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COMMEDIA O BUONA FEDE ?

A ?\,filano 'è stata costituita con decreto prefettizio la (< Commissione provinciale di avviamento al lavoro » Eccellente iniziat iva che darà o dovrebbe dare ottimi frutti . È un episodio simpatico di collaborazione fra Stato, Comune, Indu striali e Lavoratori. Non solo le" masse operaie non hanno d eclinato l'invito del rappresentante dell 'autorità statale, ma hanno nominato a membri della .Commiss ione le personalità più in vista delle organizzazioni. Accanto·al dottor Fausto P agliari, che · rappresenta il Comune socialista, e a D edo Bacchi dell'Unione sindacale milanese, troviamo, quali membri della Commissione collabor azionista, Ernesto Ghezzi, segretario della Federazione edilizia; Fra nco Mariani, segretario della Camera d el Lavoro; Pietro Pampado, degli operai m etallu rgici; Ernesto Schiavello, dei tessili; mentre l'ing. Alberto Ri va rapp resenta simultaneamente padroni e operai. Gli scopi della Commissione sono chiari. Si u:atta di « ripr endere» a produrre per le opere di pace. Si t ratta di fac ilitare la soluzione della crisi del dopo-g uerra. Si t rat ta di sistemare, n el mig lior modo e nel più rapido tem po possibile, le maestranze industriali. E. insomma, u n'opera di pace sociale. Ora, do mandiamo: come si concilia q uesto collaborazionismo, che approviamo, se è sincero, coUa predicazione es~remista dei capi socialisti? Come p ossono andare d 'ac~ cardo quelli che vogliono avviare le masse al lavoro, con quelli che vog lio no - invece - avviare le masse allo sciopero generale insurrezio nale, senza e sclusione d i m ezzi, senza limitazione di tempo? Fra i due gruppi c'è un'antitesi precisa. Coloro che seguono, anche passivamente il verbo estremista, non dovrebbero preoccuparsi della ripresa del laV"oro, dovrebbero invece di r ior ganizzare ·la vit1 soci1le, disorganizzarla s ino ai I.imiti del possib ile, appunto per rendere più facile il successo del colpo di mano .

Quell'incoerenza formale e sostanziale, che notiamo qui a propo· sito d eJla partecipazione dei socialisti ufficiali alla Commissione di a vviamento al lavoro, è palese anche i n una lettera che l'Avanti! ha. chiamato ((vibrant e» del sindaco Caldara, le ttera diretta all'on. Orlando, per affrettare una « politica d ì lavoro n. La (( politica di lavoro >> n on p u ò essere co?fusa collo scio pero senza scopo . D opo aver eleo- cato i lavori d a iniziare per « co nttibu ire efficacemente e largamente alla ripresa della nostra vita economica. )), il sindaco socialista di Milano afferma Che, o ltre al risp armio d ei s ussidi, bisogna tener conto (< di sana ,onservaz.ione sociale doverosa e urgente ptr lutti in quest'ora >). Q ueste parole sono di chia-ro sig nificato. E poiché d rifiut iamo di credere, sino a prova contraria, che l'av v. E m ilio Cald ara, sindaco dì M ilano, sia un incoscient e che se.rive ciò che no n pensa, d omandiamo : come può l'avv Caldara, che si preoccupa - giustamente e urgentemente - d ella « sana conservazione sociale))• r imanere nel b ranco ins ieme con coloro che vantano per formula il « tanto peggio tant o meglio >> e invece di « conservare )> ciò ·che conserva.re si d eve, t utto voglion distruggere per instau rare sulle r ovine e sulla diso rganizzazione generale la cos ide tta dittatura del proletariato ? Se l'avv. Caldara rispettasse le norme del Concilio socialìsta che siede a ·Roma, non solo non d ovrebbe scrivere let tere d i quel genere al capo de l Governo b orghese d 'Italia, n o n solo non dovrebbe at tivare la ripresa dei lavo ri pubblici, ma dovr ebbe, invece, trascurare quest e pratiche e rimettere la soluzio ne di t utti i p rob lemi al g iorno in cui spunterà il famos o so le....

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L a vit a, che è più complessa di quel che non cred ano nel loro semplicionismo di allucinati d al grosso « trani )> bo lscevico i tesser ati d el Pur, la vita impone di q ueste << i ncoerenze ». P oiché la vita si prende le più allegre vende tte. Poiché è fatale che la biscia debba finire col m ordere il ciarlat ano. La n o tizia p iù curiosa dei g iornali di ieri era quella che an nuncia':a, ne i seguenti termini, che prendiamo dal S ecolo, un p!Obab ile sciopero dei salariati comunali di Bologna. Eccolo:

<i G li impieg3.ti mu nicip3.li, i pompi eri e le gua rd ie municipali, le guardie daziarie, g li inservienti, gli accalappiacani compresi, sono fermamente dC<:isi a fare sciopero per l unedl mattina se l'amm inistrazione comuna le socialista non concede loro quei miglioramenti C1::onomici p romessi e poi n('gati. - Cosl lunedl le barriere daziarie forse r imarranno deserte, le guardie municipali affolleranno la Camera del lavoro coi pompieri e cogli impieg ati a lti e bassi, i cani potranno circolare liberamente senza museruola, i morti.. .. attenderanno invano i becchini. V edremo se il sindaco e la giunta saran no capaci di sventare · la bu fera».

