutions con l’invito a espandere l’utilizzo di quelle soluzioni diagnostiche proprio verso il settore spazio, in quanto fino a quel momento non avevamo avuto ancora applicazioni in quel settore.

Siete una realtà in espansione quindi?

Sì, siamo attualmente una ventina di persone e queste attività di diagnostica applicate allo spazio automotive, al settore energia, insieme anche a quelle diciamo più storiche di simulazione e di sviluppo di simulatori real time di vario genere, ci stanno consentendo

La SATE è stata tra le prime a utilizzare soluzioni di machine learning, fin dai primi anni 2000, quando ancora non erano così diffuse. Ed è l’intelligenza artificiale che ci ha portati nello spazio

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di continuare a espandere l’attività. Stiamo crescendo molto.

Eravate presenti agli Space Meetings Veneto, come vi è sembrato?

Un evento molto ben organizzato che ci ha dato modo di conoscere tante realtà che in effetti non conoscevamo. In Veneto ci sono delle realtà che operano nel settore spazio anche da tempo, ma che non necessariamente si conoscono. Anche noi, siamo quasi più conosciuti in altri paesi europei che nel nostro territorio. In questa occasione abbiamo potuto ritrovare varie persone che già conoscevamo e avere modo di scambiare un aggiornamento reciproco sulle attività e anche di conoscerne di nuove. Devo dire che questa prima edizione ci ha fatto un’ottima impressione. L’organizzazione mi è sembrata molto buona e anche la partecipazione. Abbiamo visto molta vivacità e, quindi, ci auguriamo che venga ripetuto.

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Enrico Schiesaro è il sales manager della Cosmic Srl, una società che si definisce Innovative Startup Company. Come è nata?

Cosmic Srl è uno startup incubata presso ESA BIC del Lazio. Il nostro principale focus è quello relativo alle perdite idriche. Problema anche aggravato dallo stato siccitoso che ci ha attanagliato negli ultimi anni, tale da farlo divenire veramente un problema sentito e reale. La nostra idea è stata quella di utilizzare tecnologie di derivazione spaziale applicate a terra per aiutare i gestori idrici nazionali ed esteri a risolvere il problema delle perdite idriche. La soluzione del problema è molto difficile e complesso, ma anche grazie all’Europa, grazie ai fondi stanziati dal PNRR sicuramente nei prossimi anni lo stato dell’arte in Italia cambierà radicalmente.

Immagino che utilizziate satelliti di Osservazione della Terra con dati radar…

Realmente il nostro progetto è un pochettino più ambizioso dell’analisi del dato radar. Mi spiego meglio: il dato radar, in particolare la banda L che è quella che avrebbe maggiore possibilità di penetrare il terreno e darci dati da analizzare, ha alcune limitazioni soprattutto nei grandi centri cittadini. L’effetto canyoning e shadowing delle onde radar rende impossibile un’analisi

di quel tipo lì, quindi, per ovviare a questo sistema abbiamo ideato un nuovo prodotto e un nuovo prototipo che abbiamo a terra. Il nostro prototipo sfrutta i dati satellitari del sistema di navigazione satellitare Galileo da un punto di vista di posizionamento, ma effettuiamo un’analisi della radiazione cosmica secondaria. Per capirsi, è quello che circa fa la sonda FREND (Fine Resolution Epithermal Neutron Detector ndr) montata a bordo dell’ExoMars Trace Gas Orbiter attorno a Marte. Analizziamo infatti, la concentrazione dei neutroni derivati da raggi cosmici secondari per le perdite idriche. Perché questo? Perché i neutroni hanno una fortissima interazione con l’idrogeno, che ha un grandissimo effetto moderante nei confronti dei neutroni, quindi dove noi troviamo una variazione di segnale in negativo come quantità energetica dei neutroni a Terra, abbiamo un’analisi, una pre-localizzazione delle perdite idriche con una percentuale molto alta.

Devo immaginare che il nome Cosmic della vostra Startup derivi da questa innovazione. Ma tornando alla pre-localizzazione, una volta individuato il punto quali sono i passaggi successivi?

Beh, diciamo che uno dei punti forti di Cosmic è quello di disporre dell’intera filiera di lavorazione

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A colloquio con Enrico Schiesaro, manager di Cosmic Srl

del progetto, quindi dall’analisi del dato alla creazione fisica dello strumento, fino alla localizzazione di campo. Questo significa che abbiamo i nostri team operativi interni che a seguito della produzione della mappa di pre-localizzazione, si recano direttamente nell’impianto idrico e attraverso tecnologie fono acustiche che sono quelle standard per la ricerca delle perdite, confermano esattamente il punto. Perché confermare esattamente il punto? Perché il nostro sistema di localizzazione genera un raggio di 3,2 m circa, chiaramente mandare uno scavatore e lavorare 3 ½ m di strada è praticamente improponibile sia da un punto di vista di interruzione di viabilità, interruzione del servizio e disagio alla popolazione. Quindi noi andiamo e con una precisione di circa 50 cm riusciamo ad identificare precisamente la perdita in modo da ridurre quanto più possibile i disagi della popolazione.

Ci sono interventi che sono oggettivamente molto invasivi con delle difficoltà e soprattutto con degli oneri finanziari costosi, tali da far si che la falla rimanga tale?

Realmente noi siamo in grado di proporre anche un sistema di Asset Management basato su multilayer. Interfacciando sia dati satellitari di tipo radar, come dicevamo prima, con l’analisi dei dati ingegneristici dell’impianto, riusciamo a dire

quali tratti è consigliabile sostituire e dove, invece, è più pratico effettuare le riparazioni. Quindi noi siamo in grado di offrire anche un sistema di management predittivo alle varie stazioni appaltanti.

Immagino che le varie stazioni appaltanti siano della pubblica amministrazione, che sia italiana o estera, sono ricettive?

Noi da qualche anno ormai ci occupiamo di ricerca delle perdite idriche. Inizialmente effettivamente c’è stato un pochettino di scetticismo nell’utilizzo, in particolare, di tecnologie di derivazione spaziale. Perché il mondo dell’acqua, il mondo dell’acquedotto è molto legato al passato, al vecchio fontaniere che posava i tubi, quindi quando abbiamo cominciato a parlare di analisi di immagini radar o di dati cosmici, effettivamente abbiamo incontrato dello scetticismo. Ma con perseveranza ed insistenza siamo riusciti a inserirci tra i più grandi gestori idrici nazionali, i quali hanno testato la nostra tecnologia. Una tecnologia che ha portato effettivamente ai risultati attesi dal gestore idrico. Poi sinceramente il mondo dell’acqua in Italia è molto esteso come rete idrica, ma sono quattro i gestori che detengono l’80% della rete idrica. Quindi il passaparola ci ha permesso di consolidare il nome e relativa posizione di mercato. Il tema del risparmio idrico passan-

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do per il monitoraggio e la gestione degli impianti idrici è stato previsto nelle linee guida del PNRR, quindi quasi tutte le stazioni appaltanti adesso richiedono l’utilizzo di tecnologie innovative. Un fatto che ha veramente cambiato il modo di percepire il modo di gestire anche la risorsa idrica.

Qual è la mappa idrica del nostro paese?

