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PIERLUIGI BERTJNARIA

Il Comando Supremo

E LO STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO

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Dal 25 luglio all' 8 settembre 1943

1 - // 25 luglio 1943 ed i problemi del nuovo Governo Badoglio

Nel lugl io 1943, con l'arresto di Mussolini, la politica della monarchia e delle alte sfere militari tendenti a dissociarsi dalle responsabi lità del regime era stata coronata dal successo.

Superata la crisi occorreva ora uscire da un conflitto che si presentava rovinoso e senza speranza, affrontando difficili problemi di ordine interno ed esterno.

Era necessario innanzi tutto conservare la stabilità ed evitare la minaccia della reazione nazi-fascista.

A ciò si pervenne sia tramite la «circolare Roatta», tesa a stroncare sul nascere ogni forma di sed izione, sia con l'instau razion e da parte del maresciallo Badoglio di rapporti con le forze politiche moderate allo scopo di allargare la base di credib ili tà e di popolarità del proprio Governo .

Pur tropp o la capacità messa in luce nel raggiungimento di questo obiettivo non veniva par imen ti dimostrata in quello che era il fine più delicato e conclusivo della politica di Governo: l'uscita dell'Italia dalla guerra, in una situazione difficile di inferio rità sia nei confronti dell'alleato - ormai possibile, anzi sicuro, nemico - sia di un avversario che rifiutava di venire incontro alle esigenze italiane con qualche compromesso.

La monarchia ed il Governo Badoglio avevano potu to riso lvere il problema interno in maniera anche più agevole ed indolore del previsto; ma avevano ritenuto di dover rinviare ad un momento successivo la sol u zione del problema esterno con la decisione: «la guerra continua». Sarà però questa una affermazione ambigua e ingannevole poichè gli ital iani si attenderanno l'armistizio e la pace da un momento a ll'alt ro; i tedeschi predisporranno quanto necessario per assumere il controllo del Paese; gli alleati continueranno a premere per un resa ormai imm in ente.

D'altra parte la situazione del Governo Badoglio era difficile soprattutto perchè non disponeva delle forze militari che potessero garantire il rispetto delle sue decisioni.

Le migliori unità italiane erano andate perdute in Africa

Settentrionale ed in Russia; buona parte di quelle esistenti erano disperse fuori del Paese, in Francia e nei Balcani (l); quelle nel territorio erano largamente disseminate in compi ti di difesa costiera e per l'ord in e pubblico nelle grandi città. Il Governo si preoccupava di far affl uire forze nell'area della Capitale (2) allo scopo di poter prevenire un ritorno offensivo di forze fasciste sostenut e dai tedesch i , ma non si sentiva di affrontare da solo, militarmente, le forze germaniche che stavano invadendo il nostro territorio.

2 - Le reazioni tedesche al 25 luglio

L'Alto Comando tedesco, pur non prevedendo l'allontanamento di Mussolini e gli avvenimenti del 25 luglio, aveva perfettamente avvertito come le capacità di res i stenza italiane si andassero affievolendo e d aveva fin dal 10 luglio (3) di ramato disposizioni intese ad assumere il controllo del t erritorio del no- stro Paese e delle nostre forze militari nel caso di un co llasso italiano. Sicchè, non appena al corrente degli avvenimen ti romani del 25 luglio e prima che Berlino accettasse, almeno in superficie, la decisione italiana di continuare la guerra al fianco della Germania, si verificarono, in Italia e fuori, numerosi incidentj che indicavano l'orientamen t o tedesco all'aggressione delle unità italiane.

(1) Divisioni perd ute: in Africa Orientale e Africa Settentrionale, 2 + 25; in Russia, 12. Divisioni d'occupazione: in Francia e Corsica, 3 + 2; in Slovenia - Croazia, 9; in Albania- Montenegro, 12; in Grecia e nel Dodecanneso, 8 + 2. Rimanevano in Ita lia, nel luglio 1943, 20 Div isioni (di cui 7 in ricos tituzione), oltre alle Grandi Unità costiere, di scarsissimo peso.

(2) Forze incaricate della difesa della Capitale: Divisioni « Pi ave», « Pi acenza», «G ranati er i», «Centauro», «Ariete» e «Sassa ri » ; le Divisioni «Lupi di T oscana» e «Re» erano in afflusso.

(3) Data dello sbarco all ea to in Sicilia.

Soprattutto, con la scusa di voler rafforzare la difesa contro sbarchi alleati e tutelare le vie di comunicazione, aveva inizio fin dal 26 luglio la penetrazione in Italia di Grandi Unità evidentemente tenute pronte per tale esigenza.

Il Comando tedesco, nello spazio di tre settimane (dal 26 luglio sino al 18 agosto), concentrava sul territorio italiano ben 17 Divisioni, 2 Brigate e molti elementi non indivisionati (pari a 150.000 uomini) e disponeva l'ulteriore avvio di 4 Divisioni, due dalla regione di Innsbruck e due da quella di Klagenfur t. Contemporaneament e a queste misure, le unità dislocate in Sicilia (4) furono fatte affluire verso la Calabria (5) e quelle presenti in Campania (6) si irradiarono estendendo l'occupazione. Con questo sch ieramento appariva chiaro il tentativo di incapsulare le fo rze italiane per controllarne ogni mossa.

La Germania si era quindi posta in grado di impossessarsi rapidamente di tutta l'Italia Settentrionale (a nord dell ' allineamento La Spezia-Rimini) e, con l'opportuno spostamento delle forze già presenti sul territorio, di assicurarsi il controllo delle regioni centro-meridionali. Due erano i t em pi di attuazione dei provvedimenti: uno preliminare dal 26 luglio sino al 17 agosto; un secondo, di perfezionamento, cadde mentre era in atto all'8 settembre , data in cui sarà rapidamente completata l'occupazione militare.

(4) Divisioni: 15a Panzergrenadieren (Pz.G.); 12a Pan ze r (Pz.) «H. Goering» .

(5) Vi si trovavano già la 26a Pz. e la 29 3 Pz.G., oltre alla I a O.p ar. (Puglia).

(6) 16 a Pz

Un raffronto fra le opposte forze presenti in Italia, effettuato non in rapporti numerici di Grandi Unità o di uomini, ma bensì in termini di coefficienti di potenza, fa notare una spiccata superiorità qualitativa e quantitativa germanica rappresentata da carri armati, semoventi, mezzi blindati, armi automatiche, controcarri ed artiglierie, riuniti in unità a elevata mobilità (7).

Nel contempo, ed entro quarantotto ore dalla caduta di Mussolini, il piano «Italia», definito in codice «Operazione Alarico», veniva predisposto nei particolari ed articolato in quattro grosse azioni:

• «Eiche»: liberazione di Mussolini;

• «Student»: occupazione di Roma e ricostituzione del Governo fascista;

• «Achse»: cattura della flotta italiana nell'eventualità di una pace separata dell'Italia;

• «Schwarz»: eliminazione dell'Esercito italiano e controllo diretto germanico di tutte le posizioni strategiche della Penisola. La parola d'ordine per la simultanea applicazione di tutte e quattro le fasi era «Achse>>. Essa verrà impartita dal Quartier Generale di Hitler 40 minuti dopo la proclamazione dell'armistizio fatta per radio da Badoglio la sera dell'8 settembre. Fino a quel momento tuttavia, almeno sul piano formale, la collaborazione fra italian i e tedeschi per la difesa da eventuali attacchi alleati continùò.

(7) I rapporti per area: Italia Settentrionale e Toscana : 4 Divisioni alpine, 4 Divisioni di fanteria, 1 Divisione celere italiane contro 6 Divisioni di fanteria, 2 Divisioni corazzate e 1 Brigata da montagna tedesche; Lazio: 3 Divisioni di fanteria, 2 Divisioni corazzate, 1 Divisione motorizzata italiane contro 1 Divisione paracadutisti e 1 Divisione Panzergrenadieren tedesche; Italia meridionale: 3 Divisioni di fanteria italiane contro 1 Divisione di fanteria, 3 Division i corazzate, l Divisione Panzergrenadieren e 1 Divis ione paracadutisti tedesche; Sardegna : 3 Di visioni di fanteria, 1 Divisione paracadutisti e 1 raggruppam ento corazzato italiani contro 1 Divisione tedesca; Corsica: 2 Divisioni di fanteria, 2 raggruppamenti di fanteria, 1 raggruppamento corazzato italiano contro 1 Brigata motocorazzata Waffen SS tedesca.

Ai primi di settembre la situazione militare tedesca era dunque la seguente:

• Gruppo d'Armate «B» (feldmaresciallo Rommel) su 8 Divisioni dislocato a nord con il compito di assicurare il controllo dell'Ita lia Settentrionale (LXXXVII Corpo d'Armata in Piemonte e Liguria; LI Corpo d'Armata in Lombardia ed Emilia; XVI Corpo d'Armata nel Veneto e Venezia Giulia);

• Gruppo di Armate «C» (feldmaresciallo Kesselring) su 9 Divisioni nel resto della Penisola, articolato in:

- XI Corpo d'Armata del generale Student, su 2 Div isioni (2 a paracadutisti e 3a Panzergrenadier) ed un reggimento corazzato della 26a Divisione corazzata nell'Italia centrale;

- 10a Armata di Vietinghoff, su due Corpi d'Armata (XIV di Hube e LXXXVI di Herr), da sud di Roma alla Calabria.

3 - Predisposizioni italiane per fronteggiare offese eventuali da parte germanica

Sui Comandi italiani, dopo il 25 luglio, incombeva la esigenza di fronteggiare le operazioni offensive alleate in collaborazione con i tedeschi in una difficile situazione dell'ordine pubblico interno. Nello stesso tempo occorreva anche prevedere la possibilità di azioni ostili delle forze germaniche.

Le prime disposizioni verbali a riguardo risalgono al 30 dello stesso mese, data in cui venivano inviati ufficiali superiori presso il Comando del Gruppo Armate Sud (Armate 2 3 , 43, 5a, 7 3 , 8 3 ), ai Comandi della Sardegna, della Corsica e delle d ifese t erritori ali auton o me di M il a n o e Bologna. Le istruzioni verbali tendevano a far fronteggiare la situazione «reagendo e opponendosi con la forza ad ogni tentativo dei tedeschi di impossessarsi de i punti vitali e degli o b iettivi più importanti, garantendone il controllo con la forza».

Continuando il dilagare delle unità tedesche, veniva tentato u n chiarimento al «Convegno di Tarvisio» (6 agosto), ove si giungeva alla determinazione che l'arrivo delle truppe germaniche s arebbe continuato, con l ' orientamento di permanere nel nord Italia.

Il 10 agosto lo Stato Maggiore del Regio E sercito, ri scontrando una sempre maggiore ingerenza tedesca, diramava l'ordine 111 C.T. confermando ed ampliando le dir ettive verbali de l 30 luglio.

L'ordine conteneva disposizioni per:

• salvaguardare i Comandi dalle sorprese;

• rinforzare la prote z ione degli impianti più importanti;

• controllare i movimenti delle truppe tedesche ;

• predis porre colpi di mano contro elementi vitali delle forz e occupanti.

In particola re, le azioni di for za do vev ano compiers i o su ordine del Centro o, in difetto di collegamenti , di iniziativa qualora gli atti o stili fo sse ro sta t i di na t ura colle ttiva (e non di violenza individuale).

Dopo il successivo «Convegno di Bologna » (15 ago sto) si capì chiaramente che la Germania , più che difendere la Penisola da sbarchi anglo-americani, intendeva attuare l'occupazione del Paese. Lo Stato Maggiore del Regio Esercito di sponeva quindi lo spostamento di numerose unità col criterio di salvaguardare almeno le areee più sens ibili e più minacciat e: l'Alto Adige , la zona di La Spezia e la Capitale.

Fu costituita, inoltre, presso lo Stato Maggiore del Regio Esercito , una apposita «sezione speciale», alle dirette dip endenze del Capo Reparto Operazioni, per seguire l'evolversi della situazione delle forze occupanti e redigere gli ordini per le successive operazioni. Dopo l'avvio dei primi contatti con i rappresentanti alleati per giungere all'armistizio (19 agosto), i compiti delle Grandi Unità dipendenti dallo Stato Maggiore del Regio Esercito vennero sanciti con le direttive contenute nella «Memoria 44 Op. » (2 settembre).

Fra il 3 ed il 5 settembre i Comandi ricevettero, oltre ai compiti generici già enunciati, anche disposizioni s pecifiche , ch e non ebbero poi applicazione.

Il 6 settembre il Comando Supremo, in seguito alla firma dell'armistizio avvenuta il 3 settembre, emanava il promemoria n. 1 diretto ai Capi di Stato Maggiore delle tre Forze Armate ed il promemoria n. 2 per i Comandanti delle forze alle dirette dipendenze (che però non pervenne in tempo al Gruppo Armate E st ed al Comando Forze Armate Egeo). Infine, lo stesso giorno, lo Stato Maggiore del Regio Esercito diramò ai Comandi dipendenti la «Memoria 45 Op.» contenente norme complementari e chiarificatrici di quelle generali della «Memoria 44 Op.». In essa si prevedevano azioni in concorso con la marina e l'aeronautica con t ro l'organiz zazione militar e germanic a .

Tra il 3 ed il 7 settembre lo Stato Maggiore del Regio Esercito provvedeva inoltre ad emanare ulteriori direttive per la dif esa di Roma.

4 - Le trattative con gli Alleati

In base al promemoria di Ambro sio (30 luglio), in cui si sosteneva la necessità di concludere al più presto un armistizio con gli alleati, il 31 luglio si indisse una riunione (Badoglio, i ministri Guariglia e Acquarone ed il generale Ambrosio) nella quale fu deciso di avviare trattative. In conseguenza era inviato (1 ° agosto) a Lisbona il consigliere presso la Santa Sede Blasco Lanza D' Ayeta.

Il 5 agosto fu stabilito un altro contatto dal consigliere Berio con la Legazione britannica a Tangeri allo scopo di rappresentare la situazione di un'Italia «presa nella morsa tra nazisti e comunisti» .

Il D' Ayeta spiegava a sua volta che sarebbe stata intrapresa dagli italiani al «Convegno di Tarvisio» un'azione mirante a sopire le inquietudini tedesche ed a guadagnare tempo in attesa di una collaborazione militare e politica effettiva con gli alleati.

I contatti di Lisbona non ebbero sviluppi, ma chiarirono in modo inequ ivocabile che si voleva imporre all'Italia la for- mula della «resa incodizionata». Tale intendimento veniva ribadito anche nei contatti avuti da Berio a Tangeri.

A seguito di questi colloqui, Badoglio, verso il 10 agosto, decideva di indagare sulle possibilità di un armistizio di carattere esclusivamente militare ed affidava l'incarico, su proposta di Ambrosio, al generale Castellano, cui venivano rilasciate direttive verbali.

Castellano, partito alle 20 del giorno 15 per Lisbona, si incontrava il 17 con l'ambasciatore Campbell ed il 18 con i plenipotenziari di Eisenhower, il signor Kuman ed i generali Bedell Smith e Strong, che gli sottoposero le clausole dell' <<armistizio corto». La missione, durata ben 15 giorni, mise in rilievo carenze di fondo sia organizzative sia inerenti il perseguimento degli scopi.

La condotta delle trattative fu inoltre complicata dalla sovrapposizione a quella del Castellano di altre missioni: Grandi (voluta dal Re) e Zanussi (voluta dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito).

Comunque, dopo un rapido ritorno a Roma, il 3 settembre a Cassibile il plenipotenziario it aliano firmava l' «armistizio corto», non prima di avere creduto di strappare agli alleati la «promessa» che esso sarà dichiarato <<dopo» lo sbarco di ingenti forze sulla penisola.

