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NON SUBIAMO VIOLENZE !

Giornata tempestosa quella di martedì a Milano: di una tempesta che era venuta accumulandosi jn questi ultimi tempi e che un giorno o l'altro doveva precipitare. I lettori leggeranno nel seguito la cronaca che la censura farà bene a r ispettare, poiché la verità non fa male, specialmente in questo caso. Cominciamo col dichiarare che se nella condotta del le autorità ci fosse sta ta una « linea)>, molto probabilmente il pomeriggio sarebbe trascorso senza straordinari incidenti. Questa linea non c'era o non erano stati predisposti i mezzi per fissarla. Comunque, per testimonianze inconfutabili, resti stabilito che i primi colpi di rivoltella partirono dall'avanguardia dei dimostranti sopraggiunti in Piazza del Duomo , malgrado le esortazioni p iù o meno sincere degli oratori e che le scariche della folla patriottica rac- colta in Piazza del Duomo rappresentano una inevitabile e necessaria risposta. Tutto quel che avvenne di poi fu assolutamente spontaneo; fu u n movimento naturale e irrefrenabile della folla, non predisposto, non preparato, non premeditato. L'atteggiamento dei nostri elementi era stato deciso. Tanto il Fascio Milanese di Combattimento come l'Associazione dei volontari di guerra, come la Casa di mutuo aiuto dell'ardito, come l'Unione italiana del lavoro e l'Unione sindacale milanese e il Circolo del gruppo Filippo Corridoni avevano stabilito di rimanere spettatori passivi dello sciopero protestatario se fosse stato contenuto nelle ventiquattro ore e di lim itarsi in o g ni caso alla «difesa» delle nostre posizioni. Questa la verità, la genu ina e purissima verità documentata e documentab ile. Ma tutto ciò ch'è avvenuto s ulle spiagge del Naviglio, anche se no n è pattito da noi, anche se l'iniziativa Il.on fu nostra, non è da noi rinnegato o rimpianto o deplo.rato, perché è stato umano, profondamente umano. Non siamo dei coccodrilli democratici e dei vigliacchi. Abbiamo sempre il coraggio delle nostre responsabilità . Siamo ancora quelli di Trtgua d'anni.

In fondo, à la gutrrt co1;1mt à la g"~rrt. Se fos se capitata a noi la stessa sorte, non leveremmo lamentaz ioni melanconiche o proteste inut ili. Chi si propone di attaccare, può essere prevenuto ne ll'attacco. La 1< sorpresa)) è la carta più ricca del g iuoco . Quel foglio partiva ogni giorno in gui:rra, Ogni giorno esso montava l' ambiente. La tensione nervosa era divenuta ìnsopportabile in queste ultime settimane. Non s i respirava più. Si era diffuso un panico imbec ille ·simile a quello che prendeva certi ambienti all'annuncio delle offensive nemiche. Ogni giorno era una v igiLia. D ominava l'incertezza d el domani. Data questa situazione psicologica non v ·~ più dà stupirsi su quello che è avvenuto. Ma diciamolo qui chiaro e forte, non erano r eazionari, non erano borghesi, non erano capitalisti quelli che mosscto in colonna verso v ia S. Damiano. Era popolo, schietto, autentico popolo I Erano soldati e operai, stanchi di subire il ricatto sabotatore d ella pace, stan. chi di subire le prepotenze, non più semplicemente verbali, dei leninisti. Qui, il nostro g iornale era stato presidiato da soldati e da operai, autentici soldati, autentici operai I Nessun borghese dal grosso portafoglio ha varcato la i,octa, ben vigilata, della n ostra fort ezza I E l'intervent ismo popolare, il vecchio buon interve ntismo del 1915 1 che, in tutte le sue gradazioni, si è raccolto into rno a.noi.