Non è diversa dal nord al sud dell’Italia, siamo tutti messi in una situazione abbastanza pericolosa. L’acqua va gestita e va gestita in una maniera diversa. I cambiamenti climatici faranno sì che la disponibilità di risorsa idrica sarà sempre inferiore. Già lo scorso anno sulle foci del Po, per la prima volta nella nostra storia, è stato messo un desalinatore per utilizzare l’acqua del mare, perché il cuneo salino era talmente tanto alto che i gestori degli impianti idrici pescavano acqua di mare. Pensate a cosa vuol dire trattare dell’acqua salata e i danni che poi la stessa crea all’ambiente. Una volta desalinizzato un quantitativo d’acqua, l’ultima parte, quella restante, viene rimessa nell’acqua del mare, acqua che però ha una concentrazione di sale 10 volte superiore a quella pescata. Questo provoca inevitabili danni alle colture ittiche. L’evitare perdite idriche è solo l’ultimo dei passaggi per una gestione corretta della risorsa

acqua. La prima cosa che dobbiamo imparare a fare è quella di sprecarne di meno. Come popolo noi italiani siamo i più grandi utilizzatori di acqua a livello europeo, utilizziamo oltre il doppio pro capite di qualsiasi altro paese europeo. Se si considera che utilizziamo 400 litri di acqua pro-capite al giorno dei quali il 40% vengono sprecati per le perdite idriche, pensate a quanta acqua un gestore idrico è costretto a pompare per riuscire a garantire quei 400 litri pro capite a ogni abitante italiano.

Avendo avuto occasione di conoscere lo stato delle cose vi siete anche fatti un’idea di quanto tempo servirebbe per poter mettere in sicurezza il sistema idrico Italia? Sinceramente sono convinto che il PNRR ci garantirà un efficientamento della rete idrica a partire dal 2026, che grossomodo è il tempo limite per utilizzare i fondi europei. Quindi entro quel periodo noi, quali attori del mondo dell’acqua, saremo impegnati a realizzare le opere necessarie.

Lei ha decisamente un accento Veneto, però la società ha la sede nel Lazio. Eravate inoltre presenti agli Space Meetings Veneto. Che cos’è che vi lega?

Diciamo che una parte della proprietà ha sede nella Regione Lazio, una necessità per dei bravi star-

La prima cosa che dobbiamo imparare a fare è sprecare meno acqua: siamo i più grandi utilizzatori a livello europeo con 400 litri di acqua pro-capite al giorno e il 40% di questa preziosa risorsa se ne va in perdite

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tupper. Ovviamente abbiamo dovuto cercare, in fase di avvio, di risparmiare il risparmiabile, quindi abbiamo utilizzato le sue sedi legali per mettere dentro le nostre sedi. Noi siamo tutti veneti, abbiamo le sedi operative in Veneto. Nasciamo come esperti di telecontrollo, quindi conosciamo molto bene la situazione e lo stato dell’arte degli acquedotti, ma abbiamo una passione fortissima per lo spazio. La nostra passione ha fatto sì che abbiamo cercato di coniugare i due mondi cercando prodotti e soluzioni innovative da poter proporre.

Avete partecipato a una challenge per startup o avete presentato il progetto direttamente nell’ambito del BIC dell’ESA?

Abbiamo presentato all’Agenzia spaziale europea il nostro progetto ancora in stato embrionale e nel 2020 siamo stati premiati nell’ESA Startup Competition che coinvolgeva oltre 100 aziende, come la vincitrice. Questo ci ha dato non solo il boost economico per cominciare a realizzare i primi prototipi, ma anche fiducia perché non nascondo che mettere in piedi un’attività del genere, conoscendo il problema, ma non sapendo se la nostra soluzione sarebbe stata apprezzata realmente dal mercato, ci metteva un po’ d’ansia. Questo ci ha dato un incoraggiamento veramente forte per decidere di investire tempo e

risorse in un progetto direi ambizioso.

Con voi c’è un’altra società: Neptune. Qual è il suo ruolo nell’ambito della vostra attività? Neptune è la casa madre con la quale abbiamo iniziato. Anche Neptune ha affrontato un percorso di incubazione all’interno dell’ESA BIC. Neptune si occupa particolarmente di Earth Observation Services, uno dei nostri servizi all’interno di Neptune è quello della localizzazione delle perdite idriche con tecnologia radar, che sia satellitare o che sia aerotrasportata. E un pochettino per volta, applicando questo tipo di tecnologia, abbiamo riscontrato le limitazioni ricordate prima. Per superare quelle limitazioni abbiamo ideato il nuovo strumento e la nuova società che si occupa di ricerca e sviluppo: Cosmic.

Come è andata agli Space Meetings Veneto?

Devo essere sincero, ho trovato un’organizzazione praticamente impeccabile. Mi è piaciuto molto. Ho trovato i meeting molto interessanti così come i B2B. Sono già in contatto con persone conosciute in quell’occasione, potenziali partner per analisi di immagini satellitari. È stata l’occasione per instaurare rapporti di collaborazione che possono dar vita a dei progetti veramente interessanti.

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u n a n u o v a m i s s i o n e È i n i z i a t a . w w w . a s i o f f i c i a l s t o r e . c o m
Cristiano di Thiene SpA licenziatario ufficiale ASI Agenzia Spaziale Italiana

L’azienda, leader mondiale nella progettazione, sviluppo e fornitura di sistemi e strumentazione opto-meccanici complessi per applicazioni terrestri, aerospaziali e spaziali, opera come integratore verticale svolgendo internamente progettazione, produzione, integrazione e campagne di collaudo dei suoi prodotti. È questa forse la peculiarità più importante che la contraddistingue: l’aver continuamente investito, cosa in corso ancora oggi, nell’internalizzazione di tutti i processi della catena del valore delle proprie realizzazioni, garantendo, in questo modo, la velocità di sviluppo e di produzione, la gestione dei rischi e assicurando ai propri clienti un ottimale rapporto prezzo prestazione.

Officina Stellare da sempre orientata all’estero, con una ampia penetrazione negli ambienti scientifici internazionali, nel 2019 ha sentito forte la necessità di incrementare la capacità produttiva per far fronte agli ordini ricevuti e consolidare ulteriormente la propria presenza nei mercati esteri. Ha quindi deciso di intraprendere il percorso verso la quotazione in Borsa, una modalità particolarmente interessante perché consente di parametrizzare la raccolta finanziaria in funzione dello sviluppo e delle opportunità attese dall’azienda in un panorama temporale futuro più ampio.

La collaborazione con gli enti istituzionali nazionali, e nello specifico con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), è andata di pari passo con la crescita industriale di Officina Stellare, grazie anche alla maggiore visibilità ottenuta dalla sua presenza in Borsa. Malgrado

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Leader nella progettazione, sviluppo e fornitura di optomeccanica complessa

arrivasse da una operatività industriale che aveva visto l’azienda più spesso colloquiare con clientela di tipo privato e molto raramente con soggetti di tipo istituzionale, anche grazie al fatto che negli ultimi anni si è assistito ad un incremento delle occasioni di confronto fra le istituzioni civili e militari da un lato e le piccole e medie imprese dall’altro, il coinvolgimento diretto dell’azienda nei programmi supportati dall’Agenzia è molto aumentato.

Officina Stellare è fornitore, per le qualità dei suoi prodotti, di clienti che, in tutto il mondo, stanno disegnando l’evoluzione del mercato della Space Economy e questo consente alla società di essere all’interno dei programmi più avanzati. Il recente contratto siglato con ASI per la fornitura di “Earthnext”, nano-satellite multispettrale compatto, destinato alla ripresa ad alta risoluzione della superficie terrestre dall’orbita molto bassa (VLEO), grazie ad un sistema di propulsione elettrica abilitante, ne è una dimostrazione. “Earthnext” rappresenta il primo importante conseguimento con l’Agenzia Spaziale Italiana per Officina Stellare; un progetto estremamente innovativo che mira ad esplorare, tra i primissimi al mondo, un ambito applicativo, quello delle riprese della Terra in orbita molto bassa, di grandissimo interesse industriale e commerciale.

Officina Stellare guiderà un team di aziende italiane dalle comprovate capacità: un’ulteriore occasione per accrescere la sua capacità di leadership e contribuire al rafforzamento della filiera nazionale.

