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MARINA ADDIS SABA L'ARMISTIZIO IN SARDEGNA
La Sardegna era, secondo Emilio Lussu «la sola regione d'Italia dove la resistenza organizzata avrebbe immediato successo» (l). Secondo la sua opinione infatti i capi del Partito Sardo d'Azione che si era formato nell'isola nel 1921 e che erano stati ufficiali e sottufficiali nelle file della Brigata Sassari «erano quasi tutti in grado di diventare comandanti partigiani di organizzazioni popolari locali» (2). Egli partiva dunque da un presupposto tecnico, ma soprattutto dall'ipotesi che i leaders sardisti conservassero la volontà di battersi contro la dittatura e la capacità di trascinare con sè le masse dei contadini-pastori che li avevano seguiti nei fervidi anni del primo dopoguerra. Ipotesi ottimista che dimenticava il fatto che alcuni di loro avevano patteggiato col partito fascista ed erano poi entrati a farne parte in due successive fusioni nel '23; che altri, rimasti fedeli all'ideale autonomista, tacevano però da vent'anni sopportando la dittatura, e soprattutto dimenticava che gli uni e gli altri, trattando col fascio, avevano profondamente disorientato e deluso le plebi contadine sarde che erano ritornate all'antica fatalistica rassegnazione, tollerando il regime come sempre lo Stato, male necessario: il capitale di fiducia e di entusiasmo che i capi sardisti avevano dilapidato difficilmente avrebbero potuto farlo risorgere all'improvviso per una guerra di bande improvvisata contro fascisti e tedeschi di stanza nell'isola. Qualunque sia il giudizio sulle ipotesi di Lussu, è tuttavia in base ad esse, che egli si recò a Londra nella primav era del '42 pe r ottenere una collaborazione anglo-i t aliana ch e provocasse una formale dichiarazione politica del go verno b r it annico capace di dare al popolo italiano la sicurezza ch e la gu err a antifascista sareb be stata guerra di lib erazione nazionale e per convincere il Foreign Office su lla opportunità di uno sbarco in Sardegna, dove un generale movimento insurrezionale popo lare e autonomista avrebbe co nsentito alle truppe alleat e di liberar e rapidamente l'isola e di farn e la base di un governo nazionale antifascista, .oltre che la testa di ponte per lo sbarco sul continente (3). Se le trattative di Lu ssu fallirono, vi fu però realmente da parte degli alleati il progetto di uno sbarco in Sardegna; ne t roviamo traccia anche nelle memorie di Churchill il quale racconta che il generale Eisenhower riteneva che la Sicilia andasse attaccata solo se lo sc opo era quello di tenere aperte le vie di co municazione nel Mediterraneo, «se in vece il no stro vero scop o era l'invasione e la sconfitta dell'Italia, allora egli pensava che i nostr i obiettivi iniziali do vessero essere Sardegna e Corsica» (4).
Churchill non condivideva que sta tesi e prevalse infatti la decisione di sbarcare in Sicilia, ma si continuò anche ad accreditar e con opera z ioni diver sive presso il nemi co l'ipotesi di uno s bar co nell'isola sarda per provocare l'impegno in quella zona e quindi la dispersione del maggiore numero possibile di truppe italiane e tede sc he. Il progetto di uno sbarco in Sardegna ritornò ancora in discu ss ione, sempre secondo il racconto di Churchill, al momento di decidere se attraver sare lo st retto di Messina o «limitarci all'occupazione della Sardegna»; in quest'ultimo caso Eisenhower fa saper e che a vre bbe potu to essere pronto per i primi di ottobre (5).
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La Sardegna perciò fu considerata zona di particolare interesse militar e, le sue basi aeree e navali offrivano una maggiore autonomia utilissima, anzi allora indispensabile per il rifornimento, ai mezzi navali ed aerei che agivano nel Mediterraneo; essendo dunque zona molto esposta ed in pericolo era necessari o difenderla. Infatti dal no ve mbre del '40 destinato dallo Stato Maggiore ad assumere il comando militare dell'isola, il generale Antonio Basso si accinse ad organizzare tale difesa, sia pure con la so li ta scarsezza di mezzi (6).
Si trattò per lo più di difese costiere , costituite da fortini in cemento armato i cui resti si possono ancora vedere lungo la costa sarda e di batterie antiaeree, poste a guardia dei porti, delle basi militari, dei depositi di viveri e di armi, dei posti infine che correvano maggiore pericolo di subire, come più tardi si dimostrò purtroppo nei fatti, i maggiori attacchi aerei. Aumentò anche, in occasione della temuta invasione, il numero delle truppe dislocate nell'isola. Il generale Basso, comandante delle forze armate nell'isola ebbe anche alle sue dipendenze un commissario civile, appositamente creato all'inizio del '43 nella persona di un prefetto. Vi erano nell'isola il XIII e il XXX Corpo d'Armata costituiti da una divisione mobile, una e più avanti due divisioni dislocate lungo la costa da nord a sud, una brigata costiera autonoma e reparti minori.
La preoccupazione maggiore, oltre a quella di un eventuale attacco nemico, era costituita, secondo il generale Basso, dalla difficoltà dei trasporti interni perchè gli automezzi erano vecchi e lenti: può essere tuttavia, questa del generale, una sorta di preventiva giustificazione per gli avvenimenti successivi.
Il 23 luglio il generale riceve un messaggio di Mussolini, autografo, che riportiamo in appendice. Preoccupato per le ripercussioni sfavorevoli che la lotta in Sicilia avrà per le popolazioni e le truppe della Sardegna il Duce si raccomanda a Bas. so perchè siano superati «eventuali stati d'animo negativi».
In tutta la breve missiva e nella chiusa finale dove ancora Mussolini fa uso delle sue sparate rettoriche «Ognuno sappia che la Sardegna è un bastione della Patria», c'è tuttavia la consapevolezza che i sardi sanno di essere particolarmente esposti ed hanno dunque particolari motivi di preoccupazione (7). Solo due giorni dopo il regime crolla miseramente ; le popolazioni sarde, nei giorni successivi, anche nell'illusione che la guerra abbia a cessare, festeggiano, come tutto il paese, la fine della dittatura; il prefetto che fungeva da commissario civile, perchè di nomina fascista viene esonerato dal governo Badoglio. In Sardegna era allora di stanza la 90 a divisione corazzata dell'esercito tedesco di circa trentamila uomini ben armati e meglio equipaggiati: essi avevano costituito depositi di viveri e di materiali nei boschi vicini al paese di Monti, presso Olbia; la divisione era formata da tre reggimenti di granatieri corazzati e da cinque reggimenti costieri di pionieri e guastatori che, afferma Basso nelle sue memorie, «erano per me garanzia di difesa per l'isola». Egli aggiunge che nessuno screzio vi era mai stato con i tedeschi e che il loro comandante generale Lungenhausen era <<Un gentiluomo cavalleresco» (8).
Anche dalle memorie orali si può apprendere che i tedeschi si erano comportati, da alleati, con grande disciplina e non avevano dato motivo di lagnanze alle popolazioni, con le quali tuttavia non avevano stretto rapporti di cameratismo. Per tutto il periodo che intercorre tra la caduta del regime e l'armistizio, i rapporti con i tedeschi continuano ad essere buoni; solo in agosto il comando tedesco chiede a quello italiano di mandare dei militari italiani che facciano da interpreti a Bonifacio, in Corsica: il generale italiano risponde con un diniego; alla fine del mese i tedeschi vogliono rafforzare il loro ridotto logistico sulla linea Tempio -Olbia, il generale nega ogni spostamento di truppe, ma un ordine dello Stato Maggiore italiano lo costringe in seguito ad addivenire alla richiesta tedesca.
Il 3 settembre a Cassibile il generale Castellano firma l'armistizio nel quale il capo del governo italiano generale Badoglio accetta le condizioni di Eisenhower comandante in capo delle truppe alleate e delegato dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti; queste condizioni impongono, oltre alla cessazione immediata di ogni ostilità nei confronti degli alleati, che si neghi ai tedeschi tutto ciò che potrebbe essere adoperato contro le Nazioni Unite e, ciò che interessa in particolare la Sardegna, «la resa immediata della Corsica e di tutto il territorio italiano, sia delle isole che del continente, agli alleati per essere usati come base di operazione o per altri scopi, secondo le decisioni degli alleati».
Le condizioni di armistizio non contemplano, nè impongono la partecipazione attiva dell'Italia nel combattere i tedeschi; ma ambiguamente affermano che esse saranno modifica- te in favore dell'Italia a seconda dell'entità dell'apporto «dato dal governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra»; e ancora aggiungono che «ovunque le forze italiane o gli italiani combatteranno movimenti tedeschi, o distruggeranno proprietà tedesche, o ostacoleranno movimenti tedeschi, essi riceveranno tutto l'aiuto possibile dalle forze delle Nazioni Unite». Inoltre gli accordi, pur lasciando la natura precisa e l'entità dell'azione al giudizio di Badoglio, suggeriscono una resistenza passiva generale in tutto il paese e piccole azioni di sabotaggio speciale alle vie di comunicazione. La notte dello stesso 3 settembre atterrò ad Elmas un aereo militare con il tenente colonnello Donato Uberlin che viene accompagnato a Bortigali, sede del comando: egli porta a Basso uno stralc io della memoria 44, il famoso ordine scomparso dagli archivi dello Stato Maggiore; era, secondo il generale, un foglio dattiloscritto senza intestazione nè firma, che si raccomandava di distruggere. In esso, pur senza fare alcun cenno all'armistizio, si prefigura un possibile cambiamento radicale nei confronti dei tedeschi.
In caso di una eventuale aggressione tedesca si danno nella memoria una serie di consigli per prevenire ed affrontare gli attacchi e compiti specifici sono attribuiti per i diversi Comandi: per la Sardegna si dice «far fuori la 90a divisione germanica» (8). L'esecuzione della memoria deve avvenire o per ordine espresso delle au torità centrali, o per iniziativa dei comandanti locali . Il 7 settembre il comandante ammiraglio e il generale aereonautico dalla Sardegna sono chiamati a Roma dai rispettivi comandi: 1' 8 di sera il proclama di Badoglio giunge a Basso del tutto inaspettato: egli non ha alcuna informazione di ciò che avviene in altre parti, non riceve nessuna indicazione e anzi non può nemmeno confidarsi con nessuno dei suoi collaboratori perchè così impone la memoria 44.
Secondo il proclama di Badoglio bisogna reagire da qualunque parte venisse l'attacco: non si ha nemmeno il coraggio di indicare espressamente i tedeschi. I quali in Sardegna non fannp alcun atto di ostilità alla proclamazione dell'armistizio, anzi la notte stessa dell'8 settembre Basso riceve dal comandante tedesco una lettera in cui lo si invita a continuare la collaborazione con l'ex alleato; l'italiano afferma di avere risposto per le rime e il tedesco - scusandosi - dichiara di avere fatto l'offerta solo per ordini ricevuti.
