Il serrano n. 153 (settembre-dicembre 2021)

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Fare Sinodo: il coraggio della fecondità P o s t e I t a l i a n eS p e d i z i o n e i n a b b o n a m e n t o p o s t a l e a r t . 2 c o m m a 2 0 / c L . 6 6 2 / 9 6D C B S i c i l i a 2 0 0 3 La novità dell’ultimo CNIS Il
Settembre -Dicembre 2021
N. 153
nuovo presidente Michael Bragg La Fondazione: il nostro serranesimo sensibile
Organo dell’Associazione Serra International Italia

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PERIODICO TRIMESTRALE N 153 ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA Settembre - Dicembre 2021 (XLV) Finito in redazione il 20 dicembre 2021 Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005 del 14 gennaio 2005 Iscrizione al Roc n 21819 del 16/01/2012 Spedizione Abbonamento Postale Gr IV Pubblicità inferiore 50% Direttore responsabile Piergiorgio Aquilino Redazione Manuel Costa Filly Franchino Dino Melis Comitato di Direzione Paola Poli, Presidente del C N I S Flavio Fontana, V Presidente del C N I S Maria Lo Presti V Presidente del C N I S Michele Guidi, V Presidente del C N I S Giuliano Faralli, V. Presidente del C.N.I.S. Trustee italiani di Serra International Hanno inoltre collaborato a questo numero: Alessandro Bassi Luciani Micheal Bragg sr Clara Maria Cesaro o.s.a. p Giacomo Costa S J Marco Crovara Tullio Di Fiore Francesca Mignogna Andrea Mori Lidia Pistarino Caterina Sorbara Norme essenziali per redattori e collaboratori 1. Inviare il materiale per la stampa entro e non oltre il
2022 2. Inviare i contributi
3. Inviare
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editoriale 6 Fare
vita della chiesa 18 Dall
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vocazioni 25 La Fondazione: il nostro serranesimo sensibile
la voce della fondazione BJS 10 Nel ritorno alla
16 Premiazione
Speriamo
vita del serra 23 Il nuovo presidente Bragg. La convention di Chicago
l’angolo del serra international 21 Preti
vista ® 32 Notizie ed iniziative dai club e distretti 27 I giovani e la ricerca della propria identità religiosa di Tullio Di Fiore 28 Estatica mente divina.
una
Dio a cura
cultura e società ® 4 Nel
ministero
natale 2021
10 febbraio
all’e-mail sotto indicata.
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coraggio
nuovo
ichael
povertà del Natale.
cammino degli eletti delle Beatitudini di Piergiorgio Aquilino
Sinodo: il coraggio della fecondità di Giacomo Costa S J
inquietudine alla
del monastero di
Clara Maria Cesaro
di Marco Crovara
normalità, la novità dell’ultimo CNIS di Piergiorgio Aquilino
di “Penna dello Spirito” 2021
di incontrare Abramo nella nostra vita di Andrea Mori
di Michael Bragg
in prima linea. Quando le Beatitudini prendono forma a cura di Piergiorgio Aquilino l’inter
1321-2021:
parola che profuma di
di Monica Gaggi
cuore del
di Paola Poli

Dalla povertà del Natale Il cammino degli eletti delle Beatitudini

Quel s i l e n z i o incarnato dagli e l e t t i delle Beatitudini

Ci eravamo fermati qui, dal tema per l’anno 2021-2022. E da qui, vogliamo ripartire.

Ripartiamo per incarnare il vero senso delle beatitudini e per camminare, insieme, lungo il tracciato inaugurato dal Sinodo della Chiesa italiana nella prima delle sue tre fasi correlate: narrativa, sapienziale e profetica. «L’epoca che attraversiamo – ribadiscono i vescovi italiani in una lettera – è colma di dolore e di grazia. La crisi sanitaria ha svelato innumerevoli sofferenze ma anche enormi risorse Le nostre comunità devono fare i conti con isolamento, disgregazione, emarginazioni e tensioni; la creatività che hanno espresso, ora messa alla prova dal perdurare della pandemia, racchiude un desiderio di relazioni profonde e rigeneranti».

Ri-partiamo dall’ascolto, da quell’imperativo della Scrittura veterotestamentaria che, posto all’origine della nostra fede, dirompe, nell’anonimato più buio della storia, come il più dolce degli imperativi: shemà! Oggi, come allora, all’origine di questo percorso sinodale, siamo invitati ad ascoltare, cominciando da quel primordiale silenzio. Quello già comunicato nella creazione: nel silenzio, da sempre, la Chiesa si riunisce sotto lo sguardo misericordioso di un Dio dal volto svuotato Papa Francesco, nell’omelia della Messa per l’apertura del Sinodo sulla sinodalità, lo scorso 10 ottobre, ci ha invitato a far partire questo cammino ecclesiale proprio dall’ascolto, per indirizzarlo verso veri incontri e dialoghi: «L’incontro e l’ascolto reciproco non sono qualcosa di fine a se stesso: […] quando entriamo in dialogo, ci mettiamo in discussione, in cammino, e alla fine non siamo gli stessi di prima, siamo cambiati» Mettersi in cammino. Come i protagonisti principali della Notte di tutti i tempi, coloro i quali ricevettero l’annuncio: dei semplici pastori, ultimi della società di allora e, perciò, eletti. Paradossi della fede a parte – non lontani dalle logiche di Hans Urs von Balthasar et alii –, siamo invitati a cogliere il significato del cammino degli eletti, quello umile, che trova origine nella grotta di Betlemme: nell’incarnazione, nella rivelazione, nella signoria del Figlio dell’Uomo venuto, povero tra i poveri, ultimo tra gli ultimi, per la salvezza del mondo. Si parte dalla povertà. È la povertà della sua umanità più che la regalità della sua divinità a doverci interpellare: «Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Papa Francesco, che sulla

povertà ha fondato il proprio ministero petrino, lo sta ripetendo dal primissimo Convegno di Firenze (2015) e non si stanca di ribadirlo: è la povertà dell’umanità del Cristo a doverci scuotere! In ultimo, lo ha ricordato il 12 novembre scorso all’incontro di preghiera in occasione della V Giornata mondiale dei Poveri, presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, dove ha abbracciato cinquecento donne e uomini, giovani e anziani, in stato di povertà «Siamo venuti per incontrarci – ha sottolineato Francesco –: questa è la prima cosa, cioè andare uno verso l’altro con il cuore aperto e la mano tesa. Sappiamo che ognuno di noi ha bisogno dell’altro, e che anche la debolezza, se vissuta insieme, può diventare una forza che migliora il mondo Spesso la presenza dei poveri è vista con fastidio e sopportata; a volte si sente dire che i responsabili della povertà sono i poveri: un insulto in più!». Per chiosare: «È tempo invece che ai poveri sia restituita la parola, perché per troppo tempo le loro richieste sono rimaste inascoltate. È tempo che si aprano gli occhi per vedere lo stato di disuguaglianza in cui tante famiglie vivono È tempo di rimboccarsi le maniche per restituire dignità creando posti di lavoro È tempo che si torni a scandalizzarsi davanti alla realtà di bamb i n i affamati, ridotti in schiavitù, sballottati dalle acque in preda al naufragio, vittime innocenti di ogni sorta di violenza. È tempo che cessino le violenze sulle donne e queste siano rispettate e non trattate come merce di scambio È tempo che si spezzi il cerchio dell’indifferenza per ritornare a scoprire la bellezza dell’incontro e del dialogo. È tempo di incontrarsi. È il momento dell’incontro. Se l’umanità, se noi uomini e donne non impariamo a incontrarci, andiamo verso una fine molto triste». Quei poveri in cammino, segno dei poveri di tutti i tempi, hanno dato inizio alla storia più grande di tutti i tempi: «Il cristianesimo – chiosava uno dei più grandi filosofi del Novecento, da diversi reputato finanche ateo – è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall’alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate» (Benedetto Croce, Perché non possiamo non dirci “cristiani”) È giunto, dunque, il tempo di continuare il cammino: si compie oggi, nella storia, un nuovo Natale!

Per info e approfondimenti: www.serraclubitalia.it; www.serrainternational.org.

editoriale

Nel cuore del ministero

ccoci! È finalmente Natale! Siamo ormai catturati dalla frenesia dei preparativi, degli ultimi acquisti, nella spasmodica, contagiosa necessità di donare che a Natale sembra tradursi in una vicendevole ammenda dell’inadempienza, come se per un intero anno si fosse negato qualcosa a qualcuno, in particolare alle persone che amiamo! Nessuno sembra volersi sottrarre a questa occasione di riscatto, soprattutto dopo le restrizioni imposte dalla pandemia, e così, ciò che in altri momenti può affaticare o appesantire, a Natale si può sostenere, come le alchimie culinarie che ci impegneranno in diverse ore o giorni di preparazione, con lunghe permanenze a tavola tra succulenti primi e voluttuose pietanze, magari riproposte più volte in famiglia perché gli sprechi sono un oltraggio alla decenza.

Ma in fondo, si sa, volendo bandire gli eccessi di alcune frivolezze, anche tutto questo appartiene alla tradizione che benevolmente accogliamo e perpetuiamo per predisporci a vivere, nella cura dei preparativi, nella dignità dell’allestimento, questo tempo che «è già la primizia del “sacramentum mysterium paschale”, è cioè l’inizio del mistero centrale della salvezza che culmina nella passione, morte e risurrezione, perché Gesù comincia l’offerta di se stesso per amore fin dal primo istante della sua esistenza umana nel grembo della Vergine Maria» (Papa Benedetto XVI, Udienza generale, 5 gennaio 2011) E così, tra festoni e altri addobbi, in tante case trovano un posto privilegiato la Sacra Famiglia e le statuine del presepe, superstiti ignari di una simbologia millenaria; infatti, se nella ritualità del presepe rinnoviamo la partecipazione al mistero dell’incarnazione, non deve sfuggire il vero valore di alcuni elementi che ce ne traducono e semplificano il messaggio: il bue e l’asinello, i re magi, i

Epastori e persino la stella cometa sono tutti testimoni dello straordinario evento della nascita di Gesù. Nell’iconografia della Natività, fin dal IV secolo, la stella cometa, stella a otto raggi, diventa simbolo cristico per tutte le nazioni, annuncia la pienezza dei tempi, irrompe, con la sua Luce, nelle tenebre del mondo, mette a tacere tutti gli altri astri, perché «tutte sovrastava in splendore» (s Ignazio di Antiochia, Lettera agli Efesini, 19); è la stella che modifica il senso della storia, tutto è destinato a mutare. I pastori simboleggiano il popolo d’Israele, il bue e l’asinello, animali sapienti, dotati di intelligenza e pazienti, incarnano rispettivamente gli Ebrei ed i pagani. Entrambi hanno in comune la soma perché gravati dal peso della legge da una parte, e dell’idolatria dall’altra. Tra loro c’è l’immagine di Dio fatto uomo che giace sul fieno, grano vivo che diventerà pane, alimento-nutrimento che sazia una fame implacabile, «pane celeste, cioè Cristo, che ci nutre per la vita eterna!» (s Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni, IV) I Magi, nella tradizione iconografica, compaiono un po ’ più tardi, scena di adorazione di Gesù Bambino che raffigura la chiamata universale di tutti gli uomini e di tutti i popoli alla comunione con Dio Certamente, per chi ha fede, la protegge e l’alimenta nel proprio cuore, e anche per chi talvolta la respinge o quasi se ne vergogna, fare il presepe significa comunque soddisfare il sentimento religioso che è dentro di noi e, pur senza rimandi alle Sacre Scritture o ai Padri della Chiesa, accogliere intimamente la sacralità dell’evento.

Il Natale, e quindi anche il presepe, appartiene però soprattutto ai bambini, che si avvicinano in modo spontaneo a questa esperienza di fede.

Noncuranti dell’agitazione e del trambusto degli adulti, restano affascinati dai riflessi di luci, specchi d’acqua e casette di legno, osservano con curiosità e rispetto reverenziale quel luogo magico, quella grotta nella quale, come è stato loro raccontato, un Bambino ‘ speciale’ sta per nascere Decidono allora di entrare nell’evento, di prendere parte a quella straordinaria rappresentazione e, con una manina, come faceva anche mia figlia da piccola, spostano le statuine, coricano le pecorelle, poi, immaginando di inerpicarsi con pastori e

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pastorelle su per quelle rupi, entrano in quella grotta e, con istintiva premura, si assicurano che la mangiatoia sia ben accostata al bue e all’asinello che riscalderanno Gesù. E così, aiutati dalla fantasia che trasforma tutto in gioco, cercano di comprendere il segreto di quell’incanto, di un Mistero che si schiude lentamente, nell’inconsapevole percezione di sfiorare il Sacro.

Care amiche e amici Serrani, desidero augurare a tutti voi, nonché alle vostre famiglie e alle persone a voi care, di vivere il Santo Natale con lo stesso stupore dei piccoli

dinanzi al Mistero del grande dono della tenerezza di Dio Possiate provare l’esperienza di chi, deposta ogni forma di chiusura e di autosufficienza si lascia amare da Dio che gli viene incontro nella mitezza e nell’umiltà di cuore. Possiate trovare la gioia e il conforto propri di ogni anima che si lascia invadere dall’amore indifeso e vulnerabile con cui Dio si consegna a ciascuno di noi.

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Adorazione dei Magi. Affresco di Giotto, databile al 1303-1305 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

vita della chiesa

Fare Sinodo: il coraggio della fecondità

Nella Chiesa la parola del momento è “sinodo”: gli itinerari sinodali lanciati nel 2021 sono due, che ovviamente si intrecciano. Uno è il “Sinodo 20212023” della Chiesa universale, intitolato «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», che si apre il 9-10 ottobre in Vaticano e il 17 ottobre in ogni diocesi del mondo (cfr <www synod va> per i documenti di riferimento e l’articolazione delle diverse tappe) L’altro è i l cammino sinodale italiano, ufficialmente aperto dall’Assemblea della CEI dello scorso giugno, che si snoderà dal 2021 al 2025 nel solco delle indicazioni emerse dal Convegno ecclesiale di Firenze del 2015

Anche se è di grande attualità, “sinodo” resta un termine difficile da maneggiare, che rimanda al lessico tecnico dei teologi e dei canonisti Non siamo ancora capaci di leggervi in trasparenza il suo significato etimologico di “camminare insieme ” , come invece riesce a fare con grande naturalezza papa Francesco, che non a caso ha fatto di “sinodo” una parola chiave del suo pontificato Camminare insieme trasmette immediatamente due caratteristiche fondamentali, tenendole unite. La prima è il dinamismo del movimento, di un processo che punta a un cambiamento. Chi vuole che tutto rimanga com’è, non si mette in cammino La seconda è espressa dalla parola “insieme”: il processo sinodale si pone nella linea della costruzione di un “noi”. Anzi, per molti versi è la traduzione ecclesiale di quelli che papa Francesco, rivolgendosi anche a chi non fa parte della Chiesa, chiama «processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze» (Fratelli tutti, n 217) Un mondo frammentato come il nostro ha disperato bisogno di vedere che sono davvero possibili processi di reale incontro tra le differenze, senza che nessuna sia negata o schiacciata. Per questo una Chiesa sinodale è immediatamente anche un segno profetico «dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, n 1)

In questa luce, vale la pena cercare di mettere a fuoco

qual è la posta in gioco dei processi che come Chiesa stiamo intraprendendo, in modo da vivere con consapevolezza gli appuntamenti a cui siamo tutti invitati a partecipare e da cogliere quella che per la comunità cristiana costituisce una grande opportunità di rimettersi in contatto con la propria identità e di interrogarsi sul modo con cui portare più efficacemente a termine oggi la missione di evangelizzazione, che è la sua ragion d’essere.