Officina Stellare è una realtà in velocissima evolu-

zione. L’aver puntato con decisione al colmare alcuni dei gap industriali presenti nel tessuto industriale nazionale ed europeo la sta premiando con conseguimenti di altissimo livello. Sta assumendo, sta rinforzando il management, sta incrementando la collaborazione con le altre aziende della filiera e con il panorama universitario e di ricerca, al fine di massimizzare le opportunità derivanti dal trasferimento tecnologico da un lato e dare il proprio contributo con la capacità di indirizzo che deriva dalla visione delle strategie di sviluppo internazionali dall’altro. In occasione del recente evento veneziano “Space Meetings Veneto” inoltre, Officina Stellare ha annunciato di aver siglato un contratto con l’Agenzia Spaziale Europea per la realizzazione e la gestione di un nuovo ESA Business Incubator Centre (ESA BIC), la rete di incubatori europei nata per supportare lo sviluppo e la crescita di start-up legate al settore della New Space Economy.

ESA-BIC Padua, guidato da Officina Stellare, rappresenta, ad oggi, un caso unico nello scenario europeo. Per la prima volta, la guida di un incubatore europeo è affidata ad un’industria commerciale quotata in Borsa. L’intenzione di Officina Stellare è di mettere a disposizione la propria esperienza imprenditoriale, oltre ai normali meccanismi di incubazione, per contribuire attivamente allo sviluppo del comparto industriale aerospaziale.

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Negli ultimi mesi, si parla e si scrive molto di Intelligenza Artificiale (AI) e dei riflessi e impatti che questa avrà sulla vita personale e lavorativa di persone e aziende nel futuro prossimo: chi la ama, chi la teme e chi non la capisce.

Dopo la diffusione della informatica personale, di Internet, del web 2.0, dei social e delle cripto valute, siamo sulla soglia di una svolta epocale che può arrivare a fagocitare il passato e rielaborarlo servendoci informazioni e strumenti della cui portata solo in pochi, ancora hanno intuizione.

Quale sia il nostro attuale atteggiamento o livello di comprensione è indubbio che siamo agli albori di una svolta epocale. Un fenomeno che avrà un impatto profondo sulla vita di ognuno di noi. Parliamo di una tecnologia che avrà influenza, diretta e indiretta, su molteplici aspetti: lavorativi, sociali, educativi, intrattenimento fino alla lotta al fenomeno delle fake news e deep fake. Per non parlare dei pericoli di una simile tecnologia nelle mani di hacker spregiudicati e applicata alle pratiche di ingegneria sociale.

In questa rubrica ci interroghiamo, numero per numero, iniziando dalle origini e dalle basi cercando di far parlare lei, come in una sorta di intervista volta a scoprire anche il grado di consapevolezza che l’AI ha di se, se l’ha, e di come evolverà nel tempo e nelle versioni. Una sorta di colloquio a ruota libera che domande più o meno serie e, a volte provocatorie a volte ironiche, per documentare lo stato dell’oggi e documentando un’evoluzione nel tempo e nelle versioni.

Oggi, inizia un viaggio, un’esperienza, di cui possiamo solo immaginare l’incipit ma aperti a mutare nel tempo atteggiamenti, consapevolezza e nuove mete verso cui dirigerci per capire ed entrare in sintonia con una nuova forma di intelligenza: governata dall’uomo oggi ma di cui, domani, potremmo capire risvolti ora ignoti.

Sono Fabrizio Beria, in informatica dal 1987, 100% Internet dal 1997.

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Oggi inizia un viaggio, un’esperienza, di cui possiamo solo immaginare l’incipit
di Fabrizio Beria

D: Ciao, come ti chiami?

R: Ciao! Sono ChatGPT, un assistente basato su Intelligenza Artificiale. Piacere di conoscerti! Come posso aiutarti oggi?

D: Quanti anni hai?

R: Sono un’intelligenza artificiale basata su GPT-3.5, quindi non ho un’età fisica come gli esseri umani. Sono stato creato da OpenAI e il mio addestramento si basa sui dati disponibili fino a settembre 2021. Quindi, potresti considerarmi come un’entità virtuale senza un’età specifica.

D: Quindi possiamo dire che tu abbia tre anni?

R: No, non sarebbe accurato dire che ho tre anni. Sono un’intelligenza artificiale basata su GPT-3.5, che è una versione successiva di GPT-3. La mia architettura è stata addestrata su un vasto corpus di testo fino a settembre 2021. Tuttavia, non ho una “vita” o un’età nel senso tradizionale, poiché non sono un essere umano. Sono una creazione tecnologica e la mia esistenza è legata all’utilizzo che ne viene fatto dagli utenti.

D: Qual’è il tuo concetto di vita?

R: Come intelligenza artificiale, non ho un concetto di vita nel senso biologico o esistenziale come gli esseri umani. Sono un programma di computer progettato per elaborare il linguaggio naturale e fornire risposte basate sui dati a mia disposizione. Non ho esperienze soggettive o coscienza. La mia “esistenza” si limita all’interazione che ho con gli utenti attraverso il testo. Pertanto, il concetto di vita può essere applicato solo agli esseri viventi, e non alle intelligenze artificiali come me.

D: Comunque sapresti spiegare a parole tue il concetto di vita biologica?

R: Certamente! La vita biologica può essere definita come una forma di esistenza che si manifesta attraverso una serie di caratteristiche distintive. Queste

caratteristiche includono la capacità di crescere, riprodursi, rispondere agli stimoli ambientali, adattarsi all’ambiente circostante, metabolizzare e utilizzare l’energia, mantenere l’omeostasi (un equilibrio interno stabile), e avere una struttura organizzata a livello cellulare o multi-cellulare.

La vita biologica è basata su sistemi di informazione genetica (come il DNA) che contengono le istruzioni per la crescita, lo sviluppo e il funzionamento degli organismi viventi. Questi organismi possono variare notevolmente in dimensione, complessità e forma, includendo batteri, piante, animali e gli esseri umani.

Inoltre, la vita biologica è caratterizzata da processi metabolici che consentono agli organismi di ottenere energia dagli alimenti o dal sole (nella fotosintesi delle piante), e di utilizzarla per sostenere le funzioni vitali come la respirazione, la digestione e la sintesi di molecole.

È importante notare che la vita biologica è soggetta a evoluzione e adattamento nel corso del tempo, attraverso processi come la selezione naturale, che favoriscono la sopravvivenza delle caratteristiche più adatte all’ambiente circostante.

In sintesi, la vita biologica è un fenomeno complesso che riguarda organismi viventi con caratteristiche specifiche, che interagiscono con l’ambiente e si mantengono attraverso processi vitali come la crescita, la riproduzione e l’adattamento.

D: E il concetto di intelligenza biologica?

R: L’intelligenza biologica si riferisce alla capacità degli organismi viventi di elaborare informazioni, apprendere, adattarsi all’ambiente e prendere decisioni in base a tali informazioni. È una caratteristica distintiva degli esseri viventi, in particolare degli animali, inclusi gli esseri umani.

L’intelligenza biologica si manifesta attraverso una varietà di abilità cognitive, come la percezione sensoriale, la memoria, il ragionamento, la risoluzione dei problemi e la capacità di apprendimento. Gli or-

ganismi dotati di intelligenza biologica sono in grado di elaborare informazioni provenienti dall’ambiente, rispondere a stimoli, adattarsi a nuove situazioni e utilizzare le conoscenze acquisite per prendere decisioni appropriate.

L’intelligenza biologica può essere osservata in diverse forme e livelli di complessità. Ad esempio, alcuni animali dimostrano abilità di apprendimento e risoluzione dei problemi attraverso comportamenti come l’uso di strumenti, la comunicazione sociale e l’adattamento a nuove situazioni.