Salvato reciprocamente il loro onore di gentiluomini, i du e generali si accordano perchè le truppe tedesche lascino immediatamente, indisturbate e senza recare disturbo, l'isola sarda per spostarsi in Corsica e. poi nel nord d'Italia.
Basso interpreta il «fare fuori», espressione del resto veramente inusitata per un messaggio bellico, come un «liberare la Sardegna dall'esercito tedesco» per farne prontamente, come chiedevano gli anglo-americani, una loro base di operazioni; la memoria 44 non vietava un loro passaggio in Corsica, per la verità non nè faceva alcun cenno; Badoglio nel suo proclama ordinava di reagire ad eventuali aggressioni, ma aggres sioni non vi erano state. Perciò Basso conclude che il suo onore di soldato e il buon senso si conciliavano e del resto si conciliavano anche con l'interesse tedesco. Così si addiviene rapidamente all'accordo, si stabilisce l'itinerario delle truppe tedesche, da Oristano-Macomer per Ozieri-Tempio, si raccomanda da parte italiana di evitare qualunque incidente, che provocherebbe una pronta reazione. Il generale Basso comunica a Roma la notte stessa le proprie decisioni, ma non riceve alcuna comunicazione sino al 12 settembre. Basso segnala il transitQ tedesco anche al VII Corpo d'Armata che si trovava in Corsica, comunica il contenuto della memoria 44 ai suoi collaboratori suscitando non poche perplessità e discussioni, fa infine compilare dal suo Stato Maggiore una memoria che diffonde a tutti i comandanti nell'isola : in essa ordina che si permetta senza reazione l'evacuazione delle truppe tedesche dalla Sardegna, che si sorvegli la loro ritirata e che si reagisca solo in caso di un loro attacco. L'esodo tedesco inizia la stessa notte dell'8 con piccoli ma frequenti scagl ioni autotrasportati e protetti da carri armati che si diri- gono verso Palau, porto d'imbarco per la Corsica. Intanto nell'isola de La Maddalena, prospicente a Palau, accadevano avvenimenti imprevisti. L'ammiraglio Brivonesi, al comando della piccola isola, era stato convocato a Roma e ricevuto la mattina dell'8 settembre dall'ammiraglio De Courten che gli impartì disposizioni re lative ad un eventuale ormeggio della flotta a La Maddalena e alla possibile presenza in quella sede della famiglia reale e di una parte del Governo. Si pensava infatti ad un trasferimento della famiglia reale e di alcuni ministri, protetti dalla flotta che doveva arrivare a La Spezia, ma gli alleati respingono la proposta di concentrare la flotta a La Maddalena e cade pertanto anche il proposito di trasferirvi il re. A La Maddalena vi erano già due corvette, la Danaide e la Minerva, il sommergibile Corridoni, la nave ospedale Sorrento, motozattere e navi sussidiarie di vario tipo. Brivonesi ritorna in areo in Sardegna e ha dallo stesso comandante tedesco Unes la notizia dell'armistizio e l'assicurazione che i tedeschi avrebbero iniziato i movimenti necessari a sgombrare La Maddalena. Brivonesi stesso si adegua agli ordini di Basso, anche se le forze italiane nella base navale erano molto superiori alle tedesche e avrebbero facilmente potuto avere la meglio.
La mattina del 9 settembre Brivonesi convoca tutt i gli ufficiali della rada per comunicare che si deve lasciare partire indisturbati i tedeschi.
Invece, appena rientrato al suo Comando dove si trovava con l'Ammiraglio Bona, preposto ai servizi della piazzaforte, viene sorpreso da un colpo di mano tedesco: i soldat i di Unes occupano la palazzina del comando, la stazione, il semaforo di Guardia Vecchia, i Comandi, il Commissariato e il circolo ufficiali .
L'azione tedesca fulminea e ben organizzata doveva essere stata già studiata in precedenza dal comandante tedesco assieme al colonnello Ranke, che tempo prima aveva ispezionato l'arcipelago con il pretesto di coordinare la difesa tedesca con quella italiana. Unes alle proteste di Brivonesi giustifica il col-
MARINA ADDIS SABA
po di mano con il «tradimento» italiano e la necessità di garantire l'esodo delle truppe naziste (9) . Lo stesso giorno 9 settembre avvengono in Sardegna numerosi incidenti: nei pressi di Baressa i tedeschi, probabilmente per sequestare qualche automezzo, fermano numerosi cittadini, partono colpi d'arma da fuoco e rimane ucciso il diciasettenne Anselmo Lampus; i tedeschi attaccano anche un presidio del 403 ° battaglione sul ponte Mannu sul Tirso, gli italiani reagiscono: hanno sei feriti e i tedeschi due morti e otto feriti. Un altro episodio più grave turba quella stessa giornata. I paracadutisti della divisione Nembo, fascisti convinti avevano fraternizzato con i tedeschi, il loro comportamento anche con la gente del luogo era prepotente e dunque mal tollerato. Al comando della Nembo la notte tra 1'8 e il 9 settembre trascorre in agitate discussioni: per quasi tutti i paracadutisti l'armistizio è un nostro tradimento. Mentre il generale comandante la divisione, Ronco, e il capo di Stato Maggiore Alberto Bechi Luserna sostengono che bisogna tuttavia obbedire agli ordini di Badoglio, il capitano Rizzati, comandante del 12° battaglione, decide di passare ai tedeschi e, seguito da quasi tutti i militari del battaglione, occupa un parcheggio di automezzi a Ghilarza e forma una colonna che segue i tedeschi verso Macomer; il comandante Ronco cerca di raggiungerla per dissuadere i ribelli, viene fermato presso Macomer da una vent ina di paracadutisti che lo minacciano di morte, ma riesce a tornare sano e salvo al comando.
Questo episodio convince Bechi Luserna a tentare ancora: lasciata la sua base di Villanova Forru con un autista e due carabinieri di scorta si ferma presso il generale Basso che cerca di dissuaderlo dal suo tentativo e raggiunge poi la colonna di Rizzati nel pomeriggio dell' 11 presso Macomer; qui, in circostanze drammatiche, viene ucciso dai ribelli, il suo corpo è tra. sportato sino a S. Teresa e là gettato in mare. Basso giudica questi incidenti co'me questioni locali e si limita a porre la Nembo sotto la sorveglianza del XIII Corpo d'Armata (10).
Il 10 settembre Basso riceve comunicazioni dall'Ammiraglio italiano a La Maddalena e si affretta a trasmetterle allo Stato
Maggiore, ma non ha alcuna risposta: si trasferisce allora da Bortigali, sede del comando, a Sassari per meglio seguire le operazioni, e in questa città riceve, alle 21 del giorno 11, un ufficiale inviato dall'Ammiraglio de La Maddalena che gli comunica le richieste tedesche: gli italiani devono consegnare le sei batterie dell 'estuar io e permettere la installazione di postazioni sulle banchine del porto, sia perchè i tedeschi possano rispondere agli attacchi alleati, sia per transitare verso la Corsica. Il generale sostiene di avere negato la consegna delle batterie e assicurato ancora il passaggio indisturbato; non fa cenno delle postazioni sulla banchina.
Nella giornata del 12 settembre il generale Basso ispeziona le truppe in Gallura; riceve intanto notizia che alcune batterie delle isolette intorno alla Maddalena, come quella di S. Stefano, hanno sparato sui tedeschi; il generale Lungenhausen chiede un colloquio a Basso per questi incidenti e per la mancata consegna delle batterie; quest'ultimo afferma di avere pensa to che la migliore tattica fosse quella di tergiversare e risponde che avrebbe ricevuto il nazista a Tempio il 14. Intanto arriva la sera del 12 a Bortigali, sede del Comando, un giovane sottufficiale inviato dal Capo di Stato Maggiore, il quale la mattina del giorno seguente si abbocca con Basso a Sassari: è il primo contatto con gli alti comandi su l continente dalla proclamazione dell'armistizio. Il racconto di Basso è romanzesco: il giovano estrae il messaggio dalla suola scucita dei suoi stivali e non risponde alle domande del generale, ma gli consegna l'ordine 5V firmato da Roatta, che diverrà poi il Maggiore capo d'accusa contro Basso. Esso impone: di attuare con massima decisione ed energia la memoria 44, facendo fuori rapidamente reparti e comandi tedeschi che si trovino comunque in Sardegna e in Corsica. «A tale uopo si rende indispensabile impedire passaggio 90a divisione tedesca dall'una all'altra isola».
Basso rit iene che impedire tale passaggio - ormai quasi ultimato dalle truppe tedesche - sia impossibile, tuttavia ordina al XXX Corpo d'Armata di proteggere la zona logistica
Olbia-Monti, pronto ad eventuali azioni offensive; la divisione Bari si doveva raccogliere, con un battaglione carri, nella zona Bonnanaro-Ozieri; il XIII Corpo doveva portarsi verso nord dell'isola con le divisioni Sabauda e Nembo per un eventuale rincalzo al XXX Corpo, mentre l'aviazione doveva tenersi pronta ad intervenire. Il generale risponde poi all'ordine 5V dando notizia de l fatto che i tedeschi occupano parte della La Maddalena e che, protetti da forti retroguardie corazzate, ripiegano verso la zona nord orientale della Sardegna dove è iniziato il passaggio per la Corsica; afferma che sono in corso movimenti delle sue truppe per consentire un attacco decisivo che prevede di potere attuare non prima del giorno 16. Aggiunge di non potere fare affidamento sulla divisione Nembo «che anzi deve essere controllata». Egli non fa cenno del fatto che la ritirata tedesca avviene col suo consenso, nè spiega perchè la Nembo deve essere controllata.
Il giorno 13 un ufficiale porta al generale un altro ordine , anch'esso a firma di Roatta, il 21 V, datato al 12 settembre, col quale si intima ancora più chiaramente che «i germanici devono essere considerati nemici e come tali distrutti senza la minima esitazione». Si impone anche di impedire l'ulteriore passaggio dei tedeschi in Corsica e si inizia ad assumere un tono accusator io nei confronti di Basso che, alla luce di quanto avvenuto in Italia e a La Maddalena, e dopo l'attacco aereo germanico alla nostra flotta, avrebbe dovuto «dare piena applicazione alla memoria 44, a prescindere da qua lsiasi atto germanico di ostilità in Sardegna e in Corsica». Gli a lti comandi contano sull'energia di Basso «per guadagnare il tempo perduto e far fu ori del tutto i tedesc hi qalle due isole e da La Maddalena».
