Il Mondo del Consulente n. 140 del 2023

Page 1

RIVISTA DEL CONSIGLIO PROVINCIALE DELL’ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO DI ROMA

SMART WORKING: GUARDIAMO AVANTI PER TORNARE INDIETRO

140
ANNO XIII
già
SETTEMBRE 2023

Ordine Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Roma

LA RIVISTA

DEL CONSIGLIO PROVINCIALE DI ROMA DELL'ORDINE CONSULENTI DEL LAVORO INTERAMENTE DEDICATA

ALLA CATEGORIA ED AI PROFESSIONISTI

PUOI SFOGLIARE LA RIVISTA SU WWW.CONSULENTIDELLAVORO-ROMA.IT E ANCHE SULLA NOSTRA PAGINA

In più disponibile su Google Play e Apple Store

SMART WORKING: GUARDIAMO AVANTI PER TORNARE INDIETRO

N° 140 - Settembre 2023

Periodico mensile

Reg. Tribunale di Roma n.280 del 20 settembre 2011

Rivista del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

Direttore Responsabile

Lorenzo Lelli

Redazione

Marco Bertucci

Gianluca Donati

Massimo Flaccomio

Giuseppe Marini

Eleonora Marzani

Massimiliano Pastore

Paolo Stern

Sergio Venanzi

Editore

Adalberto Bertucci

Presidente del Consiglio Provinciale di Roma dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro

IT 00145 Roma RM

Via Cristoforo Colombo, 456

Tel. 06 89670177 r.a.

Fax 06 86763924

www.consulentidellavoro-roma.it

Segreteria

ilmondodelconsulente@cdlrm.it Ente di Diritto Pubblico

Legge 11 - 1 - 1979 N.12

Questo numero è stato chiuso in redazione il 6 ottobre 2023

RIVISTA DEL CONSIGLIO PROVINCIALE DELL’ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO DI ROMA 140 ANNO XIII SETTEMBRE 2023 già
Il_MONDO_SETTEMBRE_23_a.qxp_Layout 1 07/10/23 10:19 Pagina 1
già

SMART WORKING

GUARDIAMO AVANTI PER TORNARE INDIETRO

Care Colleghe e cari Colleghi, in queste prime giornate autunnali c’è un timido fermento… e ho la sensazione che nel nostro mondo del lavoro si stia velatamente socchiudendo uno spiraglio di modernità.

Dal 1° ottobre, infatti, lo strumento dello smart working, il fidato alleato dei nostri mesi pandemici, viene ridefinito e concesso ai lavoratori fragili non più in maniera semplificata, ma a seguito di appositi accordi individuali stipulati tra datore e lavoratore e da comunicarsi al Ministero del Lavoro. Salvo alcune eccezioni, rinviate a fine anno, è giunto il momento di contrattare orari, incombenze ed anche tutele.

L’opportunità tecnologica, testata nell’emergenza pandemica, in Italia non ha attecchito più di tanto, vertendo gradualmente per una variante ibrida dello smart working, basata sull’alternanza di home working a giornate di rientri forzati.

La sensazione è che il nostro Paese, pur saggiando innovative opportunità, sia sempre rivolto indietro, al polveroso passato, soprattutto per quel che riguarda il mondo del lavoro, disincentivando opportunità avveniristiche in favore della stantia stabilità acquisita.

Recenti ricerche dell’INAPP – Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche hanno evidenziato che sullo smart working sussiste un vero e proprio gap gender, una percezione divisa, retaggio del nostro fardello sociale e delle nostre lacune nella parità di genere in ambito professionale: con gli uomini, che apprezzano in particolare la maggior autonomia offerta da tale istituto; e le donne, maggiormente preoccupate ri-

guardo alle prospettive di carriera, ai diritti e alle tutele sindacali e al maggiore controllo da parte del datore di lavoro. Sempre secondo l’INAPP l’Italia risulta avere una percentuale di occupati in tale modalità al di sotto della media europea. Non è sempre colpa delle aziende o dei datori: infatti seppur per molti versi il lavoro agile, con i suoi compromessi, risulta essere comodo e confortante, soprattutto per i lavoratori fragili o per le realtà familiari con più o meno comprovate difficoltà ma anche in grado di abbattere barriere territoriali, incentivando il “nomadismo digitale” applicato al mondo del lavoro; di contro rappresenta un approccio professionale impersonale, distaccato, mediato da monitor e mura domestiche, quasi antisociale…

La regolamentazione di questo istituto è certamente un elemento essenziale affinché possa essere adottato da entrambi le parti in causa con convinzione e reciproca serenità; tuttavia, non si deve ingenuamente rischiare di disincentivarlo se si desidera proiettare il proprio Studio o Azienda nel futuro, costruendo un Paese sempre più tecnologico e digitalmente consapevole.

Mi auguro cari colleghi che l’Italia non stia perdendo un’occasione: quella di imprimere al nostro universo lavorativo un mood fresco, contemporaneo e “liquido”.

Ricordiamoci sempre che siamo noi il motore economico del Paese, e il suo destino è in gran parte nelle nostre mani: cerchiamo di muoverci nel quotidiano senza remore, scegliendo di tanto in tanto strade nuove, prendendo decisioni coraggiose, che consolidino il connubio lavoro e progresso tecnologico.

3
EDITORIALE
ADALBERTO BERTucci PREsiDEnTE cPO ROMA

EDITORIALE

Smart working: guardiamo avanti per tornare indietro

DI ADALBERTO BERTUCCI

ZOOM

I Consulenti del Lavoro al centro del mondo delle professioni

DI LORENZO LELLI

ISTITUZIONI

DALLA PARTE DEI CDL

DI LORENZO LELLI

ENPACL

L’Aula Professione e Previdenza

Obiettivo 2030

A CURA DI ENPACL

CONFLAVORO

L’orario di lavoro: panoramica storica, normativa e particolari situazioni

A CURA DELLA CONFLAVORO

REDIGO.INFO

TARI. Esonero totale per le aziende agricole e agroindustriali

A CURA DI REDAZIONE REDIGO.INFO

LAVORO

La prescrizione dei crediti da lavoro: un problema per le aziende e per i consulenti

DI EUFRANIO MASSI

SENTENZE

Azione di regresso dell'INAIL. Rileva il reddito netto della vittima

DI ANTONIO GIGLIOTTI

CENTRO STUDI

I Fringe benefit alla luce dei chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

A CURA DEL CENTRO STUDI CPO

DI ROMA

CDT ROMA

Obbligo degli ordini professionali dell’azione disciplinare

A CURA DEL CDT

QUESITI DEL MESE

A CURA DEL CENTRO STUDI

5 IN QUESTO NUMERO 7 14 3 7 11 12 14 21 22 26 28 30 33
I Consulenti del Lavoro al centro del mondo delle professioni L’orario di lavoro: panoramica storica, normativa e particolari situazioni La prescrizione dei crediti da lavoro: un problema per le aziende e per i consulenti
22

Fondazione Studi

Oreste Bertucci

IT 00145 Roma RM - Via Cristoforo Colombo, 456 segreteria@fondazioneorestebertucci.it www.FondazioneOresteBertucci.it

adesso anche on-line su www.FormazioneProfessionisti.eu
FAR CRESCERE CULTURA E CONOSCENZA
MISSIONE FORMAZIONE COME

A TU PER TU CON MARCO BERTUCCI, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE

BILANCIO DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO

I CONSULENTI DEL LAVORO AL CENTRO DEL MONDO DELLE PROFESSIONI

Benvenuto Marco Bertucci, amico e collega (con il quale mi pregio di condividere il ruolo di Consigliere del nostro CPO) che riveste nella presente legislatura l’importante e prestigiosa carica di Consigliere Regionale del Lazio.

Ti accolgo congratulandomi per l’importante successo ottenuto per tutta la categoria dei Consulenti del Lavoro, che grazie alla presentazione della mozione n. 16 del 6 giugno 2023 e del suo recentissimo accoglimento, ha permesso ai CDL di poter accedere e candidarsi per bandi e avvisi pubblici, non soltanto per gli organismi di controllo ma anche per quelli di organizzazione e gestione.