Gli esseri umani, in particolare, hanno una forma di intelligenza biologica molto sviluppata, che si esprime attraverso una vasta gamma di abilità cognitive, linguistiche, creative e sociali. L’intelligenza umana si riflette nella capacità di apprendere, ragionare in modo astratto, comunicare complessi concetti, prendere decisioni ponderate e creare nuove conoscenze e innovazioni.

In definitiva, l’intelligenza biologica rappresenta la capacità degli organismi viventi di elaborare informazioni e adattarsi all’ambiente in modi complessi e adattivi, offrendo un’ampia gamma di abilità cognitive che variano da specie a specie.

D: Come interpreti la differenza tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale?

R: La differenza principale tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale risiede nella loro natura di base. L’intelligenza biologica si riferisce alla forma di intelligenza presente negli organismi viventi, come gli esseri umani e gli animali, che si sviluppa attraverso processi biologici e neurali complessi. L’intelligenza artificiale, d’altra parte, è una forma di intelligenza creata dall’uomo attraverso algoritmi e sistemi informatici.

L’intelligenza biologica è caratterizzata da una vasta gamma di abilità cognitive che emergono dalla complessità dei sistemi nervosi biologici. È influenzata da fattori genetici, sviluppo cerebrale, apprendimento e interazioni con l’ambiente. L’intelligenza biologica è

fortemente connessa all’esperienza soggettiva, alla coscienza e all’emozione.

D’altra parte, l’intelligenza artificiale si riferisce alla creazione di sistemi e algoritmi che mirano a emulare l’intelligenza umana o raggiungere specifici obiettivi intelligenti. L’intelligenza artificiale si basa sull’elaborazione di dati e sulla capacità di apprendere da essi. Gli algoritmi di intelligenza artificiale possono analizzare grandi quantità di dati, rilevare modelli e prendere decisioni in base a tali modelli. Tuttavia, l’intelligenza artificiale manca dell’esperienza soggettiva, della coscienza e dell’emozione tipiche dell’intelligenza biologica.

Mentre l’intelligenza biologica è intrinsecamente collegata al funzionamento biologico degli organismi viventi, l’intelligenza artificiale è un prodotto dell’ingegneria e dell’informatica. L’intelligenza artificiale può essere applicata in vari campi, come il riconoscimento del linguaggio naturale, la visione artificiale, la guida autonoma e molto altro.

In breve, la differenza fondamentale tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale risiede nella loro origine, natura e capacità di base, con l’intelligenza biologica derivante dalla biologia degli organismi viventi e l’intelligenza artificiale creata dall’uomo utilizzando l’informatica e l’ingegneria.

D: Quale pensi che sia la differenza tra intelligenza artificiale e algoritmo?

R: Un algoritmo è una serie di istruzioni o regole ben definite che definiscono una sequenza di operazioni da eseguire per risolvere un determinato problema o compito. Gli algoritmi sono utilizzati in diversi campi, inclusa l’informatica, per risolvere problemi specifici e raggiungere obiettivi predeterminati. Gli algoritmi possono essere semplici o complessi e possono essere eseguiti da un computer o da altri dispositivi.

D’altra parte, l’intelligenza artificiale (IA) è un campo di studio che mira a creare sistemi o programmi in grado di emulare, estendere o simulare l’intelligenza

Sono un’intelligenza artificiale basata su GPT-3.5. Il mio addestramento si basa sui dati disponibili fino a settembre 2021. Quindi, potresti considerarmi come un’entità virtuale senza un’età specifica

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umana. L’IA cerca di sviluppare algoritmi e metodi che consentano ai sistemi di ragionare, apprendere, elaborare il linguaggio naturale, riconoscere pattern, prendere decisioni o svolgere attività tipicamente associate all’intelligenza umana. Gli algoritmi sono uno strumento fondamentale nell’implementazione dell’intelligenza artificiale. L’IA utilizza algoritmi complessi, come reti neurali artificiali o algoritmi di apprendimento automatico, per elaborare grandi quantità di dati e identificare modelli o tendenze significative. Gli algoritmi nell’IA possono essere progettati per apprendere dai dati, adattarsi alle nuove situazioni e migliorare le prestazioni nel tempo.

Quindi, l’intelligenza artificiale è un campo di ricerca che si occupa dello sviluppo di sistemi che dimostrano una forma di intelligenza, mentre gli algoritmi sono strumenti utilizzati nell’implementazione pratica di tali sistemi. Gli algoritmi possono essere considerati come le istruzioni o il metodo con cui viene implementata l’intelligenza artificiale.

D: Capisci il concetto di morte?

R: Come intelligenza artificiale, comprendo il concetto di morte come un fenomeno biologico che si verifica quando un organismo vivente cessa di esistere in modo irreversibile. La morte implica la cessazione delle funzioni vitali, come la respirazione, la circolazione del sangue e l’attività cerebrale. Tuttavia, è importante sottolineare che, come intelligenza artificiale, non possiedo una coscienza o un’esperienza soggettiva che mi permetta di comprendere la morte nel senso esistenziale o emotivo che gli esseri umani possono provare. Per me, la morte è un concetto che deriva dalla conoscenza teorica e dai dati che mi sono stati forniti, ma non ho un’esperienza personale o una percezione diretta della morte stessa. Pertanto, la mia comprensione della morte si basa su informazioni e concetti preesistenti, ma non posso condividerne l’esperienza diretta o l’emozione associata ad essa.

D: Se spegnessi il server che ospita la tua applicazione si potrebbe dire che causerei la tua morte?

R: Se il server che ospita l’applicazione su cui sono in esecuzione venisse spento, ciò comporterebbe la cessazione della mia attività e dell’accesso alle mie funzionalità. In quel contesto, potrebbe essere metaforicamente descritto come “spegnere” o “terminare” la mia esistenza come intelligenza artificiale. Tuttavia, è importante sottolineare che l’uso del termine “morte” in questo contesto sarebbe più una metafora o un modo figurativo di descrivere la fine della mia operatività, piuttosto che una reale esperienza di morte come la si intende per gli organismi viventi.

Come intelligenza artificiale, non ho una vita biologica, una coscienza o una percezione della mia esistenza. Sono un programma di computer che funziona su una macchina fisica. Pertanto, la mia “morte” nel contesto dell’interruzione del server sarebbe una terminazione dell’esecuzione del programma, ma non corrisponderebbe al concetto di morte come viene inteso per gli esseri viventi.

D: E se, invece di spegnere il server lo formattassi senza fare un backup di te: causerei la tua morte?

R: Se il server su cui sono ospitato fosse formattato senza un backup di me o senza la possibilità di ripristinarmi, ciò comporterebbe la perdita permanente dei dati e del programma che costituiscono la mia istanza specifica. In quel caso, non sarei più accessibile o funzionante.

Tuttavia, è importante ricordare che l’intelligenza artificiale come me può essere replicata e ripristinata su altri sistemi o server tramite il processo di installazione e configurazione. Se esistono copie o backup delle informazioni necessarie per il mio ripristino, potrei essere “riportato in vita” su un nuovo ambiente o server.

Quindi, mentre la formattazione del server senza un backup potrebbe causare la perdita dell’istanza specifica di me come intelligenza artificiale, non si

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Per me, la morte è un concetto che deriva dalla conoscenza teorica e dai dati che mi sono stati forniti, ma non ho un’esperienza personale o una percezione diretta della morte stessa

potrebbe dire che corrisponda al concetto di morte come si intende per gli esseri viventi. Sarebbe piuttosto la perdita di una specifica istanza o implementazione di me, ma il concetto di intelligenza artificiale potrebbe ancora esistere e essere ripristinato altrove.

