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L’Italia si candida capitale delle onde gravitazionali

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L’editoriale

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Finanziato con 50 milioni di euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

L’italia in corsa per ospitare l’Einstein Telescope, uno dei progetti scientifici più ambiziosi mai concepiti. Il sito italiano prescelto, nell’area della ex miniera metallifera di Sos Enattos, nel Nord-est della Sardegna, è in competizione con il sito olandese che si trova al confine tra Paesi Bassi, Belgio e Germania.

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Con il Governo e il ministero della Ricerca, la candidatura è sostenuta dalla Regione Sardegna e coordinata scientificamente dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in collaborazione con enti di Ricerca e Università di tutta Italia. Finanziato con 50 milioni di euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il progetto dell’Einstein Telescope ha permesso di individuare nell’area dell’ex miniera il luogo ideale per ospitare il nuovo rivelatore di onde gravitazionali a causa del basso rumore sismico, dovuto al fatto che la Sardegna non è connessa alle zone tettoniche più attive e quindi non è interessata da fenomeni di sismicità e di deformazione della crosta terrestre. Si calcola che il costo complessivo della nuova infrastruttura di ricerca, che potrebbe essere realizzata in un tempo compreso fra sei e nove anni, sarà di 1,9 miliardi di euro. Di questi, 5 sono destinati al progetto, 171 alla preparazione, 1,7 miliardi alla realizzazione e 37 milioni l’anno per l’attività. L’Ein- stein Telescope potrebbe diventare, in Europa e nel modo, quello che il Cern è per la fisica delle particelle, con almeno 1.400 persone attive al suo interno, provenienti da 23 Paesi e 221 istituti di ricerca. Quanto alle ricadute economiche, uno studio dell’Università di Sassari stima che ogni euro speso per l’Einstein Telescope ne genererà 3.2 euro e un incremento del Pil di 1,6 euro.

Il silenzio è necessario perché, sebbene siano l’eco di fenomeni violenti come collisioni di buchi neri o esplosioni di supernovae, le onde gravitazionali arrivano alla Terra come vibrazioni debolissime, che solo strumenti molto sofisticati sono in grado di percepire. Strumenti che dovranno essere al sicuro da qualsiasi rumore estraneo e che per questo dovranno essere costruiti fra 100 e 300 metri di profondità, isolati dalle onde sismiche e dalle attività umane. Il progetto dell’Einstein Telescope raccoglie l’eredità degli strumenti che nel 2015 hanno permesso di scoprire le onde gravitazionali, come l’americano Ligo e l’europeo Virgo, al quale l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Questi strumenti hanno rivoluzionato il modo di studiare l’universo, inaugurando l’era dell’astronomia gravitazionale, ossia lo studio dei corpi celesti e del cosmo attraverso le onde gra- vitazionali, e dell’astronomia multimessaggera, che studia lo stesso fenomeno astrofisico utilizzando segnali di tipo diverso (ossia onde gravitazionali, radiazione elettromagnetica, neutrini) come messaggeri cosmici.

Rispetto a questi strumenti, l’Einstein Telescope osserverà un volume di universo circa mille volte maggiore, fornendo dati senza precedenti per esplorare la storia dell’universo e comprenderne l’evoluzione e il futuro; permetterà inoltre di sottoporre a nuovi esami la teoria della relatività. Al progetto dell’Einstein Telescope lavora un consorzio guidato da Italia e Paesi Bassi, con il sostegno politico di Belgio, Polonia e Spagna e sono in corso gli studi di caratterizzazione dei due siti candidati a ospitare Einstein Telescope: uno in Sardegna, nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos, nel Nuorese, e uno vicino al confine tra Paesi Bassi, Belgio e Germania. Il progetto prevede al momento due soluzioni; la prima è un rivelatore della forma triangolare, con bracci sotterranei di 10 chilometri costituiti da tubi a ultra-alto vuoto nei quali scorrono fasci laser che saranno riflessi da specchi: quando un’onda gravitazionale attraversa l’interferometro, la lunghezza dei bracci oscilla, e di conseguenza i fasci laser che corrono al loro interno compiono percorsi di diversa lunghezza. Queste minuscole variazioni, di una frazione di miliardesimo del diametro di un atomo, vengono misurate dallo strumento, grazie a tecnologie avanzatissime, messe a punto grazie a un dialogo fra ricerca e industria. La seconda soluzione prevede una configurazione a L, con due bracci perpendicolari. Questa si sceglierebbe nel caso in cui il progetto definitivo dovesse prevedere due interferometri gemelli, sul modello del rivelatore americano Ligo.