Nella stessa giornata del 13 ha luogo una vera e propria battaglia a La Maddalena e a Palau. Nonostante i patteggiamenti dei comandanti , un gruppo di marinai italiani reagiscono ai tedeschi che si sono impossessati di una motozattera per portarla a Pa lau e serv irsene poi per lo spostamento in Corsica. La batteria di Punta Tegge è la prima ad aprire il fuoco con- tro i tedeschi e presto colpi di cannone, di mitraglia e fuoco di fucili si estendono a tutte le batterie e alla cittadina. Gruppi sempre più numero si di marinai attaccano i tedeschi : assumono il comando, pur nell'improvvisazione della lotta, il capitano di Vascello Carlo Avegno, già comandante dell'Accademia di Livo rno, che morirà qu el giorno stesso combattend o per le strade e il sottotenente Rinaldo Vero nesi, che cadrà anche lui nel combattimento: entrambi avranno la medaglia d'oro alla memoria. Si combatte per quattro ore nei punti chiave dell'isola. I combattenti sono deci si a liberare i du e ammiragli e a cacciare i te desc hi dall'i so la: i tedeschi comprendono che gli italiani reagendo possono a vere la meglio nono sta nte le ar mi antiquate. Mentre si combatte nelle strade Brivonesi continua a trattare: si reca al semaforo della Guardia V ecc hia, che è in mani tedesche, e propone la cessazione del fuoco, il ristabilimento delle posizioni di partenza e lo scambio dei prigionieri; per interrompere gli scontri della fanteria deve anche recarsi di persona alla caser ma della Marina e alla Base nav ale, invocando la calma e so r veg liando poi lo sc ambio dei prigionieri; gli italiani ne avevano fatto circa 3560; 24 erano i morti italian i e 8 i tedeschi. I tedeschi si affr ett ano a lasciar e La Maddalena.
La mattina del 14 i due generali, Lungerhaus en e Basso, si incon tr ano a Tempio, con la cittadina presidiata dalle truppe tede sc he: il tedesco lamenta gli scontri de La Maddalena e ch ied e te mpo per lo sgom bero sino al 19; Bas so ri spo nde che l'inosservanza dei patti è stata da parte tedesca e pon e co me termine ultimo per lo sg ombero completo il giorno 17.
Il co lloquio non deve essere t roppo sg rad evo le se , co me è riferito, i due comandanti pranza no insieme.
Il generale Basso rientra intanto a Bortigali e afferma nelle sue memorie: «avevo dato il via all' azione offensiva il giorno 15 se ttembre ali' atto della partenza da Sassar i con (?rdine verbal e». Egli sostiene che aspettava che le truppe del XXX Corpo d'Armata attaccassero il 16 , ma ciò non avvenne, e che il 17 i tedeschi seppero abilmente sfuggire all'attacco perché il pas- saggio in Corsica si trasformò in vera e propria fuga. Certo egli poteva comunicare il 18 agli alti comandi che la Sardegna e le isole minori erano libere: l'ultimo tedesco le aveva infatti lasciate.
Comunque si vogliano giudicare questi avvenimenti, bisogna aggiungere che il generale Basso ebbe in quel momento lodi da Badoglio e approvazioni dallo Stato Maggiore, che il generale Roosevelt, cugino del presidente e comandante degli americani che sbarcarono subito in Sardegna, gli lasciò il comando militare dell'isola, mentre il parere di Eisenhower era duro circa l'inettitudine italiana; bisogna anche ricordare che il generale Basso nell'ottobre del '44 fu arrestato e reso oggetto di una violenta campagna di stampa e infine il 28 giugno del 1946 fu sottoposto a processo ed assolto (11).
Gli avvenimenti narrati dimostrano ancora una volta la diversità delle vicende storiche della Sardegna, diversità imputabile alla posizione geografica: l'essere isola ha ancora una volta condizionato lo svolgersi degli eventi. A questa prima riflessione un'altra se ne può aggiungere. In questa rilevata diversità coesistono tuttavia entrambe le posizioni che l'esercito in quel momento di confusione ebbe a prendere: da una parte vi fu la «strenua» volontà di patteggiamento de l generale Basso, che, dapprima senza ordini, poi per meditata decisione evitò lo scontro frontale; dall'altra la «ribellione» agli ordini dei militari de La Maddalena, fanti e marina i , che, nel generale disorientamento, percepirono che non si poteva subire inerti la violenza tedesca e che combatterono e morirono, primi martiri di una resistenza ignorata, non tant o per co nsapevole antifascismo, quanto probabilmente per un senso dell'onore di uomini più che di soldati . Sarebbe interessante un confronto delle posizioni assunte in mer ito a questi ep isodi dalla storiografia civile e da quelle militare. Per quanto riguarda l'episodio della Maddalena si ha l 'impressione che sia stato posto in sordina dalla storiografia perchè si trattò di una resistenza combattuta da ufficiali e soldati in aperta disobbedienza agli ordini superiori: quas i una protesta per l'ambiguità e l 'incertezza degl i Alti Co m andi, per l'acquiescenza de i coma ndanti de ll e isole sarde Basso e Brivonesi.
Note
(1) E. Lussu , Diplomazia clandestina, Nuova Italia, Firenze, 1956 p. 29
(2) Ibidem
(3) Ibidem p. 56 e seg.
(4) W . Churchill, La seconda guerra mondiale, vo i. 6, Mondado ri , Mil ano, 1965, p. 2346.
(5) Ibidem p. 2362.
(6) Per la ricostruzione dei fatti vedi Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, vol. I, A -C, La Pietra, Milano, 1968; R Zangrandi, 1943: /'8 settembre, Feltrinelli, Milano, 1964; R. Zangrandi, L'Italia tradita, Mursia, Milano, 1971; A. Basso, L 'armistizio del/'8 settembre in Sardegna, Rispoli, Napoli, 1947; F. Spanu Salta, Il Dio seduto, storia e cronaca della Sardegna 1942-1946, Chiarella, Sassari , 1978; L'Unione Sarda, Speciale, L'otto settembre in Sardegna, 8 settembre 1983.
(7) vedi appendice. A. Basso, L'armistizio etc . , cit. pp . 87-110.
(8) A. Basso, cit. p. 9.
(9) Memoria 44 in appendice , da R. Zangrandi, 1943: /'8 settembre, cit. pp. 364 -365.
(10) Per la ricostruzione degli avvenimenti de La Maddalena vedi F . Spanu Satta, Il Dio seduto, cit.
(11) Per la ricostruzione degli incidenti tra truppe tedesche e popolazione e l'episodio della divisione Nembo vedi Enciclopedia dell'Antifascismo, cit. e F. Spanu Satta, Il Dio seduto, cit.
APPENDICE (*) I
Memoria OP44
Ecco il contenuto dell'ordine diramato tra il 2 e il 5 settembre dallo Stato Maggiore dell'Esercito ai Comandi periferici, secondo la versione considerata più esatta dalla letteratura militare.
La Memoria ipotizzava il caso di una possibile aggressione tedesca, senza alcun cenno alle trattative di armistizio, si diffondeva in una dettagliata esp osi zione dello schieramento germanico in Italia, quale risultava allo Stato Maggiore alle ore zero del 2 settembre, poi indicava i seguenti «co mpiti generici»: evitare sorprese; vigilare e tenere le truppe alla mano; rinforzare la protezione delle co municazioni e degli impianti; sorvegliare i movimenti tedeschi predisporre colpi di mano per impossessarsi di depo siti di munizioni, viveri, car burante , materiale var io e centri di collegamento dei tedeschi, prevedendone l'occupazione o la distruzione; predisporre colpi di mano su obiettivi considerati vuln erab ili per le forze germaniche; presidiare edifici pubblici, depo siti, comand i , magazzini e ce ntrali di collegamento italiani.
I compiti specifici per i diversi Comandi di unità destinatari, erano ques ti :
II Armata (Slovenia, Croazia, Dalmazia): far fuori la 72 3 divisione tedesca; agire sui fianchi delle truppe germaniche alla frontiera orientale, per interrompere le comunicazioni da Tarvi sio al mare;
IV Armata (Provenza): raccogliere le divisioni «Pusteria» e «Taro» nelle valli Roja e Vermenagna, fronte ad Ovest, per interromp ere le comunicazioni dalla Francia all'Italia; agire specie sui fianchi delle trup pe germaniche in quella zon a (il XX Raggruppamento sciatori sul Moncenisio, Monginevro,
(*) Da Antonio Basso, L'armistizio de/1'8 settembre in Sardegna, Napoli, Rispoli, 1947.
Bardonecchia, doveva sbarrare i valichi e interrompere la f erro via del Frejus);
V Armata (Liguria, Toscana, alto Lazio): il XXVI Corpo d'Armata, formato dalle divisioni «Al pi Graie» e «Rovigo», doveva tenere La Spezia, la divisione «Ravenna» nel grossetano, agire contro i reparti: e i magazzini settentrionali della 3 a divisione corazzata tedesca, dislocati tra Bolsena e Siena;
VII Armata (Italia meridionale): tenere Taranto e Brindisi; la prima con la divisione «Piceno»; la seconda, non appena fosse giunta in luogo, con la divisione «Legnano»;
VIII Armata (Lombardia, Tre Venezie): il XXXV Corpo d'Armata, con le divisioni «Tridentina» e «Cuneense», doveva tagliare le comunicazioni Alto Adige-Germania, nonchè agire sulle truppe tedesche dislocate in Alto Adige e Trentino (la 4a divisione e elementi vari); il restante delle truppe italiane, doveva provvedere a interrompere le comunicazioni di Tarvisio;
Sardegna: far fuori la 90a divi sione germanica;
Corsica: far fuori la brigata corazzata germanica.
Per Milano (divisio ne «Cosseria») e Bologna (divisione «3a Celere» di Cavalleria) non veniva indicato nessun compito specifico, peraltro intuibile dagli indirizzi generali della Memoria. Questa non contemplava disposizioni per le divisioni concentrate a difesa di Roma e quelle della II Armata dislocate in Croazia, Slovenia e Dalmazia in quan to, per la particolarità delle condizioni locali (la prima, caratterizzata dalla presenza della casa reale, del governo e degli alti Comandi; l'altra dallo stato di gu erriglia), le autorità centrali si riservavano d'impartire ordini più aggiornati al momento opportuno.
Gli ordini diramati dal Comando Supremo tra il 6 e il 9 settembre furono tre, che possiamo riprodurre nella loro versione in tegrale e ufficiale, quali si trovano agli atti della Commissione d' in chiesta.