Vorrei sottoporti questa intervista, con uno sguardo al passato e una proiezione sull’imminente futuro della professione:

Come nasce il progetto di mozione che hai sostenuto e che è stato accolto dalla Regione lo scorso 6 settembre?

La mozione nasce da un profondo convincimento, che ho portato con me fin dalla decisione di candidarmi al Consiglio Regionale del Lazio: i consulenti del lavoro sono al centro del mondo delle professioni, e questa mozione nasce proprio per valorizzarne il ruolo: è necessario infatti considerare i consulenti del lavoro, dunque tutti i nostri colleghi paritariamente ad altre categorie anche quando si tratta di ricercare figure idonee per gli incarichi dirigenziali. In tanti anni di lavoro ho notato quello che ritengo un vero e proprio “buco” nelle normative vigenti: ad esempio, all’interno degli avvisi pubblici per la presentazione delle candidature per la nomina dei consigli di amministrazioni di so-

cietà controllate e partecipate della Regione Lazio, non è prevista la possibilità per i candidati di dimostrare il possesso della necessaria comprovata esperienza e competenza in determinati settori attraverso lo svolgimento delle funzioni di con-

7
ZOOM

sulente del lavoro, fatto che invece è previsto per altre professioni, come gli avvocati, i dottori commercialisti e gli ingegneri.

Dopo tanti anni di professione, quali sono le tue considerazioni in merito ai vari riconoscimenti che nel corso degli anni la categoria ha saputo raggiungere, anche alla luce degli ultimi importanti ruoli che il legislatore ha destinato al CDL?

Spesso negli anni passati la nostra professione è stata vista come una professione “minore”, in particolare, non nascondiamoci, rispetto a quella dei dottori commercialisti. Oggi non soltanto è tornata

centrale, ma è una delle professioni indispensabili nel panorama imprenditoriale. Il contributo che il consulente del lavoro fornisce alle aziende è importante e di alto livello, fornisce una consulenza altamente specializzata e aiuta a fare sintesi all’interno di un mercato del lavoro che è sempre complesso. Tra i vari riconoscimenti posso tranquillamente dire che quello delle politiche attive è quello più importante: aiutare a ricollocare le persone inoccupate anche attraverso una formazione specifica.

Sarebbe interessante conoscere il tuo punto di vista su quale valore aggiunto possa apportare la tua professionalità, quale esperto Consulente del Lavoro, al-

ZOOM

l’interno del Consiglio Regionale del Lazio.

Competenza, professionalità, conoscenza del mondo del lavoro e delle imprese. Caratteristiche che giornalmente porto avanti nella nostra professione e che sto tentando di portare fin dal mio insediamento all’interno del Consiglio Regionale del Lazio. Il mio ruolo di Presidente della Commissione Bilancio mi permette di portare avanti un compito utilizzando l’attenzione e le conoscenze della mia professione, avendo sempre ben presenti le difficoltà e le criticità che ogni giorno affrontando cittadini, imprese e lavoratori. Nessuna delle professioni ha il polso del Paese reale come la nostra, ed è per questo che ritengo il mio

essere Consulente del Lavoro un valore aggiunto per il Consiglio Regionale: la politica ha assolutamente bisogno di essere ancorata alle esigenze della società reale per fornire risposte. E nessuno meglio di un Consulente del Lavoro conosce lo stato di salute di imprese e lavoratori, cuore pulsante del Paese.

Potresti fornirci indiscrezioni sui nuovi obiettivi che vi state ponendo in sede regionale, e se ci sono all’orizzonte nuove “battaglie” in favore della categoria per le quali vi state preparando?

Nel lavoro portato avanti in questi anni ho sempre messo al primo posto la formazione, intesa come strumento di crescita personale e professionale, riscontrando la necessità di dotare in maniera paritetica non soltanto le imprese ma anche i professionisti di strumenti necessari ad un adeguato sviluppo e ad una adeguata crescita personale e professionale. Ho in mente, tra i tanti progetti, quello di proporre l’inserimento di maggiori fondi nella formazione a 360 gradi, quella per i giovani in primis, con riferimento alla riattivazione e all’incentivazione dello strumento dell’alternanza scuola lavoro.

Mi piace la strada di un percorso che inizi dalla quarta classe delle scuole superiori, pensato e creato insieme agli studi professionali: un percorso all’inizio informativo, che conduca i ragazzi all’obiettivo di una scelta di un percorso universitario che conduca alle nostre professioni con maggiore consapevolezza. Il tutto senza stravolgere nulla: l’idea è quella di utilizzare gli strumenti che già ci sono, che devono essere di nuovo finanziati, e questo vale sia per le imprese che per i professionisti. Penso a Garanzia Giovani, da rivalutare anche sotto il profilo qualitativo, e penso più in generale a percorsi di formazioni che devono tornare ad essere centrali, perché è grazie a questi che sarà possibile affrontare le criticità aziendali che ci vengono sottoposte dalle imprese e dai privati. Ovviamente non soltanto formazione:

l’approvazione della Legge 49 del 21 aprile 2023, quella sull’equo compenso per i professionisti, una legge che sento anche mia

9
ZOOM

per tutto il lavoro portato avanti in questi anni sul tema, sia nel quotidiano svolgimento della mia professione che nell’attività politica, ha segnato un vero e proprio punto di svolta per tutti il mondo delle professioni, finalmente abbiamo una disciplina che regolamenta e tutela i diritti dei professionisti a ricevere un compenso equo in tutti i rapporti contrattuali che li riguardano. L’entrata in vigore di questa legge nazionale certamente facilita il percorso, ma molta strada c’è ancora da fare. Parlo da dirigente di categoria, e dunque a ragion veduta di problemi, criticità ed esigenze delle categorie che rappresento. Sarà fondamentale mettere al centro di una parte del bi-

lancio regionale i fondi necessari per una adeguata crescita di tutto il mondo professionale. Intendo poi farmi garante per il proseguimento dell’iter per l’approvazione del protocollo di intesa tra Regione Lazio e Ordine dei Consulenti del Lavoro per l'asseverazione di conformità dei rapporti di lavoro, che ha preso il via nella Commissione Lavoro del Consiglio Regionale: ritengo di fondamentale importanza attivare a livello istituzionale ogni iniziativa e strumento volti a promuovere la cultura della legalità e della responsabilità sociale delle imprese.

Per concludere, cosa ti sentiresti di consigliare ai giovani che si avvicinano alla professione del Consulente del Lavoro?

Quali i punti di forza e quali le debolezze della nostra complessa realtà professionale?

Ai giovani che già si sono avvicinati alla professione e che dunque la stanno conoscendo suggerisco di spaziare, andando ad occupare quei segmenti di mercato che ad oggi non sono occupati. Nella fattispecie mi riferisco al fatto che il Consulente del lavoro non deve limitarsi ad elaborare il cedolino paga: in realtà facciamo altro, e molto altro possiamo fare.

Ho già parlato delle politiche attive, penso alla figura del consulente del lavoro all’interno della crisi d’impresa, alla negoziazione assistita e tanto altro. Il mio suggerimento ai giovani è quello di fare un passo in più rispetto a chi negli anni si è occupato soltanto di elaborare i cedolini paga: penso anche al ragionamento sugli studi aggregati. Immaginiamo: un grande studio che non si è mai occupato di sicurezza sui luoghi di lavoro lavoro che prenda al suo interno un giovane consulente che si occupi specificatamente di quell’argomento, altra materia che sta tornando, purtroppo, drammaticamente e tristemente centrale rispetto al mercato del lavoro e che dunque offre ulteriori spazi al nostro mestiere. In ultimo, ma non per importanza, è necessario conoscere le tante opportunità che propone loro la Cassa di Previdenza: il nostro Enpacl, che propone numerose iniziative di agevolazione e supporto ai neoiscritti.

10 ZOOM

DALLA PARTE DEI CDL

LA REGIONE LAZIO ACCOGLIE LA MOZIONE BERTUCCI

Verrebbe voglia di alzare i calici e brindare al recentissimo successo ottenuto dal collega Marco Bertucci consigliere del nostro CPO, dell’ENPACL e, per chi non lo sapesse, Consigliere regionale del Lazio (di cui, per ovvi motivi, sono particolarmente orgoglioso); se non fosse per il fatto che tale traguardo si concretizza nel risanamento di una delle tante lacune discriminatorie nei confronti della nostra categoria.