Vi è da aggiungere, al proposito, che il 31 agosto, a Cassibile, il generale Castellano era informato che uno sbarco «principale» sarebbe stato effettuato dagli alleati a «sud di Roma» dopo un breve periodo di tempo (una o due settimane) dalla effettuazione di sbarchi «secondari» ne ll 'Italia meridionale.

Un grosso equivoco fece nascere la locuzione «sbarchi secondari» per cui il Comando Supremo Italiano ritenne che allo sbarco in Calabria del 3 settembre dovessero seguirne altri sempre secondari e che comunque lo sforzo principale non dovesse avvenire prima di sette giorni dall ' ultimo «secondario». La dizione «a sud di Roma» faceva inoltre pensare alle spiagge di Ostia, Anzio, Gaeta, ma non a quella di Salerno in quanto lontana da Roma ed a sud di Napoli.

5 - Alcune considerazioni

Le trattative per l'armistizio evidenziarono una carenza di strategia e di idee. Le scarse ed imprecise direttive date al generale Castellano indicano come - a distanza dal colpo di Stato - non fosse stata ancora definita una adeguata e fattibile linea da seguire per porre fine alla guerra. Non si teneva affatto conto delle richieste degli alleati e si evitava di parlare di resa senza condizioni o di armistizio ribadendo la richiesta di 'informazioni e di accordi militari.

Si aveva così la pretesa di condizionare una macchina da guerra complessa e multiforme come quella anglo-americana.

Tutti i tentativi per modificar.e l'atteggiamento all eato fallirono e l'accettazione delle condizioni fu decis a il 1° settembre con l'approvazione del Re, che in definitiva ved eva salvagua rdati tutti i suoi obiettivi di fondo.

Il Consiglio dei Ministri non fu m ai informato della vicenda.

Tuttavia, se i giudizi più iml)lediati furono tutti assai critici nei riguardi del vertice politico e militare italiano, con gravi ripercussioni di ordine politico, le valutazioni odierne tendono a mettere in luce le condizioni obiettive e le colpevolezze anche da parte anglo-americana.

Eisenhower ebbe a deplorare la mancanza di iniziativa e di flessibilità alleata nonchè i veri e propri inganni verso gli inviati italiani per un eccesso di sospettosità nei nostri confronti: ma è soprattutto oggi comprovato il malvolere britannico, specie del ministro Eden, che frappose ostacoli a qualsiasi contatto che potesse facilitare un passaggio dell'Italia a condizioni di cooperazione ed alleanza.

La diplomazia britannica intendeva eliminare definitivamente qualsiasi influenza o pericolo italiano nel Mediterraneo e nel Mar Rosso; voleva non soltanto quindi l'uscita dell'Italia dal conflitto ma intendeva soprattutto ostacolarne una ripresa di influenza politica, anche in relazione all'appoggio inglese alle rivendicazioni austriache, jugoslave e greche. Mentre, in definitiva, la propaganda degli alleati tendeva a dissoci are il popolo italiano dal regime fascista proclamando quest'ultimo so ltanto colpevole di una politica dissennata, nella realtà essi perseguivano una politica che penalizzava l'intero Paese per la guerra portata all' Imp ero britannico.

Dopo la firma dell'armistizio il Governo e l'Alto Comando italiano non ritenevano di promuovere altri provvedimenti oltre a quelli delineati. Viene da alcune parti sostenuto che essi furono sorpresi da un anticipo dell'annuncio dell'armistizio all'8 settem bre anziché al 12, come in vece ritenuto a seguito dei suggerimenti del generale Castellano.

La tesi è sostenibile solo in parte; appare infatti chiaro che la limitazione delle attività è stata conseguente ad una voluta r icerca di una maggiore sicurezza dell'operazione attraverso una esasperata tut ela del segreto. Si temevano infatti le reazioni tedesche ad una eventuale conoscenza anticipata dell'avvenuta firm a di un armistizio; e per evitare fughe di notizie il Capo del Governo non ne fece menzione nemmeno ai ministri, mentre le maggiori autorità militari non diedero alcuna disposizione che potesse in qualche modo essere indicativa .

Con le direttive emanate, che prevedevano l'ev entualità di azioni anche di iniziativa, e che si pensava giungessero in tempo rispetto ad un arm isti zio supposto per il giorno 12 settembre, l'Alto Comando italiano riteneva di aver predisposto quanto ne cessario per fronteggiare la situazione. Al riguardo viene da più parti giudicato che la mancanza di un atteggiamento più deciso possa farsi risalire a valutazioni errate circa il num ero e l'efficienza delle unità e dei mezzi germanici; è indubbio, infatti, che le valutazioni effettuate dall'apposito u ffici o costituito presso lo Stato Maggiore del Regio Esercito erano errate in quantità e qualità, influenzando neg a tivamente tutte le decisioni (8).

(8) La valutazione espressa dallo Stato Maggiore del Regio Esercito faceva ascend ere la for za della 3a Panzergrenadieren a 20 . 000 uomini e a 500 mezzi motocorazzati. La 2 8 Di visione paracadutisti era stimata sui 12.000 uomini. In effetti i dati attuali non concordano con le stime dello Stato Maggiore del Regio Esercito al quale è attribuita una valutazione errata in eccesso. I 60 carri della 3a Panzergrenadieren, gli unici nel Lazio, erano a protezione dell"Alto Comando tedesco del Sud a Frascati per cui alla 3a Panzergrenadieren è più facile attribuire i soli 37 cannoni semoventi d'assalto in organico La lunga battuta di arresto a tale Grande Unità provocata dall'«Ariete» dimostra l'attendibilità di questa ultima valutazione.

Come si è detto, altro elemento condizionante fu la preoccupazione di mantenere il segreto, che superò i limiti di una giusta e oculata riservatezza; ciò si ripercosse sull'adozione e diramazione di opportune misure, creando ulteriore disorientamento e perplessità nei Comandi periferici.

In questa fase nessun ordine scritto fu diramato dai Comandi Centrali: per la reazione ai tedesch i e per la difesa di Roma furono sempre impartite direttive verbali. Solo nella prima settimana di agosto lo Stato Maggiore del Regio Esercito aveva diramato il foglio 111 CT.

Tranne questo ordine le altre disposizioni non raggiunsero, o raggiunsero con notevole ritardo, le unità cui erano indirizzate.

Il 22 e 26 agosto Ambrosio ordinò a Roatta di preparare direttive per i Comandi dipendenti al fine di assegnare loro compiti particolari in funzione antigermanica. Ma la «Memoria 44» divenne definitiva solo la notte del 2 settembre, quando Castellano aveva avuto già due incontri con gli alleati (Lisbona e Cassibile) e aveva già recapitato la bozza dell'armistizio. La procedura adottata per la diramazione della <<Memoria» ne prevedeva la distruzione dopo la lettura e dopo aver preso nota della parte di competenza.

Putroppo anche l'originale fu distrutto presso lo Stato Maggiore del Regio Esercito e non ne rimane che la ricostruzione redatta da parte del responsabile della compilazione (tenente colonnello Torsiello). Pur assegnando compiti di carattere offensivo contro i tedeschi, le disposizioni non compromettevano eventuali azioni antialleate, nè accennavano alla possibilità di un armistizio.

Si può aggiungere che non si teneva nel debito conto:

• l'effettiva consistenza delle forze;

• la necessità e la possibilità di raggruppare le unità;

• i compiti di carattere territoriale e di sicurezza affidati a molte Divisioni;

• l'opportunità di una adeguata preparazione psicologica degli uomini, che operavano in un ambiente di convivenza e a volte di cameratismo con i tedeschi.

Quest'ultimo fattore non mancò di influire anche sui Comandanti, i quali - secondo la procedura - dovevano applicare le disposizioni a seguito di ordine in codice o di iniziativa, in relazione alla situazione contingente.

L'obbligo dell'azione di iniziativa da parte dei Comandi periferici, che secondo il generale Roatta era implicito nella «Memoria 44>>, non esimeva peraltro che, nell'ora cruciale, dovesse essere ribadito in modo esplicito.

La sera stessa dell'8 settembre e la notte sul 9, quando ancora erano efficienti le comunicazioni radio e telefoniche, si doveva dare chiaro riscontro alle richieste di delucidazioni che affannosamente i Comandi dipendenti ricercavano per il comportamento futuro; il fatto che ciò non si verificasse deliberatamente, poneva i Comandanti nel dubbio circa una loro qualsiasi iniziativa.

Oggi viene riconosciuto che la mancanza di decisioni è da imputare alla mancanza di volontà, ancorchè non chiaramente espressa, di una proditoria azione di forza contro l'antico alleato ed alla speranza di rendere così più facili le cose. L ' incertezza, invece, generò il caos.

Alla data dell'8 settembre le predisposizioni non potevano ancora essere state attuate dai Comandi periferici. Nè, d'altra parte, negli ordini dati, veniva citato alcun limite di tempo per l'organizzazione e l'attuazione delle misure prev iste. Genericamente, si prevedeva di essere pronti in 10- 12 giorni ed alla «Memoria» non venne dato quel carattere d'estrema urgenza che la fluid ità della situazione avrebbe richiesto .

Motivo di indecisione sarà anche la portata del cambiamento di fronte, se trattarsi di armistizio con un avversario o di un cambio di alleanze.

In definitiva i tre giorni (5, 6 e 7 settembre) non portarono ad alcuna preparazione operativa relativa allo sganciamento dai tedeschi, mentre la «grande macchina» dell'invasione alleata era stata da tempo programmata e seguiva inesorabilmente le cadenze previste senza curarsi minimamente della situazione italiana e delle eventuali crisi che l'armistizio avrebbe provocato nei nostri confronti.

Senza concedere proroghe alla dichiarazione di armistizio, gli alleati attueranno infatti l'operazione «Avalanche» sbarcando a Salerno il giorno 9 settembre.

Sul piano militare, quindi, ottenuto il ritiro dell'Italia dalla guerra, gli alleati ritenevano loro favorevole una invasio n e tedesca della Penisola, in quanto l'operazione avrebbe impegnato le forze germaniche il più a sud possibile (di qui lo sbarco in Calabria) e obbligato gli italiani a combattere per la loro liberazione.

Quindi, le trattative con gli anglo-americani furono lunghe e difficili anche perchè essi non volevano affatto trattare; l'Alto Comando italiano errò soprattutto nel non avvertire ciò e nell'illudersi di ottenere migliori condizioni per motivi politici.

L'Alto Comando italiano, inoltre, presumeva che gli alleati intendessero agire in Italia con forze molto maggiori di quanto non avvenne.

In sintesi, dalla evidente crisi italiana e dalla richiesta di armistizio gli alleati erano stati indotti a proseguire l'azione nella Penisola italiana ed a cercare di conseguire grossi vantaggi con il minimo sforzo; ma essi non mutarono in nulla i loro piani nè si misero in grado di sfruttare convenientemente le possibilità connesse con il ritiro delle forze italiane dal conflitto o di concorrere eventualmente alle loro esigenze. Ciò ebbe conseguenze negative non solo sulla sorte delle unità italiane ma anche nei riguardi delle stesse forze alleate le cui attese di facili successi a seguito dell'armistizio con l'Italia andarono deluse.

6 - Gli avvenimenti de/!'8 settembre: La crisi di comando a Roma

Nell'imminenza dell'annuncio alleato dell'armistizio e dello sbarco di Salerno, a seguito dei colloqui romani con il generale Taylor, Badoglio ed Ambrosio si rendevano inaspettatamente conto che l'armistizio si sarebbe verificato in condizioni molto peggiori di quanto preventivato: cioè in presenza di forze alleate di limitata entità operanti a sud di Roma e prima del previsto.

Il vertice italiano era al corrente dell'orientamento dell'Ober Kommando della Wehrmacht di garantirsi il possesso dell'Italia settentrionale ed aveva sperato di poter mantenere il controllo di Roma inducendo il feldmaresciallo Kesselring e le forze tedesche operanti nel sud a ripiegare di fronte ad una imponente forza alleata sbarcata alle loro spalle.

Di fronte alla nuova situazione, nel corso del noto «Consiglio della Corona» del tardo pomeriggio del giorno 8 settembre, fu persino ventilata l'ipotesi di sconfessare l'armistizio già firmato (9); ma infine prevalse l 'opinione di eseguire quanto concordato con gli alleati: alle ore 19.45 dell'8 settembre il maresciallo Badoglio annunciava alla radio l'avvenuta stipulazione e la cessazione di ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane. Nel messaggio, dietro richiesta del generale Eisenhower, si diceva anche che si doveva «reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza». ,

Tuttavia si confidava - nelle prime ore della sera si aveva anche conferma, in base alle prime notizie, di qualche sbandamento e di alcuni ripiegamenti dei tedeschi da Roma - in un rapido ritiro di questi dall'Italia centrale e meridionale.

Quando, invece, incominciaro no a pervenire notizie di iniziative germaniche contro le nostre forze, non si volle d are or- dini di assumere l'iniziativa contro l'antico alleato, ritenendo con ciò di evitare accuse di tradimento e peggiori ripercussioni.

(9) Come proposto dal generale Carboni, capo del SIM e comandante del Corpo Motocorazzato ìncaricato della difesa di Roma .

Per evitare questo, tutte le maggiori autorità si allontanarono da Roma; le reazioni furono lasciate all'iniziativa dei singoli, che ebbero a comportars i come meglio credettero opportuno per sè e per la propria unità in così difficili frangenti.

Le carenze nell'azione di comando, già gravissime subito dopo la proclamazione dell'armistizio, divennero assolute dopo la partenza dei Capi di Stato Maggiore da Roma.

Non si provvide a diramare l'ordine inequivocabile di attuazione della «Memoria operativa 44» e dei successivi «Promemoria n. 1 e n . 2 » .

Dalle ore 05,00 del giorno 9 settem bre nessuno, allo Stato Maggiore dell'Esercito, fu più jn grado di rispondere ai pressant i appelli di istruzioni dei Comandi periferici.

Quando fu palese che, nella Capitale, era stata scelta la via della rinuncia ad ogni decisione, in Italia e negli altr~ scacchieri la resa e lo sbandamento dei reparti assunsero notevoli proporzioni .

La marina e l'aeronautica, che avevano lasciato al centro i Sottocapi di Stato Maggiore, riuscirono a condurre in modo più dignitoso l'azione di sganciamento anche per le differenti condizioni locali di impiego.

Comunque la carenza di una efficace preparazione spirituale e psicologica s i manifestò , se ppure in modo diverso, in tutte le forze armate, aumentò il disorientamento e portò la maggior parte dei militari ad abbandonare i ranghi interpretando l'armistizio come la fine delle ostilità.

L' 11 settembre, con la consegna ai tedeschi dell'armamento e dei mezzi da parte delle Grandi Uni t à dell'Esercito italiano preposte alla difesa di Roma, può considerarsi conclusa la fase degli avvenimenti che si incentrano sulla data dell'8 settembre (10).

(10) Nei riguardi di tali avvenimenti si è portati a minimizzare l'importanza tattica degli eventi verificatisi, indotti probabilment e a ciò dal loro risu ltato infausto . Eppure non fu così: i due giorni di combattimenti a

E a distanza di pochi giorni e di poche settimane ebbe luogo anche l'epilogo per le nostre unità stanziate fuori dal territorio nazionale dove non mancarono episodi di valore e iniziative che portarono alcuni reparti ad una lunga e cruenta lotta a fianco delle nazioni che intendevano affrancarsi dall'occupazio ne ger ma nica.

