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JAMES MILLER

L'ARMISTIZIO E GLI USA

La politica americana del periodo di guerra nei confronti dell'Italia era condizionata da tre elementi chiave: i rapporti USA con la Gran Bretagna, con l'Unione Sovietica e la politica interna americana. I saggi di Di Nolfo e Ellwood hanno disegnato un buon quadro della politica di potere durante i negoziati per un armistizio italiano. Questo saggio esaminerà l'impatto delle considerazioni interne sulla politica di Franklin Delano Roosevelt, soprattutto per quanto riguarda la decisione del governo USA di chiedere la forma se non il fatto reale di una resa incondizionata prima con il governo inglese e poi con quello italiano.

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Nel periodo 1942-43 i liberali americani coadiuvati dagli esuli italiani e dagli italo-americani antifascisti, trasformarono l'antifascismo in un'importante questione della politica estera americana e sostenevano fermamente che gli Stati Uniti dovevano rifiutare qualunque proposta della monarchia o di qualunque sostenitore del regime di Mussolini o del Vaticano, per offrire all'Italia dei ragionevoli termini di pace o per continuare a mantenere il controllo sul governo italiano.

Roosevelt cercò, senza alcun successo, di venire incontro alle necessità dei due gruppi, ovvero giostrandosi tra le richieste dei suoi sostenitori liberali in un totale affidamento alle linee antifasciste e tra l'insistenza dell'alleato britannico e dei suoi consiglieri per una contrattazione con il regime di Vittorio Emanuele e Badoglio.

Il presidente americano esigeva una resa incondizionata del1'ltalia, giustificando questa richiesta in maniera tale che spingesse l'Italia ad una rapida richiesta di armistizio. La formula di resa incondizionata p erse il valo re p olitico interno lun go la strada e l'in sistenza di Rooseve lt sull ' u so di questa formula complicò l e relazioni USA con gli inglesi e sc oraggiò notevolmente il go verno del re ne lla richi esta di armistizio. L'eventuale resa dell'Italia arrivava troppo tardi per ev itare la preparazione della campagna militar e italiana.

Antifascismo am ericano

Nei primi anni della partecipazione americana alla seco nda guerra mondiale, la coalizione ant ifascista negli Stati U niti tentò di cancellare l'in flu en za fascista s ugli italo-americani e di guadagnar si la fidu cia del pr es idente Roosevelt per costrui re una democrazia italiana del do pog uerra.

Alla fine del 1942 gli antifascist i avev ano ottenuto molte promesse generali ma importanti da parte del governo USA. F ra queste garanzie era pre vista anch e la libera sce lta del popolo italiano della forma di governo del dop oguerra. P er ò a ll a fine del 1942 la coalizione antifascista si scio lse e i « prominenti», i lead er fasci sti anteguerra della comunità italo-ame r icana r iu sc irono a stabilire il loro precedente con trollo.

Allo stesso tempo il gov erno americano rifiutò decisa mente il piano d ei fuoriu sciti di stabilire un governo i ta liano in esilio e di rag giungere un accordo co n l'amministrazione di Vichy nel Nord Africa france se - il cosidetto Darlan D ea l - andando contro le pubblich e assicurazioni di una forte azione antifascista. Nella primavera d el 1943 il futuro de ll ' Italia diventò un probl em a pressante per i leader americani. Allo ste sso te mpo la guerra ideolo gica tra i liberali del New Deal e i conse rvatori am ericani sugli obiettivi della politica estera USA entrava nell a fase decisiva. La sconfitta della sini st ra americana p erm ise al Dipar t imento di Stato di riacquistare lent a mente il controllo sullo svi lupp o della politica estera USA. Nel fra t tempo il crollo dell'a ntifa sc ismo americano aprì la strada ad una nuova alleanza fra i leader dei lavo rator i ital o-americani e i «prominenti » per combattere il comunismo in Italia. Durante i 55 giorni che seguirono lo sbarco in Sicilia degli Alleati (10 luglio) e la resa italiana, la politica americana in Italia era pesantemente influenzata da quattro forti gruppi conservatori - il governo inglese, il Vaticano, la leadership militare alleata e il Dipartimento di Stato - senza una reale contropressione da parte della sinistra.

