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ROBER CORNEVIN
L'8 SETTEMBRE 1943 VISTO DA ALGERI
Darò un doppio punto di vista, dello storico che ha letto le opere di alcuni dei protagonisti di questo periodo, e del testimone, allora aspirante di fanteria coloniale, arrivato ad Algeri il 26 settembre 1943 alcuni giorni dopo gli avvenimenti.
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I protagonisti
La vita diplomatica ad Algeri in quel periodo dell'estate 1943 è nelle mani di tre personalità, René Massigli del Comitato Francese di Liberazione Nazionale, Robert Murphy, console generale degli Stati Uniti ad Algeri che ha avuto un ruolo determinante in questo periodo, più Mac Millan, pare, sebbene il machiavellismo dei due uomini sia stato denunciato d.a diversi autori. (1).
Chi sono questi tre uomini? Due diplomatici di professione Robert Murphy e René Massigli, un uomo politico britannico a livello ministeriale Harold Mac Millan, appartenente ad una famiglia di editori.
Harold Mac Millan, che sarà primo ministro (1957-1963), è stato nominato da Churchill sottosegretario di Stato alle colonie e, dopo lo sbarco del 1942, designato ministro residente presso il quartier generale alleato. Nato nel 1894, ha 48 anni. Solidi studi ad Eaton e al college Ballio di Oxford, un'ottima conoscenza del francese, il matrimonio nel 1920 con la figlia del governatore generale del Canada hanno formato una personalità eccezionale.
Robert Murphy, anch'egli nato nel 1894, ha lasciato un racconto (2) di questo periodo il cui capitolo dedicato all'armistizio italiano non dice una parola sui suoi rapporti con le autorità francesi.
René Massigli, nato nel 1888, è il decano del trio. Questo allievo della Scuola Normale passato alla diplomazia è l'ex direttore della sezione politica del Quai d'Orsay (1937-1938). Ha lasciato l'ambasciata francese in Turchia per raggiungere il generale De Gaulle e ricoprire le difficili funzioni di Commissario agli Affari esteri del Comitato francese di liberazione nazionale.
Gli avvenimenti
L'8 settembre 1943 alle 17 e 30 René Massigli riceve la visita di Murphy e Mac Millan che gli annunciano che è stato appena firmato l'armistizio con l'Italia e che il generale Eisenhower ne farà la dichiarazione sulle onde di radio Algeri. Massigli, che prende atto delle spiegazioni fornitegli dai due diplomatici, deplora che il Comitato francese di Liberazione Nazionale non sia stato messo al corrente. Mac Millan aggiunge allora che il generale Giraud era stato tenuto informato.
Il giorno dopo René Massigli incontrava Murphy e Mac Millan e insisteva di nuovo sulla necessi tà di essere informato. Il 10 settembre i due diplomatici presentavano le loro scuse. In effetti il generale Giraud aveva confermato di non essere mai stato messo al corrente di queste trattative di armistizio.
Questo episodio comporta due aspetti: uno di carattere internazionale, la preoccupazione del Comitato Francese di Li - berazione Nazionale di essere tenuto al corrente di tutti i problemi sorti a livello della condotta della guerra; l'altro, di carattere «franco-francese» tra Giraudisti e Gollisti, che doveva concludersi con l'insediamento solitario del generale De Gaulle alla testa del Comitato francese di Liberazione Naz ionale prima ancora della fine delle operazioni in Corsica condotte dal generale Giraud.
(2) La Capitulation italienne : quelques révélations, cap. III del suo libro, Un diplomate parmi /es guerriers, Laffont, 1965 .
Importanza della partecipazione francese alle operazioni militari
È necessario segnalare l'importanza della partecipazione francese alle operazioni militari contro l'Italia. Indipendentemente dai combattimenti sul fronte delle Alpi precedenti l'armistizio italiano del 23 giugno 1940, le Forze Francesi Libere avevano combattuto in Eritrea al fianco delle truppe britanniche in particolare a Keren. In Libia la colonna Ledere (3) aveva preso Kufra, High el Kebir, Gatrun, Murzuk, Umir el Aeaneb, Brach, Ghadanies. La «Forze Ledere» aveva stabilito il 23 gennaio 1943 alle ore 17 il collegamento con 1'8a Armata arrivata 3 ore prima.
La partecipazione al fianco della prima divisione francese libera ai combattimenti di Tunisia (Ksar Rhilane, Gabès, Mezzuna, Kairuan) non fu affatto trascurabile.
Le forze d'Algeria al comando del Generale Juin avevano da parte loro partecipato ampiamente alla campagna di Tunisia mentre i plotoni meharisti avevano espugnato l'oasi libica di Ghat.
Ricordiamo che le perdite alleate nel corso della campagna di Tunisia erano state di 70.000 tra morti, feriti e dispersi tra cui 36.000 americani, 18.000 britannici e 16.000 francesi.
(3) Citiamo nel!' ampia bibliografia Yves de Daruvar, De Londres à la Tunisie, L avauzelle, 1945; Raymond Dronne, Le serment de Koufra, Ed . du Temps, 1965; Jean d'Esme, Leclerc, Hachette, 1949; Général lngold, L 'épopée Leclerc au Sahara, Berger Levrault, 1945; Jacques Massu, Sept ans avec Leclerc, Plon, 1974.
D'altra parte dei francesi amministravano il Fezzan. La presenza di francesi a fianco degli anglo-americani nella firma di un armistizio con l'Italia sembrava quindi naturale.
Conquista anglo-americana della Sicilia e crollo del Regime fascista italiano
Lo sbarco effettuato il 10 luglio in Sicilia da un'armata inglese ed un'armata americana al comando del generale Alexander apre una nuova fase nelle operazioni.
Nelle sue Mémoires de guerre (4) il Generale De Gaulle commenta in questo modo l'atteggiamento anglo-americano:
«Non eravamo stati invitati a partecipare alle operazioni. La ragione che ci veniva data era l'insufficiente armamento delle nostre unità che, infatti, ricevevano ancora poco materiale americano. In realtà, Washington e Londra, contando sul prossimo crollo dell'Italia, preferivano che non fossimo coinvolti nella battaglia decisiva, né nell'armistizjo che l 'avrebbe conclusa.»
Il 25 luglio il gran Consiglio fascista qisarmò Mussolini che fu fatto arrestare dal Re d'Italia.
Posizioni francesi
Due giorni dopo, il 27 luglio, il generale De 'Gaulle poneva il problema con rigore attraverso radio Algeri.