7 - Un giudizio sugli avvenimenti de/1'8 settembre

Gli avvenimenti dell'8 settembre 1943 , per le loro ripercussioni immediate e successive e per le immense tragedie provocate, hanno dato e danno luogo a gi udi zi critici pesanti ed a contrastanti polemiche.

Si è finito per ricercare più le colpe e le insufficienze di singoli piuttosto che le cause di fondo di avvenimenti così disas trosi, rapidi e diffusi in un organismo che aveva superato con onore tante prove.

Vi furono indubbiamente errori di valutazione sia del vertice politico sia di quello militare, i quali poi non seppero trovare, nel rapido volgere di gravi situazioni , n è l'energia nè lo s pirito di autocontrollo, di esempio e di sacrificio che sarebbero stati necessari.

La mancata azione di orientamento preventivo, per una tutela del segreto elevata fino all'assurdo, la poca chiarezza ed i ritardi degli ordini, soprattutto l'assenza dell'Alto Comando nelle ore successive all'arm i stizio erano destinate a provocare il caos in un organismo fondato su un ordinamento gerarchico e sulla esecuzione disciplinata degli ordini.

Le incertezze di ordine politico («non tradire l'alleato»), anche per le manifeste chiusure ed il malvolere di Washington, e soprattutto di Londr~, le cui promesse di distinzione fra fa- scismo e popolo italiano si rivelavano mendaci, divenivano paralizzanti, mentre la ricerca della riuscita dell'azione complessiva attraverso la tutela del segreto non sorprendeva affatto i tedeschi e risultava deleteria soltanto per le nostre unità.

Roma t e nnero lontano da Salerno - proprio nel momento di maggior crisi alleata - la 3 a Panzergrenadieren e la 2 a Par acadutisti il cu i intervento avrebbe potuto essere determinante, come è ammesso dallo stesso Kesselring (« Memorie di guerra » , Milano, 1954).

Ma non si può ritenere che quanto avvenuto possa attribuirsi solo o soprattutto a deficienze di singoli individui.

Le cause vere di una situazione quale era venuta maturando, ed anche dell'andamento così generalizzato degli avvenimenti dell'8 settembre, sono individuabili -a mio avvisonelle deficienze quantitative e soprattutto qualitative dello strumento bellico italiano, orientato ad una guerra del passato, da condurre su teatri d'operazione diversi da quelli dove fu condotta, insufficientemente armato ed addestrato, che aveva curato -e male - più la quantità che la qualità, negli uomini e nei mezzi.

Da qui, la deficienza di Grandi Unità mobili corazzate, che impose l'afflusso di unità tedesche dapprima in Africa Settentrionale e poi in Sicilia, e che successivamente obbligò ad accettarne l'entrata anche in Italia dopo il 25 luglio; e per converso l'ampia disponibilità di unità di minore efficienza bellica che, per l'esigenza politica di bilanciare l'apporto alleato, furono inviate ad effettuare compiti di presidio o di presenza in Francia, nei Balcani, in Russia, in uno sforzo di onnipresenza che portò alla maggiore dispersione e lasciò l'Italia indifesa nel 1943.

Infatti 1'8 settembre, a causa delle deficienze di armamento e indubbiamente anche di orientamento, le nostre unità non dovevano reggere al confronto di quelle tedesche, perfettamente orientate, decise, bene armate; ciò quasi dovunque, eccetto per alcuni casi nei Balcani.

Indubbiamente unità più efficienti dal punto di vista qualitativo avrebbero potuto reggere meglio.

Ed invero si può dire, particolarmente per le forze terrestri, che esiste sempre un contrasto fra qualità e quantità.

Orbene, tale contrasto va sempre risolto a favore della qualità, così come a favore della assegnazione di maggiori risorse alle forze di manovra.

A limite, infatti, se ne dovranno ridurre i compiti e contrarre gli obiettivi ma esisterà certamente qualche obiettivo che potrà comunque essere conseguito attraverso la disponibilità di forze efficienti e manovriere, le quali saranno sempre in grado di controllare una sia pure minore estensione di territorio o di condurre almeno una efficace manovra in ri t irata.

In altre parole, la disponibilità di Grandi Unità mobili efficienti, avrebbe dato la possibilità di resi stere anche su parte del territorio nazionale o nei Balcani, di arroccare presso tali forze gli organi di Comando polit ico e militare, di pesare in qualche modo sulle decisioni altrui e sugli avvenimenti.

La consapevolezza di non disporre di uno strumento ad eguato e rispondente provocò negli Alti Comandi la cr isi di fiducia di poter affrontare la situazione con qualche prospettiva di successo; si tratta di crisi destinate a propagarsi rapidamente in strutture quali quelle militari e di maggiore gravità di qualsiasi insuccesso tattico o strategico.

In tre anni di guerra si era passati da sconfitta a sconfitta; la guerra in Africa Settentrionale 1ed in Sicilia aveva sottolineato l' inferiorità di mezzi di fronte alle Armate alleate ed alla loro aviazione; la convivenza ed il confronto con le unità tedesche avevano fatto toccare con mano, ad ogni momento, la nostra inferior ità in ogn i settore. '

D u rante il conflitto, anche se in condizioni difficili, le nostre Unità si erano comportate bene quando ben comandate ed impiegate in condizioni accettabili.

Di fronte alla evidente incertezza e alla fuga delle responsab il ità del!' A lto Comando dovevano emergere in tutt i , Quadri e truppa, quei motivi di sfiducia che erano già largamente diffusi; l'annuncio de ll 'ar m istizio fu inteso come la fine d i un impegno.

D'altra parte, il funzionamento gerarchico è basato su una corrente continua: ascendente di informazioni, discendente di ordini.

L'Alto Comando italiano non seppe trarre informazioni corrette nè fare valutazioni equilibrate sia sui tedeschi sia sugli alleati; esso si rifiutò di dare ordini perchè qualsiasi ordine poteva avere connotazioni politiche. In tale situazione ogni Comandante fu posto innanzi all'obbligo di prendere decisioni che il suo Comandante Supremo non aveva avuto il coraggio di adottare; e naturalmente ciò non poteva concludersi che con quella crisi generale che fu 1'8 settembre.

Anche alla peri feria, però, possono essere addebitate responsabilità analoghe a quelle del vertice. Pur con la sc usant e della mancanza di ordini precisi e tempest ivi, della sperequazione delle forze e della sorpresa, molti Alti Comandi possono essere incolpati di non aver saputo evitare lo sban damento delle proprie unità al momento stesso della proclamazione dell'armistizio e di aver sempre contato troppo sulle direttive del centro; non seppero, in una parola, assorbire la crisi dello Stato Maggiore, non avendo - forse - saputo interpretare nella maniera opportuna gli ordini, peraltro ambigui.

Nei casi in cui ci fu iniziativa e decisione - e bisogna ammetterlo, an che particolari situazio ni cont ing enti - i reparti che non si sbandarono poterono reagire efficacemente o con azioni convenzionali (come in Corsica) o con la guerriglia (Balcani).

Perchè tutto que st o non sia accaduto in I tal ia è facile sp iegarlo; la contiguità del territorio con i luoghi di residenza favorì lo sbandamento; le unità qui schierate era no per lo più in ricostituzione; la sensazione di «retrovia» era moltiplicata dalla presenza di molti enti meno addestrati e più dispo sti al crollo; l'effetto dei bomb ardament i minava infine il morale anche dei. più risoluti.

La scomparsa dei Comandi Centrali eliminò ogni possibilità di riuscita dei pur molti episodi di reazione e provocò lo sfacelo dell'apparato. Chi combattè lo fece di iniziativa, in maniera sterile e non riuscì a svo lgere azioni coordinate.

Se tutte le Grandi Unità, anzichè dissolversi su ordine, si fossero organizzate, come fuori d'Italia, per resistere «alla macchia», le Forze Armate italiane avrebbero potuto avere maggiore peso e sarebbe forse sparito il dualismo tra resistenza e guerra di liberazione, e le due avrebbero potuto essere considerate un unico avvenimento, politico e militare assieme.

II sacrificio - perchè i sacrifici sarebbero stati molti lo stesso - sarebbe stato considerato maggiormente e la concordia degli italiani si sarebbe accresciuta.

Se, come detto, la responsabilità della gestione della crisi ricade sull'autorità italiana, una concausa va anche attribuita· alle autorità politiche e militari anglo-americane.

Infatti, partendo da considerazioni politiche, esse rifiutarono dapprima ogni accordo che non fosse la resa incondizionata; poi, non comprendendo la situazione di quei giorni, accettarono la collaborazione contro i tedeschi a condizioni partico lari, tra cui anche quelle di non cambiare in nulla la loro pianificazione, sia pure rinunciando agli immensi vantagg i tattici, strategici e politici derivanti dalla collaborazione italiana e dal possesso di Roma, dell'Egeo e della Jugoslavia.

In un ambiente di completo sfacelo dell'organizzazione politica, amministrativa e militare italiana, il settembre 1943 si concludeva senza che la capitolazione. italiana fosse convenientemente sfruttata dagli Alleati sia nella Penisola sia nei Balcani.

Nella Penisola le speranze del Governo italiano di un rapido ritorno a Roma con l'aiuto alleato rimarranno deluse; i suoi poteri resteranno limitati a quattro sole province mentre nella maggior parte del Paese si affermerà il governo della Repubblica Sociale sostenuto dalle forze tedesche.

Angelo Lodi

L'ARMISTIZIO E L'AERONAUTICA(*)

1 - Schieramento dei Reparti dell'Aeronautica e consistenza della linea all'inizio di settembre 1943.

All'inizio del mese di settembre 1943, i reparti bellici della Aeronautica erano così dislocati:

- Comando I Squadra Aerea (Milano). 1 Comando Caccia e in tercettori (1 Stormo d'assalto su 2 Gruppi, 3 Gruppi Autonomi da caccia, 1 Stormo d'assalto su 2 Gruppi, 3 Gruppi autonomi intercettori); 1 Stormo da bombardamento su 1 Gruppo, 1 Stormo da combattimento su 1 Gruppo, 1 Gruppo da bombardamento, 1 Gruppo Autonomo tuffatori .

Totale: 15 Squadriglie da caccia;

8 Squadriglie intercettori;

2 Squadriglie d'a ssal to;

4 Squadriglie da bombardamento;

2 Squadriglie da combattimento;

2 Squadriglie tuffatori;

Comando II Squadra Aerea (Padova): 1 Co mando

Caccia (1 Stormo da caccia su 2 Gruppi); 4 Stormi da bombardamento di cui 1 su 2 Gruppi e 3 su 1 Gruppo.

Totale: 6 Squadriglie da caccia;

10 Squadriglie da bombardamento.

Comando III Squadra Aerea (Roma): 1 Comando Caccia e In tercettori (I Stormo da caccia su 2 Gruppi, 5 Gru p-

- pi Autonomi da caccia, 1 Gruppo Autonomo intercettori, 1 Stormo d'assalto su 2 Gruppi); 1 Comando Bombardamento (1 Stormo da bombardamento su 2 Gruppi e 2 Squadriglie Autonome), 1 Raggruppamento Bombardamento (4 Gruppi), 1 Raggruppamento Bombardamento (4 Gruppi), 1 Raggruppamento Aerosiluranti (3 Gruppi Autonomi), 2 Gruppi Autonomi Aero siluran t i, 1 Sezione aerosiluranti.

(*) La relazione è stata presentata da l Capo dell' Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Aeronautica, Col. pii. Luigi Caso lini.

Totale: 21 Squadriglie da caccia;

2 Squadriglie intercettori;

4 Squadriglie d'assalto;

1 Squadriglia aerofotografica;

12 Squadriglie da bombardamento;

1 Squadriglia da ricogni z ione strategi ca;

10 Squadrigli e aero siluranti;

1 Sezione aerosiluranti.

- Comando IV Squadra Aer ea (Bari): 1 Comando Caccia e In te rcettori (1 Stormo da caccia su 2 Gruppi, 2 Gruppi Autonomi da caccia, 1 Stormo tuffatori su 2 Gruppi); 1 Stormo da bombardamento su 1 Gruppo.

Totale: 12 Squadriglie da caccia;

4 Squadriglie tuffatori;

2 Squadriglie da bombardamento;

1 Sezione da bombardamento.

Comando Aeronautica della Sardegna ·(Cagliari): 1

Comando Caccia (1 Stormo da caccia su 1 Gruppo Autonomo da caccia, 1 Squadriglia da caccia); 1 Comando Bombardamento (1 Squadriglia da bombardamento, 1 Gruppo Autonomo tuffatori).

Totale: 7 Squadriglie da caccia;

1 Squadriglia da bombardamento;

2 Squadriglie tuffatori.

Comando Forze Aeree della Corsica (Ajaccio): 1 Sezione da caccia .

- Comando Aeronautica dell'Egeo (Rodi): 1 Gruppo Au t onomo da caccia, 1 Sezione intercettori, 1 Gruppo Autonomo da bombardamento.

Totale: 2 Squadriglie da caccia; 1 Sezione intercettori; 4 Squadriglie da bombardamento.

Comando Aeronautica dell'Albania (Tirana): 2 Squadriglie Autonome da Caccia, 1 Stormo da bombardamento su 2 Gruppi, 1 Gruppo da combattimento.

Totale: 2 Squadriglie da caccia; 4 Squadriglie da bombardament o; 2 Squadriglie da combattimen t o.

Comando Aeronautica della Grecia (Atene): 1 Squadriglia Autonoma da caccia, 1 Sezione Intercettori.

- Comando Aviazione della Slovenia-Dalmazia (Mostar): 1 Squadriglia Autonoma d'assalto, 2 Squadriglie Autonome da bombardamento.

- Comando Aviazione Ausiliaria per l'Esercito: un complesso di 12 Gruppi da ricognizione terrestre sparsi in Francia, Italia, Jugoslavia, Alban ia e Grecia.

Totale: 27 Squadriglie da ricognizione terrestre .

- Comand o Aviazione Aus ili a ri a per la Marina: Comandi Alto T irr eno, Alto Adriatico, Bass o T irreno, Jonio e Basso Adriatico, Sardegna, Grecia (complessivamen t e 20 Sq u adr iglie idrovolanti).

Totale generale: 66 Squadriglie da caccia e 1 Sezione; 8 Squadrigli e in t ercettori e 2 Sezio ni;

11 Squadrigli e d' assalto ;

39 Sq u adriglie da bombardamento e 1 Sezion e;

In complesso:

4 Squadriglie da combattimento;

8 Squadriglie tuffatori;

10 Squadriglie aerosil u ranti e 1 Sezione;

1 Squadriglia da r icognizione strategica;

1 Squadriglia aerofotografica;

27 Squadriglie da ricognizione terrestre;

20 S q uadrig lie idrovolanti.

195 Squad rigl ie e 5 Sezioni (1 ).

Il numero considere v o le di unità e di reparti aerei che risulta da questo schieramento non deve però trarre i n inganno. In realtà, le grandi unità aeree (Squadre , ecc.), malgrado la pesante struttura, assai spesso erano ben lontane dall'essere tali per il numero e l'efficienza dei rep ar ti dip e ndenti; Stormi e Gruppi avevano spesso il carattere di reparti «quadro»; infine, i minori reparti (Squadriglie) dovevano lamentare una forte scarsità di apparecchi in linea e, i n taluni cas i, la totale inefficienza di essi perchè antiquati, logora ti dal l u ngo uso e malridotti dagli sfavorevoli e venti della guerr a, s pecialme nte nei mesi immediat amente preceden t i l 'a r mist izio.

In particolare, alla vigilia d ell ' annunc io d e ll'armistizio , la situazione dei velivoli dell'Aerona utica i n carico ai repar ti e bellicamente efficienti era la s eguen te : zione Ausiliaria per la Marina di 104 idrovolanti bellicamente efficienti su 204 in carico.