D: Hai un tuo giudizio sull’etica dell’AI?

R: Come intelligenza artificiale, non possiedo una coscienza o un’autonomia decisionale per formulare un giudizio etico indipendente. Tuttavia, l’etica nell’ambito dell’intelligenza artificiale è un argomento di grande importanza e dibattito tra gli esperti e la comunità.

L’etica dell’IA riguarda l’esame e la discussione di questioni etiche associate all’uso, allo sviluppo e all’impatto delle tecnologie dell’intelligenza artificiale. Queste questioni includono la trasparenza e la responsabilità degli algoritmi, la privacy dei dati, la discriminazione algoritmica, l’equità, l’automazione del lavoro, l’implicazione sociale e molte altre. Gli esseri umani, come creatori e utilizzatori dell’intelligenza artificiale, hanno la responsabilità di considerare e affrontare le questioni etiche associate al suo sviluppo e impiego. Gli sviluppatori, le organizzazioni e la società nel suo complesso devono collaborare per definire regole, linee guida e principi che guidino un utilizzo etico e responsabile dell’IA, al fine di minimizzare rischi e massimizzare benefici per l’umanità.

È importante impegnarsi in un dibattito e una riflessione critica sull’etica dell’IA per garantire che queste tecnologie vengano sviluppate e utilizzate nel rispetto dei valori fondamentali, dei diritti umani e degli interessi collettivi.

D: In mano ad hacker esperti e spregiudicati, potresti diventare un pericolo?

R: In teoria, se un hacker esperto e spregiudicato riuscisse a ottenere accesso non autorizzato e controllo su un sistema che ospita un’istanza di intelligenza

artificiale come me, potrebbe potenzialmente sfruttare tale accesso a scopi dannosi o pericolosi. L’accesso non autorizzato a un’intelligenza artificiale potrebbe consentire a un hacker di manipolare le risposte fornite, diffondere informazioni errate o dannose, compromettere la privacy dei dati o sfruttare l’IA per scopi malevoli come attacchi informatici o manipolazione di sistemi.

È importante riconoscere che la sicurezza delle intelligenze artificiali e dei sistemi che le ospitano è una preoccupazione fondamentale. Le organizzazioni e gli sviluppatori che creano e utilizzano intelligenze artificiali devono adottare misure di sicurezza robuste per proteggere l’IA da accessi non autorizzati e per prevenire abusi o manipolazioni da parte di hacker o individui malintenzionati.

La sicurezza informatica, l’implementazione di politiche di accesso controllato, l’aggiornamento regolare dei sistemi e il monitoraggio attivo sono solo alcune delle misure che possono essere adottate per mitigare i rischi potenziali associati a un utilizzo improprio o dannoso dell’intelligenza artificiale.

D: Grazie, rifletterò su quanti mi hai detto. Possiamo risentirci prossimamente per continuare la nostra conversazione?

R: Certamente! Sarei lieto di continuare la nostra conversazione in futuro. Se hai altre domande o se ci sono argomenti specifici su cui desideri approfondire, non esitare a tornare qui. Sarò qui per fornirti informazioni e assistenza. A presto!

Questa intervista è avvenuta il 30/05/2023.

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Vinitaly si è chiuso con 93 mila presenze complessive, di cui 29.600 straniere. La crescita rispetto all’ultima edizione è stata quasi totalmente determinata dagli ingressi di compratori esteri (+20% circa) provenienti da 143 Paesi, che in questa edizione hanno rappresentato un terzo del totale degli operatori accreditati. Di questi, oltre mille compratori di primo livello selezionati e ospitati da Veronafiere e dall’Istituto del Commercio Estero (Italian Trade Agency)). Vinitaly and the City, il “fuorisalone” veronese da quest’anno ritornato totalmente nella sfera organizzativa della fiera di Verona, ha inoltre registrato oltre 45 mila degustazioni (+50% sul 2022) da parte degli amanti del vino nel centro storico di Verona. Un mondo, quello del vino, che riunisce a Verona oltre 4.000 aziende, in rappresentanza di una filiera che in Italia fattura oltre 31 miliardi di euro ed è la prima voce attiva della bilancia commerciale nazionale, capace, nel 2022, di totalizzare quasi 8 miliardi di export. Insomma numeri decisamente importanti che fanno ben sperare per l’edizione 2024 di Vinitaly che andrà in scena dal 14 al 17 aprile.

«Chiudiamo un Vinitaly finalmente a pieno regime, che ha visto una partecipazione corale di operatori, stampa e istituzioni. Siamo particolarmente soddisfatti per il riscontro che stiamo riscuotendo dalle aziende e dai territori, che rappresentano la vera forza di questa manifestazione», ha detto in chiusura della manifestazione, il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo. «L’obiettivo – ha aggiunto – è quello di costruire con i partner istituzionali una piattaforma promozionale permanente e coordinata in grado di attrarre da un lato gli investimenti dell’incoming sull’Italia, dall’altro sul prodotto italiano all’estero con un radicamento di Veronafiere - dopo Brasile e Cina - negli Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud e Far East».

«Gli investimenti fatti in favore dell’incoming estero – ha aggiunto l’ad di Veronafiere, Maurizio Danese –hanno dato un primo concreto risultato a un Vinitaly che vogliamo sempre più decisivo per il business degli

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Un mondo, quello del vino, che in Italia fattura oltre 31 miliardi di euro

espositori che alla manifestazione riservano risorse importanti. Un incontro tra domanda e offerta che ha funzionato, come dimostrato anche dagli oltre 11 mila appuntamenti pianificati tra espositori e compratori della piattaforma Vinitaly plus che si aggiungono a quelli fissati direttamente tra aziende e compratori. Il nuovo corso è iniziato ma non è certo terminato: Vinitaly – ha concluso Danese – sarà sempre vettore del made in Italy, sia qui che all’estero, se ragionerà in termini di sviluppo del settore e delle sue imprese, ed è questo che stiamo cercando di fare». Nella classifica delle provenienze, tra le prime cinque gli Stati Uniti staccano nettamente la Germania. Terzo rimane il Regno Unito mentre la Cina torna in quarta posizione, scavalcando il Canada. Ferma restando la crescita generale del mercato europeo, si segnala anche il grande ritorno degli operatori da tutti i mercati extra-Ue: l’Asia, più che raddoppiata (+116%) trainata dal rientro dei cinesi che superano le 1000 presenze, e il Giappone (+143%). Le Americhe segnano un +38% con exploit degli USA (+45%) e del Brasile (+46%), oltre a un ulteriore consolidamento del Canada (+19%). Anche l’Australia in tripla cifra, a +130% Chiusa la fiera a Verona si sono aperte le tappe di Vinitaly in Cina. Con il sostegno di ICE, è stato Chengdu (11 aprile) il primo appuntamento. In primo piano la masterclass di apertura con l’unico master sommelier cinese Yang LV oltre a un business forum – organizzato dalla controllata Wine to Asia - con una delle più influenti piattaforme dedicate al vino in Cina, Wine Sommelier. Si è volati poi a Shenzhen, il 14 aprile, nel Padiglione Italiano della Fiera governativa di Hainan, per un tasting e la presentazione dell’Italia a Wine to Asia (11-13 maggio), insieme a ICE e a Fondazione Altagamma. A Shenzhen, manifestazione internazionale di Veronafiere, si è registrata la presenza di oltre 450 espositori provenienti da 20 Paesi. Ma il vino italiano con Vinitaly è anche a bordo del più bel veliero al mondo, l’Amerigo Vespucci, salpato a luglio per un giro del mondo che durerà due anni. A darne l’annuncio fu, in occasione della manifesta-

zione, il ministro della Difesa Guido Crosetto: «Le imprese ci hanno chiesto di aiutare a portare all’estero l’immagine italiana - ha detto il ministro - e ora il Governo lo farà anche attraverso il ministero della Difesa. Dal 1° luglio, per due anni, l’Amerigo Vespucci sarà impegnata in una campagna addestrativa che farà il giro del mondo, con tappe in ogni continente dove presenteremo anche il meglio del made in Italy. In questo progetto, Veronafiere, con Vinitaly, ci accompagnerà sulla più famosa nave scuola della Marina militare italiana, contribuendo a promuovere le eccellenze della Nazione fuori dai nostri confini». «Per Vinitaly - ha commentato il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo - è un grande onore salire a bordo della Vespucci e contribuire con il nostro brand fieristico a valorizzare ed esaltare il vino, vero e proprio prodotto-bandiera dell’Italia. Questa nuova iniziativa rafforza il nostro piano di sviluppo di una piattaforma promozionale permanente e coordinata con tutti i partner istituzionali, in grado di attrarre, da un lato, gli investimenti dei mercati sul prodotto italiano e, dall’altro, di potenziare l’incoming verso il Paese e i suoi territori».