Il titolo del Sinodo 2021-2023 ci offre un buon punto di partenza, che è l’espressione “Chiesa sinodale” Anche se può sembrare una sottigliezza lessicale, è fondamentale chiarire che non stiamo incominciando un sinodo sul sinodo, inteso come dispositivo organizzativo con le sue regole e i suoi ritmi L’oggetto è invece la sinodalità, che la Commissione teologica internazionale ci ha ricordato essere «dimensione costitutiva della Chiesa, che attraverso di essa si manifesta e configura come Popolo di Dio in cammino e assemblea convocata dal Signore risorto» (CoMMIssIoNE TEoLoGIcA INTErNAzIoNALE, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2018, n 42, in <www.vatican.va>). Al n. 70 questo stesso documento sottolinea come questa dimensione costitutiva si articoli su tre piani: quello dello stile con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente, quello delle struture in cui la natura sinodale della Chiesa si esprime in modo istituzionale, quello dei processi ed eventi sinodali in cui la Chiesa è convocata Anche il Documento prepar a t o r i o (DP, disponibile in <www synod va>) del Sinodo 2021-2023, presentato il 7 settembre scorso, propone questa articolazione, che riprendiamo qui per strutturare la nostra riflessione. Per quanto riguarda la Chiesa italiana, la scelta di parlare di cammino sinodale piuttosto che di sinodo ci sembra un modo per mettere in evidenza proprio la dimension e d e l l a s i n o d a l i t à r i s p e t t o all’organizzazione di una serie di eventi.

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Vita e missione della Chiesa: una questione di stile

Papa Francesco ne è consapevole: «Camminare insieme – Laici, Pastori, Vescovo di roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica» (Discorso nella commemorazione del 50° anni- versario dell’ istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). I cammini sinodali, universale e italiano, sono l’occasione propizia per affrontare questa difficoltà, ben sapendo che per la Chiesa la sinodalità implica la questio ne dell’identità. Ci mettono in questa prospettiva le tre parole scelte come sottotitolo del Sinodo 2021-2023: la Chiesa è comunione, che è espressa e al tempo stesso coltivata attraverso la partecipazione di tutti, ma non può rimanere rivolta all’interno, essendo a servizio alla missione Perciò la sinodalità, che pure è un termine relativamente recente, ha radici profondissime nella tradizione ripercorrerle, come fa il cap II del DP, consente di riattraversare l’intero percorso della riflessione teologica sul mistero della Chiesa

Ad esso rimandiamo, limitandoci qui a evidenziare come praticare la sinodalità sia il modo per dare attuazione alla ecclesiologia del Vaticano II, a partire dalla sottolineatura di ciò che tutti i cristiani hanno in comune, cioè il battesimo e la uguale dignità che ne deriva: «Se anche per volontà di Cristo alcuni sono costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori a vantaggio degli altri, fra tutti però vige vera uguaglianza quanto alla dignità e all’azione nell’edificare il corpo di Cristo, che è comune a tutti i Fedeli» (Lumen gentium, n 32) Così come comune è la responsabilità di portare a termine la missione di evangelizzazione, pur con modalità differenziate a seconda della vocazione di ciascuno La ricchezza e la profondità di questa comunione radicata nella dignità

battesimale diventa garanzia dell’autenticità della fede: «La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, (cfr 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando “dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici” mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale» (Lumen gentium, n. 12). In una Chiesa sinodale, anche la fede è camminare insieme! Questo linguaggio risulta significativo solo un per un numero relativamente ridotto di persone, con un certo grado di formazione teologica Fatica quindi a diventare il motore del rinnovamento della vita e delle pratiche ecclesiali, specie ai livelli più di base Così un lavoro da intraprendere, ad esempio nel cammino sinodale italiano, è raccogliere e rilanciare narrazioni ed esperienze, e cercare l’ispirazione di immagini capaci di veicolare in modo più immediato e intuitivo la dimensione della sinodalità In circolazione ce ne sono varie, e di diversa origine – la piramide rovesciata, il poliedro, la Chiesa-famiglia, la canoa del n 201 di Christus vivit, ecc –, ma nessuna in fondo è pienamente soddisfacente né è riuscita finora a entrare nell’immaginario condiviso della comunità cristiana

Infine, il pieno recupero della dignità battesimale di tutti i fedeli spinge «ad approfondire le relazioni con le altre Chiese e comunità cristiane» (DP, n 15), cercando le modalità per attivare circuiti di sinodalità anche nei loro confronti. Anzi, il profondo legame tra sinodalità e missione ci chiede di andare ancora oltre: non è possibile promuovere il bene comune dell’umanità senza camminare insieme con gli uomini e le donne del nostro tempo, «di cui condividiamo «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» (Gaudium et spes, n 1), aprendoci al dialogo e alla possibilità di imparare da loro

Strutture e autorità: la libertà a servizio della missione

Lo stile del camminare insieme, se non vuole ridursi a un accattivante slogan di marketing istituzionale e finire per generare delusioni e frustrazione, è chiamato ad ani-

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vita della chiesa
Vaticano, Basilica di San Pietro. L'apertura del Sinodo (10 ottobre 2021)

della chiesa

mare le strutture e le pratiche ecclesiali, anche decisionali, in chiave autenticamente partecipativa, non per il gusto di stravolgere l’esistente ma al servizio della missione Il Sinodo del 2018 ha già profeticamente indicato come questo rappresenti un vero e proprio kairós: anche grazie alle potenzialità dei nuovi media, i giovani hanno sviluppato una cultura che dà grande valore alla partecipazione e nutrono a questo riguardo precise aspettative Anzi, una delle cause dell’allontanamento di molti di loro dalla Chiesa va probabilmente ricercata proprio nella frustrazione di queste attese. Il lavoro sulle pratiche e le strutture ecclesiali non è solo una questione organizzativa, ma implica l’identità e la missione

Le istanze partecipative già previste dal diritto canonico rappresentano una base di partenza, ma non esauriscono certo tutte le possibilità, che peraltro non possono essere standardizzate a livello globale, in quanto occorre inculturarle nei differenti contesti, anche a partire dal modo in cui la partecipazione è concretamente praticata nelle diverse società Da questo punto di vista le differenze tra i continenti sono notevoli, ma tutti sono chiamate a misurarsi e convertirsi nella contemplazione su come nei racconti evangelici il Signore mostra la propria autorevolezza e sulle immagini con cui ne parla È questa la base a cui ancorare la creatività: servirà poi tempo per sperimentare e valutare i risultati; nel caso della Chiesa italiana, il cammino sinodale costituirà anche una occasione di sperimentazione strutturale

Non è superfluo sottolineare che si tratta comunque di strutture ecclesiali, che devono quindi continuare ad articolare quella peculiare dinamica “ uno – alcuni – tutti” che per la Chiesa è costitutiva quanto la sinodalità, anche se occorre ricomprenderla nel nostro tempo, liberandola da incrostazioni verticistiche. Con grande efficacia il cap. III del DP tratteggia questa dinamica sulla base delle costanti dei racconti evangelici, evidenziando come pastori e fedeli non possano fare a meno gli uni degli altri senza compromettere la relazione di ciascuno dei due gruppi con il Signore: «Senza gli apostoli, autorizzati da Gesù e istruiti dallo Spirito, il rapporto con la verità evangelica si interrompe e la folla rimane esposta a un mito o una ideologia su Gesù, sia che lo accolga sia che lo rifiuti. Senza la folla, la relazione degli apostoli con Gesù si corrompe in una forma settaria e autoreferenziale della religione» (DP, n 20)

È per sgombrare il campo da timori e fraintendimenti a questo livello che viene precisato che la sinodalità «non comporta l’assunzione all’interno della Chiesa dei dinamismi della democrazia imperniati sul principio di maggioranza» (DP, n 14) Questo però non può significare escludere la revisione delle forme concrete dell’esercizio dell’autorità all’interno della Chiesa, specie nel caso in cui si trovassero in contrasto con lo stile sinodale che essa è chiamata ad assumere. Anzi, i

cammini sinodali della Chiesa universale e di quella italiana possono rappresentare l’occasione di rimettere al centro la visione dell’autorità come ministero di comunione: chi lo esercita è chiamato non a imporre il proprio punto di vista in forza del ruolo gerarchico che occupa, ma a farsi garante di dinamiche di relazione e di comunicazione in cui tutti i membri del Popolo di Dio – nessuno escluso – possano trovare un posto e sentirsi riconosciuti Un discorso analogo riguarda l’effettiva partecipazione delle donne ai processi anche decisionali della Chiesa, che non può non far parte dell’ordine del giorno, a partire da quelle attraverso cui si realizza la missione di evangelizzazione Certo, la questione non può essere ridotta, come talora accade in alcune rappresentazioni mediatiche, alla presenza di alcune donne tra i membri con diritto di voto nelle Assemblee del Sinodo dei Vescovi, ma è indubbio che è richiesto un atteggiamento di profonda libertà da parte di tutti per valutare assetti così consolidati da sembrare scontati.

Percorsi

e metodi per camminare insieme

L’attenzione al piano degli eventi e dei processi è in fin dei conti un modo per tematizzare il rapporto di fecondità reciproca che lega la vita e l’organizzazione ordinaria della Chiesa (quindi il suo stile, le sue strutture e il modo in cui funzionano) e i momenti straordinari (eventi e soprattutto processi attivati una tantum, o comunque in modo non continuativo), che consentono di focalizzare alcuni punti, come in questo caso la natura sinodale della Chiesa Se lo straordinario è slegato o sostituisce l’ordinario, la vita della Chiesa diventa una successione di episodi scollegati; se l’ordinario assorbe lo straordinario, si finisce prigionieri della routine e si fatica a cogliere i segni dei tempi Ci sembra questo il senso per cui, a livello universale e italiano, sono proposti cammini che si dilatano nel tempo, ma che non si risolvono nella vita ordinaria delle comunità, bensì prevedono appuntamenti definiti e soprattutto strutturati.

La strutturazione dei percorsi, anche con il ricorso a strumenti metodologici precisi, è questione di grande importanza: per questo, per la prima volta, il DP del Sinodo 2021-2023 è accompagnato da un Vademecum, destinato a facilitare il compito di chi è incaricato di organizzare e animare le occasioni di coinvolgimento delle articolazioni locali della Chiesa durante la prima fase del percorso Non si vuole ridurre la sinodalità a una tecnica organizzati-

8 vita
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vita della chiesa

va, né si pensa che un risultato autenticamente spirituale possa essere garantito da un set di strumenti metodologici Tuttavia, l’assenza di un metodo impedisce il raggiungimento di alcuni obiettivi, ad esempio l’effettivo coinvolgimento delle persone che per tante ragioni si trovano ai margini della Chiesa e che hanno meno strumenti per far sentire la propria voce, a partire dai poveri, dagli emarginati e dai vulnerabili. Ce ne sono in ogni comunità, anche se il loro profilo varia di luogo in luogo Come sottolinea il Vademecum, serve uno sforzo fatto con metodo per raggiungerli (cfr n. 3.1); altrimenti scatteranno meccanismi di selezione avversa che finiranno per escluderli ancora L’improvvisazione non aiuta e sarà fondamentale poter contare sul contributo di chi ha competenze ed esperienze su come farlo Solo con un metodo ben predisposto e ben applicato si potrà attuare quella indicazione «dal basso, dal basso, dal basso» che il Papa vuole come caratteristica del cammino sinodale italiano (Discorso al Consiglio nazionale dell’Azione cattolica italiana, 30 aprile 2021).

Sempre a livello di metodo, sarà importante valorizzare la fase attuativa, che solo in tempi recenti è stata esplicitamente introdotta nella dinamica sinodale Al suo interno, ad esempio, occorre programmare e progettare precisi momenti di verifica dell’attuazione delle decisioni prese, che altrimenti rischiano di rimanere lettera morta, e soprattutto occasioni di periodico rilancio dell’azione alla luce dei risultati ottenuti, confermando ciò che ha funzionato e modificando ciò che si è rivelato inefficace o addirittura di ostacolo

Trasgressione o conversione?

riflettere su sinodo e sinodalità ci ha condotti ad affrontare questioni che in ambito ecclesiale non è esagerato definire scabrose, dall’attivazione di processi di

cambiamento verso assetti ancora non pienamente identificati, a quella che può sembrare una “ evaporazione” dei confini della comunità ecclesiale attraverso il coinvolgimento di persone che si collocano ai suoi margini o addirittura al di fuori, per finire con la rivisitazione delle forme di esercizio dell’autorità. Non è difficile comprendere perché la prospettiva del sinodo scateni dubbi, timori e resistenze, che in alcuni ambiti si fanno sentire più degli entusiasmi Non vanno sottovalutate né banalizzate, riducendole a forme di contrapposizione sulla falsariga della dinamica tra schieramenti politici opposti

Il DP ci esorta a guardare a queste tensioni con fiducia: la Chiesa ha già attraversato momenti simili e nel suo DNA ha le capacità e gli strumenti spirituali per farlo ancora Per questo fa meditare sul cap 10 degli Atti degli apostoli, uno dei passi fondamentali che porteranno la comunità primitiva al Concilio di Gerusalemme Il DP invita a prestare attenzione al percorso dell’apostolo Pietro: solo accettando di mettersi all’ascolto e in cammino può scoprire che la missione di evangelizzazione non ha frontiere. Per aderirvi dovrà arrendersi all’evidenza dell’azione dello Spirito e abbandonare alcuni di quelli che fino a quel momento aveva ritenuto elementi essenziali della propria identità di credente, sedendosi a tavola con dei pagani e mangiando cibi considerati impuri e proibiti per ordine di Dio. Già una visione divina gli aveva indicato questa strada, suscitando solo le sue resistenze Camminare insieme invece le ha sciolte Il messaggio del DP è chiaro: se non coltiviamo la disponibilità a ripercorrere i passi di Pietro, qualsiasi cammino sinodale diventerà una fatica improba coronata da ben pochi successi. E le nuove frontiere della missione che lo Spirito ci indica resteranno inesplorate

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Nel ritorno alla normalità la novità dell’ultimo CNIS

Probabilmente, qualche anno fa, mai avremmo pensato di dare così tanta importanza ad un CNIS, destinandogli addirittura più pagine D eccezionale sicuramente c’è stato il passaggio formale d consegne tra Enrico Mor ormai past president naziona le, e Paola Paoli, suo succe sore ma poi null’altro diverso dalle altre occasioni O meglio, forse proprio ritorno alla normalità, do l’imposta esperienza a dist za, è stata la grande novità tanti CNIS, passati finanche sordina, probabilmente que ha scritto la storia, poich primo della riparte ripartenza, dove la voglia di dersi e di rincontrarsi ha las per un attimo il passo alle tre angosce degli ultimi tempi, chi di dolori e di speranze.