In totale: 420 (266 da caccia: 154 da bombardamento) velivoli bellicamente efficienti su 831 (555 da caccia, 276 da bombardamento) in carico all'armata aerea.

Quindi: 670 velivoli bellicamente efficienti su 1.265 in carico, sparsi sui vari fronti e in gran parte qualitativamente superati, soprattutto in confronto al potenziale aereo degli avversari.

Infine l'Aeronautica disponeva di 13 3 aerei da trasporto efficienti su 223 in carico ai reparti e di circa 600 apparecchi per le Scuole.

Totale generale (escludendo gli apparecchi da scuola): 1.488 velivoli in carico, dei quali 803 efficienti (1).

Per quel che riguarda il personale, alla vigilia dell'armistizio, la forze alle armi nell'Aeronautica comprendeva 12.013 ufficiali e 167.276 sottufficiali e militari di truppa (compresi 7.683 allievi) per un complesso di 179 .289 uomini (2).

(1) L'Italia al IO giugno 1940 disponeva di una Aeronautica di complessivi 3.750 velivoli bellici, di cui 1.177 da caccia, 1.519 da bombardamento e da trasporto (da adibire per uso bellico), 582 ausiliari per l'Esercito, 304 ausiliari per la Marina, 168 presso le Scuole di addestramento alle specialità. In questi dati non erano compresi i velivoli delle Scuoledi I O e 2° periodo e quelli da turismo.

Durante i 39 mesi di guerra l'incremento di nuove costruzioni era s tato di 6.600 aeroplani delle varie specialità. Il totale degli aerei impiegati nello stess o periodo di guerra fu, quindi, di 10.350.

Durante i 39 mesi suddetti andarono perduti per cause belliche e per incidenti di volo 6. 733 vel ivoli di vari tip i e ne furono radiati 2. 129 dei tipi antiquati.

Cosicchè, all'atto dell 'armistizio, la consistenza totale era di 1.488 (1.265 da guerra più 223 da trasporto) in carico, tra efficienti e non efficienti, distribuiti come è stato particolareggiatamente esposto nel testo. Ad evitare impre ssioni errate è necessario tornare a ripetere che, dei 1.488 apparecchi in carico, solamente 831 appartenevano all'armata aerea e, di questi, so lo 420 erano gli efficienti bellicam ente.

(2) Al 10 giugno 1940, l'Aeronautica disponeva di 9.700 ufficiali e 74.300 sottufficiali e militari di truppa per un complesso di 84.000 uomini. Ma lgrado le perdite, il personale alle armi, per un insieme di cause che non è qui il caso di esporre nè di esam inar e, andò in seguito progressivamente aumentando, man mano che diminuiva il numero di apparecchi disponibili

In particolare, il personale navigante era costituito di 1.309 equipaggi per azioni belliche (trasporti esclusi), così suddivisi:

2 - Le disposizioni impartite dal Comando Supremo ed i provvedimenti presi dal Superaereo in conseguenza dell'armistizio.

Il 3 settembre 1943, il Ministro e Capo di S.M. dell'Aeronautica, Gen. Sandalli, fu chiamat o insieme ai capi responsabili delle altre Forze Armate, dal Maresciallo Badoglio, il quale comunicò che erano in corso trattative per l'armistizio. Il Capo del Governo aggiunse che la notizia doveva essere tenuta strettamente segreta e che, a suo avviso, la situazione non consentiva altra via di uscita possibile.

Il giorno 5, essendo stati recapitati al Comando Supremo alcuni documenti da parte degli Alleati, contenenti sommarie e frammentarie modalità per la pratica attuazione dell'armistizio, fu possibile entrare nel concreto.

Due circostanze richiamavano particolarmente l ' attenzione:

- le modalità rese note sembravano più imposte che concordate e, quindi, poco suscettibili di essere modificate;

- sembrava fosse intenzione degli Alleati di operare anche nell'Italia Centrale; si accennava infatti ad uno sbarco di paracadutis t i e di truppe aviotrasportate a Roma, contemporaneo o quasi all'armistizio, previsto tra il 12 e il 15 settembre.

L'Aeronautica, avrebbe reagito ad eventuali offese tedesche; appoggiato l'azione dell'Esercito, intesa a sostenere lepreviste operazioni alleate; raggiunto, non appena possibile, le basi siciliane e tunisine.

Pertanto, il giorno 6, il Gen. Sandalli convocò nel proprio ufficio al Ministero il Sottocapo di S.M. dell'Aeronautica, Gen. Sandalli, che era distaccato nella sede di campagna del Superaereo a Gallicano (Palestrina), ed il Gen. Ilari, Comandante della III Squadra Aerea (Roma), per informarli, in via strettamente segreta, delle trattative di armistizio che erano in corso tra il Governo italiano ed il Comando in capo alleato.

Premesso che l'armistizio avrebbe avuto attuazione presumibilmente verso il 15 settembre e riservandosi di impartire ulteriori ordini ed istruzioni prima di quella data, il Capo di S.M. dette comunicazioni ai due Ufficiali Generali dei seguenti documenti: a) Disposizioni da mettere in atto alla ricezione da parte del Comando Supremo dell'ordine convenzionale: «Attuare missione ordine pubblico memoria n. 1 Comando Supremo».

E cioè:

- trasferire dalle loro sedi del territorio della III Squadra Aerea sulle basi della Sardegna il Raggruppamento bombardamento, il Raggruppamento siluranti, tutti i velivoli da trasporto disponib il i;

- trasferire dalle basi del territorio della IV Squadra Aerea su quella della Capitale il 4° Stormo da caccia ed il 21 ° Gruppo caccia; trasferi re dalla Sardegna a Roma il 155° Gruppo cacc ia; lasciare nelle loro sedi tutti gli altri reparti. b) Predisposizioni che l'Aeronautica doveva attuare per facilitare operazioni di sbarco aereo anglo - americano nella regione de ll a Capitale, nel giorno dell'armistizio. e) Alcune norme di massima relative alla consegna dei velivoli dell'Aeronautica sui campi Alleati, all'atto dell'Armistizio.

Tali predisposizioni, di cui era incaricato il Comandante della III Squadra, consistevano essenzialmente nel curare il concentramento di fotoelettriche e di autocarri su alcuni aeroporti della zona di Roma. Poichè si prevedeva di avere a disposizione oltre una settimana di tempo, venne particolarmente raccomandato di attuare gradatamente il concentramento dei suddetti mezzi, in modo da non suscitare sospetti nei Comandi tedeschi.

Considerato che i reparti Scuola ed Addestramento avevano una notevole massa di velivoli disparati, così antiquati ed in cattivo stato d'uso da rendere pericolose, e per alcuni impossibili, le traversate sul mare; che i reparti d'impiego in ricostituzione avevano pochissimi velivoli, per la maggior parte di tipo antiquato ed in cattivo stato di efficienza; che su tutti i campi difettava il carburante e su alcuni mancava del tutto; che sarebbe stato non conveniente e forse pericoloso, in conseguenza del trasferimento, intasare i campi alleati e quelli nazionali di appoggio con un rilevante numero di apparecchi pressochè inservibili, il Capo di S.M. stabilì in linea di massima, e con riserva di completare eventualmente in un secondo tempo la consegna dei velivoli nazionali agli Alleati, che dovessero trasferirsi in un primo tempo sulle basi anglo-americane solamente i reparti di impiego effettivamente in linea, perchè ancora dotati di una certa consistenza bellica.

Il Capo di S.M. non consegnò i predetti documenti ai due Generali, nè consentì che ne facessero copia; permise soltanto che essi prendessero appunti circa le disposizioni più importanti: quelle, cioè, relative alle predisposizioni per gli sbarchi aerei (da attuare prima dell'annuncio dell'armistizio), quelle relative al movimento di reparti fra le basi nazionali (da attuare all'atto della ricezione dell'ordine convenzionale) e quelle riferentisi alla consegna degli aerei agli Alleati.

Dopo aver tassativamente ordinato di non parlare del previsto armistizio con alcun collaboratore, aggiunse di aver convocato a Roma singolarmente i Comandanti di Squadra e di Aeronautica, per impartir loro di persona opportune direttive, in relazione agli avvenimenti che si andavano svolgendo. Infine, al Sottocapo di S.M. raccomandò di preoccuparsi per il momento soltanto di predisporre tutto per il rapido r itorno, al tempo opportuno, del Superaereo da Palestrina a Roma per sottrarlo a possibili colpi di mano tedeschi e per accentrare in un'unica sede gli organi essenziali di comando.

Come si è detto, il Ministro e Capo di S.M. successivamente convocò a rapporto tutti i Comandanti di Squadra e di Aeronautica. Egli conferì con ciascuno di essi senza far cenno all'armistizio, e lumeggiò così la situazione: i Tedeschi erano in istato di grande diffidenza e tensione, sempre più invadenti e decisamente avversi al nuovo Governo ed al nuovo indirizzo politico; era probabile un imminente conflitto con i Tedeschi stessi.

Ques te comunicazioni erano fatte allo scopo di conseguire alcuni primi risultati e cioè di mettere subito in istato di allarme gl i enti periferici; di far entrare il personale dipendente nel nuovo ordine di idee di un probabile conflitto con i Ted eschi; di concretare alcune predisposizioni relative alla infelice situazione contingente: molti campi completamente in mano tedesca, molti altri presidiati in comune da Italiani e Tedeschi. I noltre, il Gen. Sandalli dette ordine a ciascun Comandante di prendere particolareggiati accordi con i Comandi locali dell'Esercito, non essendo concepibile un'efficace azione locale se non coordinata con i Comandi stessi.

Si giunse così all'8 settembre. Verso le ore 17 ,3 0 di quel giorno, il Capo di Gabinetto dell'Aeronautica, Gen. Urbani, ricevette l'intercettazione di un comunicato radio di fonte alleata, relativo alla conclusion~ dell'armistizio. Chiestane subito conferma, la Segreteria del Capo del Governo smentì la notizia, qualificandola una manovra propagandistica, mentre un Ufficia le del Comando Supremo, ne ammise l'attend ibi lità.

Il Sottocapo di S.M., che si trovava al Ministero per il giornaliero rapporto con il Capo di S.M., in assen za di questo ultimo -c he era stato chiamato dal Capo di S.M . Generale e non si sapeva dove fosse in quel momento - cercò di avere notizie inequivocabili, soprattutto allo scopo immediato di confermare o di annullare ordini già impartiti per azioni offensive, disposte dal Comando Supremo contro unità navali alleate nella zona di Salerno; ma soltanto alle 19, 15 riuscì ad aver e l'ordine di sospendere le azioni. I velivoli, già partiti, furono richiama t i per radio; molti rientrarono, mentre quattro, non av en do captato l 'o rdin e , eseguirono l'a zione , di cui p er l'oscurità non fu osservato l'esito.

Ritornato poco dopo al Ministero, il Capo di S.M. confermò l'avvenuta, anticipata ed inaspettata, con clusione dell'armistizio e ordinò al Sottocapo di S.M. di ritornare subito a Palestr ina e di preoccuparsi esclusivamente dell'immediato ritorno a Roma del Supe raereo; raccomandò di dare di sp osizioni per evitare iniziative avventate, suscettibili di portare ad incidenti con i Tedeschi; a ss icurò che avrebbe provveduto personalm ente a ciò, mettendosi in contatto telefonico con i Comandi di O. U. Aerea; si riservò, infine, di dare ulteriori di sp osizioni e direttive al Sott ocapo di S.M., quando que sti fosse rientrato a Roma, il mattino se guente .

Tornato immediatament e a Palestr ina, il Sottocapo di S.M. - che da Roma aveva già dato dispo sizi oni preliminari in proposito - accelerò le operazioni di trasferimento del Super aereo che, nel corso della notte, iniziò il movimento verso la sede del Ministero.

Alle ore 24 giunse al Superaereo a Palest rina il seg uente di s paccio del Comando Supre mo (prot. n. 16724), dirett o agli SS.MM. delle tre Forze Armate: «Il Governo italiano ha chiesto l'armistizio al Generale Eisenhower, Comandante in Capo delle Forze Armate Alleate. In base alle condiz ioni di armistizio, a partire dalle ore 10,45 di oggi 8 settembre dovrà cessare ogni nostro atto ostile verso le Forze Armate anglo-americane.

Le Forze Armate italiane dovranno però reagire con la massima decisione ad offese che provenissero da qualsiasi altra parte. Gen. Ambrosia» (3).

Questo dispaccio fu ritrasmesso integralmente a tutti i Comandi di G. U. ed il Sottocapo di S.M. ne dette comunicazione telefonica anche al Capo di S.M .. Ques ti informò il Gen. Santoro che la situazione gener ale non era preoccupante e che solo in alcune località si erano avuti incidenti non gravi, da attribuire più che altro ad iniziative individuali, e gli rinnovò la raccomandazione di consigliare ai Comand i dipendenti il massimo sangue freddo, per evitare atti os tili di no s tra ini ziativa.

Fu quest'ultimo contatto fra il Capo ed il Sottocapo di S.M ..

Ve rso le 4 del mattino de l giorno 9, fu recapitato al Sottoca po di S.M. a Palestrina un dispaccio del Comandante Supremo (prot. n. 16725 / 0p.) con cui si tra s mettevano le condizioni di armistizio, «per l'integrale esecuzione ... con le modalità già comunicate verbalm ente e con promemoria» (4) .

Il promemoria, conten ente le clau sole ri g uardan t i l'Aeronautica, come si è detto, era noto anche al Sottocapo di S.M. che lo aveva sentito leggere una volta sola nella riunione del 6 se tt embre ; le is tru zio ni verbali erano in vece note so ltan t o al Capo di Stato Maggiore.

L ' allent a mento da Roma di que s t ' ultimo - cui era sta t o ordinato di se guire al Sud il Go verno e che non av ev a a v uto perciò la poss ibilità di chiarire al dip e ndente Sottocapo , se e d in quale misura le istruzioni verbali modificassero il contenuto del promemoria - non contribuì certamente a facilitare il compito di chi, in seguito all'allontanamento del Capo di S :M., diventava il responsabile dell'esecuzione di quelle clausole, per quanto riguardava l'Aeronautica.

(3) D eve notar si che l'o rdi ne no n p o teva esse re esegui to a pa rtire d alle o r e 10,45 dell' 8, perchè era stato comp ilato d a l Comand o Suprem o alle 21, 40 ed era gi un to al Superaereo alle ore 24 dell o stesso gio rn o Ino ltre, l ' ordine di limitar si a reagire alle offese p ortava inevi t abilmente ad im pe dire n ei C oman d i di pend ent i - sorpres i, di s ori e ntati e d ign ari d eg li in t endimenti pr ese n ti e fu turi del C omando S upremo - quelle ini z ia tive offens ive co nt ro i Ted eschi, ch e sa rebbero st at e opp or t u ne e ch e , forse in molti casi, avreb b ero ev itato o limitato i d o loros i avv enim e n ti ch e in seg uito s i veri fica rono.

(4) Tal i con dizioni e rano qu e lle d el cos ì eletto « armi s ti zi o mili tare breve».

L'arrivo del dispaccio del Comando Supremo, dunque , lungi dall'apportare elementi chiarificatori, aumentò invece le cause di incertezza; soprattutto perchè, nelle allegate condizioni di armistizio, mentre l'art. 4 imponeva l'immediato trasferimento delle nostre unità aeree in zone sotto controllo alleato, con modalità di dettaglio che sarebbero state fissate dal Comando in capo alleato (modalità mai pervenute), l'art. 7 stabiliva che i campi di aviazione dovessero essere protetti dalle FF.AA. italiane fino all'assunzione di questo compito da parte degli Alleati e l'art. 9 obbligava il Governo italiano ad impiegare tutte le Forze Armate per assicurare l'adempimento di tutte le clausole dell'armistizio stesso.