Marconigramma da Superesercito Al Comando Forze Armate SARDEGNA f.to. Gen. Roatta
N. 186 op. V. M. del 19 settembre 943 - Mi compiaccio vivamente con V.E. et sue truppe per quanto comunicato.
Fonogramma a mano da Comando Supremo a Superesercito f.to Gen. Ambrosia
N. 1266 C.S. del 19 settembre 943.
Porgete Ecc. Basso et sue truppe mio vivissimo elogio per risultato conseguito.
Da Superesercito a Com. Forze Armate Sardegna (per Ecc. Basso ) N. 5/1/3 del 20 settembre 943 per comunicazione d'ordine
· Il Capo del 1 ° reparto f.to Gen. Ulivi
Il Capo del Governo f. to Badoglio
A S.E. il Gen. Basso C.te Forze Armate Sardegna.
N. 26 Prot. del 25 settembre 943.
Le faccio le mie più vive lodi per come ha esercitato il comando.
Il processo al geo. Basso
N. 7305 del processo Data 28 Giugno 1946
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Mil.re territoriale di Roma composto dai signori:
Generale d'Armata NASI Guglielmo, Presidente
Dott. Comm. FACCINI Renato, Giudice Relatore
Ammir. desig. d'Armata PINI Vladimiro , Giudice
Gen. di C. d'Armata PACINI Leonida, Giudice
Gen. di C. d'Armata NASCI Gabriele, Giudice
Ha pronunciato la seguente
Sentenza
nella causa contro
1) BASSO Antonio fu Alfonso e fu Caprioli Giusepina, nato a Napoli il 27 giugno 1881 - Generale di C. d'Armata - detenuto.
Il 1° di omessa esecuzione di un incarico (art. 100 cod. pen. milit. di guerra) perché Comandante delle Forze Armate della Sardegna alla data dell'armistizio, senza giustificato motivo non eseguiva l'ordine di operazione 5 V a lui pervenuto il 12 Settembre 1943, ribadito dall'ordine 21 V a lui pervenuto il successivo giorno 13, di impedire ~l passaggio delle truppe tedesche dalla Sardegna alla Corsica; il 2° . ............... . ........................
(1) Nel riportare in sentenza ho omesso tutto quanto riguarda il mio compagno di sventura (N. di A Basso)
Fatto
Il Generale di C. d'Armata Basso Antonio, comandante delle FF.AA. della Sardegna dal novembre 1940; riceveva il 2 settembre 1943 a mezzo del T. Col. di S.M. Eberlin, un foglio di dispo siz ioni indicato col nome «Memoria 44» redatto dal Capo di S.M. esercito, Gen. Roatta, non datato e non firmato e che dopo la lettura doveva essere distrutto.
Il tenore del foglio, giusto gli appunti che il Basso potè prendere era il seguente (Vol. I allegato 1): (1)
«Considerate il caso ch e forze tedesche intraprendano di iniziativa atti di ostilità contro organi di governo (centrali o periferici) o contro forze armate italiane e con ca rattere di azione collettiva, intesa a rip ristinar e il vecchio regime e ad assumere il governo diretto .
«Te ndere: far fuori mezzi aeronautici, depositi carburanti, tagliare collegamenti, eliminare piccoli elementi sparsi.
«In genere: poche imprese ma buone.
«Sardegna: inizialmente far fuori le truppe tedesche esistenti successivamente tenersi pronti per gli altri impieghi.
A seguito di detta memoria il Basso died e dispo s izioni al suo uffici operazioni, perchè avesse accuratamente studiato e predisposto l'azione, prevedendo sia l'ipotesi della iniziativa da parte delle truppe italiane, sia la ipotesi della ini ziativa da parte delle truppe tedesche dislocate in Sardegna .
Fu così compilato un complesso di dettagliate di sposiz ioni al cui e laborato fu dato il nome di «Emergenza T» che prevedeva la dislocazione ed il comportamento delle truppe italiane in Sard eg na, secondo il verificarsi di una delle due ipotesi (difensiva ed offensiva), ed il 6 settem b re, in una riunione all'uo- po indetta presso il suo comando in Bortigali, il Gen. Basso dava conoscenza dell'elaborato ai comandanti suoi dipendenti. La sera dell'8 settembre, alle ore 20.30, il Gen. Basso apprende dalla radio la notizia dell'armistizio secondo il quale occorreva «reagire ad ogni atto di ostilità»; la stessa sera il comandante delle truppe tedesche, Gen. Lungerhausen, invitava il Gen. Basso a far causa comune con i tedeschi, appellandosi al lungo cameratismo d'armi: dinanzi all'energico rifiuto del Gen. Basso, egli dichiarava essere proposito del comando tedesco di iniziare subito lo sgombero dell'isola per passare in Corsica. Il Gen. Basso faceva presente che non si sarebbe opposto all'attuazione del suddetto divisamento, purché da parte delle truppe germaniche non vi fosse stata alcuna provocazione contro quelle italiane.
(I) Tutti gli allegati citati nella sentenza, sono quelli annessi agli atti del processo ed erano già stati da me esib iti con dettagliata relazione, qualche mese prima che il Ministro della Guerra del tempo decidesse il mio arresto e la mia denuncia (N. di A. Basso).
Di ciò comunque egli informava subito il Superesercito, cui chiedeva se dovesse o non opporsi al movimento. Ma non aveva risposta o, quanto meno, questa non perveniva: si rinveniva però in una cassaforte del Ministero della Guerra, contenente carteggio riservato e segreto, l'appunto senza firma, del seguente tenore (foglio 13 - Vol. I): «Ore 2,00 Ecc. Roatta comunica che l'Ecc. Basso fa sapere che la 90a divisione germanica chiede di poter abbandonare la Sardegna in forma pacifica, chiede inoltre che siano restituite le batterie da 88 che sono state cedute a noi e che sono servite da personale italiano. L'Ecc. Ambrosio accoglie la richiesta».
Nella stessa sera invece, ad ora avanzata - 23,45 - il Gen. Basso riceveva da Superesercito operazioni il seguente telegramma: «In relazione armistizio non debbono essere contrastat i sbarchi anglo-americani».
Il giorno success ivo, il predetto Generale informava telefonicamente (ali. 4 vol. I) il Gen. Magli, comandante delle truppe italiane in Corsica del progetto tedesco di trasferimento in detta isola ed in questa comunicazione dava no tizia di essere in attesa di posizioni al riguardo da Superesercito, informando di , avere comunque predisposto per il concentramento nella zona di Gallura delle truppe da lui dipendenti e di aver dato ordini alla Piazza di Maddalena di tenersi pronta per agire con le sue batterie, qualora avesse ricevuto ordine di impedire il passaggio. Ordini che risultano effettivamente impartiti il 9 settembre al C.do XXX Corpo ed a quello della Maddalena, come dagli all. 6 e 7 vol. I
Intanto nel mattino del 9 reparti tedeschi, con un improvviso colpo di mano occupavano il Comando marina, la stazione radio, nonché alcune batterie della Maddalena e catturavano altresì gli Ammiragli Brivonesi e Bona, mentre manifestazioni sediziose si verificarono presso alcuni reparti paracadutisti «Nembo». Il Gen. Basso il 10 chiedeva il concorso di forze navali (all. 10) e nello stesso giorno (all. 11) dava comunicazione degli avvenimenti suddetti a Superesercito. L'Ammiraglio Brivonesi era però già riuscito a mettersi in contatto col Ministero della Marina, che lo autorizzava a prendere direttamente accordi col comandante tedesco della Maddalena, ragguagliandone il Gen. Basso che a sua volta ne informava (all. 12) il Superesercito. Gli accordi presi dall' Amm. Brivonesi consistevano (all. 13) nell'impegno da lui preso di non compiere atti ostili contro le truppe tedesche che si transitavano in Corsica a condizione che fossero rimaste invariate le occupazioni già effettuate, e che non vi fossero stati attacchi di sorta contro le truppe italiane. Il giorno 10 i primi contingenti te deschi avevano già lasciato la Sardegna ed una brigata corazzata aveva già costituito un'ampia testa di sbarco a Bonifacio. Il Gen. Magli ne dava comunicazione (all. 17) al Gen. Basso, invitandolo a considerare la necessità che la divisione tedesca non passasse in Corsica. Ma il Gen. Bas so rispondeva (all. 18) che non poteva che confermare le decisioni prese, essendo il movimento in corso.
L' 11 settembre venivano da Marina Cagliari, intercettati incompletamente due marconigrammi a firma Roatta (all. 21), secondo i quali dovevano attuarsi le misure predisposte con la memoria 44 e le truppe germaniche doveva considerarsi come nemiche e quindi dovevano essere eliminate.
Il Gen. Basso si affrettava nello stesso giorno a chiedere a Superesercito chiarimenti al riguardo (all. 22) e confermava contemporaneamente ai reparti dipendenti (ali. 23) la necessità di seguir da vicino le truppe tedesche in modo da impedire un eventuale ritorno offensivo verso il Sud (all. 24).
Nel frattempo l' Amm. Brivonesi, in un colloquio col Gen.Lungerhausen, concordava le basi per un accordo di massima circa la situazione della Maddalena, che comunicava per l'approvazione del Gen. Basso (all. 25).
Questi approvava l'impegno (all. 26) di non ostacolare il passaggio delle truppe tedesche per il canale di Bonifacio e di consentire l'occupazione di due piccole posizioni del porto con batterie tedesche, ma respingeva la richiesta di cedere le sei batterie italiane esistenti e di ritirare gli uomini addetti, minacciando rappresaglie in caso di atti di violenza da parte dei germanici.
L' 11 settembre il Gen. Basso lasciava il suo quartier generale in Bortigali per trasferirsi temporaneamente a Sassari presso il Com. XXX Corpo d'Armata.
Il giorno successivo - 12 - perveniva al quartier generale a mezzo di un ufficiale, l'ordine denominato 5 V, data to 11 ed a firma del Capo di S.M. Gen. Roatta del seguente tenore (all. 28).
«Urge attuare con massima decisione ed energia memoria 44, facendo fuori rapiàamente comandi e reparti tedeschi che si trovino comunque in Sardegna et Corsica. A tale uopo si rende indispensabile impedire passaggio 90a divisione dall'una all'altra isola».