Constata:
«Il crollo del fascismo italiano porrà presto il problema del regolamento dei conti. Ora, è evidente che, nonostante la terribile situazione in cui si trova ancora il nostro paese, tale rego- lamento non potrebbe essere né valido, né durevole, senza la Francia. Facevo capire, d'altra parte, che in questa partecipazione noi saremmo animati dal desiderio di riconciliazione piuttosto che dallo spirito di vendetta, poiché la vicinanza stretta e, in una certa misura, l'interdipendenza dei due grandi popoli latini restano, nonostante gli attriti del presente, gli elementi sui quali la ragione e la speranza dell'Europa non rinunciano a reggersi».
(4) Tomo 2, L' Unité, pag. 122 .
Conclude sottolineando il ruolo del Comitato francese di Liberazione nazionale dove si sta giocando l'esclusione del generale Giraud.
Il 2 agosto René Massigli consegna una nota a Mac Millan e a Murphy (5):
<<Algeri, 2 agosto 1943
Nel momento in cui si delinea l'eventualità di una prossima capitolazione italiana, che avrebbe per tutta l'Europa occupata e in particolare per la Francia delle vaste ripercussioni, il Comitato francese di Liberazione nazionale ha l'imperios o dovere di attirare l'attenzione dei governi americano e britannico sull'importanza essenziale di una partecipazione francese , prima ai negoziati dell'armistizio, poi alle deliberazioni e alle decisioni degli organismi cui spetterà di garantire l'esecuzione delle condizioni che verranno imposte all'Italia.
Il crollo del fascismo segna una prima e decisiva vittoria delle potenze democratiche. La nazione francese è fiera che il suo sforzo militare e i suoi sacrifici vi abbiano potuto contribuire e tutti i francesi, quelli dell'impero e quelli che sono ancora sotto il giogo nemico, vedrebbero con la più viva soddisfazione il Comitato di Liberazione partecipe domani alle trattative che consacreranno la disfatta italiana, poi la restaurazione di un regime democratico, ritenuta indispensabile dai governi americano e inglese.
(5) L'Unité, pag. 138.
Questa restaurazione, inoltre, implica la sparizione totale dell ' armatura giuridica dello Stato fascista. Soltanto a queste condizioni sarà possibile raggiungere uno degli scopi essenziali della guerra, e il popolo italiano potrà ritrovare tra le nazioni europee un posto degno di lui».
Indipendentemente da queste considerazioni, la richiesta del Comitato di Liberazione Nazionale trova nella protezione degli interessi francesi ampia giustificazione. Spetterà senza dubbio ad una commissione interalleata, nella quale sarebbe rappresentato il comando francese, elaborare le clausole di armist izio che, al momento opportuno, il .Governo italiano dovrebb e sottoscrivere. In tale commis sione la delegazione frances e farà valere le pr eoccupazioni del Comitato di Liberazione. È parso opportuno attirare fin d'ora l'attenzione su alcuni degli interessi francesi in causa: a) innanzitutto è evidente che il territorio italiano deve poter servire immediatamente da base agli eserciti alleati per le loro operazioni, in particolare per la liberazione della Francia di cui le truppe italiane dovranno evacuare il territorio. b) I prigionieri di guerra, del resto poco numerosi , i cittadini francesi prigionieri politici, dovranno essere immediatamente liberati. e) Il materiale bellico francese, nonché le navi mercantili e gli altri materiali, attrezzature ed equipaggiamenti di qualsiasi generale, gli uni consegnati in virtù dell'armistizio del 1940 o di accordi ulteriori, gli altri puramente e semplicemente presi, dovranno essere restitu iti. d) Il sequestro messo sui beni francesi, pubblici e privati, dovrà essere tolto; le rilevanti proprietà dello Stato francese a Roma, confiscate nel giugno 1940, dovranno essere restituite.
Non può essere sfuggito ai governi americano e inglese che, se vi è la preoccupazione di fondare in futuro i rapporti francoitaliani su solide basi, senza le quali alcuna collaborazione durevole potrebbe instaurarsi, è necessario che, fin dall'inizio, la Francia abbia il suo posto nelle conversazioni che si terranno. Il Comitato Francese di Liberazione non dubita delle intenzioni dei governi alleati per quanto riguarda lo scopo da raggiungere.
Tuttavia i negoziati continuano tra emissari italiani, inglesi e americani in Portogallo e in Sicilia. Tutto avviene tenendo fuori le autorità francesi.
Ecco come il Generale De Gaulle riferisce i fatti (6):
«Il 29 agosto, Mac Millan e Murphy avevano consegna t o a Massigli un memorandum che prevedeva la resa degli italiani e che chiedeva al Comitato Francese di Liberazione "di accettare che in suo nome, così come in nome di tutte le Nazioni Unite , il Generale Eisenhower fosse abilitato a firmare con il Maresciallo Badoglio una convenzione di armistizio che coprisse tutti i bisogni degli alleati, in particolare quelli della Francia".
Il memorandum indicava i punti essenziali del documento e concludeva: "I governi del Regno Unito e degli Stati Uniti faranno il possibile perchè il Comitato Francese di Liberazione Nazionale invii, se lo considera, un rappresentante alla firma''. Avevamo risposto il 1° settembre con una nota che approvava che Eisenhower concludesse l'armistizio in nostro nome, così come in nome di tutti gli alleati e che chiedeva che ci fosse comunicato con urgenza il testo del progetto, dichiarandoci pronti ad inviare, a qualsiasi momento, un rappresentante del Comando francese là dove l'atto sarebbe stato firmato. Ecco dunque, per Londra e Washington, l'occasione di dimostrare se intendono considerare la Francia loro alleata a pieno titolo nelle definizioni successive che concluderanno le ostilità.
(6) L'Unité, pag 519-520.
Questa occasione appare tanto più favorevo le in quanto si tratta, innanzitutto, dell'Italia, che forze francesi non hanno mai cessato di combattere, di cui è già noto che il territorio non potrà essere strappato ai tedeschi se nza il co ncor so del no stro esercito e che, tra gli Occidentali, ha come sola vici na la Francia e non potrebbe stabilire senza di essa il suo futuro terr itoriale, politico, economico, coloniale. Dovremo tuttavia constatare che in questo problema fondamentale americani e britannici procederann o senza scrup oli nei confronti del nostro Comitato, soltanto pochi giorni dopo averlo formalmente riconosciu to» .
Ma lasciamo la parola a René Massigli che 1'8 settembre fa il suo rapporto al Generale De Gaulle:
Rapporto di René Massigli al Generale De Gaulle.