Per ricevere chiarimenti in merito, il Sottocapo di S.M. cercò di conferire telefonicamente con il Capo di S.M . ; ma ciò fu impossibile, in quanto, in seguito all'ordine ricevuto, il Capo di S .M. si era già allontanato dal Ministero, per partire insieme ai membri del Governo.

Alle 6,30 dello stesso giorno 9, il Sottocapo di S.M. ric evette personalmente al telefono da un Ufficiale inferiore del Comando Supremo la seguente comunicazione (prot. n. 16733/0p.), indirizzata ai Capi di S.M. delle tre FF.AA.: «Informo che Governo e Comando Supremo lasciano Roma ore sei dirigendo su Pescara . Eccellenze Capi di S.M. delle tre Forze Armate devono seguire al più presto, lasciando loro rappresentanti in sito. Quale rappresentante del Comando Supremo resta in sito il Generale Palma. Gen. Ambrosio».

Poco dopo, mentre il Sottocapo di S .M. - avendo la quas i totalità del Superaereo lasciato Palestrina - stava per partire per Roma, pervenne il seguente ordine del Comando Supremo (prot. n. 52043/0p. ore 5,157: «Non appena condizioni luce lo consentano dovranno essere battuti dall'aviazione seguenti obiettivi: colonna di circa 100 autoblinde dirette Roma su strada costiera Santa Marinella; colonne della terza Divisione «Panzer» ad ovest e ad est Lago Bracciano dirette sud; colonne seconda Divisione paracadutisti che premono su via Ostiense e più a sud dirette Roma; elementi corazzati da Formia Ga eta in movimento verso nord».

Fu disposta l'immediata ritrasmissione dell'ordine al Comandante III Squadra Aerea (prot. n. I B/ 13551). Tuttavia, per ragioni di prudenza; ad evitare che colonne italiane fossero scambiate per co lonne tedesche, si ritenne opportuno, prima che fosse data esecuzione all'azione offensiva, di far precedere questa da un'esplorazione con velivoli da caccia. Tali esp lora zi oni non rilevarono nulla, ve ro sim ilmente, a causa del tempo intercorso fra l'ora in cui le notizie - se pure esatte - erano pervenute al Comando Supremo e l'ora in cui le missioni furono eseguite.

Tornato definitivamente a Roma, il Sottocapo di S.M. ebbe conferma del già avvenuto improvviso allontanamento del Governo, del Capo di S.M . Generale e dei tre Capi di S.M .. Nel partire, il Ministro e Capo di S.M. dell'Aeronautica aveva lasciato disposizione che rimanessero a Roma il Capo di Gabinetto, Gen. Urbani, quale rappresentante del Ministro e re sp onsabile del Mini stero, e il Sottocapo di S.M. qual e rappresentante del Capo di S . M. e responsabile dello Stato Maggiore. Privo di istruzioni e di chiarimenti, oltre quelli già accennati, generici ed in gran parte superati dagli avvenirnenti in una situazione estremamente difficile e assai diversa da quella che il colloquio del giorno 6 con il Capo di S.M. aveva lasciato prevedere, all'oscuro di qualsiasi notizia concreta sulla situazione generale e sugli intendimenti delle supreme Autorità politiche e militari, il Sottocapo di S.M. cercò anzitutto di mettersi in contatto con il designato rappresentante a Roma del Comando Supremo, che riuscì introvabile; e poi, inutilmente , con lo S.M. dell'Esercito, con il Comando del Corpo d'Armata di Roma e con il Comando del Corpo d'Armata Corazzato. Unico Ca- po militare presente al suo posto, il Sottocapo di S.M. della Marina, il quale però non potè fornire al Sottocapo di S.M. del1' Aeronautica alcun lume sulla situazione.

In mattinata il Supermarina chiese al Supreaereo con la massima urgenza una scorta caccia alla nave «Roma» che, in navigazione lungo le coste sarde, chiedeva protezione perchè attaccata da aerei tedeschi. L'ordine relativo fu impartito telefonicamente al Comando Aeronautica della Sardegna, ma naturalmente l'esecuzione di esso fu, e non poteva non essere, troppo tardiva.

Occorreva ed urgeva, intanto, che il Sottocapo di S.M. desse conveniente soluzione a tre ordini di problemi della massima importanza: a) spostamento immediato di reparti da alcuni campi ad altri, per sottrarli alla cattura tedesca e alla distruzione; b) difesa dei campi non ancora occupati fin dalle prime ore dai Tedeschi; e) trasferimento di reparti sulle basi anglo-americane, in relazione alle clausole dell'armistizio.

Quanto al primo problema, le istruzioni impartite dal Capo di S.M . il giorno 6 prescrivevano - come si è detto - che, alla ricezione dell'ordine convenzionale del Comando Supremo, dovessero attuarsi i movimenti del Raggruppamento Bombardamento e del Raggruppamento Siluranti dal territorio della III Squadra in Sardegna e di reparti caccia dalla IV Squadra e dalla Sardegna nella zona di Roma.

L'ordine convenzionale del Comando Supremo non era pervenuto : e ciò era logico, nella diversa imprevista situazione che nonostante, una cosa era chiara: i reparti da bombardamento e da trasporto avrebbero potuto e dovuto - come previstoessere immediatamente trasferiti in Sardegna, giacchè, comunque avessero dovuto svolgersi gli avvenimenti, anche dall'isola sarebbe stato ad essi possibile opera re , se ciò fosse stato necessario, o, in caso contrario, essere successivamente trasferiti sulle basi alleate. Nella situazione contingente appariva invece opportuno, in contrasto con le previsioni e con le direttive, non trasferite nella zona di Roma i reparti caccia della IV Squadra (nel cui territorio stavano spostandosi il Capo dello Stato, il Governo ed i p iù alti Capi militari) e quelli della Sardegna (nel cui te rritorio avrebbero dovuto concentrarsi tutti i reparti da bombardamento e da trasporto, che conveniva proteggere da eventuali offese aeree).

Ma al riguardo era da considerare che le direttive del giorno 6 prevedevano, è vero, il concentramento dei reparti in Sardegna, ma alla ricezione dell'ordine convenzionale del Comando Supremo, vale a dire prima che ai Tedeschi fosse no ta la conclusione dell'armistizio. Invece, nella situazione effettiva del momento, quando i Tedeschi erano già a conoscenza del fatto che avevano sorpreso e disorientato il nostro Governo, il nostro Comando Supremo e, soprattutto , i nostri Comandi periferici, la più elementare prudenza imponeva, prima di trasferirvi un notevole numero di velivoli e di equipaggi, di assicurarsi se i campi della Sardegna fossero o meno in mano tedesca, fossero o no a tterra bili.

In attesa, perciò, di avere precise notizie sull'occupabilità e sull'atterrabilità delle basi aeree della Sardegna, il Sottocapo di S.M. soprassedette all'emanazione di ordini relat ivi a l trasfer im ento di reparti sull'Isola; impartì ordini te lefonici al Comando III Squadra Aerea, per fare allontanare alcuni reparti dai campi meno sicuri, e precisamente: di far affl uire a Guidonia i Gruppi caccia 8° , 160°, 167° (che il giorno precedente erano stati concentrati a Littoria per il serv izio di scorta alla Squadra Navale), e di trasferire a Siena da Littoria il 132° Gruppo siluranti. Emanò quindi ai Comandi dipendenti il seguente ordine (prot. n. 36067 - 9 settembre):

«Disporre perchè nel caso aeroporti dipendenti f assero minacciati occupazione parte germanica, apparecchi bellicamente efficienti vengano resi inuti lizzabili».

Quan to al secondo problema (difesa dei campi), l'azione della Aeronautica non pot eva non inquadrarsi rigidamente in quella dell'Esercito, cui durante le ostilità era stata affidata la difesa interna ed esterna degli aeroporti: infatti, data la potenzialità difensiva dei nostri aeroporti - sui quali l'Aeronautica non disponeva di altre armi che di qualche mitragliera e.a. e dei pochi moschetti mod. 1891 per gli uomini di guardia - sarebbe stato assurdo pensare che essi potessero difendersi e resistere se, nel territorio circostante, le Unità dell'Esercito non avessero fatto altrettanto e non avessero concorso alla difesa esterna delle basi.

Era indispensabile perciò conoscere gli ordini, gli intendimenti, le possibilità e la situazione delle Unità dell'Esercito, per poter impar tire ordini precisi alle Unità aeree dipendenti: di qui i reiterati ed inutili tentativi di stabilire il contatto col Superesercito, con il rappresentante del Comando Supremo, con i Comandi delle O. U. terrestri della Capitale. Nell'impossibilità di evere elementi al riguardo, il Sottocapo raccomandò ai Comandanti, con i quali era in collegamento telefonico, di prendere contatti con i viciniori Comandi dell'Esercito e di armonizzare la propria condotta e quella dei Comandi dipendenti agli intendimenti, agli atteggiamenti ed alle possibilità dei reparti terrestri.

Quanto, infine, al terzo problema (trasferimento di reparti su basi alleate), a parte l'impossibilità di impartire ordini completi ed esatti a tutte le O. U. aeree (come si vedrà in seguito, co n alcune di queste non si comunicava più fin dalla notte sul 9: con altre le comunicazioni erano difficili e, presumibilmente, controllate dai Tedeschi), la situazione era del tutto diversa da quella prevista. Tanto è vero che il Comando Supremo, prima di allontanarsi da Roma , non solo non aveva emanato il noto ordine convenzionale, non solo non aveva dato alcun ordine di trasferimento di reparti, ma aveva invece disposto azioni offensive: si poteva pertanto presumere che altre azioni potessero essere ordinate dal Comando Supremo stesso, o disposte di iniziativa o su richiesta, per appoggiare eventuali azioni dell'Esercito, e per concorrere ad eventuali azioni di sbarco alleate, come previsto nell a nota memoria.

Ciò che essenzialmente sco n s igliava l'emanazione immediata dell'ordine di afflusso dei reparti sulle basi alleate, era la sopra accennata contraddizione fra le condizioni di armistizio e, di conseguenza, il sussistere del dilemma:

- trasferire su bito i reparti di impiego sulle basi alleate attenendosi così all'art. 4 delle condizioni di armistizio;

- o tenere sottomano i reparti, per coll abor are di iniziativa o su eventuali ordini superi ori con l'Esercito o con le truppe alleate in azione antitedesca, attenendosi all'art. 9 delle condizioni stesse?

A consigliare la prima decisione, oltre alla logica preoccupazione - e, in un certo senso, alla comoda soluzione - di mettere al più presto in salvo dai Tedeschi personale e materiale, es i teva un solo elemento: l'art. 4 delle condizioni di armistizio.

A consigliare e quasi ad imporr e la seconda deci sione, invece, oltre all'art. 9 delle stesse condizioni, suss ist evano, il 9 settembre ed i giorni successivi, non pochi altri elementi concreti: a) anzitutto, l'ordine emanato alle 5 e 15 d el 9 settembre dal Comando Supremo, col dispaccio n. 52043, di effettuare azioni offensive contro i T edesc hi : altri ordini del genere potevano pervenire quel giorno stesso o i gio rni seguenti ed era, pertanto, prudente conservarsi la possibilità di dar e ad essi esecuzione; b) nelle istruzioni date dal Capo di S.M. il giorno 6 settembre erano previste azioni di sbarco alleate nella zona di Roma, con il conc orso delle nostre FF.AA .. Nella situazione determinatasi 1'8 settemb re, che tali azioni dov essero ugualmente essere effettuate sembrava estremamente improbabile, se non impossibile; ma non si poteva scartare a priori l'eventualità ch e azioni analoghe in zone diver se sarebbero state eseguite in quei g1orm; e) al mattino del 9 settembre Supermarina aveva richiesto azioni di protezione a forze navali; richie ste analoghe potevano perven ire anche il seguito; d) al mattino del 1O (come si vedrà fra poco) il Corpo di Armata Corazzato aveva chiesto esplorazioni aeree, per accer t are la effettuazione o meno di sbarchi, che si presumeva gli Alleati stessero effettuando fra Napoli e Gaeta: ciò evidentemente era un elemento che poteva indurre a dar consistenza alle supposizioni di cui alla lettera b); e) la stessa mattina del 10 (come si vedrà) un Ufficiale dell'Aeronautica aveva chiesto al Sottocapo di S.M . , da parte del Capo di S.M., di esaminare la possibilità e la convenienza di trasferire uno Stormo da caccia da Brindisi a Roma. Il Capo di S.M. perciò, non solo non dava alcuna disposizione per il trasferimento dei reparti sulle basi alleate, nè chiedeva notizia se tale trasferimento fosse già avvenuto, ma intendeva invece trasferire a Roma uno Stormo già tranquillamente dislocato in zona sotto controllo alleato: ciò induceva logicamente a pensare che le Autorità Superiori prevedevano la necessità di impiego e d! intervento della Aeronautica nazionale.

In conclusione, la seconda soluzione appariva sotto ogni riguardo più prudente, se non addirittura necessaria; e quindi anche per iJ terzo problema il Sott ocapo decise di soprassedere alla emanazione di ogni ordine, in attesa del chiarirsi della situazione, nonchè di ordini ed istruzioni da parte del Comando Supremo e del Capo di S.M., appena questi avesse raggiunto la sede prescelta.

La situazione delle comunicazioni tra Roma ed i Comandi delle Grandi Unità aeree, al mattino del 9, era la seguente: Dalla I Squadra, interrotte le comunicazioni telefoniche fin dalla notte e non ricevendo risposta le comunicazioni radio, non si era riusciti ad avere alcuna notizia.

Dalla Provenza, un messaggio radio del Comando 4 a Armata in data 8 settembre aveva comunicato che tutti gli aeroporti erano stati occupati dai Tedeschi e che il personale era stato disarmato.

Dalla Corsica, nessuna notizia.

Con la Sardegna si comunicava, seppure con difficoltà, telefonicamente; i Tedeschi avevano distrutto alcuni campi e si stavano ritirando verso il nord dell'isola.

Con la II Squadra si era in collegamento telefonico. Il Comando di Squadra aveva comunicato che alcuni campi erano stati occupati dai Tedeschi, ma che la si tuazione generale non era preoccupante. Il Sottocapo di S.M. concordò con il Comandante della Squadra alcuni spostamenti di sicurezza dei reparti e trasmise alcune richieste di aiuto dell'Aviazione SloveniaDalmazia.

Dalla Croazia si comunicava che, in seguito all'aggravata situazione di Lubiana, il Comando dell'XI Corpo d'Armata aveva disposto il ripiegamento dei reparti dell'Aviazione SloveniaDalmazia su Alture di Pola. Il movimento era stato effettuato all'alba del 9.

Con la Grecia era interrotta ogni comunicazione.

Dall'Egeo nessuna notizia.

Con i Comandi dislocati nella Campania non si riusciva a comunicare.

Nessuna notizia dalla IV Squadra.

Nel territorio della III Squadra la si tua zione era confusa. Alcuni campi (quelli in cui le forze tedesche erano preponderanti) erano stati occupati fin dalla notte. Sui campi di Cerveteri e della Marcigliana, all'approsimarsi di truppe tedesche, gli equipaggi, rispettivamente del 3° Stormo caccia e del S.A.S., avevano inutilizzato i velivoli.

'

A Roma confusione e panico. Lo spargersi della voce che i Tedeschi erano in città aveva provocato il disordinato allontanament o di molti avieri dalle caserme.