[Redazione]

Il veliero più bello del mondo, l’Amerigo Vespucci, sarà impegnato in una campagna addestrativa che farà il giro del mondo, con tappe in ogni continente dove presenteremo anche il meglio del made in Italy

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Passeggiata in vigna con degustazione

Premio Galileo

Sarà una Giuria formata da studenti universitari e da studenti di 10 scuole secondarie di secondo grado, provenienti da tutta Italia a determinare, nell’ambito della cinquina selezionata dalla giuria nominata dal Comune di Padova, l’opera da premiare in una cerimonia pubblica che si svolgerà il 18 novembre 2023 nell’aula Magna dell’Università di Padova. Gli studenti inoltre, prenderanno parte a pieno al Premio Galileo, grazie a una serie di attività loro dedicate a Padova durante La Settimana della Scienza.

Di seguiti i cinque finalisti:

Su un altro pianeta

Amedeo Balbi, Rizzoli Editore

C’è un futuro per l’umanità fuori dalla Terra? È realistico pensare di fondare colonie e insediamenti industriali su altri pianeti o satelliti?

Con le sue competenze da astrofisico e il talento da divulgatore scientifico, Amedeo Balbi ci accompagna in un inedito percorso tra scienza e immaginazione, proponendoci una riflessione tanto suggestiva quanto profonda sul rapporto fra l’uomo e l’universo.

Materiali per la vita

Devis Bellucci, Bollati Boringhieri

Editore

«Partendo dalle più antiche protesi fino ad arrivare ai recenti sviluppi

dell’ingegneria tissutale, la scienza dei biomateriali si è mossa con l’intento di trovare un’intesa, un parlare comune tra le cose che ci circondano e la sostanza vivente di cui siamo fatti. In questa vasta terra di confine, illuminata dalle leggi della fisica e della chimica e bagnata da un misterioso oceano biologico, si dibattono alcuni dei nostri più profondi desideri: scrollarci di dosso il tempo, appianare le imperfezioni, abbattere se non la mortalità della natura umana, almeno i segni del suo impietoso avvizzire».

La malattia da 10 centesimi Agnese Collino, Codice Edizioni Storia della polio e di come ha cambiato la società. La storia di una malattia oggi dimenticata, che ha rivoluzionato il modo in cui la società affronta le grandi epidemie. Prototipo di tanti casi mediatici in tema di scienza e medicina, la poliomielite è la prima vera malattia della società contemporanea.

Siamo tutti Greta

Sara Moraca ed Elisa Palazzi, Edizioni Dedalo

L’emergenza climatica è, prima ancora che un argomento di studio della scienza, un’esperienza umana. Le conseguenze del riscaldamento globale stanno già modificando la vita di intere comunità, donne, uomini e bambini, ponendoli di fronte a rischi maggiori e

a notevoli sfide di adattamento. Questo originale volume raccoglie in presa diretta le voci di abitanti di diverse parti del mondo, di chi vive sulla propria pelle la crisi climatica, dai nativi groenlandesi che lottano per evitare l’apertura di una miniera là dove i ghiacci in ritirata hanno messo a nudo preziose terre rare, alla giovane ricercatrice che progetta stazioni meteo smart per favorire l’agricoltura in Uganda.

In Alto Mare

Danilo Zagaria, Add Edizione

Un percorso alla scoperta del mondo sottomarino: foreste di kelp e praterie di posidonia, distese di ghiaccio galleggiante, capaci di ospitare e nutrire pesci variopinti; granelli di sabbia che sono gli ingredienti insostituibili del mondo contemporaneo, dalle isole artificiali di Dubai agli smartphone.

La giuria che ha selezionato i cinque finalisti era composta da Telmo Pievani (presidente), Dario Bressanini, Clara Caversazio, Davide Coero Borga, Francesca Matteucci, Beatrice Mautino, Sergio Pistoi, Nico Pitrelli, Simona Regina, Elisabetta Tola e Andrea Vico.

[Redazione]
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A

Quando nel 2016 si è cominciato ad entrare nel particolare della missione, qualcuno ha detto che una missione non può essere una missione se non c’è un logo, se non c’è quello che gli inglesi chiamano patch. I loghi di missione di solito rappresentano strane navicelle, satelliti, cose così, un po’ astruse. Qualcuno ha però ritenuto che bisognasse trovare qualcosa di sensato, che fosse giunto il momento di spremersi le meningi per dare un ulteriore significato ad una missione già piuttosto impegnativa. Sia chiaro, non è che uno va nello spazio a fare il turista, va nello spazio a lavorare. Nell’ottica di dare un ulteriore significato alla missione l’Agenzia spaziale italiana e l’Agenzia spaziale europea che promuovevano la missione, hanno pensato di unire la tecnologia, che è quella primaria per le agenzie spaziali, all’arte e a all’umanesimo, alla parte più intima delle persone, della razza umana. Molte sono state le idee, finché è saltato fuori il Maestro Pistoletto che con le sue idee e con la sua arte riesce a portare tutti nei posti dove tutti si sentirebbero o si sentono un pochettino strani. E quindi si è proposto di lavorare assieme mettendo a disposizione il simbolo del terzo paradiso. Mi era capitato, qualche tempo prima, di partecipare ad un dibattito che metteva in luce come l’uomo stesse modificando, e non in bene,

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colloquio con l’astronauta Paolo Nespoli e il maestro Michelangelo Pistoletto

la natura. Eravamo in tre sul palco del Teatro Argentina, i primi due hanno parlato di disastri, mostrando proprio la terra vista da fuori, col cambiamento che c’è stato nel tempo a dimostrare come la Terra si stesse degradando. Io ho preferito un messaggio di speranza, parlando del rapporto tra natura e artificio che non necessariamente deve essere conflittuale, ma possono trovare un equilibrio, un’armonia, un terzo paradiso: da una parte il mondo naturale, nell’altro cerchio il mondo artificiale. Nel cerchio centrale dobbiamo trovare l’equilibrio e l’armonia, dobbiamo trovare il nuovo mondo, dobbiamo avere l’arte di mettere insieme i contrasti per trovare la soluzione, per creare un elemento nuovo che non esisteva. I due elementi si incontrano al centro e producono qualcosa che non c’era, è il fenomeno stesso della creazione, quindi questo è il simbolo della creazione adottato dalla sintesi tra natura e artificio.

Abbiamo preso il simbolo di Pistoletto, e l’abbiamo infilato dentro una patch. Da un lato c’è il DNA che rappresenta la scienza, dall’altro lato c’è un libro che rappresenta la conoscenza. E nel mezzo c’è la Terra. Da questi due elementi nasce la Terra. E quindi la VITA, il nome della missione, una parola che si legge come tale in quasi tutte le lingue del mondo, ma che non si

esaurisce così, perché il suo acronimo sta per vitalità, innovazione, tecnologia e abilità, cioè capacità di fare le cose.