«Algeri, 8 settem br e 1943
I rappresentanti americano e britannico sono venuti a trovarmi alle 17 e 30. Mi hanno fatto una comunicazione orale che può riassumersi come seg ue:
Alcuni giorni fa vi abbiamo detto che vi era motivo di considerare l'eventualità di un armistizio italiano e che non si doveva escludere l'ipotesi di un armistizio improvviso. Vi abbiamo chie sto per il comandante in capo l'autorizzazione di firmarlo, eventualmente, a nome del Comitato di Liberazione così come a nome delle altre Nazioni Unite. Da allora, la situazione si è evoluta; in seguito a contatti presi con due ufficiali qualificati a trattare in nome del Maresciallo Badoglio, il Generale Eisenhower è stato indotto a firmare un armistizio puram~nte militare, in pochi articoli, e co n tenente una sola clausola politica che dà potere al comandante alleato di imporre semp licemente, al momento opportuno, quelle clauso le ge n erali di armistizio, pol itiche, economiche, ecc. che appariranno necessarie. Ignoriamo se il Governo di Roma, che sembra disorientato, accetterà o n o la capitolazione militare; vogliamo almeno cercare di ottenere un ri sultato : alle 18 e 30 il Generale Eisenhower farà una dichiarazione il cui testo è il seguente: «Il Go- verno italiano ha capitolato senza condizioni. Come comandante in capo alleato, gli ho cuncesso un armistizio militare i cui termini sono stati approvati dai Governi britannico, americano e sovietico. Agisco in quèsto modo nell'interesse delle Nazioni Unite. Il Governo italiano si è impegnato a conformarsi senza riserve ai termini imposti.
L'armistizio è stato firmato dal mio rappresentante e da quello del Maresciallo Badoglio. Diventa effettivo immediatamente. Le ostilità tra le forze armate delle Nazioni Unite e le forze italiane cessano immediatamente. Tutti gli italiani che agiranno ormai per aiutare ad espellere l'aggressore tedesco dal suolo italiano avranno l'assistenza e l'appoggio delle Nazioni Unite».
« Questa dichiarazione sarà diffusa per radio allo scopo di gettare scompiglio nel momento preciso in cui inizierà una grande operazione, molto arrischiata, di sbarco. L'atto militare appena concluso è una manovra per cercare di ottenere un grande risultato militare».
Ho risposto a Murphy e Mac Millan che prendevo atto delle loro spiegazioni, ma che dovevo deplorare che non fossimo stati messi al corrente. Mac Millan mi ha interrotto per dirmi che il Generale Giraud era al corrente. Questa osservazione mi ha messo un pò a disagio e ha tolto certamente forza al seguito delle mie osservazioni. Dopo avere chiesto, senza ottenere una risposta precisa: "Quando si è firmato?" ho continuato dicendo che dovevo nondimeno deplorare che il Comitato non ne fosse stato confidenzialmente messo a parte. Eppure truppe francesi hanno partecipato alla campagna di Tunisia, hanno fatto dei prigionieri, ecc ....
L'effetto prodotto sul Comitato e l'opinione - qui e in Francia - sarà, temo, disastrosa. Una sola parola aggiunta alla dichiarazione avrebbe cambiato le cose. Tutto ciò che potevo aggiungere era insistere nel modo più serio perché non si continuasse a praticare lo stesso metodo e perché le clausole politiche dell'armistizio non ci fossero, un giorno, comunicate nello stesso modo. Era essenzial e che noi le conoscessimo in anticipo e che foss imo messi nelle condizioni di discuterle.
Mac Millan è allora entrato in lunghe e vaghe spiegazioni, insistendo sul carattere della manovra tentata ed esprimento inoltre, dei dubbi sul risultato finale.
Il Governo italiano è nelle mani dei tedeschi. La Gestapo è ovunque. Un gruppo di generali italiani tenta di ottenere una capitolazione militare e gli alleati sfruttano questo desiderio per di slocare il fronte itali ano e le retrovie tedesche. È tutto ciò che si può dire attualmente. Si potrà parlare di armistizio soltanto quando vi sarà un potere politico con cui trattare.
Ho preso atto di que ste spiegazioni supplem entari ed ho mantenuto le mie osservazioni».
Il giorno seguente nuo vo rapporto di René Massigli al Generale De Gaulle.
«Algeri, 9 settembre 1943
Non avendo trovato nelle dichiarazinoi che Mac Millan e Murphy mi avevano fatto nel pomeriggio di ieri una giustificazione sufficiente dell'atteggiamento preso dai governi americano e britannico nella questione dell'armistizio, ed avendo d'altra parte appreso a fine giornata, da una telefonata della residenza di Tunisi, che in questa città erano st ate prese delle disposizioni che sembravano presagire una prossima conferenza (requis izioni di vill e , ecc.), ho chiesto a Mac Millan di incontrarlo nella serata dell'8 settembre.
Quest'incontro mi ha permesso di ottenere, sulle circostanze del negoziato con l ' Italia, nuovi e importanti chiarimenti.
È il 20 agosto che sono arrivati per via aerea, nelle linee alleate, due ufficiali italiani l'atterraggio ha avuto luo go in Sicilia.
Da parte alleata, si avevano forti dubbi sui poteri reali dei delegati italiani tanto questi erano indifferenti alle clausole stesse che erano chiamati a sottoscrivere ed unicamente preoccupati di farsi rassicurare su ll e possibilità d'azione degli anglo- americani. Peraltro, davano l'impressione di uomini dal morale spezzato e incapaci di qualsiasi reazione.
Soltanto il 3 settembre al mattino è stato depositato a Lisbona il documento che stabiliva la loro qualità di ministri plenipotenziari. Nel pomeriggio stesso l'accordo era firmato.
La tattica alleata ha implicato una gran parte di bluff. Si trattava, infatti, di utilizzare al massimo l'impressione prodotta dall'annuncio improvviso della capitolazione italiana per rafforzare le possibilità di successo dello sbarco.
Se il Comitato di Liberazione fosse stato consultato , sarebbe stato difficile, secondo Mac Millan, non consultare anche i greci, jugoslavi con tutte le possibilità di indiscrezioni che ne sarebbero derivate. Senza dubbio i russi ne sono stati messi a parte, ma vi era, per farlo, un interesse politico maggiore.
L'8 al mattino tutto sembrò rimesso in questione: gli italiani dichiaravano che le posizioni tedesche in Italia erano troppo forti, che essi stessi non avrebbero potuto liberarsi, ecc ...