Roosevelt e l'Italia

In questa crisi, i liberali americani confidavano in Franklin Roosevelt per ristabilire la visione comune di un mondo del dopoguerra in cui gli Stati Uniti fornissero il modello per uno sviluppo economico e politico e rappresentassero la potenza predominante, ma Roosevelt capì meglio dei critici liberali i limiti del potere americano dato che doveva operare all'int erno di una serie di alleanze interne ed estere, le quali ponevano dei limiti ben definiti alle sue iniziative.

Roosevelt intuì la necessità di proteggere e sviluppare queste alleanze in modo da riuscire a portare la guerra verso una conclusione vittoriosa e creare una stabilità internazionale nel dopoguerra; inoltre pensava che un serio conflitto all'intero della grande alleanza avrebbe portato sia alla ricerca di una pace separata da parte dell'Unione Sovietica o al limite all'assegnazione di sfere di influenza britannica e sovietica in Europa e in ogni caso era certo del fatto che una rottura dell'alleanza avrebbe di nuovo confinato gli Stati Uniti nell'isolazionismo.

Roosevelt non credeva neanche che gli americani avrebbero sostenuto una politica estera attivista a lungo termine da parte del governo dopo la guerra e quindi era convinto che gli Stati Uniti dovessero raggiungere gli obiettivi economici e politici in un periodo di tempo relativamente breve: prima della fine della fase di occupazione mi litare e dei programmi di aiuti economici del periodo di guerra come i «Lend Lease». Perciò il presidente decise per una rapida operazione politica invece di un progetto di ricostruzione più comprensivo, ma molto più lento, appoggiato dai liberali. Il programma di Roosevelt preve- deva la soppressione dei governi fascisti e la punizione dei suoi leader, la creazione di governi democratici, aiuti economici a breve termine. I nuovi governi democratici avrebbero avuto la totale responsabilità di portare avanti il processo di ricostruzione sociale, politica ed economica.

L'Italia fu il primo grosso problema di ricostruzione che affrontò Roosevelt. Il governo britannico considerava l'Italia come terreno di prova per una strategia di guerra e di dopoguerra, per una ricostruzione di tip o conservatore sotto l'egemonia ingl ese, mentre l'Unione Sovietica tendeva ad una visione dell'Italia come campo di prova per una cooperazione con le potenze occidentali e come test di prova per le relazion i con i suoi due alleati. Il Vaticano, altro elementi chiave nei calcoli politici di Roosevelt, aveva un interesse particolare per l ' Italia come centro della religione cattolica ed appoggiava fermamente una restaurazione politica e sociale di tipo conservatore. Da considerare anche che la gerarchia cattolica USA, gli italoamericani, alcune banche e corporazioni e , naturalmente, i liberali esercitavano pressioni affinché ogni azione fosse diretta a portare avanti i loro interessi o piani.

Per i liberali, il gruppo maggioritario, l'Italia si stava trasformand o in terreno di prova per la politica estera americana. Nel novembre 1942, subito dopo le prime avvisaglie di una pace italiana, Roosevelt telegrafò a Stalin che dopo una vittoria lampo nel Nord-Africa - che ognuno si aspettava nei giorni subito dopo la vittoriosa invasione - gli Alleati avrebbero dato agli italiani un assaggio di bombardamento aereo ed il regime fascista sarebbe probabilmente crollato . Dopo la sconfitta dell'Italia gli Alleati potevano abbandonare le loro operazioni militari nel Mediterraneo e concentrare le tre forze per un'invasione della Francia, strategia che accontentava sia i sovietici che l'eser cito USA. Allo stesso tempo Roosevelt cercava di forza re la resa italiana date le pressioni del Vaticano sui gruppi conservatori che appoggiavano il regime per guadagnarsi l'ai uto del Papa, autorizzò i negoziati per accordare a Roma lo status di «Città aperta».