Non voglio con questo sminuire l’importante lavoro e traguardo raggiunto, ma trovo assurdo dover erigere e, fortunatamente, vincere battaglie che altri colleghi professionisti non sono tenuti a fare. Cercare di aprire continuamente porte chiuse, per le quali altri ordini professionali hanno in dotazione la chiave…

Per i meno informati, l’on. Bertucci lo scorso 6 giugno ha avanzato alla Regione Lazio una mozione con l’obiettivo di integrare la figura del Consulente del Lavoro tra quelle che possono essere scelte per bandi e avvisi pubblici, non soltanto per gli organismi di controllo ma anche per quelli di organizzazione e gestione (alla stregua di tutti gli altri professionisti), proposta accolta dalla Regione il 6 settembre scorso.

Con la mozione si presentava una puntuale analisi della figura del CDL, sottolineando “il ruolo cruciale dei consulenti del lavoro, sia per le imprese che per i cittadini, che siano imprenditori o lavoratori dipendenti: parliamo infatti di professionisti dell’ambito giuridico-economico, con rilevanti competenze verticali in diritto del lavoro e gestione del personale, ai quali deve essere riconosciuta, al pari degli avvocati, dei dot-

tori commercialisti, degli ingegneri e di qualunque altro professionista iscritto in un albo professionale, una formazione e una preparazione di alto livello, oltre ad una elevata competenza professionale”.

La voce della nostra categoria in questo caso è stata ascoltata ed un’altra iniquità è stata sanata.

Al puzzle generale manca ancora qualche tassello, ma sono certo che il lavoro che sta svolgendo l’attuale gruppo politico, in questo particolare momento storico, potrebbe giovare concretamente al nostro Ordine, riequilibrando gradualmente la bilancia che per lungo tempo ha penalizzato i Consulenti del Lavoro

11 ISTITUZIONI
A CURA DI LORENZO LELLI DIREttoRE REsponsAbILE

L’AULA PROFESSIONE E PREVIDENZA OBIETTIVO 2030

Parità di genere, flessibilità di accesso alla pensione, ottimizzazione della posizione contributiva, welfare e nuove tecnologie,

sostenibilità del sistema previdenziale, sostegno agli iscritti e investimenti socialmente responsabili. Sono stati tanti i temi

ZOOM LAVORO ENPACL
A CURA DELLA REDAZIONE ENPACL

trattati all’interno degli eventi organizzati dall’ENPACL nell’ambito del Festival del Lavoro 2023, così come è sempre più ampio il panorama delle attività svolte dall’Ente per i Consulenti del Lavoro.

Alessandro Visparelli, Presidente dell’ENPACL, e Manuela Maffiotti, Vicepresidente Nazionale dell’ANCL, hanno aperto la tre giorni con un’analisi degli effetti prodotti dalla sempre maggiore femminilizzazione della Categoria: se le donne professioniste sono oggi il 47% del totale degli iscritti, rappresentano già il 54% dei nuovi iscritti e a breve saranno in maggioranza. Sostegno alla maternità e alla genitorialità, aggregazione degli studi e sinergie tra colleghi rappresentano tematiche di grande attualità.

Gianfranco Ginolfi, Consigliere di Amministrazione dell’ENPACL, ed Elisa Paolieri, Presidente dell’ANGCL, hanno poi discusso del rapporto tra l’ENPACL e i giovani iscritti verso i quali l’Ente rivolge sempre maggiore attenzione con il finanziamento dell’alta formazione e del passaggio degli studi professionali. La tecnica finanziaria della ripartizione con la quale è gestito l’ENPACL necessita di flussi regolari di nuovi iscritti: da qui, le misure in favore di chi si iscrive per la prima volta (riduzione contributiva, polizza RC, accesso al credito, etc.) e di chi si spera possa iscriversi a breve (sostegno al praticantato).

Carlo Calanca, Consigliere di Amministrazione dell’ENPACL, e Antonello Orlando, esperto della Fondazione Studi, hanno passato in rassegna gli istituti normativi che consentono di ottimizzare la posizione contributiva, anche attraverso il “dialogo” tra gestioni obbligatorie: tema di notevole interesse, visto che ben il 62% dei Consulenti del Lavoro ha anche una posizione

Inps. Riscatti della leva militare, titolo di studio, periodo di praticantato, ricongiunzione, totalizzazione e cumulo dei contributi sono strumenti essenziali per arrivare prima e meglio alla soglia della pensione. La loro conoscenza è determinante: ecco perché l’ENPACL organizza da molti anni il corso specifico “UniversoPrevidenza” e fornisce il software di simulazione “MyLifePlanner” ai partecipanti.

A seguire, Marco Bertucci, Consigliere di Amministrazione dell’ENPACL, Giovanni Marcantonio, Segretario del Consiglio Nazionale dell’Ordine, ed Enrico Vannicola, Componente dell’Ufficio di Presidenza dell’ANCL, si sono cimentati sull’adeguatezza delle pensioni. La modularità contributiva, ossia la possibilità di versare al proprio Ente contributi aggiuntivi in maniera facoltativa, rappresenta senz’altro lo strumento di elezione per raggiungere una prestazione adeguata, peraltro con vantaggi fiscali immediati (piena deducibilità). Mauro Zanella, Consigliere di Amministrazione dell’ENPACL, Francesco Bicciato, Director General of Forum Finanza Sostenibile e Senior Consultant, e Davide Squarzoni, Amministratore Delegato di PROMETEIA Advisor SIM SGR, hanno intrattenuto il pubblico sul tema degli investimenti finanziari. L’ENPACL detiene ben 1,5 miliardi di euro di patrimonio e indirizza prudentemente i propri investimenti verso attività che rappresentano delle opportunità per gli iscritti (infrastrutture, PMI, etc.), nel rispetto dei principi di sostenibilità sociale, ambientale e di buona governance. Oltre il 60% del patrimonio dell’Ente è investito direttamente nel nostro Paese anche in operazioni di sistema quale la partecipazione al capitale della Banca d’Italia. Infine, l’indirizzo strategico di puntare sulle nuove tecnologie per i servizi agli iscritti è stato sviluppato, tra gli altri, da Adriana Regonesi, Consigliere di Amministrazione dell’ENPACL, Luca Caratti, esperto della Fondazione Studi, e Alessia Boer, giovane Consulente del Lavoro e rappresentante dell’ANGCDL. L’ENPACL è impegnato nella transizione digitale di tutte le proprie attività e, da tempo, ha aderito alla piattaforma IO della Presidenza del Consiglio dei ministri. Da pochi giorni, inoltre, è stata lanciata la seconda versione dell’“APP ENPACL” per dispositivi mobile, con la quale ogni Consulente del Lavoro può tenere a portata di click la propria posizione contributiva.