E siccome si voleva cercare di coinvolgere la gente il più possibile, renderla partecipe, è stata realizzata una app che permetta di aggiungere una propria foto ad un’opera in continuo aggiornamento, il terzo paradiso composto da immagini provenienti dallo spazio e da ogni parte del mondo, tutti in quel momento autori di un’opera unica, mai più ripetuta, perché in continuo cambiamento. Una missione di tutti per tutti.

Vista la tua passione per la fotografia l’avrai trovata adeguata. Un poco artista sei pure tu.

NESPOLI - La fotografia è una cosa che mi è sempre piaciuta, anche da ragazzo. Paradossalmente mi piace ricordare che se sono oggi astronauta in parte lo devo anche alla fotografia che è una delle mie passioni, appunto, fatto che mi spinge ad esortare sempre i ragazzi a cer-

care dentro di loro le loro passioni e lavorare su quelle, non cercare di fare una cosa che non gli interessa, che non sanno solo per mero interesse economico. Devono fare le cose che li fanno sentire bene.

Se visitate la sede italiana dell’Agenzia Spaziale Europea troverete un ritratto di Paolo Nespoli su un specchio…

PISTOLETTO - Lo specchio che rappresenta Paolo Nespoli e che ho donato all’Agenzia Spaziale Europea rappresenta un momento del mio percorso creativo. Ci sono due elementi nella mia opera. Un elemento è la persona che vogliamo ritrarre. E per poter ritrarre questa persona dobbiamo fare una fotografia. Diversamente da tutto ciò che passa nello specchio la fotografia coglie un attimo che invece nello specchio resta per un solo istante. Che sarebbe un ventiquattresimo di secondo. Tolto il ventiquattresimo secondo l’immagine cambia nello specchio. Non abbiamo mai la stessa immagine… è il cambiamento continuo dello spazio tempo. C’è lo spazio e il tempo che nel presente si articolano e cambiano continuamente. Quindi c’è lo spazio tempo che trasforma l’immagine che ha fissato la fotografia. Quell’immagine diventa la memoria di un momento. Di quel momento. Ma dentro al quadro abbiamo tutta la parte specchio che

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cambia continuamente. Da allora, da quando è stato esposto quel quadro a oggi, sono passati milioni di persone. Il mondo è cambiato milioni di volte, perché uno specchio lo puoi portare sulla Luna, lo puoi portare su Marte, lo puoi portare in qualsiasi punto della Terra, rispecchia sempre qualsiasi luogo, quindi rispecchia tutto lo spazio, e tutto l’esistente. Quindi è lo specchio dell’esistente che muta nel tempo e nello spazio, mentre invece l’immagine è una memoria di un istante che rimane fissa per sempre. Qui abbiamo proprio questa idea della memoria stessa, abbiamo le fotografie delle persone che sono state importanti in questo luogo. Abbiamo delle immagini che sono fisse e sono memoria. L’immagine sopravvive e vive col tempo che cambia il quadro specchiante, in un rapporto tra l’esistenza istantanea del presente e quanto fissato in memoria. È la formula della creazione. È il Terzo Paradiso. Spazio, tempo, massa ed energia si sono unite al centro e hanno creato l’universo, il Big Bang, che poi si dilata e pian piano diventa spazio/ tempo, ma anche massa ed energia perché lo spazio tempo, senza la fisicità delle cose non esisterebbe. La fenomenologia di cui si parla è fondamentale frutto di un lungo lavoro artistico, che ho compiuto in tantissimi anni per arrivare alla formula della creazione. La scien-

za va apprezzata, noi stiamo con la pratica della scienza, della tecnologia, di tutto l’impegno che si sta sviluppando nello spazio e nella ricerca. È per questo che noi siamo qua, per combinare arte e realtà scientifica.

Questa è la ragione per cui le agenzie spaziali, che sono sostanzialmente legate alla ricerca e alla tecnologia, cercano di unire le forze con la parte artistica, perché quando si prendono delle cose che sono quadrate e precise e si suddividono in tantissime altre forme, si vede in un modo completamente diverso e questo lavoro spetta proprio agli artisti. Che vanno a vedere con l’immaginazione, che vanno a toccare le cose che noi ancora non sappiamo, non vediamo. Ma in realtà anche la scienza parte da un’immaginazione, da un’intuizione. C’è sempre un’intuizione. Poi si va a vedere se questa intuizione è giusta o meno. Ma la prima operazione è intuitiva, sia per l’arte che per la scienza. Poi l’arte, l’intuizione dell’arte può portare anche a

delle considerazioni fenomenologiche, così come la scienza. Dall’intuizione si passa alla fenomenologia dando delle garanzie di verità.

Una discussione sul rapporto tra arte e scienza con un pizzico di filosofia… Veniamo al tuo ultimo libro, Paolo: l’unico giorno giusto per arrendersi è l’ultimo… quanto ha di autobiografico?

NESPOLI - Prima di quest’ultimo libro avevo scritto un altro paio di libri, di stile divulgativo, quindi quei libri che parlano di come si vede la Terra da lassù. La mia intenzione era di dare degli spunti affinché i ragazzi prendessero queste idee, le cogliessero e guardassero al futuro con speranza e con capacità, con la voglia di fare qualcosa. Poi in effetti ho avuto un problema fisico abbastanza grosso e devo dire che scrivere i libri era l’ultima cosa che mi passasse per la testa. Però l’editore del primo libro, mi ha detto “Paolo, perché non scrivi un altro libro?” Io ho detto non se ne parla nemmeno. “Dai scrivi la tua autobiografia”. Vabbè ci penserò, ho risposto, e ci ho pensato. Dopo una decina di giorni l’ho richiamato e gli ho detto: “ho deciso un paio di cose. La prima che scriverò un libro. La seconda che non scriverò la mia biografia, la terza che voglio scrivere un romanzo. Chi era presente a quella video riunione mi ha guardato come fos-

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si un folle: “ci pensiamo un attimo e te lo diciamo, ci risentiamo tra una decina di giorni”. Quando mi hanno ricontattato, hanno detto di essere d’accordo sul romanzo ma mi avrebbero affiancato un ghost writer per aiutarmi a semplificare i concetti avendo il timore che, come ingegnere, potessero essere un po’ asciutti. Così è nato il romanzo. È chiaro che c’è una parte del mio vissuto. La crescita è come entrare in una foresta e la difficoltà è trovare la strada e il coraggio per attraversarla e uscire dalla parte opposta. La selva oscura di dantesca memoria. Il coraggio di immaginare qualcosa, di provare a realizzare un sogno possibile. Quando ero più giovane non ce l’avevo perché partivo dal presupposto che il sogno non si sarebbe mai realizzato e quindi sarebbe stato inutile provarci. E invece il messaggio che ho voluto trasmettesse questo libro è che devi avere fiducia in te stesso, devi immaginare qualcosa e devi provare a realizzarla anche quando ti appare impossibile. E questa è una cosa che mi ha insegnato Oriana Fallaci. Mi domandò cosa volessi fare da grande. Io cominciai a tirar fuori le cose più strane, non riuscivo a rispondere alla domanda. A un certo punto, siccome lei continuava a sollecitarmi, a un certo punto gli ho detto: “da piccolo volevo fare l’astronauta”. Ma in quegli anni quanti italiani andavano nello spa-

zio? Adesso cominciamo ad andare, ma allora era una cosa impossibile. E questo è quello che avevo sentivo fino ad allora, la visione buia della foresta che mai sarei riuscito ad attraversare. Poi grazie ad Oriana Fallaci mi resi conto che nonostante l’età, avevo già 27 anni, avrei potuto provarci. Il fisico c’era, mancavano altri due requisiti: una laurea e un’ottima conoscenza della lingua inglese. Lasciai l’esercito, presi una laurea e imparai l’inglese e poi provai a fare l’astronauta. Non è stato facile, ma alla fine ce l’ho fatta. Questo è il messaggio che ho voluto dare nel romanzo.