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Appunto perché ci sentiamo p o polo, appunto perché amiamo e difendiamo il buon popolo lavoratore, n oi vogliamo ripetere in qu esta occasione la n os tra franca parola: Operai, dissociatevi da coloro dei vostri capi, che per un l oro disegno politico, vi hanno spinti e vi vogliono spingere allo sbaraglio sanguinoso e inutile. Checché vi si possa dire in contrario, noi non ci opponiamo alle vostre giuste rive n. dicazioni. Le facciamo semplicemente nostre. Vi aiutiamo, fraterna. mente e disinteressatamente, per raggiungerle. Siamo i vostri amici, perché non vi chiediamo nulla. Noi non ci o pponiamo al movimento ascensio nale delle masse lavoratrici; non c i opponiamo a quella ma. g nitica incruenta rivoluzio ne operaia che è in alto e che ha·g ià, anche in ltalia, t occato splendide realizzazioni; noi Combattiamo apertamente e fieramente, imie111r colla 1m1ggiora11za dei socialisti di f lfffo il mondo, quel fenomeno o scuro di regressione, di contro•rivoluzionc e d ' impotenza che si chiama bolscevismo. Noi difendiamo la nostra rivoluzione rinnovatrice e creativa, dag li assalti proditori della contCO·rivoluzione retrograda e distruttiva dei leninisti. Questo sia ben chiaro alle vos tre coscie nze, o amici operai I E convincetevi ancora, prima di seguire ciecamente gli eccitatori leninisti che poi vi piantano sul più brutto, che noi siamo molti, e soprattutto decisi. Abbiamo del fegato. Abbiamo fatto la guerra. Ci siamo macerati nelle trincee. E per la nostra libertà, siamo dis posti a tutti i sacrifici. E contro a tutte le dittature, siano quelle della tiara, dello scet.tro, d ella sciabola, del denaro, della teS· sera, ùamo pronti ad insorgere. Vogliamo il ptogresso indefinito delle folle lavoratrici, ma le dittature dei politicanti, no, 11,ai! Dopo la gior· nata di martedl, qualcuno che faceva ttoppo lo spavaldo e che av eva assunto arie da smargiasso rovesciamondo, deve avere imparato, a proprie spese, che l'interventismo popolare milanese è ancora un osso . duro da rodere; che noi siamo uomini dalla pellaccia dura perché non abbiamo nulla da perdere e che n on è possibile, n é ammissibile, né t o llerabile che poche dozzine di leninisti pretendano di vio lentare una città graode e possente come Milano, e meno ancora violentare l'anima d ella Nazione, che avendo l o ttato e sanguinato per la più grande libertà, non ·intende di sacrificarla a lle nuove asiatiche tirannie.

M USSOLINI

Da Il Popo/() d'Italia, N . 106, 18 apr ile 1919, VI•.

Parole Chiare

Se il tentativo di rivolta bolscevica si foss·e sviluppato e avesse condotto, come avrebbe condo tto, a un più vasto spargimento di sangu e, oggi mo lti dei «menatorroni.» che non h anno capito niente dei fatti di Milano, troverebbero in fondo ai lo ro calamai l' inchiost ro dei g iorni feroci. L'attacco è stato rintuzzato dai cittadini, d agli ope rai, dagli ufficial i, dai:soldati, mentre i cosidetti bo rghesi filavano verso i laghi e a sud del Po, ed ecco mo lti b ravi signori, della specie e sottospecie socialista, fa rs i avanti colle arie saccentuole di chi sta al di sopra della mischia, no n ne vive, quindi, la passione, n on ne a ffronta, quindi, i rischi e può farla comodamente da giudice. Noi non abbiamo bisogno di inseguire queste farfalle. Noi diciamo tranquillarrien te che quello che doveva essere, è avvenuto. e tutti coloro che hanno in questi ultimi tempi seguito la politica milanese, sa nno ch e un urto fra le due parti un g iorno o l'altro doveva venire. E. stato sanguinoso e dramma tico, ma le folle armate cd esasperate, quando si incontrano e sì scontt:1no non si dicono dei madrigali, specialmente dopo quattro anni di ·guerra.

Orn, n o i respingiamo l'ins inuazione codanb che la g iornata di martedl sia s tata « reazio naria l) , Le p arole n on ci fa nno più paura. I ntanto, la <<reazione)), se c ' è stata, non rassomiglia alle altre. Non rientra ncJ quadro tradizionale. Non è stata reazione statale o governativa o poliziesca, I carabinieri non hanno sparato. Nemmeno i soldati. Neanch e i questurini. Il prefetto si è affrettato a dichiararlo. 11 Governo ha mandato qui due ministri per una inchies ta, creand o, sia detto fra parentesi, un precedente simpatico. La reazione è stata di popolo. Meglio ancora: quella di martedl è staia ,ma giornata della nostra rivoluzione . Che t utt i i g io rnali s iano da rispettare, è un conto, qua ntunque i regimi socialisti abbiano completamente abolita. tale libertà. Q uel che bisogna dire, quel che bisogna p roclamare dai tetti, quel che non b isogna_mai stancarsi di ripe tere è che il giornale di via San Damiano è s tato ed è il giornale più squisitamente reazionario (he si stampi in Italia e in Europa. È il giornale di Caporetto, signori; è il giornale che ha sabotato, p er quattro anni, la guerra; è il gio rnale che in questi ultimi tempi aveva r iconsegnata la matita all'jg n obile Scalarjni, perché :raspasse _,. iena raccapricciante - fra i mo tti.

E che cosa preparav a questo g iornale ? La rivo luzione ?

N o. La reazione.