13 LAVORO ENPACL

L’ORARIO DI LAVORO: PANORAMICA STORICA, NORMATIVA E PARTICOLARI SITUAZIONI

In occasione del centenario della prima norma sull’orario di lavoro - avvenimento rilevante per il mondo del diritto del lavoro e sindacale – il Centro Studi Conflavoro PMI ripercorre il percorso storico di tale

istituto e prende in esame le particolari situazioni che potrebbero verificarsi durante l’instaurazione e la gestione dei rapporti di lavoro con le proprie risorse umane. Proprio cento anni fa, infatti, nacque la prima

ZOOM LAVORO CONFLAVORO
A CURA DI CONFLAVORO

norma sull’orario di lavoro – il Regio Decreto Legge del 15 marzo 1923, n. 692 – che determinò l’imposizione di un limite massimo all’orario di lavoro effettivo, fissato in 8 ore giornaliere o 48 settimanali. Al di sotto di tali limiti era possibile praticare orari di lavoro ridotti – e dunque più favorevoli per i lavoratori – come quelli stabiliti dalla contrattazione collettiva e generalmente fissati in 40 ore, mediante l’adozione della cosiddetta settimana corta. Il Regio Decreto segna indubbiamente un passaggio fondamentale per la storia d’Italia e una conquista di notevole spessore per il movimento operaio che, da sempre, si era battuto contro i ritmi di lavoro estenuanti che portavano a prestazioni della durata di addirittura 16 ore giornaliere. Altrettanto indubbiamente, dal 1923 ad oggi le esigenze sono notevolmente mutate,

nell’ottica di differenti modalità organizzative e anche per ragioni prettamente etiche legate alla tutela dell’integrità fisica del lavoratore e al favorire la partecipazione alla vita familiare e alla socialità in genere. Alla luce di questo e su spinta dell’Unione Europea – in particolar modo con la Direttiva n. 93/104/CE del Consiglio che ha raccomandato agli Stati membri di addivenire ad una riforma organica della disciplina dell’orario di lavoro – le principali norme del nostro ordinamento che intervengono sull’orario di lavoro in modo più incisivo sono:

• Legge n. 196/1997 (Legge Treu) che con l’articolo 13 introduce un orario normale di lavoro settimanale pari a 40 ore, prevedendo una prima forma di flessibilità attraverso una rimodulazione dello stesso su base plurisettimanale;

• D. Lgs. n. 66/2003 che attribuisce un ampio potere alla contrattazione collettiva, in grado di stabilire la durata massima settimanale dell'orario di lavoro purché la durata media – calcolata con riferimento a un periodo non superiore a 4 mesi – non superi, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore comprese le ore di lavoro straordinario. I contratti collettivi possono inoltre estendere il limite dei 4 mesi fino a 6 mesi ovvero fino a 12 mesi, a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

DEFINIZIONE DI ORARIO DI LAVORO

A differenza di altri istituti, l’orario di lavoro non viene definito nella Costituzione italiana; in essa troviamo infatti dei semplici richiami al concetto di orario di lavoro nell’art. 36 il quale, pur essendo principalmente orientato al trattamento retributivo, è una linea guida generale per l’orario di lavoro attraverso il comma 2, che rimette al legislatore la fissazione della durata massima della giornata di lavoro, e il comma 3, che sancisce il diritto irrinunciabile al riposo settimanale e alle ferie.

Le motivazioni che portano alla necessità di definire dei limiti all’orario di lavoro sono, come brevemente anticipato, la necessità di regolazione e definizione del tempo di lavoro da ricondurre alla finalità di salvaguar-

15 LAVORO CONFLAVORO

dia della salute e dell’integrità psico-fisica del lavoratore e la necessità di impostare il rapporto tra trattamento retributivo e impegno del lavoratore, definendo l’impegno normale che corrisponde all’ordinario trattamento retributivo.

Il concetto di orario di lavoro tuttavia risulta a volte controverso in quanto comprende in sé elementi che, se non debitamente definiti ed interpretati, possono portare ad una cattiva gestione del rapporto di lavoro e, nei casi più gravi, all’insorgere di controversie e contenziosi.

Tali elementi derivano dalla definizione stessa di orario di lavoro, contenuta nell’art.

1 del D. Lgs. 66/2003 e così formulata:

“Si intende per orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

Da questa definizione discendono tre requisiti che devono essere compresenti per poter collocare un determinato segmento temporale nell’orario di lavoro. Essi riguardano le seguenti situazioni:

1. essere al lavoro;

2. essere a disposizione del datore di lavoro;

3. essere nell’esercizio della propria attività e delle proprie funzioni.

Questi elementi che, come abbiamo anticipato, devono essere compresenti, determinano il perimetro di realizzazione della prestazione lavorativa, da cui discendono diritti ed obblighi per le parti contrattuali. Mentre il terzo punto risulta piuttosto chiaro e facilmente determinabile, sono i punti 1 e 2 a destare il maggior numero di dubbi. Nello specifico, ad alimentare ipotesi di controversie sono alcune situazioni particolari come i tempi di vestizione, i tempi di spostamento e la reperibilità. Analizziamoli nel dettaglio.

IL

“TEMPO TUTA”

Il tempo di vestizione è necessario nel momento in cui il datore di lavoro, in forza del proprio potere organizzativo, impone al lavoratore di indossare una determinata divisa per questione di immagine o perché funzionale e necessaria all’esecuzione della

mansione stessa. Il cosiddetto “tempo tuta” è oggetto di una rilevante giurisprudenza che, nel corso degli anni, ha seguito una linea costante e ben precisa.

Tra gli interventi più rilevanti e recenti troviamo l’Ordinanza della Cassazione 7 giugno 2021 n. 15763, la quale, in linea con precedenti pronunce, rinvia sostanzialmente al concetto di eterodirezione precisando che:

"Nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario a indossare l'abbigliamento di servizio ("tempo tuta") costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l'attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell'obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo (così Cass. n. 9215 del 2016 e, con espresso riferimento alla Direttiva comunitaria n. 2003/88/CE, invocata da parte ricorrente nel terzo motivo, cfr. Cass. n. 1352 del 2016)”.

Riprendendo inoltre l’Interpello n. 1/2020 del Ministero del Lavoro, che si allinea con gli orientamenti della Corte di Cassazione, è doveroso precisare quanto segue:

• il tempo impiegato per la vestizione non può essere considerato orario di lavoro nel caso in cui il lavoratore abbia in dotazione gli indumenti di lavoro e abbia la possibilità di portarli al proprio domicilio per poterli indossare, recandosi dunque al lavoro con gli indumenti già indossati;

• rientra nel concetto di orario di lavoro il tempo impiegato per indossare gli indumenti laddove il datore di lavoro, una volta forniti gli stessi, imponga il vincolo di conservarli e di indossarli sul posto di lavoro.

Quanto detto vale anche per il cosiddetto “tempo doccia”, il quale deve essere retribuito laddove sia eterodiretto dal datore di lavoro, che ne disciplina tempo e luogo di esecuzione.

IL TEMPO DI SPOSTAMENTO

Il tempo di spostamento segue un ragionamento simile a quanto sopra esposto, partendo dall’analisi del nesso esistente tra spostamento e mansione, da lì determinando il computo o meno dei tempi di spo-

16
CONFLAVORO

stamento nell’orario di lavoro.

Secondo l’orientamento ormai consolidato della Cassazione, il tempo di spostamento necessario per raggiungere un diverso luogo di lavoro deve essere computato nell’orario di lavoro nel caso in cui lo spostamento sia funzionale all’esercizio della prestazione.

Di questo parere è anche la Commissione Europea la quale, basandosi sull’art. 2, punto 1 della Direttiva 2003/88 del Parlamento europeo e del Consiglio, analizza varie tipologie di spostamento dei lavoratori e riconduce all’orario di lavoro i tempi di spostamento realizzati alla luce delle seguenti caratteristiche:

• lo spostamento è strumento necessario per l'esecuzione della prestazione presso clienti o altre sedi di lavoro in quanto i lavoratori sono nell'esercizio delle loro attività;

• il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro in quanto segue un itinerario che non dà la possibilità di disporre liberamente del proprio tempo e di dedicarsi ai propri interessi nel corso di tale periodo;

• il tempo di spostamento costituisce parte integrante del lavoro e il luogo di lavoro di tali lavoratori non può pertanto essere ridotto ai locali dei clienti del loro datore di lavoro.

Per quanto riguarda il tempo di viaggio giornaliero verso un luogo di lavoro fisso, non vi sono indicazioni che tali periodi debbano essere considerati orario di lavoro ai sensi della Direttiva, in quanto i lavoratori che svolgono la prestazione in un luogo di lavoro fisso, possono calcolare la distanza tra il proprio domicilio e il luogo di lavoro e organizzare liberamente il proprio tempo durante il tragitto di andata e ritorno.