L'ordine veniva subito recapitato al Gen. Basso il quale impartiva lo stesso giorno, disposizioni (all. 29 n . 13 200 OP), secondo le quali, pur confermandosi il proposito di consentire l'esodo delle truppe tedesche, il XXX Corpo d'Armata doveva proteggere la zona logistica Olbia-Monti, pronto ad eventuali azioni offensive non appena i tedeschi avessero superato detta zona: la divisione «Bari» subito dopo il superamento da parte tedesca della trasversale sarda, dovevasi raccogliere, con un bat- taglione carri Somua, nella zona Bonannaro-Ozieri, passando alla dipendenza del XXX Corpo; il XIII Corpo doveva spostare verso il Nord le Divisioni «Sabauda» e «Nembo», che passavano alle sue dipendenze in rincalzo eventuale del XXX Corpo, e l'Aviazione doveva tenersi pronta ad intervenire con tutti i mezzi disponibili. Al Superesercito poi il Gen. Basso in data 13 (all. 31) così rispondeva con una marconigramma cifrato urgentissimo precedenza assoluta: «Rispondo 5 V, truppe tedesche occupano parte piazza Maddalena e protette forti retroguardie corazzate ripiegano zona Nord orientale isola dove iniziano traghetto Corsica . Sono in corso movimento mie truppe per consentire attacco decisivo . Prevedo poterlo attuare non prima giorno 16. Nessun affidamento su divisione «Nembo» che deve anzi essere controllata».
Il 13 veniva recapitato a mezzo di altro ufficiale al Comando FF.AA. (ali. 37) altro ordine denominato 21 V, datato 12 ed a firma pure del Capo di S.M. Roatta, col quale, nel confermare il precedente ordine 5 V, si precisava quanto appresso: «Germanici devono essere considerati nemici e come tali attaccati e distrutti senza la minima esitazione. In modo assoluto deve essere impedito ulteriore passaggio 90a Divisione tedesca in Corsica. D'altra parte dopo quanto avvenuto in Italia, alla Maddalena ecc. e dopo l'attacco aereo germanico alla nostra flotta (fatti che, almeno in buona misura, debbono essere noti a V.E.) si sarebbe dovuto comprendere che in mancanza di altri ordini, si doveva dare piena applicazione alla memoria 44, a prescindere da qualsiasi atto germanico di ostilità ih Sardegna e Corsica. Il Comando Supremo e questo S.M. contano sulla energia di V.E. per guadagnare il tempo perduto e far fuori del tutto i tedeschi dalle due isole e dalla Maddalena. Circa il radio n. 06821 del Comando FF.AA. Sardegna ordierno, trasmesso vi a C agliari, faccio presente che non vennero inviati telegrammi a fir ma Roa tt a e d Ambrosie. Si tratta probabilmente dicorimnicazioni ap ocri fe , fatte dai germanici, giunti in possesso dei nostr i ci frari. Un nuovo sistema di cifrario viene inviato dal Comando Supremo a me zzo dell'ufficiale latore».
Nel frattempo, lo stesso giorno 13, a seguito di felice iniziativa del Magg. Barsotti sot tocapo di S.M. esercito presso C.do Marina, il 391 ° Batt.ne costiero ed alcuni reparti di marina, liberarono alla Maddalena, i due ammiragli, la stazione radio e le batterie.
Il 14 su richiesta del Gen. Lungerhausen, aveva luogo un incontro fra lui e il Gen. Basso a Tempio, nel quale si raggiungeva un accordo circa la sistemazione di Maddalena, mentre alle truppe tedesche veniva concesso un termine a tutto il 17 per il loro pacifico deflusso dalla Sardegna. Nella lettera con la quale (all. 38) il Gen. Basso dava notizie dell'accordo all'Ammiraglio Brivonesi, si precisava, tra l'altro, che le batterie non dovevano sparare contro i natanti che seguivano via Corsica sia di giorno che di notte, che occorreva evitare assolutamente malintesi od incidenti ed imporre ad ogni costo alle batterie della piazza l'esecuzione di detti ordini a tutto il giorno 17. A tale giorno, continuava la lettera, considereremo azione nemica qualsiasi tentativo di ritorno nelle isole dell'Arcipelago ed in Sardegna ed agiremo in conseguenza. Nostro compito principale è di farli fuori dalla Sardegna e dalle isole. Quando l'avremo raggiunto col metodo facilitativo, passeremo a quello della decisa e recisa resistenza.
Della situazione e delle ragioni per le quali non aveva ritenuto di agire altrimenti il Gen. Basso informava dettagliatamente lo S.M. con nota del 15 Sett. (ali. 39), allorquando cioè egli si allontanava da Sassari per restituirsi a Bortigali.
Nel lasciare Sassari il Gen. Basso impartiva verbalmente al Gen. Castagna, l'ordine di attaccare i tedeschi appena possibile. Il e.te del XXX C. d'A. che già in data 14 aveva messo in movimento le divisioni «Calabria» e «Bari» (all. 41), emanava il 15 nuove disposizioni (all. 49), stabilendo le direzioni di marcia delle colonne, preavvisando che le disloca zioni da raggiungere dietro suo ordine erano Palau per la divisione «Calabria» e Arzachena per la divisione «Bari».
Intanto in data ancora 15 il Gen. Basso informava (ali. 40) degli sviluppi della situazione lo S .M. R.E. nei seguenti termi- ni: «Dopo scontri svoltisi nelle zone di Oristano-MacomerMores, tutta la maggior parte dell'isola è in nostro possesso. Germanici ripiegano precipitosamente nella Gallura, protetti retroguardie corazzate, incalzate da divisioni «Calabria» e «Bari» solo parzialmente autostrasportate causa nota povertà automezzi, e concludeva: per impedire trasferimento unità germaniche in Corsica è necessaria azione navale su stretto Bonifacio».
Ma lo stesso giorno 15 un evento si verificava che faceva ve ni r meno ogni motivo per temporeggiare ancora e cioè la distruzione di numerosi aeroplani italiani sul campo di Vena Fiorita ad opera delle truppe tedesche.
Infatti il C.do FF.AA. della Sardegna ordinava (all. 42) che da quel momento i militari tedeschi ancora nell'isola dovevano essere catturati e disarmati e disponeva con marconigramma diretto al C.do Marina in Maddalena (all. 43) che le batterie ai suoi ordini aprissero il fuoco con t ro i na t anti che attraversavano lo stretto di Bonifacio. Analoghe disposizioni venivano date al Comando dell'Aviazione che provvedeva pure in data 15 (ali. 44) per il bombardamento con nove apparecchi delle motozzattere in navigazione nelle Bo cche di Bonifacio.
In data 16 (ali. 48) precisava con telegramma diretto a tutt i gli enti dipendenti che tutti i tedeschi comunque rimasti nell'isola erano da considerarsi nemici e dovevano essere arrestati. Ma il movimento dei reparti del XXX Corpo sembrava lent o al Gen. Basso che verso mezzogiorno del 16 telefonava, sollecitandone l'azione. Successivamente con telescritto cifrato del 16 (ali. 52) il Gen. Basso confermava gli ordini dati per te lefono, disponeva che il mattino successivo le posizioni tedesche dovevano essere attaccate. Altre azioni di mitragliamento venivano predisposte per lo stesso mattino (all. 53 e 54) e si ripeteva anche (ali. 56) l'ordine di intervento delle forze della Maddalena per l'azione offensiva contro le truppe tedesche. Nel frattempo nella sua marcia verso Arzachena, la divisione «Bari» incontrava nella mattinata del 16 un reparto tedesco di retro- guardia, che avrebbe potuto opporre solo una debole resistenza; ma il Gen. De Nisio, Com.te la divisione era costretto ad arrestarsi in quanto per accordi intervenuti direttamente col Comando XXX Corpo d'Armata, il reparto tedesco era stato falcoltizzato a pernottare sul posto. In serata giungeva l'ordine di attaccare il mattino successivo, ma all'alba il reparto tedesco si era già allontanato. La div. «Bari» si rimetteva in marzia, ma quando, dopo una sosta a Cantoniera Cucone in attesa di ordini, giungeva a Palau nel tardo pomeriggio del 17, i tedeschi avevano già lasciato il porto.
Anche la div. Calabria avanzava lentamente, legata alle disposizioni del Gen. Castagna ed allorchè il 17 riceveva anch'essa l'ordine di iniziare l'azione per la conquista di S. Teresa di Gallura, l'altro porto di cui i tedeschi si servivano per l'imbarco, la città risultava già evacuata dalle ultime truppe tedesche.
Questi i fatti emergenti essenzialmen t e dai documenti esistenti dall'attuale processo, il quale fu iniziato a seguito di autorizzazione del Capo di Stato Maggiore Generale in data 7 novembre 1944 su domanda del Ministro protempore della Guerra.
L'istruzione fu svolta col rito formale e contro gli imputati fu emesso mandato di cattura che fu loro notificato il 24 marzo 1945. Nel corso della istruzione, sia negli interrogatori, sia nei fogli di lumi e nelle memorie, gli imputati protestarono sempre la loro innocenza, deducendo sostanzialmente di essersi trovati nella impossibilità di impedire l'esodo delle truppe tedesche dalla Sardegna.
Completata l'istruz io ne, i due generali, sulle conformi conclus ioni del P .M. venivano inviati al giudizio di questo Tribunale con sentenza 31 maggio 1945 per risponqere dei reati singolarmente loro ascritti come in epigrafe .
Diritto
Per una congrua e sistematica valutazione della situazione processuale dei due imputati in ordine alla loro eventuale re- sponsabilità, fà d'uopo esaminare partitamente le rispettive imputazioni, in quanto essi devono rispondere di due distinti reati.
Quello ipotizzato a carico del Gen. Basso nella sentenza di rinvio, e conforme del resto alla originaria imputazione, è così specificato:
«Omessa esecuzione di un incarico (art. 100 c.p . m.g.) perchè Comandante delle FF.AA. della Sardegna alla data dell'armistizio, senza giustificato motivo, non eseguiva l'ordine di operazione contenuto nella Memoria 44, non raccogliendo le gravi provocazioni tedesche, tra cui specialmente l'occupazione della Maddalena; e perchè nelle stesse circostanze non eseguiva l'ordine di operazione 5 V a lui pervenuto il 12 settembre 1943, ribadito dall'ordine 21 V a lui pervenuto il successivo giorno 13, di impedire il passaggio delle truppe tedesche dalla Sardegna alla Corsica».
E poichè per la sussistenza del delitto previsto dall'art. 100 suddetto occorre il concorso dei seguenti elementi: la esistenza di un ordine di operazione militare, o comunque l'affidamento di un incarico; la mancata esecuzione dell'ordine o dell'incarico; nonchè l'assenza di un motivo atto a giustificare l'omessa esecuzione, fa d 'uopo ricercare attraverso le risultanze processuali la sussistenza o non dei suddetti requisiti.
Per quanto attiene alla mancata esecuzione dell'ordine di esercuzione della memoria 44, una prima considerazione si impone e cioè che non è stato possibile ricostruirne con precisione i termini nei quali la memoria si esprimeva, come ha dichiarato anche il Maresc. d'Italia Messe, per lungo tempo preposto al Comando dello St. Magg. Generale.