Voleva l a libertà?

No. La dittatura e la fo rca.

Prep~rava giorni migliori al pmJetariato italiano?

No. Giorni di lutto e di buio .

Voleva almeno una rivoluzione italia na, conforme alle nostre cond izioni storiche e sociali ?

No Predicava l'imitazione russa, che ha ucciso la Russia e assassinerebbe l'Italia.

Chi ha il coraggio, dop o tutto ciò, d i affermare che quel giornale è rivoluzio nario ? O non è invece ver o che la sua sedicente rivoluzione è distr ut tiva, forcaiola, vandeana e che è, insomma, la c ontrorivoluzione opposta alla nostra rivoluzione? Le masse operaie, a~che milanesi, devono oscuramente se nt ire quel che diciamo, perché hanno accettato il fatto con assoluta p assiv ità. Nessuno di coloro che trovandosi nei l ocali dovevano difendere la bandiera del pro letariato italiano, è sta to capace di vers are u n a stilla di s angue. Sono fuggiti tutti indecorosamente. Oltre a ciò, le masse operaie sono tremendam e nte stufe di servir da zimbello a questi cosidctti rivoluzionati che n on sono capaci di distruggere e meno ancora sono capaci di riedificare. L a rivoluzione n o n è là. Non c'è nemmeno la rivolta. C'è il ballo di Sanvito della fra se inutile. Noi sdegniamo la « co rsa al più rosso» perché non aduliam o le masse e nulla chiediamo alle medesime; solo affe rmiamo che senza i dogmatismi delle tessere, senza i formalismi dei dog m i, se nza le cate ne e i paracarri dei soliti Partiti i nostri postul ati sono infiCUtamente più rin novatori dei balbe ttamenti e stremisti di tutte le specie.

Coi nostri postulati si spianano le strade all'avvento della democrazia politica e di quella economica: si spalancano le porte all'a vvenfrc d elle mass.e, senza dittature sterili e senza violenze i nutili. L ' I nghilterra h a effettuato in questi giorni un'immensa rivoluzione socialis ta che ab olisce in fatto il diritto di proprietà privata delle miniere e non si è_versaro una sola goccia di sangue. Noi ci infischiamo sovranamente che qualcuno - sopraffatto dalle vecchie nostalgie - ci tacci di reazionari pe r il fatto t o talmente occasionale che nella lotta an tibolscevica non ·siamo soli I contatti sono fatali per chi vive in so cietà. Potremmo controbattere i nos tri accusatori rimptovcrando lo ro altri contatti con altra p iù equivoca gente, ma q uesto non vale Noi abbiamo un program~a di pochi caposa ldi , un programma positivo, t adicale, rinnovatore : e attuabile, perché sta nella pienezza d ei tempi ed è nella coscienza <lclle moltitudini . Le quali, senza che noi le cerchiamo, ven• gono o tornano istintivamente a noi. Esse sentono che q ui è la vita, Che qui è l'azione. Altrove è la frase, la paralisi, e - ahimè ! - la viltà. MUSSOLINI

D a I l Popolo d ' lt afi<1, N. 107, 19 aprile 1919, VI.

Ideali E Affari

Non abbiamo, guardando Milano, dimenticato Parigi. Non abb iamo dimenticato che se qui, sulle nostre sttade e sulle nostre piazze, c'era da combattere una santa battaglia contro un sinistro per quanto ridicolo tentativo di dittatura politican te, a Parigi alcuni uomini erano impegnati in una lo tta ancor p iù aspra per difendere i diritti che il popolo italiano ha consacrato col sangue durante quaranta mesi di g uerra. A queSt'ora noi crediamo che la situaziolle paradossale della nostra politica e sterà sia stata risolta. ì'3. avvenuto questo. All'i ndomani della sua duplice e splendida v itto ria, duplice diciamo perché la resistenza del giugno permise e preparò l'att acco d ell'ottobre, l'Italia venne a trovarsi in una posizione curiosa. Coloro che sino all'ultimo avevano co mbattuto ferocemente contro di noi, croati, slovcJÙ, bosniaci, si p rese ntarono in veste di alleati e g iunsero sino a rivendicar e una p arte del bottino. Il tentativo di truffa della Rotta austriaca è uno d egli episodi più grotteschi che abbia la.st oria. C'era un nome e u n uomo che dava una giustificazione idealistica alla truffa : Wilson. O ggi g li s tessi wilsoniani danno u n r apido colpo d i spugna sull'insegna della città. Non va più. Nessuna meravig lia poteva destarc i il g ioco diplomatico e metternichiano e pontevedrino dei cos iddetti jugoslavi. Questo gioco che, a un dato momento, ha stupito e sdeg nato l'opinione pubblica italiana, è stato il contegno degli A lleati coi q uali eravamo stati fianco a fianco sino alla vittor ia. In un primo tempo, i francesi hanno mancato, navigando o sbarcando lungo le coste orientali dell'Adriatico, di quel « tatto» ch e pareva uno dei privilegi della loro razza. Sono s ta ti dei. gaffeur.r pericolosi; forse, amiamo supporre, p er ignoranza, non già per malafede. In dicembre-gennaio i rapporti italofrancesi n o n avevano la cordialità del le relazioni fraterne. O ggi la situazione è totalmente modificata. Eccettuato l'insignificante Gauvain (che un nostro collaborat ore pettina a d over e, in questo stesso numero) e ji so lito scocciatore Price del Journal e alcuni altri articolisti dei fogli sovversivi soc ial isti sempre spalancati a ricevere le elucubra. zioni e le calunnie jugoslave, s ta di fatt o c he la stampa fra ncese ha sposato , nella sua grandissima maggioranza, la tesi adriatica italiana.