È allora che gli alleati misero in atto un bluff audace. Su iniziativa di Mac Millan, è stato risposto ai plenipotenziari italiani che era troppo tardi per tornare indietro e che alle 18 e 30, come era stato convenuto, la dichiarazione del Generale Eisenhower sarebbe stata diffusa, seguita poi dal testo delle parole che il Maresciallo Badoglio doveva pronunciare due ore più tardi, secondo gli accordi presi.
Per quanto riguarda il futuro, Mac Millan dichiara che non si firma la convenzione di armistizio senza prima sapere se c'è un'autorità con cui poter trattare. In ogni caso non vi saranno discussioni con gli italiani.
Una clausola dell'armistizio è formale a questo proposito: tutti gli articoli, politici, economici, ecc., daranno luogo a discussioni so ltanto tra alleati.
Ho preso atto di queste assicurazioni, ma ho anche insistito, come avevo fatto nel pomeriggio, sull'effetto penoso che non mancherebbe di produrre sull'opinione francese il modo in cui la Francia era stata tenuta in disparte allora; che sia per ragioni politiche sia in considerazione del suo ruolo nella guerra, il suo intervento era necessario. Ho insistito perchè nei prossimi giorni questa situazione si modifichi e perchè venga pienamente riconosciuto il diritto della Francia ad intervenire nei negoziati>>.
A questo punto il Comitato Francese di Liberazione Nazionale pubblica il 9 settembre una dichiarazione.
«Il Comitato Francese di Liberazione Nazionale ha preso atto della dichiarazione fatta 1'8 settembre dal Generale Eisenhower che annunciava la conclusione di un armistizio militare con il governo del maresciallo Badoglio. Ha preso anche atto che in virtù di questa dichiarazione, le condizioni dell'armistizio avevano ricevuto la previa approvazione dei Governi della Gran Bretagna , degli Stati Uniti e dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche».
«Il Comitato si rallegra per la capitolazione del governo attuale dell'Italia, capitolazione cui l'esercito e la resistenza francese hanno gloriosamente contribuito al fianco delle valorose truppe alleate, grazie ai loro sforzi e ininterrotti sacrifici dal 10 giugno 1940. Questi sforzi e questi sacrifici continueranno e si svilupperanno fino alla vittoria totale su tutte le potenze · dell'Asse».
Lo stesso giorno René Mass1gli fa rapporto su un nuovo incontro con Murphy e Mac Millan:
Ho visto, oggi alle ore 15, Murphy e Mac Millan. Ho insistito sui punti seguenti: '
1) Necessità di comunicarci urgentemente il testo dell'armistizio militare.
I miei interlocutori hanno risposto che credevano che questa comunicazione fosse stata fatta, il mattino stesso, dallo Stato Maggiore del Generale Eisenhower al Generale Dewinck, capo di Stato Maggiore del Generale Giraud.
2) Necessità di informarci con precisione, nel più breve tempo possibile, dello stato dei negoziati interalleati riguardanti le clausole politiche, finanziarie, ecc. dell'armistizio. Vorremmo vivamente ricevere il progetto al più presto possibile per essere in grado di formulare le nostre osservazioni in tempo utile.
3) Opportunità di una comunicazione pubblica, nel più breve tempo possibile, a Londra e a Washington, che sottolinei che è per ragioni particolari di segretezza derivanti dalla situazione militare che il Comitato non ha potuto essere informato riguardo i negoziati intavolati con il comando italiano; ma che non è affatto intenzione dei governi americano e britannico tenerli in disparte nègli affari italiani, e che il Comitato verrà quindi associato alle prossime tappe.
Murphy e Mac Millan hanno promesso di inviare immediatamente un telegramma in questo senso ai loro rispettivi governi.
Nel corso della conversazione, Murphy e Mac Millan mi hanno ridetto di essere convinti che il comando interalleato tenesse al corrente il comando francese dei negoziati.
Nella serata dello stesso giorno, ho visto successivamente Murphy e Mac Millan. Ho detto loro che il Generale Giraud aveva dichiarato, nella seduta del Comitato tenutasi alle ore 17, che contrariamente alle affermazioni .dei rappresentanti inglese e americano, non era mai stesso messo al corrente dei negoziati, e che ancora adesso non era a conoscenza delle clausole militari dell'armistizio.
Murphy mi ha risposto che credeva che queste clausole fossero state comunicate al Generale Giraud nella mattinata, ma che avrebbe verificato questo punto.
Mac Millan mi ha detto pressapoco la stessa cosa. Esprimendosi confidenzialmente la sua impressione, non mi ha nascosto che temeva che le ragioni non fossero sempre così profonde come sembravano: il generale Bedel Smith non sapeva il francese e il generale Dewinck non sapeva l'inglese. Ciò non facilitava le conversazioni ... »
Il giorno dopo, i diplomatici alleati presentarono le loro scuse a René Massigli che racconta l'incontro:
«A lgeri, 10 settemb r e 1943.
Ho incontrato Murphy e Mac Millan alle ore 14 e 45. Mi hanno fatto, l'uno e l'altro , una dichiarazione che può riassumersi così:
"Le abbiamo detto, l'altro ieri, che il comando francese era stato messo al corrente del nego z iato dell'armistizio. Tale era, infatti, la nostra convinzione.
In seguito alla comunicazione da Lei fattaci ieri, riguardo alla smentita formale del generale Giraud, abbiamo aperto un'inchiesta. Abbiamo constatato che ci eravamo sbagliati e che so lo oggi erano stati comunicati i termini dell'armistizio al comando francese.
Deploriamo questo malinteso. La preghiamo di presentare al Generale Giraud le nostre scuse. In vochiamo, a nostra disc olpa, il fatto che per dieci giorni siamo stati sottoposti ad un lavoro estremamente intenso che non ci ha permesso di verificare ciò che ci sembrava ovvio".
Ho preso atto di que ste spiegazioni. Resta l 'error e politico costituito dal fatto di tenere il Comitato di Liberazion e in disparte. Ho espresso la spe ranza che i prossimi atti permettessero di cancellare questo cattivo ricordo».
De Gaulle utilizza l'incidente per affrettare l'esclusione definitiva de l generale Giraud:
«Risulta in ogni modo, dai passi di Mac Millan e Murphy, che i nostri alleati hanno assunto, se non addirittura utilizzato, l'assurdo dualismo del nostro governo come alibi per mascherare la loro mancanza ».
La questione della Corsica dov e il gen erale Giraud ha condotto da solo l'operazione senza consultare De Gau lle dà a quest' ultimo l'occasione di farla finita con questo bicefalismo di fatto.
Le circostanze dell'armistizio italiano permettono al generale D e Gaulle di affermare le sue posizio ni mentre a Tunisi vengono aperte trattative con René Mass igli sul posto ch e verrebbe assegnato alla Francia in un Comita to del Mediterraneo.