Sguardi che incrocia sguardi, cuori che parlavano ai cuori: in questo clima, da venerdì 29 a domenica 31 ottobre 2021, presso l’Hotel “Casa tra noi” in roma, si è svolto l’ultimo Consiglio Nazionale del Serra Italia Fitto il programma istituzionale: nel pomeriggio di venerdì 29 ottobre, dopo aver letto il saluto del consulente episcopale, S E Mons. Jorge Carlos Patrón Wong, la nuova presidente Paola ha presentato la sua relazione programmatica e la sua “squadra” Al suo intervento, hanno fatto seguito quelli del segretario Luigi Ferro, del tesoriere Giuseppe Savino, del trustee di Serra International Giuseppe Miccoli e dei governatori dei vari distretti L’indomani mattina, la ripresa dei lavori con il presidente della Fondazione Marco Crovara, con le relazioni dei quattro

sidenti, dei coordinatori delle comni e degli incaricati ad hoc. pomeriggio della seconda giornata è a la riflessione sul tema nazionale nno: “Vivere le beatitudini è rendere o quello che passa È portare il cielo ra ” . La presidente nazionale, consedo la propria lettera sul tema nello o giugno, aveva scritto: «Chi vive le tudini vedrà Dio! […] La nostra sfida non solo dinanzi alla pandemia, è la di vivere le beatitudini nella nostra tidianità, nel nostro impegno di sine persone, nella nostra Chiesa domea e, come Serrani, nel sostenere i stri seminaristi, sacerdoti e consacraconsacrate senza limitarci a balbettadinanzi alla bellezza dell’amore di o, ma testimoniandolo con loro e per ro, secondo le nostre possibilità ono i gesti di rossimità e di ura che posono rendere terno ciò che passa, perché a che Dio ha dato all anima per salire fino a Lui” (Michelangelo), per cercare di raggiungere il cielo e portarlo in terra» Forti di tali intuizioni, sono intervenuti: il Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle vocazioni della CEI, don Michele Gianola, e riccardo Benotti, giornalista e caposervizio di Agenzia SIr. Il primo ha ricordato proprio il fulcro delle beatitudini, partendo dai racconti sinottici, per indicare la f e l i c i t à alla quale

di Piergiorgio Aquilino
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sono chiamati tutti i cristiani. Benotti, invece, carico della sua esperienza editoriale di “Covid-19: preti in prima linea Storie straordinarie di chi ha dato la vita e di chi non si è arreso ” , ha fatto un resoconto, quasi statistico, presentando volti e personaggi di chi, specialmente in questi tempi non facili, offre la propria vita per il regno Nella “tre giorni” romana non sono mancati neppure momenti di aggregazione con le visite guidate sia

diurne che notturne lungo le strade della Capitale e l’attesissima cerimonia, al termine della Celebrazione Eucaristica vespertina di sabato 30 presso la Basilica di San Sebastiano, che ha visto il passaggio d e l d i s t i n t i v o t r a i l p a s t p r e s i d e n t E n r i c o e l a p r e s id e n t e P a o l a , v i r t u a l m e n t e g i à a v v en u t o durante il Congresso Nazionale di giugno

La cena di gala presso l’Hostaria Antica roma sull’Appia Antica è stato davvero il primo momento clou del viversi insieme queste interminabili giornate cariche di affetto. Ad esso si è aggiunto l’altro – a mo ’ di ciliegina – di d o m e n i c a 3 1 i n P i a z z a S a n P i e t r o , nell’appuntamento con l’ A n g e l u s di P a p a F r a n c e s c o : « S a l u t o t u t t i v o i , f e d e l i d i r o m a e p e l l e g r i n i d i v a r i Paesi, [ ] come pure l’Associazione Serra International Italia, che ringrazio per l’impegno in favore delle vocazioni sacerdotali». Grazie per questo immenso dono: “Papa Francesco, preghiamo per te”, la risposta del Serra!

Delle emozioni e dei momenti vissuti, la redazione de “Il Serrano” vi lascia, cari lettori, quattro pagine di fotografie: nei volti sorridenti, benché celati da una m a s c h e r i n a , l o s p r o n o p e r c o n t i n u a r e a s c r i v e r e nuove pagine di vita

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Lo scorso 8 dicembre, il Santo Padre Francesco ha nominato Arcivescovo Metropolita di Jalapa (Messico) S.E. Mons Jorge Carlos Patrón Wong, finora

A r c i v e s c o v o - V e s c o v o emerito di Papantla, Segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero e consulente episcopale del nostro Serra International A mons Patrón Wong giungano le felicitazioni da parte di tutta la famiglia serrana, che gli assicura la costante vicinanza nella preghiera

Il Direttore e la Redazione

15 Settembre-Dicembre 2021

Speriamo di incontrare Abramo nella nostra vita Premiazione di “Penna dello Spirito” 2021

“Credevo di credere”, libro di Bruno Pennacchini (frate minore, docente all’Istituto Teologico di Assisi, alla Pontificia Università Urbaniana di roma e allo Studio Biblico di Gerusalemme) riguarda ciascuno di noi.

Perché ognuno di noi, prima o dopo, ha dovuto fare i conti con la forza della propria Fede Però “Credevo di credere” è forse rivolto più a chi è convinto di credere, rispetto a chi si è messo in discussione

Il pomeriggio di sabato 13 novembre padre Bruno è stato premiato dalla Biblioteca Nazionale “Junipero Serra”, in collaborazione con il Serra Club Pontremoli,

nell’ambito del Premio Letterario Serrano “Penna dello Spirito”, alla sua XV edizione, nel salone del Vescovado di Pontremoli L’evento, condotto dalla direttrice della Biblioteca Patrizia rossi, ha visto la partecipazione dei due past-presidenti Enrico Mori e Dino Viti e l’intervento della vicesindaca Clara Cavellini, in rappresentanza del sindaco Jacopo Ferri, la quale ha ricordato soprattutto lo stretto legame tra Pontremoli e San Francesco La neoeletta presidente nazionale del Serra Club Italia, Paola Poli, ha sottolineato quanto sia importante la lettura e la cultura, mentre la Governatrice del distretto 71, Elena Baroncelli, ha posto l’attenzione sulla copertina del libro, su quella “barchetta, che siamo noi, nel nostro mare di fragilità”

È stata Patrizia rossi ad ntrodurre padre Bruno e presentarne il libro: “credevo di credere – ha detto iprendendo l’incipit del ibro – ma in realtà non credevo; credevo di amare, ma in realtà non sapevo cosa fosse l’amore; credevo di vivere, ma in realtà stavo solo consumando i miei giorni” “Argomenti profondi – ha continuato –esposti con un linguaggio semplice che arriva a ciascuno di noi C’è bisogno di aiutare il lettore in un percorso per ritrovare la Fede e leggere la propria storia alla luce di questo percorso ”

Padre Bruno, dopo una

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La presidente Paola Poli consegna il premio all'Autore

breve parentesi sulla storia editoriale della pubblicazione (“ho litigato con l’editore per la copertina Il libro nasce dalle mie predicazioni, trascritte dalle Clarisse, che circolavano tra i frati Erano talmente tante che le abbiamo stampate”), ha raccontato di come il titolo derivi da alcune parole ascoltate alla radio: “ho capito che il credente non è uno che è convinto di credere, conosciamo qualcuno in grado di spiegare da dove deriva la parola interiore che lo rassicura di non sbagliarsi?”.

“Nessuno ha mai sentito parlare Dio – ha continuato –nemmeno Abramo, che però era sicuro di averlo sentito”

Nel libro padre Bruno si sofferma infatti sul racconto biblico della storia di Abramo e spiega come abbia creduto alla voce, nella sua interiorità, che gli prometteva un figlio e una terra “Il figlio non arrivò subito e Abramo si chiese se la voce fosse autentica” Dopo

Recensione

aver avuto un figlio da una schiava e aver compreso che quel neonato non era quello a cui Dio si riferiva, tre pellegrini annunciano ad Abramo e Sara la futura nascita di un bambino, Isacco, che vedrà la luce l’anno successivo “Dio non interviene subito e l’attesa è sempre una fatica - spiega padre Brunoma non poteva fermarsi: doveva sacrificare Isacco”

E p r e c i s a c h e “ A b r a m o c r e d e c h e D i o p o s s a r e s u s c i t a r e i l f i g l i o u c c i s o e q u a n d o g l i a n g e l i b l o cc a n o i l b r a c c i o c o n c u i a v r e b b e c o m p i u t o i l s a c r i f ic i o , e g l i c a p i s c e e d è s i c u r o d i n o n e s s e r e s t a t o i n g a n n a t o ” D u n q u e A b r a m o è “ s i m b o l o d i F e d e –c o n c l u d e l ’ a u t o r e – e d o b b i a m o d o m a n d a r c i s e c ’ è q u a l c o s a , n e l l a n o s t r a s t o r i a , c h e a s s o m i g l i a a q u e ll a d i A b r a m o L a F e d e n o n è u n ’ i d e a , m a u n i n c o nt r o S p e r i a m o d i r i u s c i r e a i n c o n t r a r e A b r a m o n e l l a n o s t r a v i t a ”

Credevo di credere. Con la fede, per navigare nella vita di Bruno Pennacchini 2018 ed. Porziun

S p e s s o c i i l l u d i a m o d i c r e d e r e , d i a m a r e , d i v i v e r e C o m e r e p e r a r e l a v e r i t à d e l l a n o s t r a v i t a ? D a d o v e p a r t i r e p e r d i v e n t a u t e n t i c a m e n t e n o i s t e s s i ?

Q u e s t o l i b r o s i p r o p o n e d i g u i d a r e a d u n r a p p o r t o p i ù m a t u c o n D i o , p e r u n c a m m i n o d i g u a r i g i o n e e d i r i c o n c i l i a z i o n c o n l a p r o p r i a s t o r i a , d i r a c c o n t a r e i n m o d o e f f i c a c e i l b i s o g n o d i o g n i u o m o d i d a r e u n s e n s o a l l a v i t a , d i n o n l a s c i a s c o r r e r e i g i o r n i , d i c o s t r u i r e c o n i l c u o r e r i v o l t o a l l a s p e r a n z a , d i e s s e r e r i c c h i m a p e r c h é a r r i c c h i t i d a u n a F e d e c o n s a p e v o l e e m a t u r a . I l l i b r o a i u t a a t t r a v e r s o u n p e r c o r s o d i m e d i t a z i o n i e s p u n t i e v a n g e l i c i a c a p i r e c o m e s o l o a v e n d o i n s é l o S p i r i t o d i G e s ù c h e r e n d e n u o v i l ’ u o m o p u ò a r r i v a r e a c o m p i e r e l e c o s e d i c u i p a r l a i l V a n g e l o , c h e n o n s o n o d i f f i c i l i , s o n o i m p o s s i b i l i .

Settembre-Dicembre 2021
L’Autore con la referente del ser vice, Patrizia Rossi
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Dall’inquietudine alla vitalità del monastero

di sr. Clara Maria Cesaro O.S.A.

Vita!

Mentre mi accingevo a scrivere questo articolo, ancora con il foglio bianco davanti a me, sul nostro cellulare di Comunità è arrivato il messaggio di un amico: “Ascoltatemi, i giovani hanno bisogno di Vita ”

Quella “V” in maiuscolo ha catturato nuovamente la mia attenzione perché, in fondo, è quello che fin da bambina anche io ho sempre cercato, a volte su strade senza uscita, a volte negli acquitrini di qualche traguardo da raggiungere che non poteva soddisfare appieno la sete di Vita che portavo dentro. Cercavo la Sorgente, anche se spesso non ne avevo coscienza E la cercavo fin da bambina quando, con lo stupore caratteristico dei piccoli, partecipavo alla liturgia della Settimana Santa, avvertendo la solennità di quei momenti, delle parole, dei gesti, dei profumi, e la forte attrattiva che esercitavano su di me Sapevo di essere nata di Giovedì Santo e forse questa felice coincidenza cronologica contribuiva ad aumentare il desiderio di lasciarmi raggiungere più profondamente dal mistero dell’Amore che si è fatto carne Ogni vocazione particolare scaturisce da questo affacciarsi umile e dirompente di Dio nella storia. È stata semplicemente questione di un incontro

Benedetta inquietudine

A 23 anni, alle soglie della laurea e con tante aspirazioni, si erano accumulati nel mio cuore molti interrogativi, domande aperte che non avevano ancora trovato risposta: qual è il senso ultimo della mia esistenza? Perché tanta sofferenza attorno a me? Perché la morte? Come impiegare il tempo prezioso di questa vita? Per chi veramente vale la pena di spenderla? Dove trovare la gioia vera e duratura? «Che cosa giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» (Mc 8, 36) L’inquietudine dettata dal-

l’incalzare di queste domande cresceva e ormai urgevano risposte autentiche, cristalline, come acqua di sorgente Non mi accontentavo Forse è questo il più sottile inganno in cui possiamo incorrere: adagiarci sulla soddisfazione dei piccoli bisogni del momento, soprattutto quando vogliono zittire la voce del desiderio più bello, vero e ardente che grida dentro di noi. In quel periodo davanti a me vedevo soltanto lo scorrere inesorabile del tempo, il vuoto di senso e il buio di una ricerca a tentoni. Ma una spinta interiore, di cui non conoscevo l’origine, mi impediva di fermarmi e di accomodarmi in qualche “stazione di sosta” regnava quella benedetta inquietudine, che poi negli anni ho riconosciuto sempre di più nel formidabile inciso di Agostino «ci hai fatti per Te, e il nostro cuore non ha p a c e f i n c h é n o n r i p o s a i n T e » ( C o n f e s s i o n i 1,1,1) Avvertivo un desiderio infinito di pienezza che abbracciasse tutta la mia persona. Infinito e pienezza, che dessero senso alle mie domande sul limite, la finitezza, la precarietà In fondo al cuore, desideravo essere accanto ad ogni uomo, raggiungere tutti. Questo stato interiore ha raggiunto il culmine alla fine di aprile del 2004, mentre ero impegnata a preparare uno degli ultimi esami universitari Improvvisamente avevo cominciato a nutrire una sete bruciante di conoscere Gesù