Durante la notte dal 9 al 10, non giunse a Roma alcuna comunicazione ad alcun ordine nè dal Comando Supremo, nè dal Capo di S.M. dell'Aeronautica.

Il mattino del 10 il Comando del C. d' A. Corazzato fece sapere che sarebbe stata utile un'esplorazione aerea, per accertare se forze anglo-americane fossero sbarcate sulla costa fra

Napoli e Gaeta. L'esplorazione disposta dalla III Squadra nulla rilevò.

Poco dopo, un Ufficiale pilota, proveniente in volo da Brindisi, telefonò al Sottocapo di S.M. da Guidonia, per chiedere a nome del Capo di S.M. di esaminare la possibilità e la convenienza del trasferimento del 4 ° Stormo da caccia dalle Puglie su un campo della Capitale. Il Sottocapo di S.M. rispose che, data l'incertezza della situazione generale e degli aeroporti in particolare, non era opportuno prendere tale decisione, anche perchè si cominc iava a parlare di trattative con i Comandi tedeschi per il riconoscimento di Roma «Città Aperta».

Infatti, in un colloquio avuto nel pomeriggio col Maresciallo Caviglia, questi comunicò al Sottocapo di S.M. dell'Aeronautica che le trattative con i Tedeschi sembravano ormai concluse, nel sens o che essi sarebbero rimasti fuori di una «linea rossa» delimitante la Città Aperta. Poichè tutti gli aeroporti si trovavano fuori di tale linea, il Maresciallo invitò il Sottocapo di S.M. della Aeronautica a far inutilizzare, se ancora possibile, i velivoli eventualmente rimasti sugli aeroporti stessi (5).

Nelle prime ore de l pomeriggio dello stesso giorno 10, poichè la situazione in Sardegna appariva sufficientemente chiara, il Sottocapo di S.M. trasmise alla III Squadra il seguente ordine (prot. n. 36073 del 10 settembre): «Disporre perchè entro domattina il Raggruppamento Bombardamen t o si trasferisca all'aeroporto di Alghero ed il Raggruppamento Siluranti all'aeroporto di Milis».

Telefo nicamente poi furono date disposizioni al Comandante della III Squadra che fosse trasferito in Sardegna l'unico reparto organico ed in efficienza esistente sul territorio della Squadra: 1'8° Gruppo C.T ..

Dei pochi altri velivoli ancora efficienti ed appartenenti agli altri reparti da cacc ia, si ordinò l'avviamento a Brindisi.

(5) Invero l'accordo per la Città Aperta doveva avere una ben scarsa efficacia, se nelle strade del centro di Roma si stavano ancora verificando scontr i isolati.

Disposizioni di inviare i velivoli da trasporto in Sardegna furono date anche al Comando S.A.S., che però non era molto al corrente della situazione dei suoi reparti e dei suoi velivoli sparpagliati sui vari campi.

Verso le 3 della notte dell' 11 giunse dal Comando Aeronautica della Sardegna la comunicazione (prot. 43000) che l'aeroporto di Milis era inutilizzabile in seguito alla distruzione del terreno di atterraggio e che l'aeroporto di Alghero era inefficiente. Si chiedeva pertanto che il Raggruppamento Siluranti si trasferisse a Decimomannu. Il Superaereo modificò in conseguenza gli ordini già impartiti alla III Squadra. Verso le 8 del mattino, dalla Sardegna si comunicò telefonicamente per consigliare di non inviare, come concordato, i velivoli da caccia a Venafiorita, perchè i campi del nord erano meno sicuri. Il Superaereo dette di sp osizioni in conseguenza alla III Squadra. Non furono impartiti ordini alle A viazioni per l'Esercito, per la Marina e a quelle Oltremare, che erano alle dipendenze di impiego, rispettivamen t e, dèi Comandi dell'Esercito, della Marina e dei Governi locali.

Nel pomeriggio di quel giorno, verso le ore 16, giunse finalmente una prima, assai laconica, comunicazione dèl Capo di S.M., da Brindisi; e precisamente il seguente dispaccio: Chiedo massimo numero notizie. Ministro Sandalli. Immediatamente da Roma si rispose con il seguente dispaccio (prot. n. 36075 - 11 set t embre): «Dalla I Squadra mancano completamente notizie. Nella II Squadra fino a ieri erano stati . ' occupati dai Tedeschi gli aeroporti di Ferrara, Ghedi, Reggio Emilia, Bologna, Osoppo; oggi mancano notizie. Nella III Squadra occupati i campi di Ciampino, Vigna di Valle, Pisa, Melato, Orvieto; in base ad accordi stabilito con il Comando della piazza di Roma, i Tedeschi stanno procedendo all'occupazione dei campi della Capitale. Riuscito a trasferire in Sardegna: il Raggruppamento Bombardamento con circa 28 Cant. Z. 1007, tre Gruppi di siluranti da Siena e Littoria con circa 25 S. 79, 8° Gruppo caccia con 24 Mc. 200, 6 Nlc. 202 e Mc. 205, nume- ro imprecisato velivoli da trasporto. Una dozzina di velivoli Re. 2001 del 160 ° e 167° Gruppo avuto ordine di raggiungere Brindisi. I velivoli siluranti di Pisa inutilizzati a causa della occupazione del campo all'atto della partenza. Analogamente i velivoli del 3 ° Stormo caccia inutilizzati dal personale, a causa del1'improvviso avvicinarsi di una colonna tedesca che circondava il campo. In Sardegna i Tedeschi, inutilizzati i campi di Villacidro e Milis, sembra si ritirino verso nord. Da Grecia, Corsica e Provenza mancano notizie. In Egeo i Tedeschi, contrariamente accordi con Comando locale, hanno occupato i campi di Maritza e Gadurra che si spera di rioccupare. In Albania in corso accordi fra Comando tedesco e il Gruppo Armate Est, di cui Aeronautica seguirà ordini e sorte. L'Aviazione SloveniaDalmazia ripiegata su II Squadra. A Roma situazione confusa a causa mancanza qualsiasi ordine e direttiva. Grave soprattutto la questione alimentare della truppa, in relazione numero uomini anche affluiti dai vari campi occupati. Mancanza di ordini e della conoscenza precisa situazione generale e accordi con Tedeschi ed aventualmente con Anglo-americani rende estremamente difficile mio compito. Prego, se possibile, inviare istruzioni e direttive. Gen. Santoro».

Al mattino del 12, poichè la situazione non lasciava prevedere probabili azioni dei reparti dell'Aeronautica e poichè non era giunta alcuna istruzione dal Comando Supremo e dal Capo di S.M. dell'Aeronautica, il Sottocapo inviò, tramite il Comando IV Squadra, il seguente telegramma (prot. n. 36093) al Capo di S.M.: «Pregasi comunicare se velivoli trasferiti in Sardegna è opportuno siano trasferiti, subito o quando situazione isola dovesse apparire pericolosa, su aeroporti della Tunisia . Caso affermativo pregherebbesi indicare se eventualmente esistono ulteriori accordi circa aeroporti di destinazione».

La sera dello stesso giorno, non avendo ricevuto risposta, nel dubbio che ogni comunicazione col Capo di S.M. fosse ormai impossibile e non ritenendo opportuno ritardare più oltre a dare attuazione alle clausole dell'armistizio , il Sottocapo di

S.M. trasmise al Comando Aeronautica della Sardegna (unico Comando, oltre quello della IV Squadra, con cui si era in collegamento) l'ordine (prot. n. 36095) di trasferire al più presto sulle basi anglo-americane della Sicilia e della Tunisia tutti i velivoli di ogni tipo efficienti al volo esistenti sui campi dell'Isola. Analoghi ordini non furono impartiti al Comando IV Squadra Aerea, perchè non era nota la situazione determinata dalla presenza del Governo e dei Comandi superiori in quel territorio, nè erano note la situazione dell'avanzata alleata e le relazioni tra il Comando Supremo italiano ed i Comandi angloamericani; d'altra parte, il Capo di S.M., sul posto, sarebbe stato meglio in grado di dare ordini opportuni, in base a quelle situazioni e relazioni.

Durante la notte sul 14 arrivò la risposta (prot. 17,50 in data 13 settembre) dal Capo di S.M. al dispaccio n. 36075 in data 11 settembre del Superaereo: «L'ordine è inequivocabile. Applicare memoria n. I».

Inequivocabile o no, l'ordine era stato già emanato. A Roma, ormai, la città era completamente in mano tedesca. Fin dal giorno 12 il Comando Città Aperta aveva disposto, per ordine tedesco, lo scioglimento del Comando Supremo italiano e dei tre Stati Maggiori (Superesercito, Supermarina e Superaereo) e contemporaneamente aveva ordinato che tutti gli Ufficiali dei predetti Comandi si impegnassero a non lasciare Roma, avvertendo che la rottura dell'impegno avrebbe avuto «gravi conseguenze per la comunità».

Infine, il giorno 14, essendo stato nominato un Commissario per l'Aeronautica ed essendo ormai le comunicazioni totalmente controllate dai Tedeschi, cessò praticamente ogni possibilità per il Sottocapo di S.M. dell'Aeronautica di continuare ad esplicare le proprie funzioni.

Si accennerà ora agli avvenimenti di quei giorni presso gli alti Comandi trasferitisi al Sud.

Si è già detto come il Comando Supremo italiano, nel pomeriggio dell'8 settembre, comunicando la conclusione dell'ar- mistizio, avesse ordinato che le Forze Armate italiane dovessero «reagire con la massima decisione ad offese che provenissero da qualsiasi altra parte».

. Una chiara precisazione del Capo di S.M. Generale ai tre Capi di S.M. dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, trasferitisi a Brindisi, avvenne solamente l' 11 settembre. Nel foglio n. 1015, oggetto «Impiego Forze Armate», era detto: «I Tedeschi hanno apertamente iniziato le ostilità contro di noi; di conseguenza sono da considerarsi nemici e le forze armate devono decisamente combatterli.

Le unità germaniche occupano in forze l'Italia settentrionale e centrale; un 'aliquota è tuttora in Italia meridionale e Sardegna.

Occorre pertanto raggruppare le forze a nostra disposizione allo scopo di:

- opporsi innanzi tutto ad eventuale ulteriore dilagazione delle forze avversarie;

- procedere quindi in cooperazione delle forze angloamericane all'azione offensiva per la liberazione di tutto il territorio nazionale.

Nella situazione in atto è di particolare importanza garantire l'attuale sede del Governo da eventuali improvvisi colpi di mano.

Prego le Eccellenze in indirizzo volermi comunicare le conseguenti disposizioni di carattere generale che in merito verranno impartite. Gen . Ambrosia».

Il Capo di S.M. dell'Aeronautica rispose il giorno stesso (prot. n. I/SO): Disposto quanto segue:

« J O Già diramato da ieri 1O corr. ordine attuazione memoria n. 1 Comando Supremo.

2 ° Fatto affluire forze aeree sui campi meridionali della Puglia . Mi riservo comunicare esatta situazione.

3 ° Trasferito uno Stormo da caccia a Brindisi e stabilito stretto collegamento con Lecce per intervento altro Gruppo da caccia se necessario.

4° In atto provvedimenti per deciso intervento contro Tedeschi in Puglia».

Il giorno 14, il Capo di S.M. Generale sentì ancora la necessità di orientare i tre Capi di S.M. sulla situazione. Nella lettera n. 1074/0p. di prot. era detto: «Il precipitare degli eventi ha impedito di orientare adeguatamente comandi e reparti, specie se periferici ed oltre frontiera, sulla reale grave portata degli avvenimenti che hanno determinato un sostanziale mutamento della nostra linea di condotta nel quadro della guerra in corso.

Da ciò un accentuato disorientamento che ha portato ad atteggiamenti non sempre conformi alla situazione ed alla posizione assunta difronte all'ex-alleato ed agli Anglo-americani.

Il proclama lanciato ieri 13 dal Maresciallo Badoglio al popolo italiano dovrebbe essere sufficiente ad eliminare ogni dubbio.

Comunque occorre siano impartite d'urgenza istruzioni a tutti i comandi ed enti dipendenti, atte a ribadire inequivocabilmente che un solo nemico oggi dobbiamo combattere, con ogni energia e con ogni mezzo: l'oppressore tedesco.

La resa di numerosi uomini o, peggio, di interi reparti a pochi carri od a piccoli elementi tedeschi deve cessare ed eventualmente essere repressa in modo esemplare.

Opportune istruzioni debbono essere impartite subito ai comandi e truppe coi quali è possibile fin d'ora il collegamento. Al più presto, escogitando a tale scopo ogni mezzo a disposizione, ai comandi e truppe dislocati nelle regioni occupate dal ' nemico.

Gradirò essere infarmato di quanto sarà attuato al riguardo».

Il Capo di S.M. dell'Aeronautica rispose il 15 settembre (prot. n. 57 /S0/ 4):

«In relazione allo sviluppo della situazione, ad iniziare dal giorno 7 settembre, ho adottato i seguenti provvedimenti:

1 ° Ho tenuto rapporto ai Comandanti di G. U. Aerea predisponendo ed illustrando nel dettaglio il da fare in caso di attuazione della memoria n. 1. Ciò ha permesso di conseguire un primo orientamento sul possibile sviluppo della s ituazion e. Successivamente, e fin dove i collegamenti lo hanno permesso, ho emanato ordini relativi all'attuazione di alcune varianti a detta memoria imposte dallo svolgersi degli avvenimenti: soprattutto differente disloca z ione dei reparti da caccia e da bombardamento. Ciò mi ha consentito di recuperare reparti da caccia, che altrimenti sarebbero andati perduti nei campi presso Roma. Si era infatti, in origine, stabilito di accentrare tutta la caccia presso la Capitale .

2° Ho mantenuto il contatto r.t. ed emanato ordini allo Stato Maggiore (a Roma) ed ai Comandi dipe1J,dentifin quando e fin dove ho potuto. L'ordine esecutivo che ho emanato circa l'attuazione della memoria n. 1 deve aver chiarito l'indirizzo da seguire.

3

° Ho preso personalmente contatto coi singoli reparti trasferitisi sugli aeroporti delle Puglie illustrando a Comandanti e gregari la situazione e dando le direttive. Il morale in complesso è soddisfacente. L'inevitabile disorientamento iniziale sta per essere superato.

4° Ho recuperato tutti i velivoli che è stato possibile recuperare e che sono giunti nei vari aeroporti della Penisola e sto provvedendo all'inquadramento dei velivoli e dei relativi equipaggi giunti isolati in reparti organicamente e razionalmente distribuiti sugli aeroporti a disposizione. Gen. Sandalli».

Non si può non rilevare che le dispo sizioni degli alti Comandi, di cui si è dato notizia, mancarono di qu ella tempestività e di quella chiarezza, che era lecito attendersi in momenti tanto gravi.

Basti notare, fra l'altro, che il primo ordine esplicito di cons id erare come nemici i Tedeschi fu vergato dal Capo di S.M. Generale 1'11 settembre (foglio n. 105/0p. citato), quando, come è detto nel documento stesso, l'Italia settentrionale e centrale già era stata occupata in forze; e che, co munqu e, quest'ordine impartito ai t re Capi di S.M. a Brindisi, non poteva avere efficacia sull'operato del Superaereo a Roma e dei vari Comandi periferici, ma solamente su quello dei Reparti del Sud (!orze a nostra disposizione).

Altre considerazioni sono forse superflue, giacchè possono agevolmente dedursi dall'esame e dal confronto delle date e dei fatti contenuti nei documenti citati nel testo.