Comunque un primo dubbio potrebbe formularsi e cioè se la stessa, secondo il testo risultante dagli appunti in atto, possa ri tenersi come un vero e proprio ordine e non pure come un insieme di direttive impartite ai diversi Comandi militari, che avrebbero dovuto applicarle secondo le situazioni e contingenze locali, con una larga sfera cioè di discrezionalità;
Ad ogni modo è certo che l'azione dei Comandi italiani non poteva essere che di reazione ad atti di ostilità armata com- piuti dalle forze tedesche; doveva però trattarsi di atti di particolare gravità sia perchè diretti eventualmente contro organi di governo (centrali o periferici) o contro forze armate italiane sia perchè doveva trattarsi non già di azioni isolate, ma di azioni collettive: l'azione delle forze tedesche, che avrebbe potuto giustificare una reazione di quelle italiane, doveva però presentarsi con caratteri di particolare pericolosità e gravità, in quanto cioè avesse i seguenti obiettivi: il ripristino del vecchio regime - l'assunzione del governo diretto.
Ben vero che per la Sardegna vi era una segnalazione particolare: «inizialmente far fuori le truppe tedesche esistenti, successivamente tenersi pronti per altri impieghi» ma, a prescindere dalla considerazione che non era ben chiaro il significato della espressione «far fuori» (interpret ata dal Gen. Basso come equipollente di espellere, mandar via, da altri, tra cui il suo capo ufficio operazioni T. Col. Martignago nel senso più esteso di eliminare in qualunque modo, annientare), non v'ha dubbio che essa doveva essere posta in relazione con la parte generale precedente e considerarsi cioè sempre subordinata al verificarsi delle condizioni ivi previste.
Una diversa interpretazione avrebbe portato ad un inizio di ostilità contro i tedeschi in un solo settore prima ancora del1' armistizio le cui trattative si svolgevano nel segreto più assoluto ed erano quindi ignote al Gen. Basso. Si verificò mai nel periodo 8-11 settembre, anteriormente cioè agli ordini 5 V e 21 V, taluno dei gravi eventi che avrebbero potuto autorizzare reazione da parte del Gen. Basso nel senso sopraindicato? La risposta, alla stregua di tutti gli elementi processuali, non può essere che negativa.
Lo stesso capo di imputazione parla solo di gravi provocazioni tedesche, che per verità in detto periodo furono molto modeste e cioè manifestazioni di atteggiamento di reparto singoli, e che, comunque non rientravano nelle prescrizioni della memoria 44.
Un solo episodio vi fu di notevole gravità - quello della Maddalena del 9 settembre - ricordato espressamente nel ca- po imputazione, che non cessava però di essere, un caso isolato e ben deliminato, senza cioè alcuna di quelle pericolose e gravi diffico l tà che secondo la menzionata memoria, avrebbero potuto giustificare una reazione di vasta portata da parte del Com. FF.AA. della Sardegna. Al riguardo va ricordata la interferenza del Supermarina col quale l'ammiraglio Brivonesi Comandante della Piazza si era messo a contatto, e le difficoltà per non dire la impossibilità da parte del Comando FF .AA. di agevolare una reazione locale, che avrebbe potuto avere il presupposto nel passaggio di altre forze nell'isola, reazione che comunque avvenne e felicemente il 13 settembre da parte delle forze italiane esistenti nell'isola stessa .
Se però da parte del Gen. Basso non vi fu alcuna reazione apprezzabile per le ragioni sopraindicate, occorre invece tener presente che non solo egli si affrettò ad informare il Ten. Col. Eberlin - latore della memoria 44 - delle condizioni reali delle FF.AA. dell'isola in relazione ad un eventuale rovesciamento della situazione perchè ne avesse a sua volta reso edotto lo Stato Maggiore Esercito, ma con la «emergenza T» predi posta dal suo ufficio operazioni, in seguito alle direttive da lui impartite, egli vi inquadrava la sua azione eventuale nello esposto della mem o ria 44 e con la convocazio n e del 6 di tutti i comandanti alle sue dirette dipendenze e le disposizioni cautelative date, si mostrava compreso della gravità della situazione che da un momento all'altro poteva presentarsi.
Troppo generica era poi la espressione «reagite se attaccati» compresa nel proclama del Maresc. Badoglio dell'8 settembre, perchè potesse considerarsi impegnativa come un ordine tassat ivo e d'altra parte anche la sua att u azione non poteva essere che in funzione della situazione locale e dei mezzi a disposizione.
E la situazione locale, a prescindere da altre circostanze di cui poi si farà cenno, era caratterizzata dal proposito manifestato subito d opo la comunicazione ufficiale dell'arm istizio, dal Comandante le truppe tedesche di evacuare pacificamente l'i- sola, e dall'adesione data al riguardo del Comando delle FF.AA. italiane, salvo diverso avviso del Comando Supremo, che come in narrativa si è ricordato, sebbene informato prontamente, nulla fece sapere, per quanto dall'appunto trovato in uno degli archivi del Ministero della Guerra, si possa ritenere che consenso vi sia stato anche da parte del Comando Supremo.
Prima pertanto della ricezione degli ordini 5 V e 21 V può sicuramente affermarsi che l'azione del Gen. Basso, non solo non può integrare gli estremi del reato ascrittogli nè quelli di altro reato, ma che essa non è suscettibile neppure di censura.
Ma neanche la sua azione successiva può inquadrarsi in una possibile ipotesi delittuosa e tanto meno in quella per la quale il predetto Generale è stato rinviato a giudizio.
Potrebbe innanzi tutto porsi la questione circa la portata effettiva ed il valore degli ordini dati da organi centrali superiori a comandanti quali il Gen. Basso di forze armate rilevanti e dislocate in un teatro operativo indipendente, con tutti gli attributi cioè militari e civili di un Comandante in capo, per di più isolato, dopo la situazione, creatasi da11'8 settembre 1943.
A Comandanti siffatti, sui quali poggiano le più grandi responsabilità, più che ordini veri e propri, come espressione di volontà semplice, netta, precisa, adattata alla situazione particolare del momento che fissa un compito ed una missione ben definita, si pensa possano impartirsi direttive tendenti a fornire ai più elevati capi in subordine, soltanto le indicazioni essenziali e sufficienti per agire in conformità dei piani del Comando superiore, concedendo loro cioè la più ampia latitudine della scelta dei mezzi da usarsi e dei provvedimenti da seguirsi senza cioè legarli, come nel caso dell'ordine, alla esatta esecuzione della volontà superiore, onde resta integralmente impegnata la responsabilità non solo della esecuzione come nella forma imperativa sopra accennta, ma anche quella della concezione e della decisione.
Quale fu comunque, l'atteggiamento del Gen. Basso, dinanzi alle sue disposizioni di cui sopra?
Non v'ha dubbio che, quanto meno in primo tempo, esso fu negativo, se non altro parzialmente, come si rileva dalle direttive impartite ai Comandi dipendenti il 12 sette mbre '43 (ordine op. 13200 all. 29 già riportato) secondo le quali si insisteva nel concetto di consen tire ancora l'esodo delle truppe tedesch e Via Palau-S. Teresa di Gallura, pur dando si precise disposizioni perchè se ne sorvegliasse continuamente la esecuzione e si fosse in ogni momento in condizioni di procedere ad immediata azione offensiva contro elementi che comunque avessero attuato un contegno provocatorio o avessero fatto uso delle armi e della forza. D 'altra parte, giusta i rilievi fatti in narrativa, il Gen. Basso, anche prima che fossero captati l' 11 settembre i marconigrammi incompleti da Marina Cagliari, andava modificando il suo originario orientamento, come risulta sia dalle disposizioni precauzionali impartite in quel periodo, sia dal suo t rasferim ento in Sassari, presso il C.do del XXX C. d' A., in località più vicin a cioè a quella in cui si stava effett uan do l'imbarco delle truppe tedesche.
Il Gen. Basso , nei suoi interrogatori e nei s uoi fogli di lumi, nello illustrare l'a ttività svo lta durante il periodo in esame , ha posto in evidenza i motivi che gli avevano impedito una pronta esecu zione degli ordini ricevuti, motivi che, in vero, trovano un loro fondamento nella realtà giu sta le ri su ltanze processuali e merge nti dalla documentazione prodotto e dal autorevolissime depo sizioni test imoniali: appare opportuno rassegnarne le più importanti:
- Non è esatt o c he tra le forze armate italiane utilizzabili e quelle tedesche vi fosse quella differenza assai notevole da mettere le prim e in netta , quasi sc hiacciante s uperiorità rispetto alle avversarie. - Si è par lato in vero di 200. 000 uomini contro circa 20.000 ed in vece le proporzioni erano ben diverse .
Le trup pe italiane nella data più vicina all'8 se ttembre ammontavano secondo i dati forniti dal Ministero della Guerra a 111.552 uomini di truppa e 5.0 11 ufficiali effettivamente present i; di questi circa 50.000 uomini cost ituivano le Brigate Co- stiere scaglionate in piccoli repar t i lungo la estesa costa dell'isola, fronte a mare: la loro composizione, inoltre, il loro scarso armamento e deficiente equipaggiamento rendevano assolutamente impossibile che fossero impiegate in veloci e continuate azioni di movimento fronte a terra.
Parecchia mig liaia di uomini erano impiegati negli svariati servizio, dimodochè si può calcolare a circa 45.000 la forza delle divisioni mobili utilizzabili (la Bari - la Calabria - la Sabauda), della divisione paracadutisti Nembo, del Raggruppamento motocorazzato Scalabrino.
Dette forze dovevano però considerarsi ulteriormente ridotte dalla defezione di una parte della divisione Nembo, forte di circa 9000 uomini, che aveva fatto causa comunque con i tedeschi.
Vi erano inoltre le legioni della M. V .S.N . ed i militi della Milmart sui quali non poteva eventualmente più farsi affidamento.
Pertanto a 35.000 uomini deve ritenersi ascendere l'entità delle forze armate italiane effettivamente utilizzabili con un armamento modesto e soprattutto con una dotazione di carri armati (raggruppamento Scalabrino) di limitata efficienza tipo LM di limitato numero - una novantina - la cui mobilità era grandemente ridotta dalle cattive condizioni di efficienza in cui si trovavano, in gran parte dipendente dalla mancanza di parti di ricambio. Delle truppe anzidette, costituenti sostanzialmen-· te le tre divisioni Bari-Calabria-Sabauda, quest'ultima in parte distratta dai suoi compiti naturali per sorvegliare la Nembo, solo la Bari era motorizzata e neppure interamente, tanto che il Gen. Di Nisio aveva potuto procedere nella sua marcia di avvicinamento solo con tre battaglioni.