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ricordo che in quei giorni facevo continuamente la spola tra i libri di studio sulla scrivania ed una Bibbia che lasciavo sempre aperta sopra al letto della mia stanza In una di quelle occasioni lessi d’un fiato i discorsi di addio di Gesù nel Vangelo di Giovanni, la Passione, la Crocifissione Ad un tratto fu come se la Parola mi penetrasse e al contempo mi introducesse a vedere con chiarezza e senza più veli la Verità che cercavo «Folgorato al cuore da te mediante la tua p a r o l a , t i a m a i » , scriveva Agostino ( C o n f e s s i o n i 10 6 8)

Anche per me la svolta della vita arrivò al balenare della luce che irradiava dalla Parola di Dio, dall’incontro con una Persona viva L’infinito che cercavo era l’Amore e finalmente tutto l’Amore, in quel momento, era davanti a me, nel dono totale di Gesù Un amore così non poteva morire Mi sono sentita invadere da una gioia profonda, una pace mai assaporata prima. I miei stessi interrogativi lì avevano trovato pace In quel momento ho cominciato a rileggere la mia vita a partire da quel “dono di grazia”. A distanza di anni il ricordo di quell’istante non è stato scalfito dal tempo, è rimasto impresso dentro di me e spesso vi ritorno come ad una fonte sorgiva Un’altra domanda aveva preso il posto di tutte le altre: “Signore, che cosa devo fare?” L’inquietudine aveva acquistato il carattere di un ’ urgenza, mi aveva lasciato con l’impressione di dover “andare via” Allora lo esprimevo così ma non sapevo cosa significasse realmente: comunque ero certa che mi attendessero orizzonti più ampi Insieme a queste intuizioni, in quella primavera del 2004, sentii chiaramente che dovevo chiedere aiuto, che avevo bisogno di essere accompagnata e guidata per trovare risposta a quella nuova domanda che aveva preso il posto delle altre Fu così che mi rivolsi ad un giovane sacerdote che avevo conosciuto all’università Al nostro primo colloquio, dopo avermi ascoltata, mi disse semplicemente: “Concludi gli studi, intanto il Signore ti aiuterà a comprendere cos’è questo ‘andare via’, forse potrebbe essere una chiamata alla vita consacrata…”. Nonostante tutti i dubbi, le resistenze, i rallentamenti, la difficoltà ad accettare per la mia vita qualcosa a cui non avevo mai pensato prima, sentivo che dovevo

rispondere il mio “sì” a quella Voce che insisteva a chiamarmi, che interpellava la mia libertà e che mi donava la vera libertà di scegliere, perché mi faceva sentire profondamente amata. Il Suo amore ha prevalso su tutto Si apriva per me il tempo del discernimento vocazionale Nella preghiera, luogo dell’incontro, trovavo la mia bussola. Un giorno chiesi al sacerdote che mi accompagnava se potevo parlare con una donna che aveva fatto una scelta di vita consacrata; desideravo confrontarmi e comprendere meglio. N e l l ’ o t t o b r e d e l 2 0 0 4 a n d a i p e r l a p r i m a v o l t a all’Eremo agostiniano di Lecceto (Siena) dove ebbi modo di parlare con una giovane monaca, di condividere con lei l’esperienza del cammino che stavo percorrendo. Negli incontri successivi con la Comunità monastica, nello stile di preghiera, di accoglienza e di amicizia, nella carica di umanità resa luminosa e semplice dall’incontro con Lui, comprendevo sempre meglio il messaggio che la vita contemplativa continua a ripetere nella storia, cioè che «il primato di Dio è per l’esistenza umana pienezza di significato e di gioia» (Vita consecrata n 27), ma soprattutto nell’esperienza monastica agostiniana ho trovato la forma del “sì”, la strada da percorrere per dare risposta a quella domanda che rimaneva ancora aperta Una strada, appunto, per camminare dietro a Gesù e inoltrarsi nei sentieri di Dio e dell’uomo, per andare alle radici del proprio cuore e mettersi a disposizione di quello che Dio vuol fare con la terra della nostra umanità

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Spazi di carità

La vocazione è un seme piantato che chiede cure e attenzioni per crescere, nella consapevolezza che «la f a n t a s i a s c a p i g l i a t i s s i m a e p a c a t i s s i m a d i D i o » (A Cencini, Il respiro della vita), lo Spirito Santo, conduce sempre verso spazi inediti di libertà, accompagna, purifica, scardina le nostre serrature, spalanca le porte del cuore, purifica, consola e rende uomini e donne di comunione. Dopo 15 anni di vita in monastero è sempre questa l’esperienza che vado facendo: Dio sorprende sempre e chiama ad andare oltre, rilancia verso orizzonti sempre più ampi di amore «Dilatentur spatia caritatis», direbbe Agostino (Discorso 69) E questo avviene nel microcosmo di una comunità che è uno spaccato di umanità. La vita in monastero non è fatta da persone che si sono scelte tra loro, accomunate magari da qualche gusto o simpatia; la comunità, per sua natura, tiene insieme le categorie degli oppo-

sti; chi approda in monastero vi giunge da diverse latitudini e longitudini geografiche, culturali, esperienziali, spirituali. Nel lavorio della vita insieme, sotto l’azione dello Spirito, ci alleniamo a gettare ponti e a vivere le relazioni riconoscendo che l’altro è luogo abitato da Dio, è “ casa sua ”

L’esperienza di trovarmi da qualche anno in Calabria, in un monastero “agli inizi”, mi ha aiutato a cogliere ancora di più quanto sia meravigliosa l’azione di Dio che continuamente dilata le nostre prospettive e che si prende cura di trasformare sempre i deserti in giardini Ho iniziato questa testimonianza con la parola “Vita”; vorrei concluderla con la parola “vitalità” Nell’immaginario comune ci sono ancora residui di pensiero (peraltro errati) che guardano al monastero come ad una realtà statica, ripetitiva. È l’esatto contrario Quando la dýnamis della Vita scorre in noi, l’esistenza si fa realmente dinamica e la gioia contagiosa

Sr. Clara Maria Cesaro, classe 1981, originaria della provincia di Padova.

N e l 2 0 0 6 d o p o l a l a u r e a i n “ E c o n o m i a d e l l e a m m i n i s t r a z i o n i pubbliche e delle istituzioni internazionali” ho fatto il mio ingresso n e l l a C o m u n i t à d e l l e M o n a c h e Agostiniane dell’Eremo di Lecceto a Siena, dove nel 2012 ho emesso la Professione perpetua.

Dal marzo del 2013 vivo presso la n o s t r a f o n d a z i o n e ( l ’ i n i z i o d i u n nuovo monastero) a rossano, sulla c o s t a i o n i c a c o s e n t i n a , d o v e l a n o s t r a c o m u n i t à è p r e s e n t e d a l 2009, unica realtà di vita contemp l a t i v a a g o s t i n i a n a d e c l i n a t a a l femminile presente in Calabria.

Dal 2019 la Comunità vive al Monastero sant’Agostino, sorto dalla ristrutturazione dell’antico Seminario estivo della Diocesi, sito nella zona della montagna di rossano, lungo la strada che porta in Sila. Vita interiore e comunione di vita sono i due “cuori pulsanti” del nostro quotidiano cammino. Dalla trama della preghiera si sviluppano i vari momenti della giornata: studio, lavoro, condivisione Un clima di amicizia caratterizza l’accoglienza di chi approda al Monastero Sant’Agostino in cerca dell’acqua viva della preghiera, della prossimità, della bellezza del creato. Da qualche anno abbiamo avviato un laboratorio di ceramica per il lavoro della Comunità

In questo periodo è in corso il progetto “Un Giardino per riconnetterci all’Essenziale” per la realizzazione di un parco giardino al Monastero Sant’Agostino, che desidera essere un piccolo seme di speranza e cambiamento in una terra così suggestiva e ricca di storia, spesso sfigurata da tante forme di inquinamento.

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Preti in prima linea Quando le Beatitudini prendono forma

Amargine dell’incontro con il Serra International Italia, riunitosi a roma per il suo Consiglio Nazionale d’inizio anno pastorale 2021-2022, abbiamo intervistato riccardo Benotti, giornalista e caposervizio di Agenzia Sir, autore del libro: “Covid-19: preti in prima linea. Storie stra-ordinarie di chi ha dato la vita e di chi non si è arreso” (Ed San Paolo, Cinisello Balsamo 2021).

1. Una fatica del tutto inedita: il quotidiano che si fa storia, anzi, oserei dire, la storia che entra nel quotidiano lavoro di tanti uomini che non si sono lasciati “rubare la speranza” (per dirla con papa Francesco). Come nasce questo progetto editoriale?

L’immagine del Papa che prega da solo e al buio, in una piazza San Pietro deserta e battuta dalla pioggia, è ancora impressa nella memoria dei credenti (e non solo) di tutto il mondo. Un uomo anziano che si carica il peso di portare al Signore le sofferenze di un popolo in ginocchio, che non soltanto in Italia aveva iniziato

una battaglia senza quartiere contro un nemico invisibile In quell’occasione, Francesco aveva parlato delle “ persone comuni” che non hanno la luce della ribalta eppure “stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia” Tra questi aveva nominato i sacerdoti e le religiose. Il libro vuole restituire a quelle persone un volto e un nome: tanti di loro, in piena pandemia, non hanno potuto avere nemmeno l’accompagnamento che la Chiesa cattolica riserva ai defunti. raccontare le loro storie è il tentativo, seppur minimo, di riconsegnare alla memoria il loro vissuto Accanto alle vite di chi le ha perse a causa del Covid-19, ho raccolto anche quattro testimonianze di sacerdoti che nella fase più critica sono rimasti fedeli al loro ministero: cappellani nei reparti Covid degli ospedali e nelle carceri, direttori di residenze per persone con gravi disabilità e parroci delle periferie più abbandonate delle nostre città

2. Storie anonime ma straordinarie: è il messaggio che trapela dalle 460 pagine del volume. Si tratta di testimonianze vocazionali, insomma, dei tanti che possono essere considerati “santi della porta accanto”. Quale emozione ti ha animato mentre raccoglievi, storia per storia, queste grandi eredità?

Sembrerà paradossale, ma la Chiesa italiana si è dimostrata straordinariamente viva anche in tempo di morte È viva nei sacerdoti che la rappresentano in ogni angolo del Paese, anche in quelle frazioni sperdute dove mancano persino i sindaci. È viva nella testimonianza di esistenze che si sono spese fino alla morte per restare in mezzo alla gente, ma lo è anche nelle centinaia di sacerdoti anziani che hanno vissuto nella fedeltà alla vocazione anche quando l’età li ha costretti al riposo dal ministero attivo. Direi che forse è proprio qui il messaggio del libro: l’eccezionalità di

Settembre-Dicembre 2021 21 l’intervista
La copertina del volume

tanti preti italiani che risiede soprattutto nella “ normalità” di esistenze con “l’odore delle pecore ”

3. Al CNIS di Roma ci hai portato i dati che hai potuto raccogliere statisticamente e che ti hanno portato ad analizzare, oltre alla quaestio Covid, la Chiesa italiana nell’oggi. «I numeri, rilevati dall’Ufficio nazionale per la pastorale della vocazioni della Cei – hai sottolineato – mostrano una realtà in linea con il calo degli ultimi cinquant’anni… e le nuove vocazioni in forza alla Chiesa cattolica sono diminuite di oltre il 60% negli ultimi cinquant’anni»: a lungo termine, c’è da preoccuparsi?

I numeri mostrano una realtà cruda che non fa sconti Eppure sarebbe sbagliato pensare che possano spiegare tutto. È vero che, a condizioni invariate, il futuro non si prospetta roseo Ma dobbiamo ricordare che il confronto numerico è tra periodi storici diversi: l’Italia della metà del secolo scorso è un Paese ancora fortemente rurale, con una salda tradizione cattolica che si tramanda all’interno delle famiglie (numerose) fin dalla più tenera età È un contesto sociale “ a misura” di persona, le grandi metropoli sono ancora lontane dall’essere il centro della vita della nazione, le relazioni si costruiscono in rapporti diretti che favoriscono la proposta di una vocazione al sacerdozio e la cultura di massa non è dominante nell’offrire opportunità di svago che orientino e monopolizzino il tempo personale Facendo gli auguri di Natale alla Curia romana, Papa Francesco ha avvertito: “Non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i

primi, né i più ascoltati”. Ad essere in crisi è la vocazione personale, non solo quella al sacerdozio

4. C’è il rischio che le porte della Chiesa siano figurativamente aperte solamente per l’azione “in uscita”: dall’esterno si fa sempre più difficoltà ad entrare. Una grande svolta potrebbe essere compiuta anche dal nostro Serra, a favore della promozione delle vocazioni al sacerdozio. O meglio, penso che, a ragione, questa emergenza debba interpellare la coscienza di ogni serrano. Da laico, come pensi sia possibile far invertire la rotta, ricucire i numeri, promuovere una nuova fioritura vocazionale nella Chiesa italiana?

L’emorragia di vocazioni, come definita dal Santo Padre incontrando i Vescovi italiani nel 2018, è il “frutto avvelenato della cultura del provvisorio, del relativismo e della dittatura del denaro, che allontanano i giovani dalla vita consacrata; accanto, certamente, alla tragica diminuzione delle nascite, questo ‘inverno demografico’; nonché agli scandali e alla testimonianza tiepida” È una fotografia impietosa ma realistica, che chiede a ciascuno di vivere la fede e di rinnovare la presenza cristiana nella società. D’altronde, ricorda ancora il Papa, “la luce di Cristo non si allarga per proselitismo, si allarga per testimonianza” E che testimonianza di cristiani offriamo? Perché la vita cristiana dovrebbe essere attrattiva? E perché dovrebbe esserlo ancor di più quella al sacerdozio? È venuta meno la figura tradizionale del parroco di campagna che è pastore d’anime attento e disponibile alla cura dei fedeli, le nuove tecnologie hanno invaso la quotidianità di sacerdoti che, troppo spesso, sono sommersi di incombenze burocratiche e si devono dividere tra numerose comunità Quanto tempo resta per ’attenzione alle persone e all’equilibrio personae? Che immagine di sacerdote si presenta ai giovani?