Il suo telegramma a René Massigli del 14 settembre esprime queste preoccupazioni (7):
«Ho messo al corrente questa mattina il Consiglio della comunicazione fattami da Makins da par t e del Primo Ministro britannico in merito alla nostra eventuale ammissione al Comitato del Mediterraneo.
Il Consiglio è stato inoltre informato del telegramma che Lei mi ha inviato dopo la sua conversazione con Mac Millan sullo stesso argomento. Devo dirle che il Consiglio, pur apprezzando l'interesse della prospettiva che ci potrà forse aprire il Comitato del Mediterraneo, ha ritenuto di doversi conformare alla sua decisione di far conoscere agli alleati il nostro scontento riguardo le condizioni in cui era stato concluso l'armistizio italiano e riguardo la forma della dichiarazione Eisenhower.
È dunque opportuno far giungere con urgenza ai governi di Londra, Washington e Mosca la no t a francese relativa al1' armistizio italiano.
Per quanto riguarda l'idea, che Lei sugger isce, che io debba inviare un telegramma a Churchill per ringraziarlo del ruolo che avrebbe avuto, secondo Makins, in questo problema, il Consiglio ritiene, come me, che sarebbe eccessivo, dato che non sappiamo esattamente in quali condizioni saremo ammessi a far parte del Comitato del Mediterraneo, e neppure quali saranno in realtà le attribuzioni di questo Comitato. Ho peraltro risposto verbalmente in modo cortese per Churchill alla comunicazione di Maki ns. È abbastanza per ora. Tanto più che Bogomolov, che è venuto a trovarmi ieri in gran segreto, nella strada per Mosca, mi ha dato, sull'iniziativa che avrebbe fatto ammettere la nostra partecipazione, delle informazioni abbastanza diverse da quelle date da Makins da parte di Churchill.
In conclusione, pensiamo che si debba mantenere e far conoscere chiaramente la nostra delusione sul modo in cui è stato condotto l'armistizio italiano ed aspettare il seguito con prudenza».
Tre giorni dopo, il 17 settembre, viene inviata una nota ai governi americano e britannico e comunicata al governo sovietico (8):
«La capitolazione italiana ha segnato una nuova e importante tappa sulla strada che deve portare gli alleati alla vittoria finale. Il Comitato di Liberazione Nazionale ne ha ricevuto la noti zia con una gioia tanto più viva quanto in tutte le fasi delle operazioni contro l'Italia le forze francesi hanno avuto la loro parte di sacrificio e di gloria. Ma il Comitato verrebbe meno alla sincerità cui devono essere improntati i rapporti tra alleati se lasciasse ignorare ai Governi americano e britannico la delusione provocatagli dalle condizioni nelle quali è stato concluso l'armistizio e dai termini della dichiarazione con la quale il generale Comandante in capo alleato lo ha annunciato al mondo. Gli affari italiani hanno, per la Francia, una importanza fondamentale. È per colpire e spogliare la Francia che l'Italia fascista è entrata in guerra. La Francia non ha mai cessato, dal 10 giugno 1940 , di partecipare alla lotta armata contro le forze italiane. È infine vitale per la Francia che quanto riguarda gli affari italiani non sia trattato senza la sua presenza. Il Comitato francese di Liberazione Nazionale ritiene che queste considerazioni, che aveva fatto valere nel suo memorandum del 2 agosto indirizzato ai Governi americano e britannico e comunicato al Governo sovie tico, gli diano il diritto di partecipare ai negoziati relativi all'armistizio.
Il Comitato ha il dovere di sottolineare la necessità per i suoi delegati di essere, fin d'ora, abilitati a far parte dell'Organo di armistizio interalleato . .Non è meno essenziale a suo parere essere me sso, fin d'ora, nelle condizioni di far valere il punto di vista francese, riguardo le clausole di ordine politico, economico e finanziario di cui deve essere importo il rispetto all'Italia. Il memorandum allegato alla presente nota precisa, a questo proposito, le rivendicazioni francesi già esposte nel documento del 2 agosto.
Infine il Comitato ha la certezza di condividere il punto di vista dei governi alleati sottolineando che, associato all'elaborazione dell'armistizio, deve essere anche associato all'applicazione delle sue clausole con la partecipazione di ufficiali e funzionari francesi agli organi incaricati di assicurare tale applicazione.
Infatti, non spette r à loro soltanto il compito di regolare i rapporti con l ' amministrazione e la popolazione italiana e di assicurare la difesa degli interessi alleati. La loro responsabilità sarà molto più estesa via via che si restaurerà in Italia una vita normale . È infatti essenziale che questa restaurazione avvenga in condizioni che non rischino di compromettere il futuro, nè sul piano politico nè sul piano economico, lasciando sussistere il minimo vestigio del regime appena crollato o conservando il sis t ema di isolamento economico che ha tanto gravemente danneggiato la vita europea negli anni precedenti la guerra.
Nella collaborazione ai lavori, i rappresentanti francesi daranno senza riserve il loro apporto nello spirito stesso di cui è animato il Comitato di Liberazione che non separa l'interesse francese dall'interesse comune delle Nazioni Unite».
La settimana seguen t e gli assistenti di Mac Millan e Murphy, Makins e Reber, fanno una comunicazione a René Massigli il 27 settembre alle ore 17, che lo stesso Massigli riassume: «Makins e Reber, in assen za di Mac Millan e Murphy, mi hanno fatto questo pomeriggio alle ore 17 una comunicazione verbale che può riassumersi come segue: facendo riferimento alla comunicazione fatta il 30 agosto, riguardante la conclusione dell'armistizio con l'Italia, hanno riferito che i loro governi avevano preparato i termini di una con- venzione completa di armistizio. Questo progetto di armistizio, rimaneggiato per tener conto della nuova situazione, sarebbe stato consegnato oggi stesso al maresciallo Badoglio. I rappresentanti dei due governi avevano la missione di comunicare questo documento al Comitato francese di Liberazione Nazionale. Makins e Reber mi hanno allora consegnato un progetto in 44 articoli. Hanno aggiunto che i loro governi avevano la convinzione che questo progetto coprisse tutti i punti sui quali avevamo attirato l'attenzione e non anticipasse alcuna soluzione che avrebbe potuto essere contro le nostre vedute. Ho risposto sottolineando il mio stupore per essere stati informati di questo progetto così tardivamente, contrariamente a tutte le promesse che ci erano state fatte. La risposta è stata che vi erano state molte esitazioni a Londra e a Washington sulla procedura da ·seguite e che la decisione finale era appena stata presa. Al che ho replicato che avrebbero potuto comunicarmi per ogni evenienza i progetti, così come mi era stato promesso .