Alla conferenza di Casablanca (14-23 gennaio 1943), Roosevelt scambiò delle concessioni per la strategia militare con altre politiche degli inglesi, le quali avrebbero dato un indirizzo più liberale alla politica americana ed alleata e si trovò d'accordo con la richiesta inglese di continuare le operazioni militari nel Mediterraneo, il cui obiettivo era di forzare la caduta dell'Italia con un'invasione della Sicilia o della Sardegna. Il presidente abbandonò i piani militari USA per un assalto attraverso la Manica alla Francia in cambio di un accordo angloamericano sulla politica italiana. Churchill, da parte sua, concordò di non bombardare Roma senza il benestare americano ed anche sulla richiesta di resa incondizionata degli stati dell'«Asse». L'insistenza di Roosevelt su questa formula era, in buona parte, una risposta alla reazione interna al «Darlan Deal» e uno sforzo per ristabilire i legami del presidente con l'ala sinistra della coalizione politica. Comunque, come gesto politico, la richiesta di resa incondizionata fu un fallimento; questa politica infatti diede vita ad un vivace dibattito politico sugli effetti militari all'interno degli Stati Uniti. Una maggioranza di liberali americani, grati per l 'accordo Roosevelt-Churchill, chiedevano al presidente azioni antifasciste concrete invece di parole e in modo particolare insistevano sul fatto che una resa incondizionata doveva significare che gli Alleati avrebbero accettato la resa dei fascisti, ma una volta fatta avrebbero rimosso i fascisti o i loro alleati e sostenitori del potere. Nel caso dell'Halia ciò significava che gli Stati Uniti avrebbero evitato ogni contrattazione con il re o con chiunque a lui vicino. I liberali americani sapevano bene che qualunque gruppo avesse preso il potere nel periodo di transizione tra la resa incondizionata e la creazione di un nuovo ordine costituzionale si sarebbe trovato nella posizione di determinare la forma di governo dell'Italia del dopoguerra. Per questo motivo insistevano sul fatto che gli Alleati non potevano trattare sia con i fascisti che con i loro sostenitori dopo la resa, ma dovevano sostituire immediatamente la vecchia classe diri- gente con i democratici italiani, fra i quali gli antifascisti in esilio. Tutti gli sforzi di Roosevelt rivolti ad una cooperazione con gli inglesi ed il Vaticano per una pianificazione prima e dopo la guerra, crearono un crescente senso di instabilità tra i liberali che erano convinti del fatto che entrambi mirassero alla creazione di governi reazionari nell'Europa liberata e si ritrovò così nella posizione di dover affrontare le crescenti richieste liberali per una ferma politica antifascista.

Nella primavera del 1943 Churchill arrivò a Washington per la quarta conferenza alleata di guerra e Roosevelt, come sempre, colse l'occasione per migliorare la sua immagine con gli elettori. I piani inglesi prevedevano la divisione della penisola italiana a Roma, secondo i quali ques t a strategia avrebbe obbligato i tedeschi a rinforzare massicciamente il fronte italiano e diminuire le pressioni sul fronte sovietico e insistevano che gli Alleati avrebbero raggiun t o il loro scopo con dispendio di tempo, uomini e materiali molto limitato. I programmatori civili e militari erano scettici: sul piano militare temevano che una campagna in Italia avrebbe seriamente ridotto le truppe e i materiali necessari per l'invasione attraverso la Manica. Sul piano politico, i leader americani sospettavano che l'obiettivo inglese fosse quello di creare un «fascismo senza Mussolini»: un governo debole e screditato di ex fascisti che sarebbe stato sotto il totale controllo della Gran Bretagna. Nonostante questi sospetti, gli inglesi furono in grado di ottenere dagli americani un accordo per continuare le operazioni militari nel Mediterraneo. Roosevelt sottolineò nuovamente il suo' impegno per una totale epurazione dei fascisti e nonostante la pubblica dichiarazione corteggiava Vittorio Emanuele come risposta alle forti pressioni militari inglesi. L'invasione dell'Italia, sarebbe dovuta avvenire con forze militari limitate e i leader militari alleati chiedevano che le forze armate militari venissero neutralizzate con un armistizio prima dello sbarco. Quindi Roosevelt cercò di scavalcare i leader conservatori italiani e allo stesso tempo di mantenere la fiducia dei suoi elettori liberali con la pro- messa dell'epurazione. Quando, ad esempio, gli Alleati si impadronirono dell'isola di Pantelleria nel giugno del 1943, Roosevelt intraprese una strada pericolosa tra questi due obiettivi durante una conferenza stampa. Cominciò stabilendo una netta separazione tra il regime di Mussolini e il popolo italiano, dando la colpa della guerra al duce. Questa tattica era sia un segnale per il re che un'azione verso gli italo-americani. Ma anche i critici liberali intuirono il significato della dura condanna di Roosevelt limitata al regime di Mussolini. Per andare incontro alle loro richieste, Roosevelt affermò nuovamente l'impegno USA per una libera scelta degli italiani per la forma di governo del dopoguerra. In questo messaggio era implicito che gli Alleati non avrebbero mantenuto al potere per molto tempo dopo la resa nè il re nè i conservatori suoi fedeli. Sebbene questo approccio non potesse soddisfare i critici, Roosevelt non poteva delegare agli USA la sorte delle politiche antifasciste, favorite dalla sinistra americana. Il prezzo politico sarebbe stato troppo alto: abbandonare tutte le speranze di un colpo di mano contro Mussolini da parte del re e delle forze conservatrici che lo avevano sostenuto e inoltre la decisione di seguire una politica favorita dai liberali avrebbe sottinteso una rottura nell'alleanza con la Gran Bretagna. Tutto ciò che Roosevelt poteva fare era delegare agli stati anglo-sassoni la punizione dei vecchi fascisti ed anche questo prevedeva dei problemi notevoli con gli inglesi. In privato Roosevelt faceva pressione su Churchill per una completa epurazione dell'amministrazione civile e militare.