È forse il momento di riflettere sul sacerdozio e sulla formazione dei nuovi preti: il Cammino sinodale che si è appena aperto può essere l’occasione giusta

il serrano n 153 22 l’intervista
Riccardo Benotti

Il nuovo presidente Bragg La convention di Chicago

Buona sera e un caloroso benvenuto ai nostri reverendi Padri, ai membri del Consiglio di Amministrazione di Serra Internazionale, agli ospiti e a tutti gli amici Serrani È passato tanto tempo da quando ci siamo riuniti di persona ed è commovente vedere che siamo ora in grado di farlo qui a Chicago

Vorrei presentarmi a chi di voi non mi conosce: mi chiamo Michael Bragg e sono originario di Toledo, Ohio Sono sposato da 37 anni e ho quattro figli Questo suonerà un po ’ insolito ad alcuni, ma vorrei raccontarvi qualcosa di me, piuttosto che presentarvi da subito i programmi intesi a cambiare e migliorare il Serra durante il mio mandato di presidente. Se devo essere il leader di Serra Internazionale chiedendovi di seguire la mia guida, penso dobbiate sapere qualcosa in più della mia persona, come per esempio che non sono un cattolico dalla nascita ma un convertito alla fede Mio nonno era un ministro metodista e così sono cresciuto in una famiglia molto attiva nella chiesa protestante Da adolescente, intorno ai 13 anni, ho persino pensato di diventare anch’io un ministro come mio nonno. Poi, al liceo, ho incontrato Sharon, nata e cresciuta in una famiglia cattolica, e ci siamo sposati con rito cattolico mentre frequentavo il mio secondo anno di legge Abbiamo fatto battezzare i nostri figli ma occasionalmente frequenta-

vamo ancora la mia chiesa protestante. Per fortuna il nostro Dio è molto paziente e ha continuato ad avere fiducia in me Nella Veglia Pasquale del 1998 sono diventato membro della Chiesa Cattolica. Da convertito provo un sincero apprezzamento dell’Eucaristia e dei Sacramenti, e forse è per questo che sono così appassionatamente coinvolto nelle iniziative del Serra, condividendo l’esplicito impegno di essere noi stessi sacerdoti all’interno dell’istituzione cattolica Un anno dopo la conversione sono stato invitato a una riunione del Serra da un altro avvocato di Toledo Non avevo idea di cosa fosse il Serra, ma nel giro di un anno sono stato eletto presidente del Serra Club di Toledo

Una cosa su cui vorrei concentrarmi stasera è come diventare i migliori Serrani che Dio vuole che noi siamo. Per essere buoni Serrani, dobbiamo essere fedeli nel nostro cammino insieme a Cristo Avrete sicuramente sentito dire che non si può dare ciò che non si ha, e questo per me significa che non possiamo raggiungere gli obiettivi del Serra senza un profondo amore per il nostro Salvatore e senza l’aiuto dello Spirito Santo Sono felicissimo di aver iniziato la nostra convention venerdì mattina con una Adorazione, e di aver programmato una S Messa ogni giorno unitamente all’opportunità di confessarci Mi rendo conto che spesso come serrani siamo un po ’ ossessionati dal proporre nuovi programmi, nuovi metodi, nuove tecniche, nuovi modi per incoraggiare i giovani ad entrare in seminario, nuovi modi per incoraggiare uomini e donne a considerare la vita religiosa Non c’è niente di sbagliato in questo, ma se non abbiamo la nostra spiritualità in ordine, niente di questo lavoro sarà fruttuoso Quando Gesù ha inviato i 12 apostoli a diffondere per lui la buona novella, non ha dato loro un programma, non ha dato loro un discorso, non ha dato loro gli ultimi materiali e gli opuscoli Ha dato loro se stesso! Mi viene in mente la storia di Maria e Marta. La maggior parte di noi Serrani si immedesima con Marta Io stesso confesso di voler sempre cercare il modo migliore di agire e il modo più efficiente ed efficace per raggiungere il mio obiettivo Tuttavia, noi Serrani dovremmo anche provare ad immedesimarci con Maria, e lasciare che Gesù ci guidi. Nel corso della mia vita, ho scoperto che ogni qualvolta

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l’angolo del serra international
Michael Bragg

l’angolo del serra international

cerco di fare le cose da solo, inciampo e incontro ostacoli, e che le poche volte in cui mi fermo e mi affido a Gesù dicendo “da solo non posso farlo”, le cose accadono in un modo tanto miracoloso che mai avrei potuto immaginare. Così, mentre abbiamo continuamente bisogno di lavorare sui nostri programmi, sulle nostre dichiarazioni di missione, su come coinvolgere giovani uomini e donne, su come sostenere i nostri sacerdoti, non possiamo dimenticare di fare la scelta migliore, proprio come fece Maria seduta ai piedi di Gesù. Se non erro, Gesù in effetti istruisce i suoi discepoli su come aumentare le vocazioni in un solo passaggio del Vangelo, in cui dice loro: “Pregate il Signore dei raccolti perché mandi operai nel campo ” A volte sminuiamo l’aspetto della preghiera perché qui in America intendiamo sempre produrre cose concrete come un libro, un documento, un programma, una presentazione in PowerPoint come prova tangibile di quello che stiamo facendo Molte vocazioni, tuttavia, nascono dalle lacrime di una nonna che prega il suo rosario ogni notte per i suoi figli e I suoi nipoti. Vi prego tuttavia, di non pensare che io stia ignorando la necessità di continuare a lavorare sui nostri programmi San Giacomo disse chiaramente che la fede senza opere è morta, come pure diversi santi ci hanno invitati a pregare come se tutto dipendesse da Dio, e a lavorare come se tutto dipendesse da noi Credo veramente in questo motto Preghiamo quindi di più e lavoriamo di più

Seguendo le pratiche passate del Presidente Biscardi, che ha richiesto che ogni Serrano portasse un nuovo membro, perché non lo abbiamo fatto? Ho il sospetto che il motivo risieda nella mancanza di fede nella nostra missione Al contrario, nella mia esperienza personale ho visto che la maggior parte dei serrani che invitano nuovi ospiti a diventare membri del Serra, lo fanno perché amano il loro club e perché credono nella sua missione. Guardando i vincitori del recente concorso per promuovere l’estensione proposto dal presidente Gallegos, scoprirete che quei club sono attivi e vivaci, e che i loro membri sono entusiasti di portare nuovi soci Dobbiamo iniziare ad invitare a una riunione o ad un evento i nostri amici, i nostri vicini, e i nostri colleghi Se avete paura di portare un ospite al Serra, chiedetevi il perché Se il vostro club non funziona, occorre sistemarlo. Si fa fatica a trovare buoni cattolici disposti a farsi avanti e ad assumere ruoli di guida e di comando Dobbiamo noi per primi, essere leaders, identificare i nuovi leaders dei nostri club e invitare quelli della nostra comunità cattolica ad essere Serrani La Chiesa ha bisogno del Serra oggi più che in qualsiasi altro momento nella sua storia.

Voglio pertanto chiedervi di fare una cosa per me durante il mio anno da presidente: pregare il rosario Il rosario oggi non viene recitato in molte parrocchie e famiglie. È considerato una “vecchia tradizione”. Non è visto come un nuovo modo di fare le cose, ma quello che facevano le nostre nonne Posso solo dirvi che la nostra Signora di Fatima ci ha invitato a recitare il rosario ogni giorno e così ci invitavano San Padre Pio, Madre Teresa, San Carlo Borromeo, San Papa Giovanni Paolo II

Per concludere la nostra organizzazione è stata già in passato consacrata alla nostra Madre Questo fine settimana, nell’anno di San Giuseppe, il Serra è stata consacrato a San Giuseppe Preghiamo affinché la Vergine Maria, San Giuseppe e il nostro San Junipero Serra intercedano per la nostra Chiesa e per il Serra.

Manuel Costa nuovo Vicepresidente Internazionale

Nella squadra del presidente eletto Greg Schwietz, è stato nominato all’interno del Consiglio direttivo di Serra International 20212022 come vicepresidente internazionale alle Vocazioni il nostro carissimo Emanuele (Manuel) Costa Entrato a far parte del Serra Club Lugano nel 1997, Manuel è stato Presidente di Club, Governatore Distrettuale e Presidente del Consiglio Nazionale Italiano Da ultimo, trustee nazionale presso il Consiglio internazionale A lui, gli auguri di buon lavoro da parte di tutta la famiglia serrana

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La FONDAZIONE: il nostro serranesimo sensibile

Continua l’attività della nostra Fondazione Nonostante la pandemia che ci ha costretto ad affrontare anche quest’anno difficoltà sia di comunicazione che operative, nonostante le restrizioni a cui abbiamo dovuto giustamente sottostare e che hanno anche limitato l’attività nei seminari, la Fibjs ha elargito il proprio sostegno, il sostegno di tutti i serrani italiani, ad alcuni giovani che hanno intrapreso il percorso dell’impegno nel ministero sacerdotale e che necessitano del nostro aiuto. La nostra decisione di stabilire, per l’anno 2021, due date per la raccolta delle domande di elargizione (31 Marzo 2021 e 30 Settembre 2021), sta dando buoni risultati Ad oggi sono arrivate nove richieste tutte puntualmente corredate dei documenti necessari, per cui, sia per il ramo ONLUS che per quello NON ONLUS, sono state deliberate nove borse di studio da 2 000,00 eu/cad I beneficiati sono studenti di vari seminari italiani o di atenei di dottorato. Alcuni di loro hanno già ricevuto la nostra borsa di studio, altri, causa la pausa estiva, la riceveranno con la ripresa delle attività

I primi, con fotografie e brevi scritti, li abbiamo già conosciuti: Sebastiano Mauro e rosario Pittera di Acireale, Giovanni russo e Alessio Taormina di Palermo e Dario Apruzzi di Molfetta

“ Mi chiamo Giovanni Russo, ho 35 anni e sono nato

a Palermo; provengo da una famiglia numerosa di sette figli, in cui io sono il quarto Ho conseguito la maturità classica nel 2004, successivamente mi sono iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia dove ho conseguito la laurea in lettere classiche perché avevo il grande desiderio di insegnare latino e greco nei licei Nonostante fossi fidanzato e coltivassi il progetto di arrivare al matrimonio, percepivo che questo non mi appagava pienamente e decisi di interrompere questa relazione, quando ancora non sapevo che il Signore aveva altri progetti per la mia felicità In questo periodo la mia vita è stata contrassegnata dalla più forte esperienza avuta con un ’altra Persona, Gesù Cristo, e dall’aver percepito il Suo immenso Amore nei miei confronti Ma posso affermare di averLo incontrato veramente grazie a un percorso di catechesi sulle 10 parole, che si è rivelato fondamentale per la mia crescita umana e spirituale e che ha fatto luce nella mia vita, su chi fossi io veramente, su chi fosse veramente Gesù Cristo, e su cosa rappresentassi per Lui Proprio durante questo percorso sentii che il Signore mi chiamava a progetti con cui non avevo mai fatto i conti, ossia, realizzare in me un ’ opera d’arte, che per me voleva dire donare la mia vita a servizio degli altri nella vita presbiterale, cosa che nel primo periodo ho vissuto con un po ’ di rifiuto e di ansia e particolare preoccupazione,

Nella foto di sinistra: Alcuni rappresentanti del Serra Club di Palermo con i seminaristi Alessio Taormina e Giovanni Russo

Nella foto di destra: Alcuni rappresentanti del Serra Club di Acireale con i seminaristi Sebastiano Mauro e Rosario Pittera

Settembre-Dicembre 2021 25 voce della fondazione BJS

ma durante il lungo periodo di discernimento, coadiuvato dal mio direttore spirituale, arrivai a sentire una pace e una serenità ad abbracciare questo progetto di felicità e di vita piena a cui il Signore mi chiamava ” Alessio Taormina è di Palermo Dopo aver conseguito la maturità classica nel 2011, intraprende il corso di Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Palermo e contemporaneamente il corso di Composizione presso il Conservatorio Dopo aver interrotto il corso di Lettere nel 2013, nel 2014 rinuncia anche gli studi musicali per intraprendere gli studi teologici presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista” Nel 2015 inizia il suo discernimento vocazionale presso il Propedeutico e nel 2016 entra a far parte della comunità del Seminario Arcivescovile di Palermo. Nel 2020 consegue il Baccellierato in Sacra Teologia Attualmente frequenta il sesto anno in Seminario “…Sono Dario Apruzzi, ho 21 anni e sono di San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi.

La mia formazione cris t i a n a è a v v e n u t a n e l l a p a r r o c c h i a S a n t a M a r i a d e l l a V i t t o r i a e q u i h o m a t u r a t o i l d e s i d e r i o d i i n i z i a r e i l c a m m i n o d i discernimento in Seminario, con la speranza – se Dio lo vorrà – di diventare sacerdote

Il prossimo settembre inizierò il secondo anno formativo presso il Pontificio Seminario Regionale Pio XI di Molfetta La retta per alloggiare in seminario e le tasse accademiche universitarie sono onerose per la mia famiglia e l’aiuto che la Fondazione “B. Junipero Serra” ha elargito in mio favore è una grande benedizione per me

Io provo sempre a dare il mio contributo e infatti dal 2016, durante i mesi estivi, lavoro come addetto al ricevimento presso un albergo della provincia.

Questo lavoro è innanzitutto una passione, perché riesco a mettere a frutto la preparazione alberghiera maturata durante gli studi di scuola secondaria superiore, ma è anche un ’occasione di crescita e di discernimento personale per incontrare altre persone e per contribuire direttamente alle spese per la mia formazione

Ringrazio di cuore anche il Serra Club locale di Brindisi, che esprime in molte maniere la sua attenzione per i seminaristi Chiedo una preghiera per me e per il mio cammino vocazionale

I l S i g n o r e v i b e n e d i c a e v i r i c o m p e n s i p e r i l b e n e c h e f a t e … ”

Allo scritto di Dario ha fatto seguito un altro scritto, significativo e gradito: quello di Don Andrea Giampietro, rettore del seminario arcivescovile di Brindisi-Ostuni

…Cari amici della Fondazione B. Junipero Serra, aggiungo qualche riga alle parole che il seminarista Dario ha scritto nel suo ringraziamento

Sono già diversi anni che la nostra Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni beneficia degli aiuti economici per la formazione dei seminaristi e non posso che rinnovare la mia sentita gratitudine per l’opera da voi compiuta L’aiuto materiale è imprescindibile per assicurare un cammino sereno a un seminarista, che spesso deve fare fronte a situazioni familiari precarie e che non può garantire di potersi sostenere con un lavoro part-time, avendo l’obbligo di frequentare le lezioni universitarie e di portare avanti il cammino formativo in Seminario

Abbiamo sempre apprezzato l’intraprendenza dei giovani che dedicano il loro tempo libero estivo per contribuire direttamente al sostegno del loro cammino vocazionale In questa maniera il Vostro aiuto è davvero formativo, perché completa l’iniziativa personale di un giovane in cammino.