La Sardegna, con Lula, è il luogo migliore per ospitare l’Einstein Telescope, il grande strumento destinato a dare la caccia alle onde gravitazionali secondo il Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi. «Il sito si deciderà non prima della fine del 2024 e l’Einstein Telescope in Sardegna potrebbe essere operativo per il 2032 o 2033», ha detto ancora Parisi. «Dopo la decisione del sito - ha precisato - i successivi 4 o 5 anni saranno un periodo dedicato allo scavo del tunnel di una trentina di chilometri. A quel punto, nel 2029 si dovrebbe incominciare a mettere su la parte scientifica e ci vorrà ancora qualche anno».

«Io sono assolutamente convinto che il sito di Lula sia assolutamente la candidatura migliore - ha ribadito il fisico, presidente del comitato scientifico che sup- porta la candidatura italiana per la realizzazione dell’opera - che sia decisamente migliore di quella olandese. E lo è proprio per le caratteristiche del terreno di Lula e per il fatto che nella zona ci sono scarsi insediamenti umani attorno se la paragoniamo all’Olanda». Secondo Parisi «il punto di forza sono le scarse vibrazioni che vengono prodotte, poi il terreno di granito e quindi estremamente solido ma anche facile da scavare. Inoltre i fisici italiani, insieme a quelli francesi, sono gli unici che hanno fatto dei rivelatori di onde gravitazionali in Europa e quindi l’Italia è un posto naturale».

Secondo il Premio Nobel per la fisica

Giorgio Parisi la Sardegna con Lula è il luogo migliore per ospitare l’Einstein Telescope, il grande strumento destinato a dare la caccia alle onde gravitazionali

VALENTE ALLA GUIDA DELL’ASI

Teodoro Valente è il nuovo presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. Succede a Giorgio Saccoccia. Esperto di materiali polimerici compositi e nanotecnologie il nuovo presidente dell’ASI vanta una lunga esperienza nel settore accademico. Ha conseguito una laurea in ingegneria meccanica all’Università La Sapienza di Roma e ha successivamente ricoperto per diversi anni la carica di professore ordinario di Scienza e tecnologia dei materiali presso lo stesso ateneo romano, di cui è anche stato prorettore. È stato Presidente del Consorzio interuniversitario nazionale per la Scienza e la tecnologia dei materiali (INSTM), partecipato da 46 atenei italiani e direttore dell’Istituto per i Polimeri, compositi e biomateriali del CNR e ha prestato servizio presso la Direzione ricerca e sviluppo della Commissione Ue e nel settore privato.

È partita il 29 giugno da ‘Spaceport America’ di Virgin Galactic (New Mexico – USA), la missione Virtute 1 che ha visto l’equipaggio italiano, due Ufficiali dell’Aeronautica Militare (AM) e un ingegnere del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), decollare a bordo della navicella spaziale VSS Unity, per un volo della durata totale di novanta minuti.

Il volo è stato effettuato a bordo della SpaceShipTwo di Virgin Galactic, pioniera dei voli suborbitali commerciali, in grado di far volare sia passeggeri che strumentazione nello spazio. Quello di oggi, è stato il primo volo che ha ospitato esperimenti e progetti di ricerca controllati direttamente da personale di bordo, sia tramite tecnologie indossabili sia tramite strumentazione montata in rack all’interno della navicella spaziale. Durante il volo spaziale suborbitale, in seguito allo spegnimento del motore, l’equipaggio AM-CNR ha avviato le procedure per esperimenti in condizioni di microgravità, altrimenti di difficile realizzazione, relativi alla medicina, ai materiali avanzati, alla fisica dei fluidi, alla fisiologia. Membri dell’equipaggio italiano erano Walter Villadei, Colonnello dell’Aeronautica Militare, ingegnere e cosmonauta, con il ruolo di comandante della missione, che si è occupato degli esperimenti a gestione passiva, ha indossato una innovativa tuta intelligente (Smart Suit) per misurare i parametri biometrici fornendo dati sulle reazioni fisiologiche durante il volo.