Il Dipartimento di Stato chiedeva di sostituire gli ufficiali compromessi con un governo ad amministrazione militare alleata in Italia. Era sicuro del fatto che questa politica avrebbe ridotto il disaccordo liberale e creato uno spazio di respiro durante il quale le forze italiane antifasciste avrebbero potuto riorganizzarsi e prendere il controllo del governo nazionale.

Sia il governo ing lese che parte della burocrazia americana si opposero alla politica di Roosevelt. çhurchill, il cui obiet-

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tivo era la creazione di un governo italiano debole sotto il controllo inglese, si oppose a questa epurazione totale sost enendo giustamente che tale operazione sulla burocrazia civile e militare italiana avrebbe sovraccaricato le forze del Governo Militare Alleato. Suggerì, invece, che il generale Eisenhower, come capo delle forze alleate nel Mediterraneo e come uno degli autori del «Darlan Dea!», decidesse il tipo di epurazione da attuare in Italia. Churchil1 era sicuro che Eisenhower avrebbe selezionato una defascistizzazione molto limitata e questa scelta avrebbe incontrato il favore del Dipartimento di Guerra USA.

Un'epurazione limitata avrebbe anche riscontrato approvazione all'interno del dipartimento di Stato, che stav a lentamente riconquistando il ruolo di leader nel concetto e nell'esecuzione della politica estera USA. I funzionari del dipartimento di Stato riconobbero l'importanza di avere un corpo di piani e informazioni per sostenere una politica di guerra coerente. Poco dopo l'inizio della guerra in Europa, i leader del Dipartimento di Stato avevano istituito un Comitato di Pianificazione del dopoguerra, i cui membri prov eniva no dagli strati più alti del Dipartimento di Stato e dei settori più influenti del popolo americano, che creò un corpo di incartamenti di politica e degli st udi di fondo dettagliati che influenzarono gran parte delle decisioni importanti del periodo di guerra americano.

Il Comitato cominciò a studiare la situazione italiana e il futuro dell'Italia durante gli ultimi mesi del 1942 e il 2 gennaio del 1943 il Sottocomitato per la Pianificazione Politica consigliò agli Alleati di permettere alla monarchia di formare il primo governo italiano dopo l'armistizio. I programmatori del Dipartimento di Stato erano d'accordo su l fatto che solo la monarchia aveva la possibilità di rovesciare Mussolini, di guidare l'Italia verso un armistizio con gli Alleati e di formare un governo che funzionasse nei primi giorni di confusione dopo la capitolazione del paese. Il Comitato per la Pianificazione riconobbe anche la probabilità che dopo un armistizio il re avrebbe usato il suo potere per impedire una libera scelta del popolo italiano per la forma di governo del dopo guerra e per risolvere questo problema il Comitato consigliò agli Alleati di sottoporre il governo italiano alla supervisione e al controllo dei quartieri generali militari alleati e ai generali di «evitare ogni intromissione che potrebbe limitare una libera scelta degli italiani sulla loro futura forma di governo».