Vi chiedo di pregare per le vocazioni: oggi siamo sempre più consapevoli che gli aiuti materiali completano l’opera della fede e la nostra Arcidiocesi ha bisogno di nuove e sante vocazioni agli ordini sacri

Sono certo che anche in questo ci siete accanto, da buoni “amici” nella fede Da parte mia, non manca il ricordo speciale nella S Messa per voi due volte al mese Un caro saluto ”

Ecco i primi risultati del nostro “sostenere”. È chiaro che il nostro impegno è e sarà quello di lavorare sempre più nel mondo delle giovani generazioni con particolare attenzione a quelle indifferenti, sapendo che questa e solo questa, è la nostra missione voluta dai fondatori della FIBJS negli anni ’90 e che ci viene tramandata in maniera esemplare da San Junipero Serra: aprire una strada per poi rinforzarla con il conseguente sostegno alle vocazioni che si sono rivelate

Continuerò a sollecitare gli amici serrani a sostenerci, sia con la firma del 5X1000, ramo ONLUS, sia con le donazioni, unico sostegno al ramo NON ONLUS e che sono lo specchio del nostro serranesimo sensibile

il serrano n 153 26 voce della fondazione BJS
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I giovani e la ricerca della propria identità religiosa

La ricerca condotta del G.R.I.S. Palermo e dell’IAF “Marinelli-Passalacqua” sui giovani di Palermo 2019

Nel rapporto provvisorio, primo documento sui Nuovi Movimenti religiosi, scritto nel 1985, i giovani vengono definiti “il gruppo più vulnerabile e il più colpito” (Il fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi sfida pastorale. rapporto provvisorio, Edizione Dehoniane Bologna 1986, pp 14 e 15) Considerato che sul territorio di Palermo non era mai stata svolta una ricerca sulla percezione che i giovani hanno in merito alla dimensione religiosa, ci siamo lanciati in questa avventura, durata circa due anni

Il campione che abbiamo analizzato è composto da 2503 studenti di 6 scuole superiori del comune di Palermo Più precisamente tre licei e tre istituti tecnico-professionali allocati in diversi punti della città, così da potere ricoprire, il centro città e le periferie nord, sud, est e ovest della città (per maggiori dettagli sulla ricerca si può consultare il volume: T Di Fiore et alii, I giovani e la ricerca della propria identità religiosa nella società contemporanea, GrIS –Dario Flaccovio Editore, Palermo 2020):

L’indagine è stata guidata a scuola dai colleghi di religione, e vi hanno preso parte anche gli alunni non avvalentesi dell’IrC ritenendo l’iniziativa non lesiva della loro scelta. Tutti gli alunni hanno partecipato all’iniziativa nella massima libertà Gli studenti hanno accolto favorevolmente il questionario e in alcuni casi lo stesso ha dato la possibilità ai colleghi e ai ragazzi di parlare dei temi proposti dal questionario I dati

Per un ’analisi dettagliata e tecnica dei dati che sono emersi dal questionario rimando ai contributi presenti nella pubblicazione GrIS-Flaccovio.

Avendo lavorato alla stesura, alla raccolta dati e anche all’elaborazione evidenzio in questa sede alcuni dati che maggiormente mi hanno colpito.

Il primo elemento che emerge dall’analisi dei questionari e che siamo di fronte ad una generazione di giovani che si definisce cristiana cattolica per il 53%, ma di questa professione di fede non vivono nulla, è un cristianesimo puramente nominale. Entro un po ’ di più nello specifico: il 73% del campione in merito alla partecipazione alla messa dice di non andare mai o di andarci raramente, se aggiungiamo coloro i quali ci

vanno una sola volta al mese si supera abbondantemente l’84% Stessa cosa si può dire della confessione La famiglia in questa ricerca viene in qualche modo riabilitata a luogo di trasmissione della fede, o quanto meno possiamo rilevare che i genitori di questi ragazzi provano a trasferire i principi della fede; infatti, i nostri giovani ci dicono (ed è l’87% del campione) che hanno ricevuto una trasmissione della fede da parte dei loro genitori. In famiglia qualcuno gli ha parlato di Gesù, di Dio, nonostante ciò prevale nei giovani una forte indifferenza religiosa, un certo soggettivismo religioso, o una tendenza ad una religiosità fai da te.

La cosa che sorprendente è che il 36% dei giovani “ prega con costanza” e se a questo dato aggiungiamo anche le risposte indicate con la voce “raramente” superiamo la quota del 70% (confronta dati su: T Di Fiore et alii, I giovani e la ricerca della propria identità religiosa nella società contemporanea pp 28-50) Qui è obbligatoria una riflessione: non siamo di fronte ad un ateismo giovanile “cavalcante”, lasciatemi passare il termine, siamo di fronte ad una generazione che ha una forte sete di spiritualità che non viene intercettata adeguatamente o per niente dalla Chiesa. Di contro costatiamo un certo ritorno all’oriente o meglio, un incremento delle pratiche/tecniche orientali che ci dicono di un bisogno dei giovani di stare bene nel corpo e nello spirito, oltre ad una diffusa tendenza tra di loro a considerare la reincarnazione più plausibile della resurrezione. A fronte del 53% dei giovani che si dichiarano cattolici notiamo un incremento tra essi di fascinazione per l’esoterismo e l’occultismo che si attesta intorno al 70% del campione. Ovviamente questo non significa che i nostri giovani sono satanisti o spiritisti, ci dice semplicemente che sono fortemente attratti da questo mondo, forse anche perché, dall’altro lato non ci sono proposte alternative forti (la fede che gli proponiamo non ha la stessa attrattiva)

Emerge, al di là del dato, un bisogno di spiritualità che la Chiesa non riesce più a soddisfare Dobbiamo chiederci cosa fare, come arginare questa emorragia di giovani dalle nostre comunità È la domanda che rivolgo a quanti leggeranno queste poche righe e vivono a stretto contatto con il mondo giovanile.

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e società
cultura

Estatica mente divina. 1321-2021: una parola che profuma di Dio

La sua è la poesia viva d’un uomo vivo sopra un uomo che dopo la morte non ha mai cessato di vivere”: così, parafrasando Giovanni Papini1, si può definire l’opus maximum del poeta fiorentino, un ’ opera attraverso la quale il contemporaneo2 Dante Alighieri continua a lanciare una sfida alla hybris dell’uomo che si conforma in maniera acritica e ateleologica al tempo nel quale vive3. Quella del Vate fiorentino è la storia di un poeta che ha trasformato l’ordinarietà del tempo in straordinarietà dell’historia

Uomo come noi, Dante, in nome di quel sofferto e luminoso tesoro che ha cercato, trovato e vissuto, ha accettato di essere isolato, esiliato, umiliato4 Agli occhi del kronos, l’exul immeritus è un perdente ma agli occhi dell’aion è un vincitore, un uomo che - per dirlo con le sue stesse parole - pare “di costoro/quelli che vince, non colui che perde”5 , perché Dante è una bussola che indica sempre la stessa direzione, Dio, e al cospetto di quel Dio si sente piccolo nella sua immensità e immenso nella sua piccolezza Umile pro-fateor, Dante, come tutti i grandi Maestri, sente di essere un flauto che suona una musica più complessa rispetto alle note che conosce e avverte la meravigliosa sensazione di essere uno strumento nelle mani del Compositore Nella Commedia assistiamo –come afferma Ludwing Wittgenstein – alla creazione di un linguaggio che dice l’impossibile; nel poema sacro c’è una perfezione che trascende il limite e che si “respira” a tutti i livelli, una perfezione che ha in sé una forza propulsiva tale da annullare le categorie del tempo e dello spazio, una perfezione che ha il profumo di Dio.

1 G PAPINI, Dante vivo, Napoli, La scuola di Pitagora editrice, 2016, 11

È significativo il fatto che uno dei più grandi studiosi dell’opera dantesca, Charles Singleton, giunto al termine della sua ricerca, si ponga la domanda che -credo- abbia attraversato la mente di tanti lettori dell’opera: il viaggio che il poeta fiorentino ha compiuto è un sogno o un ’ esperienza reale? Quel capolavoro di ingegneria poetica che è la Commedia arriva infatti là dove nessuno è mai arrivato, al cospetto di Dio. La domanda di Singleton è una domanda inquietante, nel senso che, etimologicamente, toglie la quiete e mette in cammino il lettore inducendolo ad indossare, davanti alla cattedrale costruita dal Maestro, i panni dell’umile alunno per cercare strade contemplative e conoscitive diverse rispetto a quelle canoniche, perché Dante è davvero diverso. Di tanti letterati diciamo che sono grandi poeti; di Dante non possiamo dire altro che è la POESIA e quando ci si trova al cospetto di quella inutile parola che regna (secondo la mirabile accezione di Giovanni Casoli6), noi ci troviamo davanti al teorema del mistero e ogni volta che accade questo, lì c’è profumo di Dio Dante non istruisce, Dante educa nel senso etimologico del termine perché la sua Parola ha la capacità di portare fuori l’interiorità di ciascuno di noi e di trascinarla in una stanza che ha per soffitto il Cielo; in quella stanza la mente-aratro, agganciata alle stelle, crea sulla terra un solco7 che diventa un viatico-grimaldello in grado di schiudere porte che l’ipertrofia del nostro tempo troppo spesso serra, perché la parola dantesca è detonatrice di quell’energia propulsiva che è la libertà di esserecome diceva Santa Caterina da Siena - ciò che dobbiamo essere, ciò per cui siamo stati chiamati.

2 Uso la parola contemporaneo nell’accezione data da Giorgio Agamben il quale scrive: “Appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo, colui che non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma, proprio per questo, proprio attraverso questo scarto e questo anacronismo, egli è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo” (G AGAMBEN, Che cos’è il contemporaneo, roma, Nottetempo, 2008, 8-9)

3 Il concetto è mirabilmente spiegato dalle parole dello stesso G Agamben: “Coloro che coincidono troppo pienamente con l’epoca, che combaciano in ogni punto perfettamente con essa, non sono contemporanei perché, proprio per questo, non riescono a vederla, non possono tenere fisso lo sguardo su di essa ” (G AGAMBEN, Ibid, 9-10)

4 “Quando vedete i più accanirsi contro un uomo solo, avvicinatevi: si tratta, talvolta, di un infame senza protezione o, più spesso, di una fiera grandezza vilmente temuta“ (G PAPINI, Dante vivo, Napoli, La scuola di Pitagora editrice, 2016, 309) “Quando vedete i più accanirsi contro un uomo solo, avvicinatevi: si tratta, talvolta, di un infame senza protezione o, più spesso, di una fiera grandezza vilmente temuta“ (G PAPINI, Dante vivo, Napoli, La scuola di Pitagora editrice, 2016, 309)

5 D ALIGHIErI, Commedia, Inf, XV, 123-4

6 “In pura perdita la logica economicistica del mondo considera ogni sguardo, ogni tremore (il tremore della creatura), ogni pensiero, ogni agire privi di utile effettivo o potenziale, presento o futuro: “insomma la vita” (V van Gogh) Ma se qualcosa si distacca ancor più da questa logica, perché si fa specchio inafferrabile (non specchiabile), al di fuori del tempo-denaro, di questi sguardi e tremori e pensieri e azioni già per se stessi “improduttivi”, quel qualcosa si rivela ancor più “improduttivo”: in purissima perdita Non serve a nessuno Come la poesia, che non serve perché regna [ ] Il bellissimo regno della poesia, che è anche la sua abitazione, è la gratitudine per ciò che esiste “Poeticamente abita l’uomo su questa terra” (F Holderlin)”: in G CASOLI, La bellissima perdita, Milano, Marietti, 2006, 11

il serrano n 153 28 cultura e società
a cura di Monica Gaggi
A mio figlio

Da settecento anni quell’uomo continua a generare tracce memorabili nella storia del mondo perché quell’uomo comune ha fatto del dolore una straordinaria specola conoscitiva, interpretativa e profetica per cogliere, nel buio del suo tempo, l’ombra teleologica di una presenza e questo “miracolo” di poesia e di vita è stato possibile grazie a lei, alla Parola, e oggi è necessario più che mai tornare al suo valore se vogliamo cercare di capire i misteri luminosi di questa immensa cattedrale8.

Non so se il poeta fiorentino conoscesse la lingua ebraica ma, di certo, lui ha fatto proprio il concetto di dabhar. Per gli Ebrei le parole non sono corollari della realtà ma sono la realtà: nel momento in cui vengono pronunciate, quelle stringhe semantiche, selezionate, combinate, metricamente orchestrate, incastonate fra griffes di silenzi, svelano l’essenza, creano9, e quando le parole subiscono questo processo di distillazione, diventano Poesia.

Dante, come tutti i Poeti, conosce il potere fondante e fondativo della parola poetica e intuisce in lei le tracce per andare nell’oltre del qui; con quella parola, il poeta, secondo un ’operazione che calca quella di Dio nel libro della Genesi, crea10 Pensiamo all’incipit del XXXIII canto del Paradiso:

Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se ’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura11 .

Si tratta di parole che dicono il mistero dell’Incarnazione, di parole che hanno il potere di trasformare il logos in sarx e quando accade questo, ci si

rende conto che parlare è cantare e che ciò che Dante fa parlando è incantare, cioè portarci dentro un canto Quella parola incide e incidendo porta la pace. Ecco un altro dei doni più belli dalla parola dantesca: portare la pace, unire, nella consapevolezza che gli uomini sono dei pontifices, vale a dire costruttori di ponti.