LA REPERIBILITÀ

La reperibilità è l’obbligo del lavoratore di rendersi rintracciabile dal datore di lavoro per ragioni di urgenza e di indifferibilità al di fuori del proprio orario di lavoro, al fine di svolgere una prestazione lavorativa e di raggiungere in tempi celeri il luogo di lavoro. A partire dal 2021 con due sentenze di particolare autorevolezza della Grande Sezione della Corte di Giustizia Europea datate 9 marzo e 9 settembre, il focus della questione viene posto sul grado di libertà del lavoratore. In sostanza, la Corte sostiene che la condizione di reperibilità del lavoratore non possa incidere sulla libertà di autodeterminazione del lavoratore stesso, che pur deve assicurarsi di essere contattabile e di poter svolgere i propri compiti se chiamato. Se tale condizione è rispettata, allora il tempo di reperibilità è assimilato a quello delle pause e pertanto non viene conteggiato nell’orario di

CONFLAVORO

lavoro e non è retribuito.

In conclusione quindi, “La Corte ha statuito che un periodo di guardia in regime di reperibilità, vale a dire un periodo durante il quale il lavoratore resta a disposizione del suo datore di lavoro al fine di poter garantire una prestazione di lavoro, su domanda di quest’ultimo, pur non essendo obbligato a rimanere sul suo luogo di lavoro, deve parimenti essere qualificato, nella sua interezza, come «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 2003/88, qualora, tenuto conto dell’impatto oggettivo e assai significativo dei vincoli imposti al lavoratore sulle possibilità, per quest’ultimo, di dedicarsi ai propri interessi personali e sociali, esso si distingua da un periodo nel corso del quale il lavoratore è tenuto unicamente a rimanere a disposizione del proprio datore di lavoro affinché quest’ultimo possa raggiungerlo”.

CONCLUSIONI

Pur riconoscendo l’importanza e la centralità del concetto di orario di lavoro, le disposizioni normative risultano essere scarne e spesso non del tutto chiare. In luogo di ciò, una vasta giurisprudenza, caratterizzata da forte autorevolezza, si è diffusa nel corso degli anni e risulta essere una valida linea guida per una corretta instaurazione dei rapporti di lavoro e una sana gestione degli stessi.

Non va tuttavia trascurata l’importanza dei contratti collettivi che, in ragione delle pe-

culiarità dei vari settori economici, statuiscono previsioni differenti mediante l’utilizzo di strumenti di flessibilità al fine di valorizzare la produttività, l’efficacia e l’efficienza aziendale, nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori e con ampia tutela dell’integrità psico-fisica.

Proprio in ragione di ciò Conflavoro PMI e le controparti sindacali da anni ambiscono a sottoscrivere CCNL finalizzati all’attenzionare le reali esigenze delle imprese circa l’orario di lavoro - in funzione un’occupazione sana e sostenibile - prevedendo orari di lavoro differenziati a seconda dei settori economici disciplinati e incoraggiando l’utilizzo di strumenti di flessibilità, multiperiodicità ed elasticità dell’orario di lavoro che possano da un lato sostenere le esigenze temporanee ed imprevedibili dell’attività aziendale; dall’altro mantenere alta l’attenzione sul lavoratore, tutelando la salute psico-fisica e la necessità di socialità.

Conflavoro PMI in conclusione riconosce la necessità di sostenere le imprese nella ricerca di best practises per gestire al meglio le proprie risorse umane, anche mediante attività sindacali che possano calzare a pennello alle singole realtà imprenditoriali, in linea con le mutevoli esigenze del mercato e delle stesse aziende

CONFLAVORO
Contattaci per avere tutte le informazioni necessarie Butta i rifiuti e risparmia i soldi SERVIZIO TA.RI. deleganoi.it 06 84387455 - serviziotari@deleganoi.it

TARI. ESONERO TOTALE PER LE AZIENDE AGRICOLE E AGROINDUSTRIALI

D’Aprano: prosegue il percorso di riorganizzazione del servizio rifiuti in virtù del principio comunitario “chi inquina paghi”

Una delle novità introdotte dal D.L.gs. 116/2020 nella modifica della classificazione dei rifiuti, oltre la nuova considerazione dei rifiuti provenienti dalle attività di produzione industriale, è rappresentata dall’esclusione, nell’elencazione dei rifiuti urbani, di quelli provenienti dalle attività agricole e da quelle ad esse connesse (ad esempio, le agro-industriali).

In particolare, l’ultimo comma dell’articolo 183 esclude categoricamente dalla tipologia di rifiuto urbano “i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione” e, come chiarito dal Ministero della Transizione ecologica con la circolare n. 37259 del 12/04/2021, l’innovazione introdotta dal D.Lgs. 116/2020 ha comportato l’estensione dell’esclusione dalla tassazione anche alle aree adibite ad attività connesse all’agricoltura, allargando tutte le precedenti considerazioni ed inserendo nelle esclusioni per la produzione di rifiuti speciali le aree relative ad attività industriali e artigianali di lavorazione dei prodotti agricoli, agriturismi, negozi di fiori e piante, vivai, ecc. Ancora più nel dettaglio, il nuovo art. 184, comma 3, lett. a) del Codice ambientale elenca tra gli speciali tutti “i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca”.

L’attuale formulazione delle disposizioni

contenute nel D.Lgs. n. 116 del 2020 porta, pertanto, a classificare come speciali tutti i rifiuti derivanti da dette attività, ivi comprese - come più sopra accennato - quelle ad esse connesse di cui all’art. 2135 del codice civile, escludendo di fatto dalla tassazione le aree di produzione dei rifiuti agricoli ed agroindustriali. Tale esclusione è in linea con quanto previsto dalla direttiva comunitaria di riferimento che, all’articolo 3, precisa che “i rifiuti urbani non includono, tra gli altri, i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca”.

“Con questa norma – afferma Luigi D’Aprano, Titolare di incarico dirigenziale presso il Comune di Anzio - prosegue il percorso di riorganizzazione del servizio rifiuti che, in virtù del principio comunitario “chi inquina paghi”, vede le utenze non domestiche abbandonare il loro ruolo di “finanziatore” del servizio di raccolta dei rifiuti per arrivare a pagare un tributo o una tariffa effettivamente commisurata alla quantità di rifiuti prodotti”.

21
REDIGO.INFO
A CURA DELLA REDAZIONE REDIGO.INFO

LA PRESCRIZIONE DEI CREDITI DA LAVORO: UN PROBLEMA PER LE AZIENDE E PER I CONSULENTI

Sovente, le aziende ed i professionisti che le assistono si trovano di fronte a rivendicazioni economiche da parte dei lavoratori, soprattutto allorquando il rapporto si è concluso, ove si chiede la corresponsione di somme che risalgono a molto tempo prima: di qui, la corsa a reperire documentazione per contestare le pretese, anche perché, spesso, tali rivendicazioni sono avanzate direttamente con un ricorso al giudice del lavoro.

Spesso ci si pone la domanda sul che fare, in quanto la decorrenza della prescrizione, dopo gli interventi dell’ultimo decennio operati dal Legislatore in tema di licenziamenti con il sostanziale venir meno della tutela obbligatoria, non è più certa ed il Parlamento che, pure avrebbe potuto intervenire sulla materia, non lo ha fatto.

La questione che vado ad esaminare con questa breve riflessione riguarda non la durata della prescrizione dei crediti da lavoro (l’art. 2946 c.c. è molto chiaro sul punto), ma la decorrenza della stessa e, soprattutto, andando indietro nel tempo, da quando il lavoratore può esercitare le proprie rivendicazioni?

L’art. 2946 c.c. afferma che tutto ciò che deve essere corrisposto dal datore di lavoro, con una periodicità annuale o infra annuale, è oggetto di prescrizione entro i successivi cinque anni: ci si riferisce, ad esempio, alle retribuzioni, alle differenze retributive, alle competenze correlate alla cessazione del rapporto di lavoro, al compenso per lavoro straordinario, alle festività coincidenti con la domenica. La prescrizione decennale opera, invece, in alcune ri-

22 LAVORO
A CURA DI EUFRANIO MASSI EspERto In DIRItto DEL LAvoRo

vendicazioni residuali come quelle derivanti dal riconoscimento del premio di invenzione o, comunque, da titoli autonomi rispetto alla retribuzione stipendiale.

Fatte queste brevi premesse entro subito nel merito della questione.

