Il Mondo del Consulente n. 107 del 2020

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ISTITUZIONI

I GIOVANI E LA PROFESSIONE AI TEMPI DEL COVID19 DI ANDREA BARBUSCIA

PRESIDENTE ASSOCIAZIONE GIOVANI CDL ROMA

Sono giorni difficili questi. Mentre scrivo questo articolo il paese è chiuso in casa, le attività produttive sono per lo più ferme, le libertà personali sono, giustamente, limitate dai vari DPCM che si sono susseguiti, per cercare di sconfiggere il diffondersi del corona virus e per poter ritornare quanto prima alla normalità. Ma i giovani consulenti del lavoro come stanno affrontando tutto ciò? Noi siamo quella categoria in questo momento che ha l’onore, ma anche l’onere di mettere in atto per conto dei nostri assistiti tutti quegli adempimenti idonei e propedeutici

alla continuità di migliaia di aziende e al fine di garantire un reddito a milioni di lavoratori dipendenti. Abbiamo un impegno che, oltre che professionale, a mio modesto parere, ha anche uno scopo sociale. Lungi da me anche soltanto pensare che possiamo essere accomunati a quelle categorie, come medici, infermieri e altri addetti delle professioni sanitarie che in questo momento stanno combattendo una guerra in trincea contro questo maledetto virus, ma più in là, nelle retrovie ci siamo noi, a combattere un’altra battaglia;

quella per la sopravvivenza economica del paese, mettendo in atto le procedure che il D.L. 18/20 ci ha consegnato. Ed in tutto questo lo Stato come ci considera? Quell’apparato statale al quale forniamo quotidianamente dati di qualsivoglia natura, fiscali, contributivi, statistici, che vanno a riempiere i loro archivi, e con i quali si fanno belli nei confronti della collettività, sfruttandoci come soggetti a loro servizio senza alcuna retribuzione. Semplice, non ci considera, ci ignora, per lo stato siamo lavoratori di serie b, o forse non esistiamo proprio! Lo ha dimostrato anche in questo momento di straordinaria emergenza, dove stiamo lavorando il doppio del solito, con più stress del dovuto, in quanto sentiamo addosso tutta la responsabilità di indirizzare i nostri assistiti nella scelta più opportuna, muovendoci tra possibilità di utilizzo di ammortizzatori sociali attuabili dalle singole aziende, diversi tra loro, per categorie, per numero di dipendenti, con regole completamente diverse per l’accesso e per l’erogazione tra loro, quando in un momento come questo ci sarebbe voluta una procedura unica, uguale per tutti, semplice e snella. Non per loro, altrimenti sarebbe stato troppo facile. Non per i maestri della burocrazia, sensibili ai consigli dei loro amici sindacalisti, quando con la lettera del venerdì pre-decreto gli chiedevano di ricordarsi di loro in fase di stesura del documento, e che puntualmente sono stati ascoltati, inserendo l’informativa, ed in alcuni casi l’accordo, sindacale come atto obbligatorio e propedeutico alla concessione dell’ammortizzatore sociale; sordi invece agli appelli delle categorie professionali, che tutto chiedevano tranne l’appesantimento del sistema e delle procedure in questo momento. 19


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