Figlio del cortile dei Gentili, Dante ha incluso nel suo mondo il Cielo e la terra, ha creato un ponte fra il Cristianesimo ed il paganesimo; ha guardato con gli occhi della pietas anche i suicidi; si è seduto all’ombra di un amore adultero e si è incantato; si è entusiasmato davanti al folle volo di Ulisse; Dante ha riconosciuto la megalopsychia degli avversari politici perché ciò che muove Dante nella costruzione della cattedrale intitolata a Dio, è la passione per l’uomo Si tratta di una passione rivoluzionaria per il teocentrico Medioevo, una passione che, sulle ali della parola poetica, lo ha portato a liberarsi dalle catene del suo tempo e ad andare oltre Nel secolo delle guerre intestine, Dante riesce a guardare in volto l’inferno e – per dirla con le parole di Italo Calvino – a distinguere in quell’Inferno ciò che inferno non è, a trovare nel buio della storia la luce dell’historia teleologica.

E se la parola è la chiave per comprendere la Commedia, quella parola, ha bisogno del silenzio (e della solitudine) per lasciare una traccia, per svelarsi, per ritrovare nell’interiorità le stigmate della divinità

Quel viaggio che il poeta compie in nome e per il bene di tutta l’umanità, Dante lo ha fatto da solo e al termine di quel viaggio, lui – pur avendo accanto a sé due guide straordinarie (Beatrice e San Bernardo) – si trova solo davanti a Dio e in quel Dio vede l’Io, in quell’Io riconosce Dio12 Siamo al cospetto della metanoia esistenziale della Commedia: il fattore nella sua fattura, la fattura nel

8 Se “vogliamo la nostra vita, le nostre radici spirituali che ci nutrono e ci fanno crescere, dobbiamo tornare ai tempi preverbali, della creazione originaria Ai tempi antecedenti alla stampa, alla radio, al computer, ai tempi in cui c ’ era così tanto silenzio attorno che le parole esprimevano qualcosa di significativo La parola detta, la parola raccontata, la parola che fa nascere, la parola che è energia creativa divina” (M FOX, In principio era la gioia, roma, Fazi Editore, 2011, 423, 34)

9 Pensiamo al motto “Fatti e non parole”, espressione che spesso, con un tono referenziale e tronfio sentiamo affiorare sulle labbra di uomini che hanno perso il valore della parola

10 Così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto (Bibbia, Isaia 55, 11)

11 DANTE, Commedia, Paradiso, XXXIII, vv 1-6

12 Quella circulazion che sì concetta/pareva in te come lume reflesso,/da li occhi miei alquanto circunspetta,/dentro da se, del suo colore stesso,/mi parve pinta de la nostra effige:/per che ’l mio viso in lei tutto era messo (D ALIGHIErI, Commedia, Paradiso, XXXIII, vv )127-31

Settembre-Dicembre 2021 29 cultura e società

cultura e società

e per il suo fattore in una coreografia di luminoso silenzio, assordante nella sua magniloquente semplicità

E allora torna in mente tutto il cammino dell’exul immeritus fiorentino perché è in solitudine e “salendo” dentro di sé che Dante ha trovato il senso alla perdita di Beatrice, che ha compreso il telos del suo peregrinare; è nella solitudine13 che ha sentito il richiamo della pienezza e si è messo sulle sue tracce E non è un caso che sia proprio il silenzio a mettere i sigilli al viaggio dantesco quando il poeta si trova al cospetto di Dio, il punto di luce davanti al quale tutto è così chiaro che non c’è più bisogno di parlare perché la verità è tutta lì, davanti ai suoi occhi; perché, se ci pensiamo bene, quando la conoscenza è piena, quando è vera, quando è viva, la parola cede il posto al silenzio che, pertanto, non va percepito come sottrazione ma come potenza di essenza Si tratta di un imperituro monito a tutti quei tempi che spesso si inebriano di una cacofonia che cela e non svela E poi c’è un ’altra domanda inquietante che il testo della Commedia suscita: quali sono le tappe del viaggio dantesco nell’oltretomba?

Quel cammino porta Dante fuori dal dove e dentro il fuori perché quel cammino Dante lo ha compiuto dentro di sé: è nell’uomo il peccato dell’Inferno, è nell’uomo la misericordia del Purgatorio ed è nell’uomo la gloria del Paradiso. È straordinaria questa misteriosa ed infinita grandezza dell’interiorità dell’uomo nella quale Dante, leopardianamente parlando, si finge. È un’immagine rivoluzionaria per il tempo nel quale il fiorentino visse, un’immagine alla quale già i Greci avevano fatto ricorso quando, parlando di Itaca, non parlavano di un luogo geografico ma del luogo dell’anima14, di una I-tekè, dove finito ed infinito si riconoscono, si compenetrano e si vivono.

Questo “animale metafisico”, così come Lucio Saffaro definisce Dante Alighieri, ha chiesto all’animus di lucreziana memoria di andare oltre e di immaginare quell’oltre che aveva dentro la sua anima E quell’animus non ha fatto altro che rendere visibile ciò che lui –uomo – aveva scritto dentro la sua anima Come dire che Dio è scritto dentro il libro della memoria dell’anima e la nostra vita altro non è che una sorta di Vita nuova la quale, nel silenzio, riconosce in sé le stigmate del divino e le racconta nel linguaggio di Dio, la Poesia È un ’operazione estremamente complessa nella sua semplicità e semplice nella sua complessità Nella Commedia l’immaginazione di Dante si fa

presenza, il pensiero diventa parola, l’interiorità, distillata, si manifesta e la sua epifania affiora nei lineamenti dell’esteriorità: è l’historia della bellezza. E poi, forse, la più grande delle intuizioni dantesche: Dio Tre similitudini per provare a dire l’indicibile ma fra queste ce n’è una che, nella sua forza, ha il potere di dissolvere l’impalcatura retorica e di portare alla luce la verità Si tratta dell’immagine di Dio che, come un libro, rilega ciò che nell’universo è squadernato15, un’immagine che, per l’analogia della creatura con il suo Creatore, trasforma l’uomo in un grande rilegatore di cose squadernate, in un pontefice Affascinante scoperta di una poesia divina che carica l’uomo di una gioiosa responsabilità.

Ma la parola dantesca, in una sorta di climax ascendente, si è spinta oltre puntando il cannocchiale dell’ a n i m u s oltre il limite aristotelico per descriver e , d o p o a v e r l a c o n t e m p l a t a , l a m e r a v i g l i a d e l cosmo. L’intuizione cosmologica del poeta fiorentino è ardita per il tempo in cui visse e a renderla così enigmaticamente reale è il fatto che quella fantasia oggi si può dimostrare scientificamente a condizione che l’uomo si sposti su quel ponte che, come ha scritto Leonardo Sinisgalli, collega la riva fiorita della poesia a quella della matematica. Si tratta di una sfida a partire dalla quale si potrebbe ripensare l’int e r a i m p a l c a t u r a e d u c a t i v a 16: è i l p o t e r e d i u n a Parola che profuma di Dio

L’immagine che tutti noi conserviamo dell’universo dantesco (e riportata in tutti i manuali scolastici) è quella di una serie di cerchi concentrici che ruotano intorno alla terra al centro della quale è conficcato il più luminoso degli angeli, Lucifero. Si tratta di un’icona che chiede non uno studio mnemonico ma una tensione intellettiva emotiva ed euristica Come può il male essere il centro del sistema cosmologico, il punto intorno al quale ruotano i cieli? Accanto a questa crux interpretativa, se ne affianca un ’altra, quella relativa all’ubicazione di Dio, descritto come un punto di luce che, insieme alle nove immense sfere di angeli, circonda l’Universo e, contemporaneamente, ne è circondato

Quella meravigliosa immagine è poetica nell’accezione propria del termine e lo è a tal punto che la mente matematica può dimostrare la sua fondatezza facendo ricorso alla teoria della “tre-sfera” o “ipersfe-

13 In fondo, non stupisce il fatto che, etimologicamente, la radice della parola solo rinvia al concetto di pienezza, di totalità

14 P ArCHIATI, L’Odissea: il cammino di ogni uomo, Monaco di Baviera, Edizioni Archiati Verlag, 2005

15 Nel suo profondo vidi che s’interna/legato con amore in un volume,/ciò che per l’universo si squaderna:/sustanze e accidenti e lor costume,/ quasi conflati insieme, per tal modo/che ciò ch’i’ dico è un semplice lume /La forma universal di questo nodo/credo ch’i’ vidi, perché piùdi largo,/dicendo questo, mi sento ch’i’ godo (DANTE, Commedia, Paradiso, XXXIII, vv 85-93)

16 Tornare ad unire ciò che per secoli gli uomini hanno diviso, ri-legare all’ombra dell’aion, dell’eterno, ciò che il kronos ha diviso, non è una cosa semplice ma la fatica di tornare all’unità sa regalare doni meravigliosi che portano ad incantarsi davanti a quella naturalissima unità che ha alla sua base la dualità

il serrano n 153 30

ra ” ipotizzata nel 1917 da Albert Einstein per spiegare la forma del nostro universo.

Come è possibile che Dante abbia inventato tutto questo? È giusto continuare a parlare di un ’ekphrasis generata da una potente forza immaginifica?17

C’è un innegabile iato fra la scienza del tempo medioevale e il modello di universo proposto da Dante, uno iato che lascia senza parole; quella del poeta fiorentino è un ’esperienza estatica matematicamente dimostrabile, è un ’architettura razionale in chiave poetica. D’altronde, più volte, nella Commedia, il Maestro dice di essere scriba Dei, ma se la parola di Dante è dabhar, quella parola potrebbe non essere una semplice metafora letteraria: lo stesso C Singleton sosteneva che “la finzione della Commedia è quella di non essere una finzione” Si tratta di un’ipotesi affascinante, straordinariamente attuale, educativamente rivoluzionaria nella quale è davvero difficile non sentire il profumo di Dio.

Per comprendere il poema al quale hanno posto

mano cielo e terra, occorre, oggi più che mai, fare ricorso ad un ’ermeneutica circolare dove tutti i saperi, a partire dalla matematica e dalla poesia, si ritrovino si congiungano, si cumpenetrino in un affresco cumsostanziale in grado di aprire nuovi scenari funzionali non solo all’esegesi del testo dantesco ma, soprattutto, al nostro futuro di uomini (e di insegnanti).

Generato dal dolore di una perdita, il logos poetico dantesco, per l’uomo voyant diventa lo strumento per percorrere a ritroso il cammino nostalgico verso la Patria e per attraversare quella voragine che si apre ai piedi dell’uomo quando sperimenta l’assenza; come è accaduto a Dante, ci accorgiamo che mentre scendiamo risaliamo; fa paura la discesa ma non la risalita; è semplicemente vorticosa, è naturalmente inspiegabile, è oniricamente vera Camminando su quel ponte che conduce verso l’eternità, il profumo di Dio svanisce per svelare la bellezza della presenza di Dio: è eukaristìa della poiesis dantesca

Settembre-Dicembre 2021 31 cultura e società
17 HOrIA-rOMAN PATAPIEVICI, Gli occhi di Beatrice Com’era davvero il mondo di Dante?, Milano, Bruno Mondadori, 2006

n o t i z i e e i n i z i a t i v e

DISTRETTO 73

Il Serra premia “L’altro oltre la paura”

Sabato 6 novembre 2021, presso l auditorium del Seminario diocesano, il Serra club della Diocesi Lucera-Troia ha inaugurato l’anno sociale e per l’occasione si è tenuta la premiazione della prima edizione del “Contest fotografico” bandito dal distretto 73 Puglia-Basilicata, guidato dal Governatore Filly Franchino, e dalla Fondazione Italiana Beato Junipero Serra, il cui Presidente è Marco Crovara Ai partecipanti si chiedeva di raccontare, attraverso la fotografia, un incontro, uno sguardo, un vissuto legati al periodo della pandemia Il tema del contest è stato “L’altro oltre la paura”, che trae ispirazione da un’affermazione del giovane beato Carlo Acutis: “La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi”. In questo tempo di pandemia, abbrutito dalla diffidenza, dal sospetto, dalla fobia sociale, il concorso fotografico riscopre il principio del “sé come un altro”, in nome di un’esistenza compiuta insieme e per gli altri, secondo l’ideale dell’humanitas, innato nell’uomo e magistralmente racchiuso nel verso terenziano: “Homo sum, humani nihil a me alienumputo” (“Sono un uomo, nulla di ciò che è umano ritengo estraneo a me”)

Mentre eravamo tutti in balia di un mare in tempesta, gli artisti dilettanti, con la scelta di immagini emblematiche, hanno dimostrato di conoscere l’arte della resilienza, testimoniando che proprio in absentia si scopre l’essentia di quel che superficialmente si ritiene scontato, naturale o abitudinario. Dagli scatti che riproducono i paesaggi e dalle relative descrizioni emerge una comune volontà di rinascere, la voglia di ricominciare e di contemplare quanto prima l’alba di un giorno nuovo. Nell’osservare le fotografie, quel che colpisce maggiormente è la capacità di guardare senza filtri, l’attenzione verso il prossimo, l’estremo bisogno di ristabilire i contatti umani, contro ogni forma di isolamento, indifferenza, egoismo I vincitori di entrambe le categorie, Marco Biscotti per gli over21 e Sara Pepe per gli under21, hanno ritratto in un click l’esigenza di riappropriarsi della propria vita, il desiderio di oltrepassare ogni limite, di incontrarsi per camminare insieme Più volte papa Francesco ha ribadito la necessità di promuovere proprio una “cultura dell’incontro”, un incontro fecondo, fondato sul dialogo, sull’interazione, sullo straordinario valore dell’empatia e la capacità di ascoltare con il cuore, per restituire a ciascuno la dignità di essere vivente.

È intervenuto alla premiazione anche S.E. mons. Giuseppe Giuliano, sempre attento e aperto all’universo giovanile, considerato “una delle priorità pastorali della Chiesa” e che già in altre occasioni ha evidenziato la necessità di prendersi cura dei giovani, di comprendere il loro silenzi, di imparare a comunicare secondo le loro modalità espressive fatte di monosillabi, di sigle, di sguardi, di emozioni Il nostro Pastore ha seguito con entusiasmo la presentazione dei lavori prodotti ed ha ammirato negli adolescenti la forza e il coraggio di dire di sì: sì alla vita, sì ai doni che essa ci offre, sì alla bellezza; intravedere la luce nel buio, infondere speranza, nonostante la mestizia, donarsi, malgrado le distanze, sottolinea mons. Giuliano, è il messaggio comune che traspare dalle immagini riprodotte. Questo è il sano protagonismo dei giovani, quello che il nostro Vescovo definisce “evangelico e cristiano”, che si oppone alla autoreferenzialità, all’individualismo, alla logica del do ut des e promuove la gratuità dell’amore, su cui si fonda ogni relazione autentica. Prima del saluto finale, ricorda ai numerosi studenti presenti l’importanza della “vocazione alla vita, vocazione alla fede, vocazione a un progetto nel quale concretizzare sia la vita che la fede”: di qui nasce l’invito a coltivare con perseveranza la propria vena artistica, a cogliere le occasioni per dare voce ai propri sentimenti e per potenziare il proprio talento, che, come una lampada, va acceso per metterlo non sotto un moggio ma su un candelabro, perché possa irradiare a tutti la sua luce.