L'intendenza poi disponeva solo di 900 autom~zzi, dei quali dedotti circa tr ecento speciali, i restanti 600 erano indisponibili per il trasporto nella Gallura, mentre le ferro vie nessun apporto potevano dare in quanto non funzionavano, ed il porto di Cagliari, semidistrutto dai bombardamenti, non era più attivo.
Di fronte invece si trovava una divisione corazzata tedesca rinforzata da una brigata da fortezza su 5 battaglioni ed altri minori reparti, fornita di potenti armi moderne automatiche e dotata di un gran numero di carr i armati che, dati gli accorgimenti usati dai germanici non è stato possibile precisare ma c he doveva oscillare tra i 200 ed i 300, di cui una trentina tipo Tigre e gli altri tutti di 20 tonn ellate con a bordo un cannoncino . Si trattava pertanto di un complesso or ganis mo militare armonico, potentemente armato e molto mobile, che con i suoi ventimila uomini circa rendeva ben ardua l'impresa che contro di esso avrebbe dovuto tentare il Gen . Basso. Ciò in specie a partire dal 12 settembre, dalla ricezione cioè dell'ordine 5 V, in quanto dal 9, come si è rilevato, erano iniziate le operazioni da parte dei tedeschi per il loro esodo dalla Sardeg na , sino allora non contrastato per le ragioni sopraindicate.
- Man mano che essi si concentravano e volgevano velocemente verso il nord, profittando della loro maggiore mobilità, diveniva sempre più difficile l'azione delle truppe italiane, non solo per raggiungerli, ma anche solamente per tallo narli .
- Il concentramento dell'80% dei rifornimenti sia alimentari che di munizionamento nella Gallura, e per la sua difficile configurazione orografica, la sua posizione a nord-est dell'iso la era stata predisposta inizialmente come ultimo baluardo difensivo nella eventualità della riuscita di uno sbarco delle truppe anglo-americane e del loro dilagare nella zona pianeggiante. Per questa rag ione il raggruppamento corazzato Scalabrino era colà dislocato con un reg gimento tedesco. Donde la necessità fatta presente nelle sue discolpe dal Gen. Basso, che i magazzini ed i depo sit i esistenti non fossero esposti a gravi danni e a di struzioni e che quindi la battaglia dovesse eventualmente accedersi oltre la linea principale del Tempio-Monti-Olbia lungo la quale essi erano prevalentemente sistemati.
- La situazione morale: da una parte le truppe tedesche, bene equipaggiate e meglio armate, dotate di un forte e tradizionale spirito bellico, già preparate all'armistizio, dall'altra le truppe italiane male equipaggiate e peggio armate, costrette da un momento all'altro a cambiare di fronte di guerra e a considerare nemico l'alleato del giorno precedente, col quale a quanto emerge dalle concordi dichiarazioni dei testi, avevano generalmente vincoli di cameratismo.
Una espressione di questo stato d'animo aveva avuto la sua manifestazione nella defezione di alcuni reparti della Nembo, il che non aveva non potuto scuotere nel Gen. Basso la fiducia nella saldezza delle truppe tutte alle sue dipendenze, sì da renderlo molto cauto, per non dire titubante , nel loro impiego in una decisa azione offensiva.
La preoccupazione del Gen. Basso, che negli ultimi tempi rivestiva anche l'ufficio di Commissario civile della Sardegna, di risparmiare per quanto possibile all'isola ed ai.suoi abitanti, già così provati dai bombardamenti aerei e dalla interruzione delle comunicazioni col continente, che rendeva sempre più difficile provvedere all'alimentazione anche dei civili, tutti i gravi danni che sarebbero derivati alle persone ed alle cose da una guerra combattuta nell'isola, guerra che da parte dei ted eschi sarebbe stata indubbiamente condotta senza pietà.
La difficoltà della situazione era stata d'altra parte resa nota dal Gen. Basso ai Comandi superiori, anche precedentemente alla ricezione dei due ordini 5 V e 21 V, sia con le comunicazioni di cui in narrativa, sia con la lettera diretta in data 13 sett. 943 dal suo Capo di St. Magg. Col. Bruno Attilio (all. 32 - vol. II) al Generale Utili dello St. Magg. R.E. nella quale si spiegavano in modo abbastanza particolareggiato le ragioni dell'atteggiamento temporeggiatore del Comando FF.AA. di Sardegna, si precisava che l'esodo delle truppe tedesche dall'isola era considerata da esso Gen. Basso, una soluzione utile, perchè tra l ' altro, consentiva di fare dell'isola stessa, libera ed in mano alle nos t re truppe, una base sicura militare e politica per tutto il continente.
Lo stesso comportamento tenuto dal Gen. Basso in occasione del convegno che ebbe a Tempio col Gen. Lungerhausen il 14 sett. 1943 e nel quale il primo continuò a manifestare il proposito di non ostacolare il proseguimento dell'esodo delle truppe tedesche dalla Sardegna e le stesse disposizioni date in conformità al Comando della pizza di Maddalena, possono essere considerate come una consegue nza della nece ssità di prender tempo, nella quale il Gen. Basso si era trovato, onde è da ritenere pienamente attendibile il suo assunto che la conferma degli accordi in tervenuti 1'8 sett. 943 era stata da lui data con una interiore riserva mentale, ta le ci oè da trarre profitto dalla prima occasione per palesare il suo vero proposito e passare ad azioni apertamento offensive, così come avvenuto dopo la distruzio ne degli aeroplani nell'aeroporto di Vena Fiorita operata dai tedeschi il 15 settembre .
Dopo il 15 infatti, le disposizioni impartite dal Gen. Basso erano in piena conformità con gli ordini 5 V e 21 V, sia perchè l'episodio di cui innanzi, che violava gli accordi intervenuti col Com.te tedesco, costituiva per esso Gen. Basso il miglior pretesto per un palese mutamento di condotta, sia perchè la zona logistica era stata lasciata dalle truppe tedesche, mentre quelle italiane avevano potuto avere in certo qual modo il tempo di attuare i movimenti e gli spostamenti previsti per quella che, secondo le sue intenzioni, doveva essere l'ultima fase dell'azione predisposta. Basterà al riguardo ricordare gli ordini decisi di attacco impartiti sia al Comando della piazza di Maddalena (all. 43) sia al C.do Aviazione (all. 44) sia al C.do XXX C. d' Arm. (all. 52, 53, 54) nonchè quelli di considerare i tede schi come nemici e di catturarli ovunque possibile (all. 48) in cui in narrativa si è fatto già cenno.
Rimarrebbe quindi solo, come .elemento apprezzabile ai fini della sussistenza della responsabilità penale del Gen. Basso, la sua condotta nel periodo 12-15 settembre, nel quale egli non eseguì le disposizioni di cui ai due ordini più volte menzionati.
Sostanzialmente una valutazione che escludeva una simile responsabilità, era già fatta dal Gen. Berardi e dal Maresc. Messe, allorchè concludevano le relazioni compilate a segu ito delle richieste superiormente disposte, col ritenere a carico del Gen. Basso solo una responsabilità disciplinare. Nè possono trascurarsi gli elogi che il Gen. Basso ebbe dal Maresc. Badoglio e dai Gen. Ambrosio e Roatta alla evacuazione della Sardegna, nonchè il fatto che il Gen. Basso dopo aver avuto per breve tempo anche il Comando delle Truppe italiane in Corsica, fu chiamato al C.do del C. d' A. della Campania, alla costituzione cioè di quei reparti i quali dovevano formare il nucleo dell ' esercito che combattè poi così valorosamente a fianco degli eserciti anglo americani.
E la valutazione fatta dai due ufficiali Generali sopraindicati, appare del tutto esatta e corrispondente a quello di questo Collegio, in specie dopo gli interessanti ed importanti chiarimenti da loro forniti in udienza, secondo i quali anzi, dalla stregua di ulteriori elementi, raccolti, il comportamento del Gen . Basso, pur non scevro di errori tecnici, soprattutto per la indecisione del concetto iniziale informatore, sia finito col produrre benefici risultati, che si sono favorevolmente ripercossi in tutta la successiva azione bellica italiana.
Se infatti il mancato ostacolo, almeno ini¼iale, all'esodo delle truppe tedesche dalla Sardegna, consentì alla 90a divisione di comparire quasi integralmente dopo qualche mese sul teatro operativo della pen iso la, evento che allora non poteva essere nelle previsioni del Gen. Basso; d'altra parte l'assenza nella Sardegna di combattimenti che indubbiamento sarebbero stati aspri e dure e di non breve durata, permise agli anglo -americani la immediata utilizz a zione dell'isola, in specie dei suoi campi di aviazione, per gli ulteriori sv iluppi della loro attività bellica, libertà di manovra nell'alto Tirreno e nel Mediterraneo e consentì si conservassero intatte le forze italiane, le sole rimaste sostanzialmente compatte in quel tragico periodo, sì da poter costituite il nucleo fondamentale dell'esercito della liberazione.
Un'azione che avventatamente fosse stata tentata dalle truppe italiane prima del 16, avrebbe potuto facilmente risolversi in un disastro con la conseguente occupazione da parte delle truppe tedesche, sia pure temporaneamente, dell'isola con tutte le prevedibili gravi conseguenze nell'economia della guerra nel settore italiano.
Sussistevano pertanto motivi giustificati perchè il Gen. Basso non ottemperasse ai due ordini e che essendo venuto meno un elemento non accidentale ma costitutivo del delitto di cui all'art. 100 c.p.m.g., il fatto attribuito al predetto generale non costituisce reato.
Eciò senza contare che la mancanza della consapevolezza nel Gen. Basso dell'antigiuridicità della propria condotta, incidendo sull'elementi subbiettivo, avrebbe anche sotto questoriflesso eliminato la sussistenza del reato.
Da parte della difesa si è richiesto l'assoluzione del predetto Generale con altra formula e cioè perchè il fatto non sussiste.
Ma perchè sia possibile adottare detta formula, occorre che il fatto, inteso come illecito penale e come illecito e come espressione fenomenica prevista dalla norma giuridica, non siasi realmente verificato, di tal che risulti superfluo passare all'esame della sussistenza degli elementi subbiettivi del reato.
Nel caso in esame invero il fatto integrante l'elemento obbiettivo del reato ascritto, che si presenta con carattere omissivo, era costituito dalla mancata esecuzione di ordini di operazione militare, le risulanze processuali, come innanzi si è ril,evato, hanno posto in evidenza che gli ordini non furono realmente eseguiti, onde non è dato sostenere la insussistenza del fatto.
' La mancata esecuzione era giustificata dalle circostanze sopra illustrate e, comunque difettava la coscienza dell'imputato dell'antigiuridicità della omissione: non ricorrevano quindi tutti gli elementi richiesti dalla norma giuridica - nella specie del1' Art. 100 C.P .M.G. - e quindi il fatto, pur sussistendo, non si rnanifestava come violazione di un precetto penale, non costituiva cioè reato.