Riservandomi le osservazioni che potrebbe richiamare un documento la cui stesura non è semplice, ho fatto notare che rischiavamo di essere messi ancora una volta di fronte al fatto compiuto.
Ho fatto infine osservare che, nell'ipotesi considerata di un armistizio precipitoso, gli alleati si erano mostrati disposti a facilitarci almeno la presenza alla firma. Su questo punto non ho ottenuto alcuna risposta precisa. In compenso mi è stato ripetuto che la nostra partecipazione alla commissione mediterranea di armistizio doveva rassicurarci.
Non ho nascosto che queste spiegazioni mi apparivano insufficienti. Ho sottolineato che era un errore politico firmare attualmente un armistizio con il maresciallo Badoglio e che mi dispiaceva che a Londra e Washington avessero modificato a questo proposito il modo di vedere che mi era stato esposto qualche giorno fa.
Infine ho detto a Makins e Reber che mi riservavo di precisare e di completare le mie osservazioni nel momento 'in cui avrei potuto prendere conoscenza del documento di cui ero stato informato.»
Liberazione della Corsica
La Corsica era stata occupata dall'esercito italiano fin . dall' 11 novembre 1942 mentre la zona libera era occupata dalla Wehrmacht. · ·
All'inizio del 1943, Arthur Giovoni (10), responsabile politico del Fronte Nazionale, e François Vittori, responsabile militare, prendono contatto con un inviato del generale De Gaulle, Fred Scamaroni che, dal 1941, porta avanti un'azione di collegamento. Arrestato, torturato, quest'ultimo si suicida nella cittadella di Ajaccio. Da quel moment o tutto si svolgerà tra gli emissari di Giraud - in particolare dal marzo 1943 -, il comandante Colonna d'Istria e i rappresentanti (in maggioranza comunisti) del Fronte Nazionale.
Durante questo mese d'agosto delle trattative di armistizio, ufficiali italiani con simpatie antifasciste parteciperanno alla liberazione della Corsica. Il colonnello italiano Cagnoni incontra a Bastia Arthur Giovoni e gli èonsegna i piani del suo reggimento, incaricato di impedire lo sbarco alleato.
Giovoni, a bordo del sottomarino Casabianca, porta questi documenti ad Algeri (4 settembre), incontra il generale Giraud e riparte il 6 senza avere visto il generale D e Gaulle.
Il 9 settembre viene lanciato l'ordine d'insurrezione. Ajaccio si libera ed il prefetto proclama il s uo collegamento al Comitato di Liberaz ione Nazionale. Le forze italiane non prendono le armi ed in alcuni settori partecipano ai combattimenti contro i tedeschi.
Ma la liberazione della Corsica è stata organizzat a da Giraud e da Giraud da solo senza che il Comitato di Liberazione Nazionale e il generale De Gaulle fossero stati messi a parte del segreto, il che si spiegava perfettamente con la differenza esistente tra gaullisti e giraudisti.
(10) Maurice Choury che fu in seguito redattore capo dell'Humanite Dimanche ha dato il punto di vista comunista sulla liberazione dell'isola in Résistance en Corse: tous bandits d'honneur.
Il 25 settembre De Gaulle invia una nota (11):
«Ai membri del Comitato di Liberazione Nazionale: Le condizioni nelle quali sono state preparate e sono attualmente eseguite, quasi totalmente al di fuori del Comitato di Liberazione Nazionale, le operazioni di qualsiasi natura tendenti alla liberazione della Corsica dimostrano una volta di più che il Comitato, così come è costituito e così come funziona, non è in grado di svolgere il suo ruolo di organo di governo. Questa impotenza deriva , a mio parere, da due cause, peraltro coniugate. La prima è l'assenza di una direzione riconosciuta da tutti e organizza ta, da cui risulta che il Comitato non riesce a stabilire la sua politica sulle questioni fondamentali, o, se l'ha stabilita per una di queste, che nessun controllo effettivo ne segue la realizzazione. Il caso della Corsica è caratteristico a questo proposito.
La seconda ragione è l'indipendenza del comando militare rispetto all'organo di governo. Questo stato di cose, formalmente contrario alle nostre secolari istituzioni e alle nostre leggi in vigore, ha come conseguenza che due politiche coesistono e si oppongono. Molteplici e gravi incidenti di cui il Comitato ha avuto conoscenza lo stabiliscono con abbondanza di particolari.
Più e più volte ho richiamato l'attenzione del Comitato in modo insistente su questi vizi fondamentali. Ma per non avere avuto il coraggio di andare in fondo alle cose nelle nostre decisioni, non abbiamo risolto niente e ci siamo accontentati di sostituire la riforma necessaria con formule e finzioni.
Senza dubbio, le circostanze in cui il Comitato di Libe razione Nazionale si è costituito, così come la pressione dall'e stero, hanno pesato enormemente su questa cattiva organizzazione e queste tergiversazioni deplorevoli. Ma il periodo del brancolamento è ormai durato troppo. Il paese, di cui la vita stessa è in gioco e che si affida al Comitato di Liberazione Nazionale per dirigere i suoi sforzi nella guerra e preparare l'opera da compiere all'altezza della vittoria, non ci perdonerebbe di protrarl o oltre. Le responsabi li tà devono essere assunte e riconosciute. Quanto a me, non posso portare le mie più a lungo in tali condizioni» .
(11) Mémoires de guerre, pag. 531.
Il 4 ottobre, il generale De Gaulle va dal generale Giraud ( 12):
«Ne ll a serata dello stesso giorno vado dal comandante in capo per congratularmi, a nome del governo, della felice riuscita dell'operazione militare. L'aveva ordinata e avviata. Ne aveva assunto il rischio. Il merito era suo. Pur avendo operato con mezzi a scala ridotta, le difficoltà erano grandi poiché si doveva andare verso l'ignoto, a 900 chilometri dalle nostre basi, e combinare in un'unica azione degli elementi presi all'improvviso nell'esercito, la marina, l'aviazione» .
Fin dal 24 settembre, avevo detto alla radio di Algeri:
«Il paese e l'impero salutano i combattenti francesi in Corsica, ai quali il comandante in capo dell'esercito francese ha appena dato, sul terreno stesso, le istruzioni per gli scontri di domandi . A questi combattenti e ai loro capi, a coloro che si sono sollevati dal suolo corso per liberarsi e a coloro che sono stati ard itamente inviati dall'esercito, la marina, l'aviazione francese rinascenti, il Comitato di Liberazione Nazionale invia la testimonianza ardente dell'amore e dell'orgoglio della Francia».