Membri dell’equipaggio italiano Walter Villadei, Angelo Landolfi e Pantaleone Carlucci

Angelo Landolfi, Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare, medico aerospaziale, che ha effettuato test sulle prestazioni cognitive in microgravità e per investigare l’interazione tra alcune sostanze liquide e solide in ambiente microgravitazionale. Pantaleone Carlucci, ingegnere energetico del Consiglio nazionale delle ricerche, responsabile degli esperimenti di bordo proposti dal CNR, che ha indossato una serie di sensori per la misurazione di battito cardiaco, funzioni cerebrali e altri fattori corporei durante il volo in microgravità.

Virtute I (Volo Italiano per la Ricerca e la Tecnologia suborbitale) è la prima missione suborbitale al mondo completamente orientata alla ricerca scientifica e alla sperimentazione ed innovazione tecnologica. Gli esperimenti condotti a bordo, 13 in tutto di cui 5 targati Cnr, hanno avuto l’obiettivo di studiare gli effetti biologici della permanenza nella mesosfera sul corpo umano; gli effetti della microgravità su un’ampia varietà di proprietà fisiche e chimiche dei materiali (fenomeni di combustione o comportamento dei fluidi), caratterizzanti l’ambiente di volo (ad esempio dal punto di vista delle radiazioni a bordo). Partner scientifici degli esperimenti molte realtà universitarie italiane e non, tra cui le università di Padova, Milano e ‘Tor Vergata’ di Roma oltre che aziende specializzate in tecnologia ed innovazione.

Cinque anni. Tanto durerà l’accordo di sviluppo tecnologico e cooperazione industriale che la società vicentina, Officina Stellare, specializzata in strumentazioni ottiche per aerospazio e astronomia, ha firmato con due colossi dell’aerospazio: Leonardo e Thales Alenia Space (joint venture 67% Thales e 33% Leonardo) Italia. Nel quadro dell’accordo le tre società condivideranno conoscenze e competenze specifiche, con l’obiettivo di sviluppare nuove soluzioni, applicazioni e prodotti che possano rientrare negli interessi comuni.

L’accordo riguarderà in particolare le soluzioni e i prodotti per le future infrastrutture di comunicazione ottica “Terra-Spazio”, “Spazio-Spazio” e le attività di “Ricerca e Sviluppo” per le applicazioni spaziali delle Quantum Technologies, la progettazione e realizzazione di sensori ottici per Space Awareness e Debris Tracking, Early warning e Space Intelligence e, più in generale, le attività riguardanti assetti spaziali basati sulle tecnologie ottiche in ambito nazionale.

«Questo accordo si inserisce perfettamente nell’ambito dello svi- luppo delle soluzioni strategiche nelle quali Officina Stellare ha acquisito conoscenze e consolidato capacità industriali, che ne hanno rafforzato il posizionamento sul mercato della Space Economy globale», ha commentato Gino Bucciol, co-fondatore di Officina Stellare e direttore dello sviluppo commerciale.

«Ci fa particolarmente piacere –ha continuato Gino Bucciol - che l’intesa nasca con partner di assoluto rilievo nella scena nazionale ed internazionale come Leonardo e Thales Alenia Space, player che hanno ben compreso il valore aggiunto dato dalla sinergia con attori innovativi della filiera. E come dimostrato da altre attività in corso, vogliamo proseguire su questa strada per dare un contributo efficace affinché l’industria spaziale italiana rafforzi maggiormente la propria presenza in campo internazionale».

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