· ASSOLVE
Basso Antonio e ...... dalle imputazioni specificate in epigrafe, per non costituire reati i fatti loro ascritti.
Ordina la liberazione di Basso Antonio se non detenuto per altra causa.
Roma, 28 giugno 1946
(seguono le firme)
RIASSUNTO DEL FOGLIO 111 C.T. DELLO S.M.E. AGOSTO 1943
Lo Stato Maggiore dell'Esercito diramò nella prima settimana di agosto il foglio III C.T., in cui, a conferma degli ordii;ii verbali precedentemente inviati, prescriveva:
• di reagire alle violenze tedesche;
• di salvaguardare da sorprese i Comandi, le centrali d i collegamento, ecc.;
• di rinforzare la protezione degli impianti più impo rt anti (cen t rali elettriche, ponti , ecc.);
• di sorvegliare attentamente i movimenti delle trupp e tedesche e l'eventuale loro fiancheggiamento da part e di elemen ti fascisti;
• di studiare e predisporre colpi di mano contro elemen ti vitali delle Forze Armate t edesche (autoparchi, depositi di munizioni e carburanti, aeroporti, ecc.);
• di attuare dette predisposizioni su ordini del centro , oppure di iniziativa qualora le truppe tedesche procedessero a d atti di ostilità collettiva non confondibili con gli ordinar i incidenti.
L'ordine III giunse ai destinatari il 10-11 agosto 1943: le disposizioni impartite avevano essenzialmente carattere difensivo, pur prevedendo anche azioni offensive di limitata portata (colpi di mano), avendo, come si è detto, soltanto lo scopo di reagire alle offes e tedesche se e dove queste si fosse ro manifestate.
Sintesi Della Memoria Op 44
DELLO S.M. DELL'ESERCITO 31 AGOSTO 1943
Il 26 agosto il Capo di Stato Maggiore Generale ordinò al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito di preparare direttive per i Comandi dipendenti in modo che non vi fossero dubbi sul contegno da tenere per reagire ad atti aggressivi tedeschi: in seguito a ciò lo Stato Maggiore dell'Esercito a fine agosto, o nei primissimi giorni di settembre, diramò la «Memoria 44» .
Detta «Memoria», dopo una premessa che confermava come molto probabile un colpo di mano germanico per ristabilire il regime fascista ed impossessarsi di tutte le leve di comando militari e civili italiane, riproduceva le prescrizioni del precedente foglio III C.T. e le ampliava come segue:
• interrompere a qualunque costo, anche con attacchi in forza ai reparti germanici di protezione, le ferrovie e le principali rotabili alpine;
• agire con Grandi Unità o raggruppamenti mobili çontro le truppe tedesche, specie a cavallo delle linee di comunicazione;
• raggruppare il maggior quantitativo possibile delle rimanenti truppe in posizioni centrali ed opportune;
• passare ad un'azione organizzata d'insieme, appena chiarita la situazione.
In sostanza le disposizioni predette e gli ordini particolari tende vano a realizzare in primo tempo:
• azione delle Divisioni alpine «Cuneense» e «Tridentina» a cavallo della ferrovia e rotabile del Brennero, per arrecare i maggiori danni possibili ed agire sui fianchi delle truppe germaniche che entravano in Italia;
• azione della Divisione alpina «Pusteria» e della Divisione di fanteria «Taro» (rimpatrianti dalla Francia) delle valli
Roja e Vermenagna, con compiti analoghi a quelli delle Divisioni alpine «Cuneense» e «Tridentina»;
• azione del XX Raggruppamento alpini sciatori (rimpatriante dalla Francia) ai colli del Moncenisio e del Monginevro ed a Bardonecchia per sbarrare le rotabili ed interrompere la ferro via di Modane;
• blocco di parecchie Divisioni della Slovenia e della Venezia Giulia agli ordini del generale Gambara, che insieme con i partigiani avrebbe dovuto agire contro le truppe germaniche della zone ed in transito;
• disponibilità di due Divisioni a La Spezia per difendere la Piazza e la Flotta;
• blocco di otto Divisioni per la difesa della Capitale
(«Ariete», «Piave», <<Granatieri», «Centauro», «Piacenza», «Sassari», «Lupi», «Re»: queste ultime due alla sera dell'8 settembre erano giunte nel Lazio solo con pochissimi elementi);
• messa fuori causa di tutti gli elementi germanici isolati;
• concentramento e resistenze locali da parte delle rimanenti truppe.
Le disposizioni predette denotano come si fossero adottate disposizioni nettamente antitedesche là ,dove non si arrecava pregiudizio ad una eventuale azione antinglese, che non era ancora da escludere (quattro masse ai passi di confine, massa in difesa della Flotta). Inoltre vi era la massa a protezione della Capitale. ,
In secondo tempo si sarebbe passato ad un'azione più generale, coordinata con quella delle Grandi Unità angloamericane, che sarebbero certamente, a quanto si riteneva, sbarcate sul continente.
RIASSUNTO DEL PROMEMORIA N. 1 DEL COMANDO SUPREMO IN DATA 6 SETTEMBRE 1943
Il «Promemoria I» del 6 settembre era diretto ai tre Capi di Stato Maggiore e riguardava le truppe delle tre Forze Armate dislocate in Italia, Francia e Croazia: per l'Esercito, esso era un complemento della «Memoria 44».
Il «Promemoria» si riferiva al caso in cui forze germaniche avessero intrapreso di iniziativa atti di ostilità armata contro gli organi di Governo e le Forze Armate italiane in misura e con modalità tali da rendere manifesto che non si trattava di episodi locali, dovuti all'azione di qualche responsabile, ma invece di azione collettiva. Tali atti ostili potevano consistere in occupazione di Comandi, centrali di collegamento, stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, ecc., interruzione delle trasmissioni, disarmo di guardie, intimazioni di resa, azioni belliche vere e proprie, ecc ..
Venivano date le seguenti principali disposizioni:
Esercito:
• organizzare per quanto possibile i rifornime nt i delle truppe, perchè i depositi esistenti non erano costituiti in vista della lotta antitedesca;
• inte r rompere le comunicazioni telegrafoniche tedesche ricavate sulla rete nazionale;
• difendere ad oltranza le stazioni amplificatrici e le centrali della rete nazionale, nonchè le stazioni radiotelegrafoniche;
• eliminare le batterie contraeree tedesche od il personale tedesco delle batterie con personale misto;
• ord inare alle b atter ie contraeree di far fuoco contro are i tedeschi ;
• impedire che i prigionieri anglo-americani cadessero in mano tedesca, lasciandoli anche in libertà, dopo aver loro distribuito un sufficiente quantitativo di viveri di riserva;
• tenere molto riuniti i reparti italiani in Alto Adige, per fronteggiare anche la popolazione allogena che avrebbe fatto causa comune con i tedeschi;
• cercare di impedire energicamen t e le distruzioni e proteggere i bacini idroelettrici.
Mar ina:
• catturare od affondare navi da guerra e mercantili tedesche;
• ordinare all e unità da guerra italiane di r aggiunger e i porti della Sardegna, della Corsica e dell ' Elba, oppu r e Sebenico e Cattaro;
• ordinare al naviglio mercantile italiano di raggiungere porti a sud della congiunzione Ancona-Li vorno;
• inutilizzare impianti logis t ici, arsenali, bacini di carenaggio, ecc.;
• mettere in istato di difesa le basi marittime, in accordo con l'Esercito.
Aeronautica:
• impadronirsi, in accordo con l'Esercito, degli aeropor ti totalmente tedeschi e misti, dando la precedenza a, quelli vicini a Roma;
• mantenere in saldo possesso, in accordo con l'Esercito, gli aeroporti totalmente italiani, e particolarmente quelli di Cerveteri, Furbara, Centocelle, Guidonia, Urbe;
• avviare gli aerei da caccia sugli aeroporti della Capitale, e quelli delle altre specialità in Sardegna;
• impedire che aerei italiani efficienti cadessero in mano tedesca.
Gli ordini conseguent i al «Promemoria I» dovev ano esser e impartiti di urgenza e verbalmen t e ed avrebbero potuto essere attuati o per ordine dell'auto r ità cen t rale, o di iniziativa.
Il Promemoria considerava l ' aggressione tedesca indipendentemente dall'armistizio, po t endo detta aggressione avvenire in qualunque momento, e non fac eva cenno di un possibile armistizio così come non ne faceva cenno la «Memoria 44», di cui il Promemoria, per l'Esercito, era un complemento.
Era intenzione del Comando Supremo di far seguire un telegramma per estendere gli ordini del «Promemoria I» alla eventualità di un armistizio e per indicare il giorno 12 come limite massimo per avere t u tto a punto.
RIASSUNTO DEL PROMEMORIA N. 2 DEL COMANDO SUPREMO IN DATA 6 SETTEMBRE 1943
Le disposizioni principali del «Promemoria 2» (che accennava , esplicitamente, ad un possibile armis tizio) erano le seguenti:
I O - Erzegovina, Montenegro ed Albania (VI, XIV Corpo d'Armata e 9a Armata): ridurre l'occupazione in modo da garantire il possesso dei porti di Cattaro e Durazzo.
2° - Grecia e Creta (11 a Armata): dire francamente ai tedeschi che le truppe italiane non avrebbero mai preso le armi contro di loro, se non fossero state soggette ad atti di violenza armate. Riunire al più presto le forze in prossimità dei porti.
3° - Egeo: il contegno ordinato era sostanzialmente offensivo, perchè si prescriveva di procedere al disarmo delle truppe tedesche qualora fossero soltanto «prevedibili» atti di forza da parte di es.se.
4 ° - Per le forze navali ed aeree, in realtà assai scarne, e per le navi mercantili , veniva prescritto di rientrare in Patria, o rifugiarsi in Egeo (era convinzione che l'Egeo rimanesse comunque in nostro possesso), o di autodistruggersi.
Indipendentemente da ogni avvenimento, doveva essere evitato in ogni modo il disarmo, reagendo energicamente a qualunque tentativo.
Il Promemoria doveva avere attuazione in seguito a ordini da Roma, oppure di ini ziativa dei Comandi periferici: le disposizioni conseguenti dovevano essere date con tutta urgenza e solo verbalmente.
Nel complesso il «Promemoria 2» lasciava molta libertà d'azione ai comandanti in posto e ciò era ovvio, soprattutto per la difficile situazione dei vari scacchieri.
Anche il «Promemoria 2» non faceva cenno di alcuna data, ed era intenzione del Comando Supremo di far seguire un telegramma per avere tutto a punto per il 12 , come limite massimo.