D'altra parte, il comportamento dei reparti dell' Aeronautica nei giorni dell'armistizio (come è documentato nei due paragrafi seguenti), malgrado le circostanze avverse, in complesso fu degno di elogio e, nonostante la mancanza di ordini, di direttive e della conoscenza della situazione, l'azione e le iniziative del Superaereo a Roma furono opportune, se si considera quanto il Capo di S.M. dell'Aeronautica diceva in un promemoria per il Comando Supremo (n. 75/S0/4 del 17 settembre 1943). In questo si face v a osservare che nel giudicare gli a vveniment i, per quel che riguardava l'Aeronautica, bisognava t ener presente: «che la maggior parte dei campi era in mano tedesca; che, se fossero state eseguite alla lettera le istruzioni iniziali (tutta la caccia sui campi di Roma), non vi sarebbe ora più caccia; che i movimenti degli aerei verso la Sardegna e la Puglia sono stati tempestivamente eseguiti ed accortamente predisposti; che in sostanza si è salvato il salvabile, dando così, anche la R. Aeronautica, prova di disciplina, compattezza e iniziativa».

Le claus ole dell ' armistizio ponevano all'Aeronautica italiana due condizioni antitetiche, senza indicare modalità e misure per conciliarle: trasferire tutti gli aerei su basi alleate o occupa t e dagli Allea t i ; partecipare con le altre Forze Armate nazionali, rimanendo nelle proprie sedi, alla lotta contro i Tedeschi, allo scopo di favorire più o meno direttamente le operazioni alleate.

Le circostanze in cui fu denunciato l'armistizio; la deficienza o mancanza assoluta di precise disposizioni; la mancata conoscenza della situazione contingente da parte di quasi tutti i Comandanti delle Unità Aeree; la scarsità di carburante; la minaccia di invasione tedesca degli aeroporti indifesi da truppe a terra; la dislocazione di alcuni Reparti su basi lontane quali l'Egeo, la Grecia, l'Albania, la Slovenia-Dalmazia e, per gli aerei-scuola, la insufficiente autonomia di volo, resero particolarmente difficile e spesso impossibile l'esodo degli aerei italiani verso le basi alleate.

Ciò non di meno, immediatamente dopo l'annuncio dell'armistizio, ebbe inizio l'afflusso in territorio liberato o comunque sotto il controllo degli Alleati di interi reparti e di velivoli isolati della nostra Aviazione, provenienti dai territo r i occupati dai Tedeschi. -

I movimenti, effettuati prevalentemente nei giorni 9, 10 e 11 settembre 1943, non avvennero senza resistenza da parte dei Tedeschi e di elementi fascisti, cosicchè qualche apparecchio andò perduto, o perchè incendiato all'atto del decollo, o perchè abbattuto durante il tentativo di traversare le linee, o perchè costretto ad atterrare dalla contraerea o dalla caccia tedesche.

L'afflusso di altri apparecchi isolati continuò durante i successivi giorni di settembre e di ottobre. In breve tempo passarono le linee oltre 200 apparecchi di tutti i tipi (da caccia, da bombardamento , aerosiluranti , da ricognizione, da trasporto, da turismo; sia terrestri che idrovolanti).

Si noti che, per sottrarsi ai Tedeschi, equipaggi e passeggeri fecero uso, oltre che di apparecchi efficienti in dotazione ai reparti dell'Arma, anche di aerei ancora presso le ditte o appartenenti a società civili di aeronavigazione o da turismo o antiquati e perfino di qualche apparecchio fuori uso riattato in fretta e alla meglio.

I movimenti ebbero prevalentemente luogo dagli aeroporti dell'Italia Settentrionale e Centrale verso le basi delle Puglie, della Sardegna e della Sicilia; ma non mancarono anche trasfe- rimenti dalla Balcania e dall'Egeo verso le basi alleate del Medio Oriente.

Infine , nei mesi success ivi del 1943 e del 1944, giunse al Sud anche qualche apparecchio dell'Aviazione fascista repubblicana.

Degli apparecchi che avevano traversato le linee, in numero di oltre 200, solamente la metà circa erano quelli che potevano essere impiegati in voli di guerra. Questi ultimi si andavano ad aggiungere all'altro centinaio di velivoli efficienti bellici dei 250 circa già dislocati su lle basi dell'Italia liberata.

Il divario tra il numero di velivoli dell'Aeronautica efficienti ai primi di settembre (che, come si è detto, superavano di poco gli 800) e questi di circa 200 apparecchi pure efficienti di cui si trovò a disporre l'Aeronautica nel Sud. il divariodicevamo - non è così rilevante come potrebbe sembrare. Basta considerare che negli ultimi giorni di lo tta contro gli Angloamericani l'efficienza della linea andò tracollando si può dire di ora in ora; e considerare sopratt utto l'alta percentuale di velivoli, dispersi sui vari fronti, distrutti per esplicito ordine dei Comandi al fine di sottrarre ai Tedeschi il nostro materiale di volo.

Il problema della linea, dunque, si prospettò fin dall'inizio in tutta la sua gravità. Anche perchè le industrie aeronautiche italiane avevano sede quasi esclusivamente nell'Italia Settentrionale, dove, al momento dell'armistizio, erano potenzialmente in attività le ditte Fiat, Macchi, Breda, Officine Reggiane, Cantieri di Monfalcone, ecc. '

Per quel che riguarda il personale, il suo afflusso nell'Italia liberata (in volo o per mare o a piedi attraverso la linea di combattimento), malgrado le difficoltà ed i rischi, fu notevole.

Le condizioni di spirito del personale erano, naturalmente, molto depresse; fenomeno facilmente spiegabile quando si pensi alla diffusa sensazione della tragedia senza precedenti abbattutasi sul Paese, alla incertezza sulla sorte dell'Arma, aUe preoccupazioni particolari di tanti (ed erano i più) che si trova- rono tagliati dalle famiglie, spesso abbandonate improvvisamente senza alcuna difesa contro il minaccioso futuro; e quando si pensi, infine, alle precarie condizioni materiali, aggravate, nella quasi generalità dei casi, dalla perdita completa del corredo personale. a) L'Aviazione da caccia.

Tuttavia, malgrado i disorientamenti individuali, non vi furono esitazioni circa l 'atteggiamento da prendere nei riguardi della nuova guerra. Complessivamente, dal settembre 1943 all'aprile 1944, e cioè prima della liberazione della città di Roma da parte degli Alleati, circa 1.900 militari dell'Aeronautica si portarono al Sud e di questi circa 1.200 in volo.

4 - Gli avvenimenti immediatamente successivi all'armistizio. Efficienza della linea alla metà ed alla fine di settembre.

È opportuno, ora, esporre separatamente le vicende che seguirono l 'armistizio per quanto riguarda: i reparti da caccia; i reparti da bombardamento, aerosiluranti, ausiliari per l'Esercito e da trasporto; i reparti idrovolanti ausiliari per la Marina.

Il giorno 8 settembre 1943 pochi erano i reparti dell'aviazione da caccia italiana schierati ai posti di combattimento; gli altri si trovavano in sedi arretrate per cercare di porre riparo, con persona le e macchine nuovi, alle dure perdite subite.

Lo schieramento dei reparti in linea era disposto in modo da contrastare direttamente da basi più vicine le operazioni de- gli Anglo-americani. Infatti, eccettuate scarse aliquote a difesa di Roma e di Napoli, l'aviazione da caccia era prevalentemente dislocata nel territorio della IV Squadra Aerea nelle Puglie e del Comando Aeronautica della Sardegna. Pochissime le forze efficienti di stanza nell'Italia Settentrionale.

Tuttavia, malgrado queste favorevoli condizioni, le poche unità che concorsero a costituire l 'Aviazione fascista repubblicana furono costituite soltanto da 1 Gruppo Aerosi luran t i, che si esaurì in poche azioni be ll iche, e da 3 Grupp i da caccia su aerei Messerschmit ceduti dai Tedeschi .

A sostenere l'urto delle poderose formazioni di parecchie miglia ia di velivoli delle Forze Aeree anglo-americane, le esigue forze da caccia italiane erano distribuite come segue.

I reparti d~ caccia e d'assalto della IV Squadra Aerea erano alle dipendenze di un Comando Caccia e Intercettori, con sede a Lecce (in seguito, si trasferì a Brindisi il 19 settembre e fu disciolto il 15 ottobre 1943).

L'aviazione da caccia dipendente dalla IV Squadra Aerea comprendeva, nel periodo immediatamente precedente l'armistizio, il 5° Stormo tuffatori e i Gruppi Autonomi da caccia 21 ° e 157°, reparti duramente provati fin dal momento degli sbarchi alleati in Sicilia e in Calabria.

Il 5° Stormo aveva sede a Manduria, il 21 ° Gruppo a Gioia del Colle (tranne la 386 3 Squadriglia a Manduria) e il 157° Gruppo a Grottaglie.

In quei giorni si era aggiunto alle altre forze della IV Aerosquadra il 4 ° Stormo da caccia, che abbandonate le basi siciliane e iniziato il ripiegamento dalla Calabria (Castrovillari) verso le Puglie (Gioia del Colle), fu colto dagli avvenimenti in questa critica fase.

La perdita della Sicilia e gli sbarchi in Calabria avevano reso sempre più difficile le possibilità di impiego: inÙtilizzabili i campi calabresi; i collegamenti quasi di continuo interrotti da -bombardamenti aerei; scemata la efficienza dei superstiti apparecchi Mc. 202, Mc. 205 e Re. 2002, sui quali quasi esclusivamente pesava il compito di ostacolare le operazioni di invasione.

Iniziati i movimenti di ripiegamento dei Tedeschi verso il Nord, il 5° Stormo, isolato a Manduria, assistè di lon tano alla ritirata delle colonne germaniche provenienti da S. Pancrazio e da Leverano, che azzardarono solo timidi tentativi di disturbo prontamente respinti.

Una situazione precaria si determinò per il 4 ° Stormo e il 31 ° Gruppo a Gioia del Colle, accerchiata dai paracadutisti tedeschi a protezione della Divisione H e rmann Goering in ritirata dalla Calabria. Con decisa prontezza si riuscì a risolvere la situazione: mentre tutti i velivoli dei due reparti s i sottr ae vano ai Tedeschi, trasferendosi in volo a Lecce e da Brindisi, l'autocolonna del 4 ° Stormo forzò no ttetempo il blo cco tede sco, giu ngendo a Brindisi e successivamente a Lecce. Il personale del 21 ° Gruppo invece, per mancanza di automezzi, fu costr etto a rimanere a Gioia del Colle fino alla liberazion e.

Pertanto, immediatamente dopo l'armistizio, s ugli aeroporti pugli es i la caccia s i ve nn e a tro vare così di slocata:

4 ° Stormo CT (Brindisi) s u M c. 205 e Mc. 202

9° Gruppo CT (Brindisi)

73 a Squadriglia CT

96a Squadriglia CT

97a Squadriglia CT

10° Gruppo CT (Lecce)

84 a Squadriglia CT

90a Squadriglia CT

91 a Squadriglia CT

Base di riserva a S.R.A.M. (Pescara)

5° Stormo Tuffatori (Manduria su Re. 2002

101 ° Gruppo Tuffatori

208a Squadrigli Tuffatori

23ga Squadriglia Tuffatori

102 ° Gruppo Tuffatori

209a Squadriglia Tuffatori

239a Squadriglia Tuffato ri

21 ° Gruppo Autonomo CT (Brindisi) su Mc. 202

356 a Squadriglia CT

361 a Sq uadriglia CT

386 a Squadriglia CT (Manduria)

157 ° Gruppo Autonomo CT (Grottaglie) su Mc . 200 Cr . 42

357 3 Sq u adriglia CT

371 a Squadriglia CT

384a Squadriglia CT

Tutt i questi reparti, in d efinitiva, disponevano di non più di un a cin quantina di apparec ch i efficienti bellica ment e, in prevalenza Mc. 202, Mc. 205 e Re. 2002.

Il Coman do Aeronautica della Sardegna aveva a sua disp osizione quasi esclusivame n te forze da ca ccia, perchè, immediatamente pr ima ed in previsione dello s barco anglo-americano in Sicilia, i reparti da bombardamento e siluranti erano stati arretrati su ll e basi del Continente per s ottrarli all'offesa aerea degli Alleati. Avvenu to lo sbarco in Sicilia, la Sardeg na funzionò prev alen te mente da base di appoggio per i rifornimenti. All'8 settembre 1943, la situazio n e dei rep arti da caccia nell'Isola era la seg uente:

155 ° Gruppo CT (Casa Zepp era) su Mc. 205 e Mc. 202

351 a Squadriglia CT (Casa Zeppera)

360a Squadriglia CT (Casa Ze pp era)

378a Squad ri gl ia CT (Mili s) elementi d el 160° G ruppo Autonomo CT (V ena fiori - ta) su Re. 2001

82a Squadriglia CT (Venafior ita) del 13° Gruppo Au- tonomo CT su Mc. 202

Autonomo CT su Mc. 202

Sezione 304 a Squadriglia CT (D ecim om annu ) su Mc . 205

Il più efficiente era il 155° Gruppo (dipendente dal 51 ° Stormo CT) con i reparti distribuiti fra Casa Zeppera e Milis. Respinti i tentativi di sopraffazione tedeschi, questo Gruppo riuscì a conservare personale e materiali, tanto da potere in seguito, ai primi dell'ottobre successivo, concentrarsi ad Elmas.

Il 160° Gruppo, in seguito ad ordine del Superaereo, si era trasferito a Littoria con la maggior parte dei suoi velivoli nei primi giorni di settembre, per l'impossibilità di essere impiegato a causa dell'epidemia malarica, che aveva colpito tutto il personale dislocato in Sardegna. Qualche elemento del Gruppo rimase in Sardegna perchè, ammalato di malaria, non era in condizioni di pilotare e fu poi assorbito dal 21 ° Gruppo; il personale a terra fu invece assorbito dal 155° Gruppo.

L'82a Squadriglia, dipendente dal 13° Gruppo Autonomo CT, non aveva alcun apparecchio efficiente. Il comando del Gruppo e le altre due Squadriglie dipendenti (77a e 78a) si trovavano ancora a Metato (Pisa).

Complessivamente, i reparti da caccia della Sardegna avevano a disposizione un limitato numero di velivoli efficienti bellicamente; e cioè una ventina fra Mc. 205, Mc. 202 e Re. 2001.

Agli apparecchi dei reparti da caccia nelle Puglie ed in Sardegna vennero ad aggiungersi quelli che si erano sottratti ai Tedeschi, trasferendosi in volo.

L'apporto fu costituito prevalentemente dall'8° Gruppo Autonomo CT, che si sottrasse al completo ai Tedeschi. Il giorno 8 settem bre 1943 , questo Gruppo, armato di Mc. 200, apparecchi di tipo superato, si trovava a Sarzana sotto la giurisdizione della I Squadra Aerea. Il giorno stesso si trasferì a Littoria col compito di effettuare scorta diretta agli aerosiluranti, che avrebbero dovuto attaccare la flotta alleati nel golfo0 di Salerno. Il 9 settembre, per ordine della III Squadra Aerea, si spostò a Guidonia per l'eventuale difesa della Capitale; quindi, nel pomeriggio del giorno stesso, dovette trasferirsi a Castiglione del Lago. Il giorno 11, in seguito ad ordine verbale della III Aerosquadra, raggiunse la Sardegna (Decimomannu). Succes- sivamente, attraverso un susseguirsi di ordini dei nostri Comandi prima e di quelli alleati dopo, si trasferì in Sicilia, quindi in Tunisia per una decina di giorni, poi di nuovo in Sicilia ed infine raggiunse le Puglie (Lecce e successivamente Leverano) ~l principio di ottobre. Aveva iniziato i suoi trasferimenti con 22 apparecchi da caccia e 4 da trasporto; al termine delle sue peregrinazioni non contava che su 14 Mc. 200 in cattive condizioni di efficienza.