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Oppido Mamertina-Palmi 1210

Il Club celebra il Sommo Dante

In occasione del VII Centenario della morte del Sommo Poeta Dante Alighieri, l’11 ottobre – ad Oppido Mamertina, nell’Aula Magna del Liceo Ginnasio “San Paolo” situata all’interno del Seminario Vescovile, in una cornice di bellezza ed eleganza – il Club Serra Oppido Mamertina-Palmi, presieduto dalla dott.ssa Antonietta Bonarrigo, ha organizzato il Convegno sul tema: Dante Pellegrino del Cielo. La Divina Commedia come itinerario verso la felicità.

Dopo i saluti e i ringraziamenti del Dirigente Scolastico, prof.ssa Maria Aurora Placanica, la dott.ssa Antonietta Bonarrigo, ha presentato all’ attento uditorio – docenti e alunni, serrani e seminaristi – il Serra International, la sua storia, gli obiettivi statutari e il programma che il Club intende realizzare nel corso dell’anno sociale, iniziative di natura religiosa e culturale, e non ultima la realizzazione del Concorso scolastico, per gli studenti di ogni ordine e grado sul tema indicato dal Serra Nazionale, Prendersi cura di se stessi e degli altri per un mondo migliore.

A seguire, la dott.ssa Bonarrigo ha avviato i lavori attraverso alcune riflessioni muovendo dall’Esortazione Apostolica di Papa Francesco Candor lucis aeternae, titolo tratto dal Santo Padre stesso da un passo del Libro della Sapienza e citato da Dante nella sua più alta opera teorica, il Convivio Subito dopo la prof ssa Francesca Chirico, docente, scrittrice e giornalista, ha trattato del tema, con il sussidio di una ricca serie di diapositive

La Comedìa racconta un viaggio straordinario, quello compiuto da Ulisse Lo stesso Dante è eroe-viaggiatore, scopritore di mondi mai visti prima; c’è da chiedersi perché Dante lo collochi nell’Inferno: Ulisse non conosce il rispetto dei limiti e dei sentimenti più cari, valica i confini dell’umano per curiosità; in Dante invece la conoscenza è perfezionamento morale e riconoscimento dei limiti umani. E Dante-pellegrino, dopo aver guardato il male con gli occhi, si predispone alla seconda tappa del cammino, quella della liberazione da sé stessi, dal peso dei propri errori, dalle catene che ci tengono legati alla terra e ci allontanano dal cielo. Nel solenne rito di purificazione indica al lettore la qualità che dobbiamo attivare per affrontare la seconda parte del viaggio: l’umiltà Il Poeta si cinge del giunco, erba umilissima che si piega alle percosse del vento, come ad indicare la capacità di “secondare alle percosse” della vita, sapendosi piegare per poi rialzarsi meglio, la capacità di riconoscere i propri limiti, di riconoscersi umani in questa natura finita che aspira all’infinito La via della salita attraverso il Purgatorio inizia; il difficile è cominciare, man mano che abbandoneremo le nostre zavorre, il cammino diventerà più leggero. E in cima, liberi dai nostri pesi, non sentiremo più la fatica e saremo finalmente pronti a guardare il cielo. Ascendere è come tornare a casa: siamo stati creati per ritornare al nostro principio; il nostro desiderio di felicità è nostalgia di casa. Possiamo deviare, attirati da una falsa idea di bene, ma quando ci saremo davvero alleggeriti di tutti gli impedimenti, voleremo leggeri verso il cielo come un fiume verso la foce.

Infine, Mons. Francesco Milito, Vescovo della Diocesi Oppido Mamertina-Palmi, ha sottolineato come il cammino di Dante richiami il cammino che la nostra Chiesa Diocesana sta compiendo da un anno attraverso il Sinodo che ha come titolo Camminare nella Verità, ricordando la circostanza che Dante ha iniziato il suo pellegrinaggio il giorno in cui la Chiesa celebra l’Annunciazione di Maria e l’Incarnazione del Verbo di Dio Ha evidenziato poi come l’insegnamento del Sommo Poeta sia sempre attuale e come si renda necessario portarlo nelle scuole con un linguaggio fruibile per i giovani, così come Dante ha utilizzato, a suo tempo, la lingua del popolo per farsi comprendere da tutti. Ha infine proposto ai docenti e agli alunni di riscrivere la Divina Commedia in chiave moderna, chiedendosi come Dante vedrebbe la situazione storica attuale e descriverebbe i personaggi che la popolano, al fine anche di rappresentarla nel saggio di fine anno scolastico

Caterina Sorbara

Vice Presidente alle Comunicazioni Serra Club Oppido Mamertina - Palmi

33 dai club e distretti Settembre-Dicembre 2021

Genova Pegli 364

Serra Club 364 Genova Pegli: Eventi Ferrara 703

Con il ritorno ad una discreta normalità dopo la pandemia, il Serra Club 364 di Genova Pegli ha ripreso i meeting in presenza e ha potuto partecipare ad alcuni importanti eventi. Il 7 Ottobre, unitamente agli altri club genovesi, ha partecipato alla serata di Adorazione Eucaristica nel Seminario Arcivescovile, dove recentemente è stato nominato il nuovo Rettore “Don Francesco Doragrossa,” che ha assicurato ai Serrani la Sua piena disponibilità. Un meeting molto interessante si è tenuto il giorno 16 Ottobre presso la Chiesa di S. Francesco a Pegli dove il Vice Cappellano Don Pietro Cattaneo ha illustrato le riflessioni di Papa Francesco sulle Beatitudini, tratte dalle Sue Udienze. Una rappresentanza del Club di Pegli è intervenuta ad un evento davvero emozionante: sabato 11 Settembre, l’Arcivescovo Mons Marco Tasca ha ordinato Sacerdote il suo segretario particolare Don Davide Sormirio nella Cattedrale di S Lorenzo, alla presenza del Vescovo Ausiliare Mons Nicolò Anselmi, del Vicario Generale Mons, Marco Doldi, di molti Sacerdoti diocesani e di un folto pubblico di fedeli Don Davide è un giovane di 29 anni, solare, entusiasta, comunicativo, cresciuto in una bella famiglia numerosa, laureato in conservazione dei Beni Culturali all’Università di Genova. Di se stesso ha detto di essere entrato in Seminario “non per fare il prete” ma per “essere aiutato ad entrare nel mistero di ciò che sono”. Ed è lì che ha trovato la sua vera vocazione. Un altro evento importante è stato il “Centenario del Servo di Dio Aldo Gastaldi.” Comandante nella Seconda Guerra Mondiale con il nome “ Bisagno,” Gastaldi fu definito “il primo partigiano d’Italia.” Era un giovane cattolico, di fede profonda, figura esemplare per le sue virtù. Durante la guerra si prodigò per il bene materiale e morale dei suoi soldati, sempre in coerenza con i valori cristiani Attualmente è in corso la causa di beatificazione Le celebrazioni per ricordare i 100 anni dalla nascita di “Bisagno” si sono svolte il 18 e il 19 Settembre Sabato 18 è stato proiettato il film documentario “Bisagno” di Marco Gandolfo, cui hanno partecipato i Serrani genovesi e il Governatore del Distretto 70 Domenica 19 ha avuto luogo lo svelamento della targa commemorativa alla presenza dell’Arcivescovo Mons. Marco Tasca, del Sindaco di Genova Dott. Marco Bucci e di una rappresentanza del Serra Club.

Economia e transizione ecologica

Di economia, transizione ecologica e socialità si è parlato nel corso di un bel convegno organizzato da Serra club Ferrara e Ucid (Unione cristiana imprenditori e dirigenti) In tutti gli interventi (cinque i relatori coordinati dal giornalista, presidente del Serra, Alberto Lazzarini) è emersa l’esigenza di un’economia attenta ai bisogni della persona, verso la quale essa costituisce uno strumento per la soluzione dei tanti problemi. Occorre quindi costruire una società sempre più giusta e orientata al bene comune. Si parte da dati fortunatamente in decisa crescita, ha subito rilevato Riccardo Fava, industriale, presidente di Baltur di Cento: tutti gli indicatori del dopo Covid lo confermano (crescono Pil, export, import, anche l’occupazione) ma sullo sfondo non mancano complessi problemi legati all’aumento fortissimo dei costi delle materie prime e dei trasporti, con i tempi di consegna dilatati e la complessità del tema energetico Il mondo della produzione è comunque largamente consapevole e responsabile dei temi etici e ambientali Di agricoltura si è occupato Adriano Facchini ammonendo che i problemi climatici conseguenti all’aumento della temperatura stanno condizionando pesantemente il settore e anche il nostro territorio dove a breve potremo produrre “solo sorgo e soia”. Occorre attuare politiche di risparmio dell’acqua e impegnarsi di più sul fronte della genomica. Difficoltà anche sul fronte-commercio, ha rilevato Davide Urban direttore di Confcommercio, a causa dell’ e.commerce che ha messo in ginocchio il sistema dei negozi del vicinato, importanti anche per la rete sociale e specialmente per gli anziani. Fondamentale il buon utilizzo del Pnrr.

Del ruolo rilevante svolto dalle aziende del Terzo settore si è occupata Chiara Bertolasi, chiamate ad essere sentinelle delle tante esigenze ma anche strumenti di soluzione dei problemi

Antonio Frascerra, presidente Ucid, ha ricordato in chiusura il crescente richiamo degli imprenditori, nella loro attività, alla dottrina sociale della Chiesa Prosegue l’attività del gruppo con altri due convegni, dopo quello, recente, su economia e salute.

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Livorno 486

Concorso nazionale “Penna dello Spirito”

Ldi S Lucia sul tema Giovani, Volontariato, Carità, voluto dal Presidente Edoardo Gambardella, nel solco del tema di Serra Italia (Vivere le beatitudini è rendere eterno quello che passa. E portare il cielo in terra) e di quello del Club labronico (La fede nelle opere). Relatore Don Luciano Cantini, parroco di San Pio X e Presidente della Fondazione Caritas Livorno ONLUS che, forte anche della sua esperienz a d i r e s p o n s a b i l e d e l l ’ U ff i c i o N a z i o n a l e p e r i Fieranti, e Circensi, con radici negli scout, capace -lo dice lui- di “qualche stramberia” ma anche di “passione per l’uomo e per la Chiesa”, ha intrattenuto i serrani e i tanti altri partecipanti che lo hanno ascoltato con piacere.

Partendo dal brano evangelico della domenica precedente (Mc 10, 35-45) dove Gesù paragona la condizione dei potenti che vogliono essere serviti a quella dei discepoli del Regno di Dio, nati per servire, don Luciano ha sottolineato come la natura dell’uomo cristiano è quella di essere servo: “Tra voi non è così!” Solo partendo da questo punto di vista si comprende l’impegno Caritas di tante persone Il discepolo di Cristo, secondo la Gaudium et Spes, ripresa dall’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, è colui che condivide, perché le assume su di sé, le gioie, le speranze, ma anche le angosce dei poveri di oggi La nostra è una umanità ferita, incappata nelle mani dei ladri e dei briganti, lasciata sanguinante al bordo della strada, come il malcapitato della parabola nel vangelo di Luca (Lc 10, 25-37). Molto facile passare accanto e rimanere indifferenti; in quanto cristiani ci viene chiesto invece di farci prossimo, di far rimbombare nel nostro cuore il grido che sale da questa umanità ferita; sarà questa eco che muoverà e spingerà il nostro cuore e il nostro agire a quella che chiamiamo carità. Essa non è frutto di emozioni, né atteggiamento saltuario e condizionato dalle circostanze; non è un fatto estemporaneo: un occhio attento al fratello e alle sue necessità non si improvvisa; la carità deve essere un habitus del cuore e della mente Perché l’aiuto al prossimo possa essere recato al meglio è bene non essere soli: è opportuno fare rete; è per questo che nascono le Fondazioni Caritas A Livorno siamo impegnati in vari settori: offrire alloggio a famiglie disagiate (Via La Pira, via delle Cateratte, via Donnini, Montenero, Castiglioncello); offrire ai reclusi di Livorno e Gorgona un servizio per espletare pratiche di varia natura; offrire un servizio di mensa sia a coloro che si presentano al centro, sia a domicilio per tante famiglie. Per tutto questo c’è bisogno di forze. Ecco l’importanza del Volontariato: persone che mettono a servizio e a disposizione il loro tempo, le loro energie, le loro competenze, senza ricevere alcun contraccambio. Il volontariato in Caritas fa leva su due realtà: i pensionati e i giovani, ciascuna con le proprie capacità e con i propri limiti; assiduità e costanza per i pensionati, con tutti i limiti dell’età, entusiasmo, energia nei giovani ma con le loro contraddizioni. Le prospettive: apertura di altre due case di accoglienza per i minori non accompagnati richiedenti asilo e l’istituzione di un emporio, una specie di supermercato dove il bisognoso possa andare e ritirare ciò di cui ha necessità Nella distribuzione dei viveri, tipo pacco-spesa, come viene fatta ora, c’è infatti il rischio di offrire alimenti che la Caritas ha nei depositi, ma che non siano quelli di cui il povero ha veramente necessità Don Luciano ha sottolineato come, anche nel fare la carità, in tutti i suoi aspetti, dovremmo sempre avere presente che anche il povero ha una sua dignità, che spesso lo porta a voler nascondere la sua povertà. Questo dovrebbe essere chiaro agli operatori della mensa, a quelli del vestiario: l’uomo, il prossimo, un altro Cristo sono il soggetto a cui il nostro servizio Caritas è rivolto.

Al termine della conferenza è stata donata a Don Cantini una ceramica raffigurante il quadro della Madonna delle Grazie di Montenero, Patrona della Toscana e di Livorno; ci siamo quindi trasferiti nel salone della parrocchia per concludere in amicizia con la conviviale Alessandro Bassi Luciani

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Settembre-Dicembre 2021
ALLA CHIESA CATTOLICA PER LA RIPARTIZIONE DELLE RISORSE: www.8xmille.it 5X1000 ALLA NOSTRA FONDAZIONE BEATO JUNIPERO SERRA ti chiediamo di confermare la tua firma anche nel 2022 per sovvenire a necessità di seminari e seminaristi (non dimenticare il codice fiscale della Fondazione qui di seguito riportato) 9 5 0 1 8 8 7 0 1 0 5

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Il serrano n. 153 (settembre-dicembre 2021) by serraclubitalia9 - Issuu