Sfortunatamente i programmatori non spiegarono come l' esercito avrebbe dovuto assolvere questi compiti piuttosto contradditori. Nel frattempo, Breckinridge Long, Assistente Segretario di Stato, elaborò insieme a un gruppo di diplomatici conservatori un primo piano per l'occupazione dell'Italia che utilizzava i consigli del Comitato di Pianificazione di escludere da ogni ruolo gli antifascisti in esilio nelle fasi iniziali dell'occupazione e della ricostruzione e allo stesso tempo sfidava la politica di Roosevelt della resa incondizionata. Questa sfida alla sua linea politica, proveniente all'interno del Dipartimento di Stato, fu un oltraggio per Roosevelt, che ordinò il trasferimento di quei diplomatici a lui non fedeli, privando così Long di ogni potere all'interno del Dipartimento di Stato. In seguito Roosevelt recuperò il progetto politico di dare in Ita lia un maggiore tono antifascista. Roosevelt insisteva sulla necessità di un'epurazione e rifiutava l'idea di un trattamento di riguardo per la monarchia; per quanto riguarda il futuro degli esiliati antifascisti, riconobbe il loro diritto a p a rtecipare alla ricostruzione e assicurò che gli Stati Uniti avrebbero sostenuto le loro richieste al momento giusto.

La caduta di Mussolini e il suo effetto

Ne l frattempo gli eventi in Sicilia ragg iunsero il culmine. L'invasione dell'isola avvenne il 10 luglio 1943; il 16 Roosevelt e Churchill pubblicarono un manifes t o rivolto agli italiani dove veniva sottolineata la responsab ili tà fascista della guerra, si chiedeva la resa incondizionata e spingeva gli italiani a rovesciare Musso lin i per sa lvare se stessi. Due giorni dopo Eisenhower consigliava l'invasione dell'Italia continentale il più presto possibile dopo la caduta della Sicilia e il 19 luglio 500 aerei alleati attaccavano le installazioni militari intorno a Roma. Nello stesso tempo Mussolini si incontrava con Hitler a Feltre. Quando il duce fallì anche nel tentativo di convincere Hitler che l'Italia doveva ritirarsi dalla guerra, crollarono le ultime basi di appoggio. Il 25 luglio, dopo una rivolta contro la leadership di Mussolini all'interno del Gran Consiglio dei Fascismo, Vittorio Emanuele esonerò il duce e affidò il controllo del governo al maresciallo Pietro Badoglio e il nuovo governo cominciò subito a cercare il modo di uscire dalla guerra.

Il crollo di Mussolini provocò forti reazioni negli Stati Uniti, soprattutto tra gli italo-americani e i liberali. Sotto la guida del potente leader sindacalista Luigi Antonini, gli antifascisti moderati it alo-americani e i leader più importanti della comunità italo-americana si unirono per salvare l'Italia dal comun ismo, che è sempre stato considerato il pericolo più grande dalla maggioranza degli italo-americani. La nuova coalizione di Antonini divenne presto la forza di maggior peso nella politica italo-americana e la maggiore influente sulla formazione della politica di guerra americana verso l'Italia, mentre quegli antifascisti che rifiutarono un'alleanza con gli ex fascis t i si ritrovarono presto isolati con ben poca influenza sulla politica estera americana.

Contemporaneamente i liberali americani subirono una serie di sconfitte che indebolirono notevolmente la loro influenza sulla politica estera USA. Verso la metà del luglio del 1943 Roosevelt si vide obbligato a rimuovere dal suo incarico di coordinatore dell'economia di guerra USA, Henry Wallace, suo vice presidente e portavoce della sinistra americana. Alla notizia della caduta di Mussolini, i liberali dell'Ufficio Informazioni di Guerra cercarono di utilizzare questa volta gli eventi per dare un contenuto più antifascista alla politica USA.