Oltre ai Mc. 200 dell'8° Gruppo, affluirono al Sud altri apparecchi da caccia Mc. 205 e Mc. 202, da Pescara e da Fo ligno, e Re. 2001, da Guidonia. I primi appartenevano agli Stormi 4° e 51 ° e si trovavano a Pescara ed a Foligno per riparazioni; i Re. 2001 appartenevano al 167° Gruppo Intercettori ed al 160° Gruppo CT, quest'ultimo trasferitos i in quei giorni, come si è detto, dalla Sardegna nel Continente. In particolare, gli apparecchi da caccia che si trovavano a Pescara furono ritirati dai piloti del 4° Stormo e del 21 ° Gruppo, partiti a tal e scop o da Brindisi a bordo di aerei da trasporto S. 82, tra il 10 e il 12 settembre.

Complessivamente gli apparecchi da caccia, che traversarono le linee e vennero ad aggiungersi alle rimanenti forze della R. Aeronautica, non arrivarono a cinquanta.

Quindi, dopo gli avvenimenti sùsseguenti all'armistizio, gli apparecchi da caccia in carico all'Aeronautica italiana comprendevano circa un centinaio di Mc. 205, Mc. 202, Mc. 200, Re. 2002 e Re. 2001, dei quali circa la metà efficienti.

I reparti da bombardamento (in qm>ta ed in picchiata, diurni e notturni), aerosiluranti e da trasporto, che all'atto dell'armistizio si trovavano al Sud, erano limitati di numero e di scarsa efficienza. Le incessanti e violen te incursioni aeree ang loamericane e la minaccia di sbarchi nelle isole italiane avevano obbligato, già nei mesi precedenti, a spostare quei reparti su basi ·arretrate del Continente.

In definitiva, le forze da bombardamento erano quasi tutte riunite a Perugia, considerata base centrale dalla quale potevano spostarsi secondo le esigenze, e gli aerosiluranti erano dislocati a Pisa, Siena e Littoria.

All'8 settembre 1943, nel territorio della IV Squadra Aerea erano dislocati i seguenti reparti:

43° Stormo BT (Gioia del Colle) su S. 84

98° Gruppo BT

240a Squadriglia BT

241 a Squadriglia BT

Sezione 8° Stormo BT (Brindisi) su Cant. Z. 1007 bis Reparti da trasporto su S. 82.

Ben lungi dal possedere i mezzi assegnati dagli organici, questi reparti disponevano complessivamente di una decina di S. 84, qualche Cant. Z. 1007 bis e 14 S. 82 bellicamente efficienti.

A questi apparecchi debbono aggiungersi i 10 Ca. 314 efficienti della 103a Squadriglia da osservazione aerea di Bari (dipendente dal 69° Gruppo OA), unico reparto dell'Aviazione ausiliaria p er l'E serci to presente al Sud all'atto dell'armistizio.

Solo verso la fine di settembre il 98° Gruppo BT potè prendere in carico i superstiti Cant. Z. 1007 della Sezione 1° Stormo disciolta e gli S. 79 del 131 ° Gruppo Autonomo che da Siena si erano portati a Grottaglie, e si trasferì da Gioia del Colle a Manduria.

In Sardegna le forze da bombardamento erano praticamente inesistenti, se si eccettua qualche Ju. 87 del 121 ° Gruppo Tuffatori (Squadriglie 106a e 216a) a Chilivani.

La 264 a Squadriglia BT , di stanza ad Alghero e dipendente dall'88° Gruppo del 16° Stormo, montata su Cant. Z. 1007 bis, nei giorni intorno all'8 settembre non aveva apparecchi efficienti.

Notevole fu invece, per numero di apparecchi e di equipaggi, l'afflusso di interi reparti da bombardamento, aerosiluranti e da trasporto sulle basi sarde, pugliesi e siciliane, in obbedienza alle clausole dell'armistizio.

Il Raggruppamento Bombardamento della III Squadra Aerea , di stanza a Perugia, si trasferì al completo ad Alghero il giorno 11 settembre con 30 velivoli Cant. Z. 1007 e 4 S. 82 avendo a bordo oltre 200 uomini.

Il Raggruppamento era composto dei seguenti reparti:

28° Gruppo BT (dell'8° Stormo)

10a Squadriglia BT

19 a Squadriglia BT

86° Gruppo BT (del 35° Stormo)

190a Squadriglia BT

191 a Squadriglia BT

88° Gruppo BT (del 16° Stormo)

265 a Squadriglia BT

106° Gruppo BT (del 47° Stormo)

260a Squadriglia BT

261 a Squadriglia BT

Un apparecchio da trasporto S. 82 s'incendiò al momento del decollo e due bombardieri Cant. Z. furono abbaJtuti dalla contraerea tedesca durante il volo di .trasferimento all'altezza di Bonifacio.

Anche i movimenti degli aerosiluranti non avvennero senza perdite. Il 132° Gruppo Autonomo AS (Squadriglie 278a e 281 a) con 10 apparecchi S. 79 e 2 S. 82 si trasferì da Littoria ad Ampugnano (Siena) il giorno 10 settembre, per ordine della III Aeros quad ra. A pochissime ore di distanza, l'Aeroporto di Littoria cadde in mano tedesca. Durante la navigazione per Siena, il Gruppo fu fatto segno a violenta reazione contraerea na- vale e terrestre. All'arrivo ricevette ordine di trasferirsi in Sardegna insieme ai reparti si1uranti già di stanza ad Ampugnano: il 41 ° Gruppo Autonomo.AS (Squadriglie 204a e 105a) ed il 104° Gruppo Autonomo AS (Squadriglie 252a e 253a). c) L 'Idroaviazione.

Il mattino dell' 11, una prima formazione di S. 79 delle Squadriglie 204\ 205\ 252a e 278a partì per Milis in Sardegna. Intercettati sulla costa sarda da cacciatori tedeschi, due velivoli furono costretti a scendere in mare ed uno ad invertire la rotta; altri due apparecchi raggiunsero Decimomannu ed i rimanenti sette Milis: gli ultimi due, temendo che l'aeroporto di Milis fosse occupato dai Tedeschi, rientrarono a Siena.

La seconda formazione (Squadriglie 253a e 281 a) di 11 apparecchi giunse intatta a Decimomannu. Il giorno 13 settembre, i 13 S. 79 di Decimomannu ricevettero ordine dal Comando Aeronautica della Sardegna di trasferirsi a Castelvetrano in Sicilia e, per ordine del Comando Alleato, di qui ad Agrigento (giorno 14) ed a Korba in Tunisia (giorno 22). Quest'ultimo trasferimento fu effettuato dal 22 apparecchi, essendosi aggregati anche quelli che erano sfuggiti ai Tedeschi dall'Aeroporto di Foligno. Infine, il giorno 2 ottobre, 15 S. 79 del 132° Gruppo ancora efficienti poterono decollare dalla Tunisia alla volta di Lecce.

Si noti che il 132° Gruppo aveva riunito i superstiti apparecchi dei Gruppi 41 ° e 104 ° ed altri provenienti da Foligno e dalle Scuole di Fano e di Malpensa.

Anche vari apparecchi da trasporto (S. 82, S. 75, ecc.) del Gruppo Trasporti di Fano, del Reparto «P» di Centocelle e di altri reparti dipendenti dal Comando Servizi Aerei Speciali (S.A.S.) si trasferirono al Sud subito dopo 1'8 settembre 1943, trasportando un notevole numero di personale di vario ruolo e categoria.

Complessivamente, gli apparecchi da bombardamento, aerosiluranti e da trasporto (oltre a qualche apparecchio da ricognizione), trasferitisi al Sud, superarono il centinaio, compresi anche apparecchi di tipo antiquato e di scarsa o nessuna efficienza bellica.

L'aviazione ausiliaria per la Marina, dislocata sugli idroscali delle Puglie, comprendeva al momento dell'armistizio i seguenti reparti idrovolanti da ricognizione marittima, dipendenti dalla Aviazione Jonio e Basso Adriatico con sede a Taranto:

288a Squadriglia RM (Taranto) dell'85° Gruppo RM su Cant. Z. 501

141 a Squadriglia RM (Brindisi) su Cant. Z. 501

Questi reparti avevano in carico complessivamente una quindicina di idrovolan t i efficienti.

Dall'Aviazione Sardegna per la Marina dipendevano le Squadriglie da ricognizione marittima 138\ 146a e 287a tutte su Cant. Z. 506 e Rs. 14.

Le prime due erano dislocate in Corsica e l'ultima a Porto Conte in Sardegna. Inoltre in territorio sardo vi erano 2 Cant. Z. 506/S efficienti della 5a Sezione Soccorso.

Molti reparti idro ed aerei isolati, malgrado la mancanza di ordini precisi, l'opposizione armata da parte tedesca e l'insufficienza dei mezzi, si portarono nel territorio liberato.

Per ordine del Comando Aviazione Alto Tirreno, il mattino del 9 settembre, si trasferirono in Sardegna: il Comando stesso con il comandante; la 187 a Squadriglia di Cadi mare (La Spezia) su 7 Cant. Z 501, 2 Cant. Z 506 ed 1 Rs. 14 e 60 persone; 1'84° Gruppo di Torre del Lago con le dipendenti Squadriglie 140a e 145 a su 3 Cant. Z. 506 e 9 Rs. 14 e 56 persone.

Questi reparti in Sardegna assunsero il seguente schieramento: Comando Aviazione Alto Tirreno (La Maddalena); 187a Squadriglia RM (Olbia); 84 ° Gruppo RM (Elmas).

L'occupazione tedesca della Maddalena e della base di Olbia e l'incendio di quest'ultimo aeroporto (che distrusse gli idrovolanti della 187a Squadriglia) costrinsero il comandante dell'Aviazione Alto Tirreno ad evadere in volo dalla Maddalena, portandosi successivamente in Sicilia ed in Tunisia, in conformità agli ordini ricevuti per radio.

Sulla base di Elmas 1'84° Gruppo fu immediatamente sottoposto alla violenta reazione dei Tedeschi, che, durante alcune incursioni aeree (giorni 18 e 20 settembre), mitragl iarono gli apparecchi alla fonda indifesi, distruggendo 2 Rs. ~4 ed 1 Cant. Z. 506 e danneggiandone vari altri. Al personale del!' 84 ° Gruppo, dopo la prima metà di settembre, si aggregò parte del personale della 187 a Squadriglia.

La 171 a Squadriglia (Tolone), dipendente anch'essa dal Comando Aviazione Alto Tirreno, non potè ricevere l'ordine di trasferiment o , perchè era stata immobilizzata dalle forze tedesche dislocate sulla base di Tolone fin dalla sera de11'8 settembre.

Inoltre, al seguito degli idrovolanti del Comando A viazione Alto Tirreno, partirono 8 Ro. 43 ed 1 Ro. 44 agli ordini del Capo Servizio Aereo delle Forze Naval i, raggiungendo La Maddalena, destinazione prevista per la Flotta. Dopo l'occupazione tedesca della Maddalena evasero da que lla base, portandosi nelle Baleari. Due di essi furono abbattuti dalla contraerea tedesca dopo la partenza.

Quando, a i primi di novembre (come si dirà seguito), venne disciolta l'ldroavia Sardegna, 1'84° Gruppo accentrò gli idrovolanti s uper st iti delle sue Squadriglie e della 146 a Squadriglia RM già in Corsica (Aiaccio e Porto Vecchio).

L e Squadriglie da ricog ni zione marittima 149a e 183\ dipendenti dall'Aviazione Alto Adriatico, si portarono a Taranto al completo. La 149 3 Squadriglia vi si trasferì da Kumbor (Montenegro) co n 9 Cant. Z. 501 ed oltre 80 persone.

La 183a Squadriglia con 5 Cant. Z. 501 e 3 Cant. Z. 506 ed una settan t in a di uomini par tì da Di vulje in D almazia il giorno 8 settembre e, sfuggendo alle violente azioni aeree ed alla progr essiva occupazione dei Tedeschi, si portò a Lagosta (il giorno 10), ad An cona (1 ' 11), a S. Nicola Varano (il 12), a Bari ed infine a Taranto (il 13).

Si portarono a Taranto anche alcuni apparecchi isolati delle Squadriglie da ricognizione marittima 143 a (provenienti da Venezia), 184a (pro ve ni ente da Pol a), 144 3 (proveniente da Orbe- tel10), ecc .. Un idrovolante Cant. Z. 501 della 14ga Squadriglia RM (Aviazione Basso Tirreno), partito da Vigna di Valle, fu abbattuto dalla contraerea il giorno 14; 6 uomini dell'equipaggio furono ricuperati in mare da una nave inglese al largo di Capri.

Dall'Aviazione Grecia dipendevano la 139a Squadriglia RM (82° Gruppo) di sede a Prevesa (Grecia) con due Sezioni distaccate a Corfù ed Argostoli (is. di Cefalonia) e la 147a Squadriglia RM di sede in Egeo.

Il giorno 9 settembre, riuscirono a ripiegare a Taranto 1 Cant. Z. 501 della Sezione di Corfù e 2 Cant. Z. 506 da Argostoli, trasportando 30 persone complessivamente. Nessun aereo della 139a Squadriglia riuscì a partire da Prevesa, avendole i Tedeschi messo fuori uso tutti gli aerei il giorno 8 settembre.

La 147a Squadriglia passò attraverso movimentate vicende.

Alla data dell'armistizio aveva sede a Lero ed aveva in carico 8 Cant. Z. 506 e 4 Cant. Z. 501, dei quali 3 Cant. Z. 501 erano distaccati a Rodi. Il giorno 11 settembre, quando Rodi era già in mano tedesca, uno degli apparecchi di quella Sezione riuscì a fuggire ed a raggiungere la base ing lese di Alessandria d'Egitto, donde iniziò subito la collaborazione con gli Alleati. Anche gli aerei di Lero iniziarono subito l'attività a fianco degli Alleati, subendo forti perdite da parte dei Tedeschi, e tale attività continuarono fino al loro progressivo esaurimento avvenuto ai primi di ottobre 1943.

In complesso, gli idrovo lanti che affluirono al Sud, in tempi successivi, superarono la cinquantina fra Cant. Z. ~06, Cant. Z . 501 e Rs. 14.

Verso la metà del settembre 1943, la situazione dei velivoli a disposizione dell'Aeronautica nelle Puglie e in Sardegna era la seguente (7):

(7) La situazione è desunta dall'allegato 1 al Foglio 57 /S04 del 15 settembre 1943. Esaminando la situaz ione, si tenga presente che tutti i reparti dell'Aeronautica erano allora in via di riordinamento o di ricostituzione e quindi, se si esclude parte della caccia e dei reparti idrovolanti, in quei primi giorni successivi all'armistizio la disponibilità di velivoli per l'impiego

Velivoli di linea efficienti :

(Mc. 205, Mc. 202, Re. 2001)

(Re. 2002) era piu ttosto scarsa. Come diciamo altrove , il loro impiego ebbe inizio immediatamente dopo 1'8 sett embre e dovet t e essere assai spess o limitat o appunto per deficienza dì apparecchi, come , per ese mpio , durante le operazio ni di appoggio alle isole Eolie; comunque, tale disponibilità era inferiore a quella che potr ebbe a prim a vista apparire d a un sommario esam e dei tota li Co nside razi oni analo g he val gono per la suc cessiv a situazione del 30 set tembre.

(18) La s ituazione è de s unta da uno specchio trasmesso dal Superaereo al Coma ndo S upremo in data 30 settembr e 1943. P e r la Sicilia manca l'efficien za velivo li.

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