Con la sentenza n. 26246, del 6 settembre 2022, la Corte di Cassazione ha fornito il proprio indirizzo rispetto alla prescrizione dei crediti del lavoratore, ove, le certezze antecedenti, almeno per quel che riguarda i dipendenti già tutelati dall’art. 18 della legge n. 300/1970, sono venute, progressivamente, meno, per effetto delle modifiche introdotte, a partire dal 18 luglio 2012, dalla legge n. 92 e, successivamente, dal D.L.vo n. 23/2015.

Nel corso di questi anni, nel silenzio del Legislatore che, pure, era stato chiamato ad intervenire da eminenti studiosi, la giurisprudenza di merito aveva prospettato decisioni tra loro contrastanti e la sentenza della Corte ha avuto, quanto meno, il pregio di fissare alcuni punti fermi. Prima di entrare nel merito della sentenza dei giudici di Piazza Cavour è opportuno un breve “excursus” sulle decisioni della Consulta che, in passato, prima delle riforme del 2012 e del 2015, si erano occupate della materia.

In passato, la Corte Costituzionale, con la

sentenza n. 63 del 10 giugno 1966, aveva affermato che la prescrizione non potesse decorrere in costanza di rapporto di lavoro laddove il lavoratore si trovasse in una situazione di particolare subalternità materiale e psicologica (c.d. “metus”) e dove l’eventuale esercizio del diritto avrebbe potuto portare a conseguenze gravi per lo stesso come, ad esempio, al licenziamento. Successivamente, con due altre sentenze ma, soprattutto, con la seconda, la n. 174 del 12 dicembre 1972, la Consulta (era già in vigore la legge 20 maggio 1970 n. 300) affermava che esistevano alcuni rapporti di lavoro dotati di stabilità reale e non obbligatoria, garantita dalla reintegra (art. 18), applicabile in tutti quei casi in cui il licenziamento era affetto da vizi. In questi casi, il differimento dei termini prescrizionali non era più giustificabile e, di conseguenza, esso poteva decorrere anche in costanza di rapporto.

Lungo tale solco interpretativo si sono mosse per anni sia la dottrina che la giurisprudenza e ciò è accaduto fino al 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della legge n. 92, ma, da quel giorno, allorchè fu prevista, in diversi casi, l’erogazione di una indennità risarcitoria al posto della reintegra in caso di licenziamento illegittimo, la stabilità del lavoro come criterio identificativo

23

ai fini della decorrenza della prescrizione, è venuta meno.

La mancanza della tutela “reale” si è ampliata ancora di più a partire dal 7 marzo 2015 con il D.L.vo n. 23/2015 ove l’art. 3 ha previsto l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo per giusta causa, giustificato motivo oggettivo e soggettivo, relegando la reintegra nel posto di lavoro, sostanzialmente, alle ipotesi del licenziamento disciplinare con motivazione insussistente, e nei casi gravi previsti dall’art. 2 (recesso in violazione di norme di legge, licenziamento discriminatorio o ritorsivo, licenziamento di portatore di handicap con difetto di giustificazione).

L’argomento relativo ai termini prescrizionali per le rivendicazioni economiche non fu, allora, affatto toccato dal Legislatore delegato.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 194 dell’8 novembre 2018, non ha toccato il principio risarcitorio, ma ne ha dato una interpretazione diversa sostenendo che nella determinazione della indennità il giudice può non attenersi al solo criterio dell’anzianità ma, motivandolo, lo può integrare, ai fini della determinazione delle mensilità riconosciute, con altri criteri desumibili anche dall’art. 8 della legge n. 604/1966.

Ma, cosa ha detto la Cassazione? Essa ha il merito di aver fatto un minimo di chiarezza, lungo la strada indicata, a suo tempo, dalla sentenza della Consulta n. 174/1972, affermando che “il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del D.L.vo n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità”.

La reintegra, quindi, pur in un quadro operativo ove sia la Cassazione che la Corte Costituzionale, negli ultimi tempi, sembrano allargare le vie per la ricostituzione del rapporto di lavoro, ha assunto una caratteristica recessiva, cosa che comporta una forte dilatazione dei termini prescrizionali per la rivendicazione di competenze economiche che si ritengono maturate e non corrisposte.

Ma, concretamente, cosa consegue da tale principio?

Nei rapporti di lavoro tuttora in essere alla data odierna, sono prescritti soltanto gli eventuali crediti maturati prima del 18 luglio 2007 (cinque anni prima dell’entrata in vigore della legge n. 92) e quelli, eventuali (coperti dalla prescrizione decennale) antecedenti il 18 luglio 2007. Ovviamente, le nuove modalità di calcolo del regime prescrizionale non si applicano, solo, a chi è, ancora, dipendente ma anche a chi ha cessato il proprio rapporto nell’ultimo

24
LAVORO

quinquennio, tenendo conto, per il calcolo a ritroso, della data di cessazione del contratto.

Tutto questo, in prospettiva, potrebbe portare a controversie per crediti lontani nel tempo (quantomeno dal luglio 2007) con i dipendenti in forza, in situazioni ove, il datore potrebbe avere difficoltà a trovare prove ed elementi necessari per una eventuale difesa in sede giudiziale, avendo ben presente che la prescrizione non decorrerà fino alla cessazione del contratto di lavoro e che maturerà nel

quinquennio successivo.

Di qui, a mio avviso, la necessità per le aziende e per i professionisti che le assistono, di conservare nel tempo la documentazione e di monitorare, costantemente, la regolarità dei rapporti in essere.

Dicevo, pocanzi, come quello della prescrizione dei crediti da lavoro sia un tema che meriterebbe una riflessione da parte del Parlamento, finalizzata a porre chiarezza su questioni che, talora, possono generare effetti negativi sulle imprese.

25
LAVORO

AZIONE DI REGRESSO DELL'INAIL RILEVA IL REDDITO NETTO DELLA VITTIMA

Dalla lettura dell’ordinanza n. 26654/2023 della Corte di cassazione (Sez. L), emerge che l'azione di regresso dell'INAIL nei confronti del Datore di lavoro per le prestazioni corrisposte al dipendente deceduto è commisurata al reddito netto del medesimo.

IL CASO - La Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Alfa s.n.c. e il suo legale rappresentante in proprio a pagare 335.716 euro in favore dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che ha agito in regresso in relazione a prestazioni previdenziali corrisposte a un capocantiere deceduto a causa di un incedente.

In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto il concorso di colpa del 20 per cento del dipendente; ha quindi considerato il reddito lordo di cui godeva al fine di quantificare il danno patrimoniale degli eredi; ha infine accordato gli interessi legali a decorre dalla data dell’infortunio.

Ebbene, la Società e il suo legale rappresentante hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando la violazione di legge tanto rispetto alla determinazione del danno patrimoniale quanto degli interessi.

Con riguardo al primo aspetto, gli Ermellini hanno affermato che l’azione di regresso incontra il limite dell’ammontare del risarcimento dei danni patrimoniali che sarebbero dovuti dal responsabile al lavoratore infortunato, commisurandosi tali danni al reddito netto cioè all’ammontare in denaro che sarebbe stato effettiva-

mente percepito dal lavoratore (non essendovi peraltro oneri tributari sulla voce risarcitoria). La giurisprudenza di legittimità ha del resto già precisato che la liquidazione del danno patrimoniale (nel caso da perdita delle contribuzioni) subito da persona defunta deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito della vittima, al netto sia di tutte le spese per la produzione dello stesso prudentemente stimabili, sia del prelievo fiscale (Cass. Sez. 3, Sent. n. 10853/2012).

Per quanto riguarda, invece, la decisione della Corte territoriale di accordare gli interessi dall’infortunio e non dalla liquidazione, pur adottando il sistema della capitalizzazione anticipata, i Massimi giudici hanno rilevato la fondatezza della doglianza esposta nel ricorso, posto che nella liquidazione del danno patrimoniale da invalidità permanente di lavoratori dipendenti, occorre prendere in considerazione il reddito percepito in concreto e corrispondente alle competenze effettive al netto delle ritenute e degli emolumenti straordinari; qualora per la liquidazione si adotti il sistema della capitalizzazione anticipata, che fa conseguire il risarcimento in anticipo sulla data in cui si verificherebbe il danno reale (nella specie dei congiunti della vittima), gli interessi devono decorrere dal momento della liquidazione e non dall’illecito (Cass. Sez. 3, Sent. n. 4508/2001).