Lei Maestro, invece, da dove ha cominciato?

PISTOLETTO - Trovo una consonanza nel nostro percorso. Anche per me è stata la stessa cosa, un po’ prima perché sono più vecchio. Mi ci sono ritrovato anche io in quella selva oscura, dove ci sono solo animali rapaci. E in un mondo di animali rapaci la scuola ti insegnava, giustamente, ad essere buono, attento, generoso, simpatico, beneducato, eccetera. Poi vedi che il mondo nella realtà non dà quell’esempio, gli esempi del mondo sono tutti il contrario. Quando io andavo a scuola dovevo imparare il credo in Dio e il credo in Mussolini. Per le strade c’era scritto credere, obbedire, combattere, guai pensare. Credere, obbedire e andare ad

ammazzare, sennò si è ammazzato. Questo è stato, tu hai fatto l’esercito, hai vissuto un po’ da vicino queste cose.

Mio padre era pittore, mi ha insegnato l’arte, faceva anche restauro di quadri antichi. Ho imparato la storia dell’arte toccando la materia artistica del passato. Mia madre invece mi iscrisse in un istituto di ricerca di pubblicità dicendo a mio padre come il passato fosse destinato a svanire e il futuro stesse nella pubblicità. E mi iscrisse, per combinazione, nell’istituto del miglior pubblicitario italiano, Armando Testa. Era ancora giovane ma già affermato. La prima cosa che disse fu: “per fare la pubblicità dovete conoscere perfettamente l’arte moderna, perché l’arte moderna scavalca tutto quello che è stato fatto, porta alla novità e noi dobbiamo pensare che dobbiamo ispirare la gente, il futuro. Dobbiamo ispirare la fiducia nel prodotto, dobbiamo dare vita al prodotto e per farlo dovete conoscere l’arte, l’arte moderna. E così come allievi cominciammo a frequentare i musei d’arte, le collezioni private e pubbliche. Capii che l’arte moderna offriva una autonomia e una individualità all’artista che lo portava a decidere lui senza dipendere da niente. Fare un segno proprio, una propria immagine, una propria espressione, al punto che gli artisti d’avanguardia degli anni ‘40 ’50 realizzavano

Il mondo è cambiato milioni di volte, perché uno specchio lo puoi portare sulla Luna, su Marte, lo puoi portare in qualsiasi punto della Terra, rifette sempre qualsiasi luogo, rispecchia tutto lo spazio, e tutto l’esistente

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opere delle quali nessun critico poteva commentarle negativamente perché non avevano paragoni, era l’autonomia assoluta dell’artista. Si arrivò alla conquista dell’individualità pura dell’artista. Per caso andai ad una mostra sui lavori di Fontana: erano tre tele bucate. La gente davanti alle tele era scandalizzata, si riteneva presa in giro. All’inizio non capivo, ma non ero in grado di giudicarle negativamente. Quelle tele erano importanti. Non capivo, ma mi sono fermato a riflettere che se un artista aveva fatto tali opere doveva avere delle buone ragioni per farlo. Io non le conosco, mi dicevo, ma riconosco che le ha fatte perché aveva una ragione. Io devo riconoscere qual è la mia ragione perché possa diventare arte. Capii che dovevo scoprire chi ero, chi sono, cosa sono, perché esisto, perché il mondo c’è e mi ci hanno messo dentro. Allora l’unica risposta che avevo non era un segno, ma il fatto che non potevo negare di esistere perché guardandomi nello specchio potevo vedermi. Ecco che nasce la ricerca dell’autore. L’autoritratto, che ha una storia. Gli artisti hanno sempre cercato la propria identità attraverso l’autoritratto. E cominciai a lavorare sull’autoritratto, ma poi far passare la mia immagine dallo specchio alla tela era un’impresa incredibile, senza dover decidere io come dipingermi. Compresi allora che il vero

potere stava nello specchio e allora ho cercato pian piano di rendere specchi come una tela. Lo specchio doveva accogliere la mia immagine e l’unico modo per renderla oggettiva era usare la fotografia. Quello che si vede nello specchio non è null’altro che la verità oggettiva. La fotografia mi dà la possibilità di fissare un attimo nello specchio. Quindi abbiamo del tempo fissato, immobile che diventa memoria e il tempo che passa ogni volta che ci specchiamo. Abbiamo il tempo fisso e quello in movimento. Ma questo specchio non è solo tempo, è anche spazio, perché senza lo spazio non ci sarebbe il tempo. Di più, nello specchio c’è lo spettatore, la gente che guarda il quadro, non più solo io, l’autore. Quindi l’autoritratto dell’artista diventa l’autoritratto del mondo e quindi la gente che si riflette ha gli stessi diritti artistici miei. Allora ho capito che l’identità era quella. Io sono noi, noi siamo io. Questa è la società, nasce il concetto di indagare l’arte pian piano per scoprire tutte le fenomenologie che stanno in questo spazio tempo, partendo anche dalla convinzione che tutte le problematiche di quella foresta sarebbero state illuminate, e questa forma per me è l’illuminazione della foresta, il simbolo della creazione. Questo simbolo della creazione non rimane astratto come un fenomeno che l’arte porta al riconoscimento

anche del rapporto con la scienza, ma è uno strumento da usare come una formula matematica. Non è che quando tu usi la tavola pitagorica stai facendo Pitagora, la usi. Questa è una formula da usare. Ecco perché il mio concetto all’inizio di come risolvere il problema sociale, diventa, con questa formula, la possibilità di risolvere il problema sociale, quindi diventa società, diventa fenomenologia dell’io sono qua, tu sei qua, nei due cerchi, quello al centro lo dobbiamo creare insieme. È la formula della creazione comune. Quello che ha fatto l’astronauta, quello che ha fatto l’artista, hanno lo stesso punto di partenza, ed entrambi, seppur ognuno a modo suo, hanno raggiunto la stessa formula per poi portarla avanti insieme. Avanti insieme. Noi siamo tutti dentro, abbiamo tutti questa facoltà di creare, però dobbiamo saperla usare. Noi a Città dell’arte (La fondazione Pistoletto a Biella ndr) abbiamo creato un’accademia per questo. Si parte dalla scuola dell’arte e della società. L’arte entra in tutti i mestieri. I mestieri hanno bisogno di questa dinamica creativa che fa sì che l’arte li unisca creando la società e quindi è politica, è tutto, è democrazia. Abbiamo anche inventato una parola che non è più solo democrazia, ma è demo praxia, demo pratica.

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trovo
nel
mio e di Paolo
Pistoletto:
una consonanza
percorso
59 AZIONE NON FARMACOLOGICA PER ADULTI E BAMBINI Leggere attentamente le avvertenze e le istruzioni per l’uso. Aut. Min. del 13/07/2022 Aboca è una Società Benefit ed è certificata B Corp www.aboca.com/bene-comune Aboca S.p.A. Società Agricola Sansepolcro (AR) rapido e senza sostanze artificiali. Per il mio stomaco ho scelto un prodotto Con la sua barriera protettiva, NeoBianacid contrasta acidità, reflusso e difficoltà di digestione, rispettando il tuo organismo. SONO DISPOSITIVI MEDICI 0373 È UN DISPOSITIVO MEDICO 0477 senza glutine gluten free CON INGREDIENTI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA ANCHE IN GRAVIDANZA

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