Il loro sforzo era incoraggiato da un passo di una dichiarazione congiunta Roosevelt-Churchill del 16 luglio, che sottolineava la determinazione dei due governi nel distruggere i «falsi leader e dottrine» che avevano portato l'Italia all'attuale situazione disastrosa. Uno speciale manifesto guida sulla situazione italiana pubblicato il 25 luglio poneva in risalto il fatto che la politica USA intendeva distruggere il fascismo sia che fosse guidato da Mussolini, sia da Badoglio e proseguiva riesaminando il ruolo di Badoglio nel fascismo e avvertendo che la caduta di Mussolini non significava la fine del fascismo. Questa linea di propaganda era completamente al di fuori della strategia alleata, i cui leader attendevano ansiosamente la richiesta per un armistizio dal nuovo governo italiano. Il Segretario di Stato Cordell Hull, per esempio, ordinò agli ufficiali del Dipartimento di Stato di evitare qualsiasi commento che avrebbe potuto indebolire la precaria posizione del nuovo governo.

Infatti, una trasmisione a onde corte del 25 luglio in cui un commentatore americano fece riferimento a Vittorio Emanele come il «piccolo re idiota» e a Badoglio come un «fascista di alto bordo» ebbe un impatto esplosivo a Washington. Il giorno seguente Roosevelt, durante una conferenza stampa, smentì rapidamente questa trasmissione; i conservatori nemici dell'Ufficio Informazioni di Guerra -e in particolar modo durante la conferenza - attaccarono duramente i liberali che intedevano mettere a tacere la propaganda antifascista. Nel giro di poche settimane Hull obbligò il Segretario di Stato Sumner Welles a dimettersi. La strada della sinistra americana all'interno della compagine governativa era già ben delineata al momento in cui iniziavano i negoziati per l'armistizio, mentre il potere di influenza dei gruppi conservatori, soprattutto quello inglese, si rinforzava notevolemente.

La politica dell'Armistizio

Nonostante gli sforzi compiuti per spingere l'Italia verso la resa, gli Alleati non erano pronti a ricevere la richiesta di un armistizio italiano quando questa finalmente arrivò. Come prima cosa bisogna dire che gli americani non erano certi di che cosa effettivamente significasse resa incondizionata, e comun- que la vera ragione della confusione degli Alleati era il profondo disaccordo tra Stati Uniti e Regno Unito sulla politica italiana. I term ini di resa presentati dagli inglesi a metà giugno del 1943 non nominavano la resa incondizionata e ordinavano al comandante in capo degli Alleati di estendere il riconoscimento al governo italiano che si arrendeva. Gli americani rifiutarono questo testo e proposero il proprio che sospendeva dall'incarico il governo italiano e instaurava in tutta Italia un governo militare alleato. Questo piano fu rifiutato dagli inglesi e venivan o così a crearsi profondi disaccordi.

Il dibattito sulla politica italiana continuò per tutta l'estate del 1943; Churchill insisteva sulla necessità di sfruttare ogni offerta italiana e sottolineava che, per far sì che gli Alleati potessero guadagnare un vantaggio militare, dovevano tenersi pronti a trattare con qualunque governo fosse in grado di dare <<qualcosa di buono». Inoltre gli inglesi insistevano sul fatto che un governo militare alleato non avrebbe potuto governare l'Italia senza l'effettiva assistenza della burocrazia e del governo italiano. Quindi, secondo gli inglesi, gli Alleati avrebbero dovuto man tenere al potere il re e Badoglio e limitare al massimo qualunque epurazione del governo e della burocrazia. Questa logic a di ragionamento in contrò il favore di un certo numero di giornali americani , conservatori ma anche influenti. Roosevelt, da parte sua, non era d'accordo. Durante una trasmissione radiofonica del 28 luglio 1943, il presidente chiese nuovamente la resa incondizionata dell'Italia e avvertì il governo e il popolo italiani che l'offensiva militare sa rebbe continuata fino alla resa. Ancora una volta Roosevelt si impegnava per un'epurazione totale: «noi non verremo a patti con il fascismo in nessun modo, forma o maniera. Non permetteremo che rimanga alcuna traccia del fascismo». Ma due giorni dopo il presidente americano diede una precisa definizione del fascismo e disse ai giornalisti che avrebbe accettato una resa italiana da chiunque non fosse un «membrn determinato del governo fascista>>, aggiungendo poi che «un re o primo ministro attuale» non erano fascisti. Roosevelt era pronto a trattare con qualunque governo italiano per poter accelerare la fine della guerra e «evitare l'anarchia»; i suoi commenti produssero una serie di critiche, così riassunti da Gaetano Salvemini: «Delle due guerre che Churchill e Roosevelt stanno combattendo - l'una in vista della «resa incondizionata» e l'altra contro «caos e anarchia» - nè l'una nè l'altra è fatta contro il re e gli altri responsabili delle sofferenze del popolo italiano ....