Ne è derivato l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, per la rinnovazione del giudizio.

26 SENTENZE
A CURA DI ANTONIO GIGLIOTTI CommERCIALIstA E REvIsoRE LEgALE

I FRINGE BENEFIT ALLA LUCE

DEI

CHIARIMENTI

DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

È atteso un nuovo riassetto della detassazione dei fringe benefit in vista della prossima legge di Bilancio. Il governo pare orientarsi verso un tetto complessivo più basso, probabilmente intorno ai mille euro, ma su una platea estesa a tutti i lavoratori, non solo quelli con figli a carico. Si tratterebbe della terza modifica che agisce su uno strumento efficace per sostenere il potere di spesa dei lavoratori in una fase di violenta impennata dei prezzi, misura che in via ordinaria prevede un’esenzione a 258,23 euro (articolo 51, comma 3, terzo periodo, del Testo unico delle imposte sui redditi): nel 2022 la cifra era già salita a 600 euro con il decreto Aiuti-bis, per poi arrivare a 3mila euro con l’Aiuti quater soltanto alla fine dell’anno scorso, soglia poi confermata per tutto il 2023 con il cosiddetto decreto Lavoro (n. 48/2023) del 4 maggio scorso. Naturalmente bisognerà fare i conti con le coperture, considerando che la norma attuale vale già 154,6 milioni di euro sul 2023-24.

Il primo agosto, nel frattempo, sono arrivati importanti chiarimenti interpretativi sulla norma dall’Agenzia delle entrate che in una circolare fornisce le coordinate per la corretta applicazione delle regole e dei principi. Il documento innanzitutto illustra la ratio della misura e ricorda che l’agevolazione prevista dall’articolo 40 del decreto Lavoro (convertito dalla legge 85 del 2023) riguarda anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dai datori per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, elettricità e gas naturale. Le Entrate fanno presente poi che nella nozione di reddito di lavoro dipendente rientrano anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del la-

voratore o ai familiari indicati nell’articolo 12 del Tuir, nonché beni e servizi per i quali venga attribuito il diritto di ottenerli da terzi. Inoltre la detassazione dell’articolo 40 produce effetti non solo sull’imposizione ordinaria Irpef, ma anche sull’imposta sostitutiva nell’ipotesi di erogazione dei premi di risultato in beni e servizi (art. 1, commi da 182 a 189, della legge 28 dicembre 2015, n. 208). E ciò anche nell’ipotesi in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, “in sostituzione, in tutto o in parte, dei premi di risultato e delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”. Una sostituzione che può avvenire, precisa l’Agenzia delle Entrate, “solo qualora i contratti aziendali o territoriali prevedano la sostituibilità del benefit”.

Le somme erogate dal datore di lavoro che beneficiavano dell’esenzione in ragione del già citato decreto Aiuti-bis (anno 2022 o entro il 12 gennaio 2023) potevano riferirsi anche a fatture emesse nell’anno 2023 purché relative a consumi effettuati l’anno scorso. Per evitare che si fruisca più volte di un beneficio in relazione alle stesse spese, le somme pagate per le utenze dal lavoratore dipendente nel 2023 che si riferiscono a consumi di competenza del 2022, già rimborsate o per le quali siano già state erogate le somme dal datore di lavoro, non possono essere considerate ai fini della nuova agevolazione di cui all’articolo 40 del decreto Lavoro.

Riguardo alla nozione di figli fiscalmente a carico, la circolare ricorda le soglie di reddito annuo, secondo l’articolo 12, comma 2, del Tuir, al di sotto delle quali una persona è a carico di un familiare: 2.840,51

28
CENTRO STUDI
A CURA DEL CENTRO STUDI DEL CPO DI ROMA

euro (per il computo di tale limite si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili) che dal 1 gennaio 2019 salgono a 4mila euro per i figli di età non superiore a 24 anni. In base al principio dell’unitarietà del periodo d’imposta, la condizione di figlio fiscalmente a carico deve essere verificata con riferimento al 31 dicembre di ogni anno. Dunque, in questo caso, trattandosi di un’agevolazione spettante per il solo anno d’imposta 2023, occorre verificare il superamento o meno del limite reddituale alla data del 31 dicembre 2023.

Attenzione: se i beni, le somme o i servizi erogati dal datore dovessero superare la soglia dei 3mila euro, l’intero valore dei fringe benefit rientra nell’imponibile fiscale e contributivo.

La circolare ricorda poi che il dipendente può fruire dell’agevolazione solo dichiarando al datore il codice fiscale del figlio o dei figli a carico, secondo modalità che le due parti possono concordare liberamente. Il lavoratore deve anche comunicare prontamente al datore eventuali cambiamenti di status reddituale della prole, perché se vengono meno i presupposti, il sostituto di imposta potrà recuperare il beneficio non più spettante attraverso gli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi e comunque entro i termini di effettuazione

delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto.

Prima di attuare l’agevolazione, i datori devono rendere un’informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, laddove presenti. O eventualmente, se il beneficio viene riconosciuto prima, questo documento può essere redatto entro il periodo di imposta del 2023.

Infine, arrivano altre due precisazioni importanti dall’Agenzia delle Entrate. In primis, il regime agevolativo sui fringe benefit può essere cumulato con l’esenzione per il bonus carburante, che ha un tetto da 200 euro. In pratica, le erogazioni complessive possono arrivare a 3.200 euro, anche qualora ulteriori buoni benzina siano presenti nel paniere dei beni e servizi erogati come fringe benefit. In secondo luogo, l’agevolazione è riconosciuta in misura intera a ogni genitore che sia dipendente o assimilato, anche in presenza di un figlio unico che sia fiscalmente a carico di entrambi e anche nel caso in cui il contribuente non possa beneficiare della detrazione per i figli a carico, poiché per gli stessi percepisce l’Assegno unico universale. Le Entrate infatti chiosano: “Il testo normativo, insomma, non pone limiti specifici, sempreché i figli possano essere considerati fiscalmente a carico di entrambi”.

CENTRO STUDI

OBBLIGO DEGLI ORDINI

PROFESSIONALI

DELL’AZIONE DISCIPLINARE

Giungono al Consiglio di Disciplina Territoriale di Roma (CDT) istanze che perorano l’inazione a fronte di notizie di illecito che, a detta degli interessati accusati, pervengano da esponenti da ritenersi a priori poco affidabili, ritenute prive del supporto tecnico ovvero basate su presunte illazioni discriminatorie.

Viste le fonti di riferimento quali la Legge 11 gennaio 1979, n. 12, l’art. 8 del DPR 7 agosto 2012 n. 137 e le norme regolatorie per i Consigli di Disciplina Territoriale, tra cui il Regolamento CNOCL Approvato dal Consiglio Nazionale con Delibera n. 310 del 25 settembre 2014 Modificato con Delibera n. 23 del 27 febbraio 2015 e ulteriormente modificato con Delibera n. 229 del 13 giugno 2019, nonché il Codice deontologico in vigore dal 1° gennaio 2022

Significativo è che, l’azione disciplinare è obbligatoria e officiosa, in quanto sulle regole di condotta e sui poteri dei Consigli di Disciplina Territoriale – v. tra le norme istitutive e regolatorie di cui sopra - incidono inevitabilmente anche principi costituzionali quali il buon andamento, l’imparzialità (art. 97 cc. 2 e 3 Cost.) e l’espletamento delle funzioni con disciplina e onore (art. 54c. 2 Cost.) e la legalità-legittimità dell’azione amministrativa, al cui doveroso perseguimento è contraria la impunita tolleranza di fenomeni di illegittimo comportamento.