Ma una volta fatta giustizia alle capacità militari del generale Giraud, era pur vero che si era comportato riei confronti del governo in un modo inamm iss i bile. Glielo ripetevo, quella sera, dopo essermi complimentato. «Lei mi parla di politica», disse - «si, risposi - perché facciamo la guerra. Ora, la guerra è una politica». «Mi s entiv a, ma non mi ascoltava».
Quat t ro giorni più tardi, 1'8 ottobre, De Gaulle va in Corsica e dalla pia zza del Municipio di Ajaccio dopo avere salutato i resistent i e i com battenti menziona l'Ita li a (13).
(12) Mémo ires de guerre, voi. 2, pag. 145.
(13) Mémoires de guerre, vol. 2, pag 147.
«Allora, osservando che la mia voce si levava "dal centro del mare latino " parlai dell'Italia. Sottolineai "a che punto erano assurde le ambizioni di un vicino latino spinto, ieri, in una mostruosa alleanza con la cupidigia germanica e che portava come pretesto la nostra decadenza per cercare di impadronirsi della Corsica." Ma dichiarai: "una volta resa giustizia, la Francia di domani non si irrigidirà in un atteggiamento di rancore verso una nazione che ci è affine e che niente di fondamentale dovrebbe separare da noi". * * *
L'armistizio italiano costituì una svolta nella guerra di cui i tedeschi riuscirono a limitare gli effetti strategici (14). Questo periodo costituisce una svolta anche per il Comitato francèse di Liberazione Nazionale. Finiranno ormai i giochi meschini subdolamente condotti da Murphy e Mac Millan grazie al bicefalismo Giraud-De Gaulle.
D'altra parte, la lib erazione della Corsica settore francese intralcia il progetto americano che figura in un memorandum riguardante la partecipazione francese all'amministrazione dei territori liberati nella Francia metropolitana, consegnato dal governo degli Stati Uniti al governo britannico e giunto a conoscenza del Comitato francese di Liberazione Nazionale (15).
Così il generale De Gaulle e il Comitato francese di Liberazione Naz ionale hanno saputo utilizzare al meglio la leggerezza e la goffagine degli alleati per affermarsi come soli interlocutori mentre il generale Giraud, che aveva realizzato con mezzi irrisori e in condizioni eccezionalmente abili la liberazione della Corsica veniva escluso da ogni responsabilità politica nel governo di Algeri. (14) Miltn S. Davis, Qui défend Rome?, Hachett e Littérature, 1972 (15) Mémoires de guerre, pag . 591-592.
Tuomo Melasuo
L'ARMISTIZIO ITA LIANO VISTO DALLA SCANDINAVIA
L'atteggiamento dei paesi nordici rispetto all'armistizio in Italia deve essere esaminato da una parte sotto l'aspetto dell'evoluzione generale della guerra mondiale e, dall ' altra, sotto quello dello sviluppo della situazione in ciascun paese nordico .
1 - La situazione dei paesi nordici
Bisogna sottolineare che la situazione di ciascun paese nordico era in linea di massima diversa rispetto ai principali paesi belligeranti.
La Danimarca e la Norvegia erano occupate dalla Germania. In Norvegia vi era il ben noto regime di Quisling, ma la Danimarca aveva, all'inizio della guerra, un governo più o meno «liberale» guidato dai social-d emocratici. Alla fine della guerra l'influenza t edesca era forte anche in Danimarca.
La Svezia non partecipava alla guerra e cercava di conservare la sua n eutralità, tuttavia continuava ad avere relazioni economiche con la Germania.
La Germania si serviva di «un diritto di passaggio» attraverso il sud della Svezia verso la Norvegia, e dal nord della Norvegia verso la Lapponia finlandese. La Finlandia era in guerra con la Germania contro l'Unione Sovietica. La «guerra di continuazione» nel 1941-1944 deve essere vista alla luce della «guerra d'inverno», 1939-1940 , che la Finlandia ha portato avanti contro l'Unione Sovietica; le ragioni di questa guerra sono molto complicate ed esulano da questa relazione.
Rileviamo che nella guerra d'inverno la Finlandia aveva perso circa il lOOJo del suo territorio, il 20/300Jo delle sue risorse naturali e della sua indu stria e più del lOOJo della popolazione era stata costretta ad abbandonare le regioni coinvolte.
La Finlandia non apparteneva all'Asse, la vers io ne ufficiale dello stato diceva che la Finla ndi a conduceva la «sua» guerra, parallela e simultanea, ma separata, contro l'Unione Sovietica.
Tuttavia la Finlandia riconosceva nella Germania il «fratello in armi» e nella Lapponia finlandese vi erano circa 300.000 s oldati tedeschi.
Bisogna sottolineare il fatto che durante tutta la guerra il potere politico e militare del paese era saldamente in mano del governo finlandese. Ciò nonostante, nel 1941 l'Inghilterra dichiarava la guerra alla Finlandia, non credendo quindi alla nostra tesi ufficiale.
Va notato che l'Unione Sovietica faceva pressione sull'Inghilterra in questa direzione.
i - L'Evoluzione della guerra mondiale nel 1942-1943 e i Paesi nordici.
In generale, bisogna notare che l'Italia non aveva un'importanza diretta per i Paesi Nordici, il significato dell'Italia si espr im eva e si cristallizzava nella sua alleanza con la Germania alla quale i Paesi Nordici erano più o meno «legati».
L'evoluzione della guerra, l'entrata in guerra degli Stati Uniti, Stali ngrado e lo sbarco in Africa del Nord avevano influenzato sia l'opinione pubblica che quella ufficiale dei paesi nordici.
In Svezia, ossia un paese non occupato e «in pace», e in Finlandia, un paese in guerra aperta, quest'evoluzione ha cambiato e relativizzato l'atteggiamento rispetto al carattere e alla valutazione dei risultati finali della guerra.
Per quanto riguarda l'interno della Finlandia, tre fatti segnano l'evoluzione del suo atteggiamento:
1) la nascita e il rafforzamento della cosiddetta «opposizione della pace» nell'inverno 1942-1943;
2) i tentativi di mediazione tra la Finlandia e l'Unione Sovietica effettuati dagli alleati, soprattutto dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti, nonchè dalla Svezia. Si può anche parlare di una certa pressione da parte loro sulla Finlandia;
3) l'accentuazione della tesi, da parte del governo finlandese, «di guerra separata». La scelta degli Alleati tra l'operazione «Jupitern e l'operazione «Torch».