Il nervpsismo dei mesi .scorsi è finito. Il blocco latino è e può essere una grande realtà.

J1 Paese dove si sono rilevate le opposizioni più accanite aWitalia è l'Inghilterra. Il vecchio dichl della « tradizionale amicizia italo-ing lese >> è in frantumi o quasi. Le «società». non pcssono modificare un convincimento che per quel che riguarda gli italiani è derivato da.i fatti. L'Inghil~rra fa nella pace il «suo)) affare - lautissimo -e abbandona le briciole a1l'Italia. L'idealismo americano fa il suo resto. La politica delle « mani nette», che immortalò Cairoti, è certamente altruistica e idealistica, ma se non sia praticata sotto la specie dell' universalità, si risolve in una bazza dei furbi alla faccia degli imbecilli. Se la conferenza di Parigi ci delude, per ammansire i feroci ed «eroi ci» croati, la delusione italiana potrebbe determina.re, nel tempo, delle situazioni impensate. Il quadro del mondo può essere delineato, al giorno d'oggi, dopo quanto si . è verificato a Parigi e silvo le modificazioni territoriali, in questi termini. Va affermandosi una potente egemonia ~nglo-americana, Le forme di questa egemonia sono economiche, ma qu:rndo si pensa all'importanza del fattore economico specialmente nell'attuale appena iniziato periodo di ricostruzione, si misurerà la portata storica dell'evento. Questa egemonia è mondiale, qui ndi anche europea. Il Giappone è un pruno nell'occhio dell'America e il Presidente Wilson detesta i piccoli uomini «gialli» del Sole Levante, ma l'egemonia anglo-sassone si è già affermata, malgrado il regime bolscevico, in Russia. Il b11sù1us americano sopraffà Lenin. Se la Russia di domani , colle sue immense risorse di materie prime e colle sue appendici slavo-balcaniche, diventa una colonia anglo-america na, qu.1le sarà la situazi one delle altre grandi nazioni del continente europeo? Quale sarà la situazion e dell'Italia, della Fra ncia che a noi semb ra.no refrattarie al contag io del socialismo as iatico ? Ci sarà più un piccolo posto per noi - latini - in questo eno rme accaparramento del m ondo, perpetrato dagli anglo-americani? Se n oi s are mo « traditi >1 - e la parola non è grossa- dalla coalizione anglò-ame ricana, noi cadremo, fatalmente, malgrado tutte le ripugnanze morali e fisiologiche che ci ins pirano i germanici, nel blocco delle forze a nti-inglesi. L'Italia, anche per la sua posizione geografica, che la mette in contatto quasi immediato coll'Egitto, col Canale di Suez, col Mediterraneo orienta.le, col mondo indiano, potrebbe domani assolvere il compito di far saltare l'Impero inglese ·asiatico-africano , tanto più che i ferme nti indigeni non mancano e la cronaca in questi giorni n'è piena. Questa nota non vuole anticipare ciò che p otrà avve nire; pretende di influire, all'ultimo minuto, sui quattro s:iggi che decideranno oggi stÌlle nostre questioni. Gli ing les i, rari, che in questi ultimi g iorni hanno versato alcune lacrime sull'amicizia ita lo-britannica che no n è p iù quella di una volta, devono aver riflettuto s ulle eventualità - vicine o remote - che noi abbiamo prospettato. L'Idanda è lontana dall'Italia, ma l'Egitto è a poche o re di navig azione. Vog liamo sperare che l 'Italia v edrà totalmente consacrato il suo diritto. Caso contrario, la nostra politica di domani non potrà essere o rientata che a stabilire un po' di giustizia fra noi p roletari e la più grassa e borghese nazione del mondo.

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