Nelle libere professioni, a mente di quanto sopra, ferma rimanendo la discrezionalità valutativa sulla valenza disciplinare o meno dei comportamenti attivi piuttosto che omissivi degli iscritti da parte degli organi titolari dell’azione disciplinare, l’attivazione del procedimento è da ritenersi

obbligatoria, qualora i fatti assumano valenza disciplinare, in quanto rispondente a finalità istituzionali, anche di rilevanza pubblicistica, dei Consigli degli Ordini, aventi natura di enti pubblici e, come tali, tenuti al rispetto del principio di legalità. Quanto detto, tuttavia, non significa che i Consiglieri di un Collegio di Disciplina (o Collegio Giudicante) debbano necessariamente avviare l’azione disciplinare dibattimentale in presenza di notizia palesemente infondata, ma piuttosto che i Consiglieri debbano operare con il rispetto di tutte le garanzie valutando attentamente le accuse, condurre indagini appropriate e prendere decisioni giustificate in base alle prove raccolte nella fase cognitiva della procedura [Una procedura complessa che sommariamente si compone di una fase di trasmissione degli atti da parte del Consiglio Provinciale dell’Ordine alla Presidenza del CDT che assegna il caso a un Collegio Giudicante, per una fase prelimi-

30
CDT ROMA
A CURA DEL GRUPPO DI COORDINAMENTO GIURIDICO DEL CONSIGLIO DI DISCIPLINA TERRITORIALE DEI CONSULENTI DEL LAVORO DI ROMA

nare cosiddetta istruttoria o anche cognitiva, che può archiviare (per incompetenza territoriale o mancanza di nesso disciplinare nei fatti) ovvero anche in funzione di prove aventi le caratteristiche di certezza di possibile illecito disciplinare, avviare l’apertura vera e propria del Procedimento con seduta dibattimentale, nel rispetto del principio del contraddittorio, in cui sentite le Parti assumere le decisioni motivate del caso].

La procedura disciplinare non è derogabile, qualora alla Presidenza del CDT pervenga notizia di illecito ascritta a un iscritto (CdL, Praticante o STP), e nel caso in cui un componente del Consiglio di Disciplina – per i compiti attribuiti - non adempia ai propri doveri d’ufficio in modo appropriato, lo stesso potrebbe subire a sua volta un procedimento disciplinare in conseguenza dell’inazione.

Non è da sottacere, altresì, che la conseguenza indiretta della eventuale mancata azione disciplinare, non potrebbe che essere, il discredito sociale dell’Ordine di appartenenza del professionista infedele che, con il suo comportamento inappropriato, potrebbe compromettere la tutela della fede pubblica cui gli stessi Ordini professionali custodiscono.

Risulta evidente, quindi, che il lassismo perorato deve essere osteggiato dall’Ordine professionale per evitare il rischio che, con il mancato esercizio dell’attività di vigilanza sull’operato dei propri iscritti ovvero il mancato esercizio del

potere disciplinare sugli stessi da parte di chi di competenza si possa ingenerare, oltre che un possibile “commissariamento” del Consiglio ex art. 8, comma

12 d.P.R. n. 137 del 2012, anche il perseguimento delle varie forme di responsabilità ascrivibili in capo agli inerti Consiglieri disciplinari (CDT) e/o amministrativi (CPO).

D’altronde la funzione disciplinare costituisce una delle più complesse e delicate attribuzioni tra quelle tradizionalmente affidate dall’ordinamento giuridico al sistema ordinistico delle professioni intellettuali e l’esercizio, da parte dell’Ordine professionale di questo potere, incidendo sulle situazioni giuridiche soggettive, deve necessariamente essere contorniato dal rigoroso rispetto delle garanzie procedurali. Del resto, tutti i poteri, in special modo quelli che incidono sulle situazioni giuridiche soggettive o, peggio ancora, sulla libertà, sono mal sopportati, a tal proposito, Montesquie non tardò a definire il potere giudiziario “potere terribile” e addirittura più duro fu Condorcet quando definì lo stesso, con l’aggettivo “odioso” (Simone D’Ario, Coordinatore Commissioni CDT CdL Roma).

CDT ROMA 31

Grazie alla convenzione con Namirial, da oggi tutti i centri CAFCDL avranno a disposizione la Piattaforma Namirial*

PER QUELLO CHE CI

MANCAVA ABBIAMO CHIESTO AI MIGLIORI

+

QUESITI DEL MESE

Licenziamenti individuali, si richiede a tal proposito se sia entrato in vigore il decreto lavoro 2023, il quale prevedeva che dopo 5 giorni di assenza ingiustificata, il dipendente si considera dimissionario. Nel precedente quesito non viene specificato il ccnl applicato, il nostro è trasporti-logistica.

Allo stato attuale l'ipotesi di cui al quesito è contenuta in un disegno di legge approvato in data 01 maggio 2023 dal Consigli dei Ministri.

Concluso l'iter di approvazione, qualora l'assenza ingiustificata del lavoratore si protragga oltre il termine fissato dal contratto collettivo applicato in azienda o, in mancanza di previsione contrattuale, oltre un periodo di cinque giorni, il rapporto di lavoro s'intenderà risolto per iniziativa e volontà del lavoratore. Il lavoratore conseguentemente non avrà diritto alla Naspi.

In caso di assunzione in apprendistato professionalizzante e contestuale fruizione dell'incentivo NEET bisogna applicare la riduzione di quest'ultimo al 20% o tale incentivo potrà essere fruito integralmente? Il dubbio nasce leggendo il testo della Circ. n. 68 del 21-072023, dove, al 3° capoverso della premessa, parla di "riduzione delle aliquote di finanziamento".

L'incentivo di all’articolo 27, comma 1 (assunzione NEET) spetta per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione, e per il contratto di apprendistato professionalizzante.

Ferma restando la sussistenza dei requisiti di legge, si ritiene che, nel caso di assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante, l'incentivo in trattazione possa essere cumulato nella misura piena del 60% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali. posto che le aliquote contributive previste per il contratto di apprendistato non costituiscono, per espressa previsione di legge, agevolazione contributiva.

Azienda ccnl Legno arredamento artigiano la durata del tempo determinato è di 36 mesi o di 24 mesi. Sul CCNL si parla di 36 mesi "apposto un termine di durata del contratto non eccedente i 36 mesi", ma poi scrive che "per i contratti stipulati fino al 30 settembre 2022 potranno avere una durata complessivamente superiore a 12 mesi, ma non eccedente i 24 mesi per determinate condizioni".

La durata massima del singolo contratto a termine non può eccedere i 24 mesi, e ciò a prescindere dal CCNL applicato, trattandosi di un limite non derogabile da parte della contrattazione nazionale (che, invece, può incidere sulla durata massima “per sommatoria”).

Evidentemente , qualora il contratto abbia durata superiore a 12 mesi, vi sarà la necessità di individuare una delle causali di cui all'art. 19 comma 1.

A CURA DEL CENTRO STUDI DEL ConsIgLIo pRovInCIALE DI RomA

730, 770, IMU, Colf e Badanti, Sconto fattura, ISEE, Agevolazioni Canone Telecom, Invciv, Anf Mat, Reddito di Cittadinanza, Successioni, TASI, Redditi Pf, Carta Acquisti, EAS, Bonus vacanze, Modello F24, Trasmissione Telematica, Social card, Superbonus 100%, Contratti Locazione, 2/5/8 X 1000, CU, RED.

Ai nostri servizi CAF e Patronato Si aggiungono

NASPI, Permessi 104, Ricostituzione, Ratei, Indennità Maternità, ANF, Bonus Bebè, Estratti Contributivi, Invalidità Assegno sociale, Disoccupazione Agricola, Dimissioni, Riscatto anno di leva, Congedi Straordinari, Pensioni, TFS e TFR, Bonus Asilo Nido, Opzione Donna, Riscatto Laurea, Ricorsi Online, Dis Coll, Premio Nascita, Assegno Nucleo familiare, APE Sociale.

RILASCIO SPID

RILASCI FIRME DIGITALI ATTIVAZIONE PEC VISURE CAMERALI

GESTIONE PRATICHE DI STUDIO CYBER SECURITY

Per maggiori informazioni www.cafconsulentidellavoro.it
*

TGCPOROMA

Canale ufficiale del CPO di Roma

Clicca qui per accedere

Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.