Lo sbarco degli Alleati in Europa del Nord avrebbe radicalmente mutato la situazione di tutti i paesi nordici. Da una parte avrebbe aumentato la pressione dell'Unione Sovietica e della Germania sulla Finlandia, dall'altra avrebbe aperto nuovi sbocchi.
Durante tutta la guerra la Germania aveva fatto alla Finlandia un «ricatto» sull'approvigionamento di armi e generi alimentari.
Lo sbarco americano in Lapponia e nel nord della Finlandia avrebbe cambiato ed equilibrato questo problema. Avrebbe potuto permettere alla Finlandia di staccarsi dalla guerra evitando la vendetta della Germania e l'occupazione sovietica.
Questa possibilità continuava a vivere in Finlandia anche dopo lo sbarco in Africa del nord, in una situazione in cui si attendeva l'evoluzione della guerra in generale e soprattutto le conseguenze delle azioni degli Alleati.
È perciò che ancora nel giugno 1943 la Finlandia faceva sapere con discrezione agli Alleati di essere pronta ad interrompere il rifornimento di materiale e di uomini alle truppe tedesche in Lapponia, che avveniva attraverso il suo territorio, se avesse avuto la garanzia che queste truppe potessero ritirarsi in pace, e che la Finlandia non avrebbe posto alcun ostacolo se gli americani avessero voluto invadere la Lappon ia.
Evidentemente in Finlandia maturava l'idea che fosse necessario creare una situazione in cui era possibile evitare la vendetta tedesca e l'occupazione sovietica.
Bisogna inoltre prendere in considerazione che nel marzo
1943 gli Stati Uniti avevano cercato di mediare nella guerra tra la Finlandia e l'Unione Sovietica offrendo i loro buoni uffici .
Lo scopo degli Stati Uniti, nel cercare di staccare la Finlandia dalla guerra, era di dare un esempio all'Italia e ai paesi balcani, soprattu tto alla Romania.
3 - Lo sbarco in Italia e l'armistizio
Lo sbarco degli Alleati, ma già la sua attesa, come ho detto prima, e l'armistizio con il governo di Pi etro Badoglio avevano influenzato i paesi nordici, e, più da vicino, la Svezia e la Finlandia.
In Danimarca e in Norvegia l'attività della resi stenza si era rafforzata e, in generale, l'opinione anti-tedesca era prevalente.
La Svezia metteva fine agli inizi di agosto 1943 al «diritto di passaggio» dei tedeschi sia a nord che a sud del paese, e, in generale, aumentava le distanze rispetto alla Germania; inoltre, insieme agli Alleati, faceva sempre più pressione su lla Finlandia per una pace separata con l'Unione Sovietica.
Dopo lo sbarco in Italia, la Finlandia andava accentuando la sua tesi di «guer ra separata»; per esempio il battaglione SS di volontari finlandese nell'estate del 1943 non era più stato confermato.
Nell'autunno 1943, malgrado le forti pressioni dei tedeschi, l a Finlandia si rifiutava di riconoscere «la repubblica di Mussolini».
Lo sbarco rinforzava il movimento della pace e, in generale, l'atteggiamento in que sta dire zione .
Va notato tutta via che le operazioni tedesche di rappresaglie in Italia spingevano i finlandesi alla prudenza, avevano paura che le stesse si ripetessero in Finlandia.
Ma bisogna sottolineare che la situazione politica e militare della Finlandia rispetto alla Germania era relativamente forte. Si era in un certo senso rafforzata con lo sbarco in Italia. La Finlandia impegnava un numero rilevante di truppe sovietiche alla frontiera est, ed era la sola «democrazia occidentale» che combatteva al fianco della Germania.
Osserviamo che più tardi gli avvenimenti in Ungheria e in Romania avrebbero influenzato la Finlandia nello stesso modo e nella stessa direzione dello sbarco in Italia. Si cristallizzavano le esigenze di distacco dalla guerra e, nello stesso tempo, si faceva sentire la necessità di prudenza per la probabile rappresaglia tedesca.
La stampa finlandese dava relativamente molto spazio agli «avvenimenti» in Italia. In linea di massima la loro impo rtanza era capita ed espressa, soltanto la stampa dell'estrema destra cercava di sminuire il significato della «perdita» dell'Italia per la Germania.
Lo sbarco e l'armistizio in Italia erano vissuti soprattutto come un collasso del più forte alleato della Germania e così diminuiva in Finlandia la fiducia nella Germania. È essenzialmente questo il significato dell'evoluzione italiana.
I contatti per la pace tra Finlandia e Unione Sovietica ripresero nell'inverno 1944.
Nel giugno 1944 l'Unione Sovietica lanciava una grande offensiva in Carelia e nel settembre 1944 la Finlandia accettava «la pace separata».
In seguito la Finlandia combattè ancora i tedeschi in Lapponia fino all'aprile 1945, ma in pratica le operazioni erano terminate alla fine di novembre 1944.
Per quanto riguarda i Paesi Nordici, possiamo affermare che lo sbarco in Italia e l'armistizio li portava a credere che la Germania avrebbe perso la guerra, e a impostare la loro azione secondo quest'idea.
L'influenza dell ' evoluzione italiana era quindi indiretta sottolineando le cattive possibilità della Germania.
4 - La seconda guerra e la ricerca storica nei Paesi Nordici
Dopo la guerra, negli anni 1950 e 1960 , aveva luogo nei paesi nordici una ricerca nella «tradizione» sulla storia militare.
Ma possiamo dire c he negli anni 1970 è ini ziata una nuova ondata di ricerche impostata, oltre che sulla stor ia politica e militare, anche sui problemi sociali ed economici.
In Svezia va ricordato il grande progetto di ricerca SUAV - «Sverige Under den Andra Varldskriget» - conclusosi rec entemente.
Si riferisce alla situazione internazionale della Svezia nella «drole de guerre», alla sua evolu zione nell'ambito sociale, economico e poli tico.
In Finlandia il progetto SUOMA- Suomi toisessa maailmansodassa - è ancora in corso. Affronta soprattutto l'evoluzion e interna ponendo l'accento sullo svi lupp o dei partit i politici, sulla popolazione emigrata proveniente dai territori occupati e sui problemi socio-economici.
Io stesso non so no per niente uno spe ciali sta della sec onda guerra, né della storia della Finlandia o dei paesi nordici. Queste idee so no nate in seguito a delle discussioni presso il nostro Istituto con il mio collega Timo Salin che sta preparando la sua tesi di dottorato di Stato dal titolo «I partiti politici e le guerre di Finlandia, 19 39-1944».