Si c'è il pericolo di caos e di anarchia in Italia; ma caos e anarchia intellettuale, morale esistono già a Londra e Washington».

Comunque dopo circa tre anni di continue sconfitte dei liberali e di continua crescita del potere dei conservatori all'interno del governo statunitense, l'influenza dei liberali era praticamente nulla, mentre, allo stesso tempo, l'influenza britannica sulla politica americana raggiungeva l'apice. Il primo ministro britannico replicava alle critiche di una battaglia con Badoglio col fatto che si trattava di una necessità strategica.

La resa

Comunque gli Alleati erano d'accordo sulla necessità di una campagna contro il re e Badoglio; gli attacchi dei liberali alla politica americana avevano creato degli intoppi all'accordo alleato sulla linea della politica italiana, ma non esisteva un accordo preciso sui termini dell'armistizio. Dal Foreign Office in. tanto sei funzionari stavano preparando la versione inglese del documento, che avrebbe dato alla Gran Bretagna un notevole controllo sulla vita politica ed economica della ormai sconfitta Italia.

Gli americani, invece, chiedevano un armistizio militare che avrebbe permesso un graduale riavvicinamento delle relazioni tra l'Italia e gli Alleati, dopo i cambiamenti sopravvenuti con la guerra; e con ciò gli americani dimostravano una sempre maggiore attenzione agli obiettivi inglesi sull'Italia.

Sorse poi un altro problema di una certa importanza, quando il giornalista sovietico Ilya Ehrenburg, uno dei più conosciuti portavoce di Stalin, riferì ad un giornalista americano il 30 luglio che il rifiuto di Roosevelt del 26 lug li o di una propaganda antifascista contrariò seriamente il governo di Mosca.

Ehrenburg denunciò il fatto che gli alleati occidentali non avevano consultato l'Unione Sovietica a proposito del problema Italia e chiedeva se la campagna contro Badoglio fosse il preludio ad un accordo con Goring. In conseguenza al fatto che la cooperazione con l'Unione Sovietica era una delle pietre miliari della politica estera di Roosevelt, il presidente fece ogni sforzo possibile per riassicurare Stalin della sua fedeltà ai loro comuni obiettivi e alleanza.

Allo stesso tempo il re e Badoglio cominciarono a cercare il modo di uscire dalla guerra. Erano comunque rilu t tanti ad offrire una resa incondizionata in parte perchè sapevano che l'ala sinistra della stampa sia inglese che americana chiedevano una punizione per chiunque fosse legato a Mussolini, mentre le promesse di Roosevelt per uno speciale trattamento faceva ben poca presa sui leader italiani, che intuirono che una resa incondizionata sign ificava accettare la «giustizia del vincitore». In ogni caso avevano sempre meno opzioni e tempo: Hitler stava rinforzando le sue truppe in Germania e presto sarebbe stato in grado di muovers i co ntro gli ex alleati.

Presi fra due blocchi gli italiani preferirono il nuovo (gli Alleati) al vecchio già troppo ben conosciuto (Hit ler) e aprirono i contatti con gli Alleati; a metà agosto Badoglio dichiarò Roma «città aperta» e inviò segretamente il generale Castellano a Lis b ona per offrire la resa ital iana in cam b io de l diritto di combattere al fianco degli Alleati contro la Germania. Le notizie della missione di Castellano arrivarono a Quebec proprio quando Churc h ill e Rooseve lt iniziavano il loro incontro e rinnovavano le loro pressioni sugli Alleati per risolvere le loro divergenze sui termini che avrebbero dovuto essere offerti all'Ita lia e anche per stabilire come si sarebbero dovuti com- portare con il regime di Badoglio dopo la resa. I leader americani si accorsero del pericolo di un accordo con il re e Badoglio dopo la rivolta interna contro la diplomazia FDR e dopo le pesanti critiche dell'Unione Sovietica, sempre sulla stessa politica; il Dipartimento di Stato avvertì che anche la minima cooperazione con Badoglio avrebbe aperto il vaso di Pandora dei problemi per gli Stati Uniti.

I sovietici avrebbero potuto sfruttare la politica alleata per imporre la loro democrazia e allo stesso tempo avrebbe costituito precedente per l'imposizione di governi anti democratici negli stati liberati dall'Armata Rossa. Inoltre, il riconoscimento del regime Badoglio avrebbe offerto loro una posizione da cui ostacolare ed anche limitare la possibilità degli Alleati di ricostruire uno stato italiano e di ristabilire la democrazia. Per evitare queste spiacevoli prospettive, il Dipartimento di Stato chiedeva di porre delle clausole per l'armisti zio che avrebbero garantito una libera scelta del nuovo governo agli italiani, posto il governo italiano sotto la supervisione degli Alleati dal momento della resa fino a che una assemblea costituente non avesse emesso una nuova costituzione e sospeso il potere della corona.

Gli inglesi si opposero strenuamente a queste proposte; Eisenhower era in attesa di istruzioni e di termini da presentare agli italiani, mentre il Dipartimento di Guerra americano era pronto ad accettare le obiezioni inglesi; il Dipartimento di Stato, invece, era fermo nelle sue convinzioni, bloccando i negoziati. La conferenza di Quebec terminò senza un accordo sulla questione chiave della politica italiana .

Come risposta a questa lotte con gli inglesi, invece, il Dipartimento di Stato cominciò a rivedere la sua linea politica riguardo agli esiliati italiani e gli americani scoprirono che gli esiliati erano un mezzo eccellente nella lo tta contro la monarchia e gli inglesi. I diplomatici americani decisero così di far ritornare i «fuoriusciti>> in Italia per controllare la posizione del governo Badoglio dopo la resa.

Alla fine di agosto gli Alleati finalmente sbloccarono la questione dell'armistizio, accordandosi su un documento puramente militare - il cosidetto «armistizio breve» - che avrebbe permesso una successiva aggiunta di termini politici ed economici, dopo un accordo alleato sulla politica. Il governo Badoglio firmò in segreto queste condizioni il 3 settembre 1943.

Conclusioni

Gli americani ottennero la resa incondizionata, obietti v o principale della politica di Roosevelt, ma ottennero anche una certa impopolarità de l governo italiano che cercò di bloccare immediatamente i piani USA per la ricostruzione di una democrazia in Italia dopo la guerra; per di più, il governo del re non intraprese nessun impegno effettivo contro la Germania, aspettando aiuto dagli Alleati.

A una settimana di distanza dalla resa, Vittorio Emanuele e Badoglio si rifiugiarono a Brindisi assieme ad altri fuggi t ivi cercando protezione degli Alleat i. I tedeschi occuparono Roma e gli Alleati furono costretti ad affrontare una lunga e dispendiosa campagna militare per poter riportare il regio governo nella capitale.

Da una parte, quindi, Roosevel t fallì nel suo tentativo di soddisfare i liberali e dall'altra gli inglesi e i suoi consiglieri militari con la politica della resa incondizionata e la cooperazione con un governo guidato dai sopravvissuti del fascismo. La resistenza dei liberali ad ogni trattativa con la monarchia rafforzò la determinazione dei leader americani per uno stretto controllo del governo Badoglio e per la creazione cli un governo democratico al più presto possibile. Gli americani trovarono anche un migliore alleato per poter portare avanti questa politica tra gli esuli: l'alleanza tra «fuoriusciti» e il governo americano avrebbe giocato un ruolo importante nell'intero processo della ricostruzione italiana.

DAVID W. ELLWOOD

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