A Bo logna il Comune è socialista u fficiale. G li ammi nistrato ri della cosa pub blica sono piuttost o «dondo loni )), ma 1~ m asse so no << p uss istC; » alla Lenin . Ora è « straordinario )) che u n' amministrazione socialista si veda m inacciata da uno sc iopero dei << p ro letari » da lei dipendenti. I social isti << sfr"uttano }> dunque questi p overi· p ro letari ?

I socialisti bevono il sangue di q ue sti poveri proletari, tanto da co- stringerli, per la difesa delle Joro « sacro sante aspirazioni )), a impu· gnarc « l'arma suprema dello sciopero di classe ? P ar e. Ma la verità può essere quest a. I proletari di cui sopra hanno chiesto quello che n essun Comune - socialista, ,borghese o b olscevico - può conced ere. Il Comune socialista resiste al disfrcnato appetito de lle categorie. E fa bene. M a questo minacciato sciop ero co ntro il socialismo co munale di Bologna, non inseg na dunque che la decantata « coscierì.za .» delle màsse è ancora crepuscolare e che ci so no dei « limiti » che n essuno può superare pena la disso luzione e la morte ?

L'episodio singolare e clamor oso, ma n o n unico, di B olog na, è u n 'a nticipazione modesta di q uel che succederebbe ai socialisti se invece di amministrare un Comune, do vessero, domani, di punto i n bianco, reggere lo Stato. Gli appetiti di tutti coloro che dig iunano da tanti anni, si scatenerebbero immediatamente nella fatua illusion e di p o ter tutto o tte nere n el nuovo impro vviso r egno di Cuccag na~ e, co me opinava Ri naldo ·R igola, dato il f atto della pro duzio ne deficitaria e d ella crisi generale, il nuovo regime, impo t ente a so ddisfare tutte le richieste, avrebbe v ita corta e grama. ·

Noi n on d lusing hiamo di d et erminare, sia pure in minima ·parte, con questi e altri ragionamenti, un ritorno alla ragione i~ colo ro c he hanno la tercibile responsabilità di gu idare le masse e si propongono di sospingerle a qualunque costo sul terreno della imitazione russa.

Se le parole non valgon o , varranno i fatti.

MUSSOLINI

Da // Popolo d'Italia, N . 100, 10 aprile 1919, VI.

Prevedibile, come noi l'avevamo previsto, e ci voleva poco!

Lo sciopero generale di Roma è fallito, pietosamente, clamorosamente, irreparabilmente fallito. Non importa che l'astensione dal Javoro sia stata generale. Moltissimi operai hanno aderito condizionatamente allo sciopero, molti altri hanno sublto senza entusiasmo l'imposizione. Ma lo sciopero ro mano, grottesco nelle motivazioni, doveva essere, a detta degli stessi o rganizzatori, un inizio di quel movimento che dovrebb e consegnare l'Italia alla dittatura dei mediocri e venderecci politicanti del socialismo italiano. D opo la g iornata dì ieri, d opo la formidabile lezio ne di ieri, è assai probabile che di sciopero generale a Roma non si parlerà più per molto t empo. La provocazione è stata rintuzzata in modo superiore alle nostre aspettazioni.

Cosi doveva essere, Poiché lo sciopero non aveva giustificazioni di sorta.

La classe operaia francese ha forse scioperato dopo l'assoluzione dell'assassino di Jaurès? Salvo che a Carmaux, in nessun'altra città di Francia, il proletariato ha disertato le officine.

La protesta popolare si è ridotta ad un grande corteo, ordinatissimo e , domenicale. Di scioper o generale nessunò ha parlato.

Ora ci domandiamo: è mai possibile che i trentamila tessera~ del Pactito Socialista Ufficiale - trentamila, e non tutti uniti, su quaranta milioni di abitanti - pensino realmente di poter tentare sul corpo della Nazione, che non è vile, la loro esperienza leninista? È mai possibile ch'essi credano che non si scatenerebbero, davanti al tentativo miserabile, le più disperate resistenze?

Vero è che i trentarnda tesserati - non tutti uniti e non tutti c onvinti, del Partito cosidetto Socialista - possono contare su una parte della borghesia intellettuale e p oliticastra, che - perfett.amente tedesca - prepara coi suoi Snobismi imbecilli, colle sue cerebrazioni filos ofiche e sopratt utto colla sua paura fisica e colle sue avversioni alla nostra g uerra, l'ambiente adatto alla coltura del bàcillo dissolvit ore.

Vero è che accanto all'A vanti I di Roma, c'è il Tempo di Roma; vero c he accanto all'Avanti I di Torino, c'è la Stampa, di.retta da quell'fmmonda caiogna che risponde al nome di Frassati, il senatore spudoratamente mentitore , come fu documentato a Portog ruaro, quel Frassati capace di tutte le azioni fangose e qualche notaio lorines, lo Sf!. M'intendete, vigliacchissimo e turpissimo senatore? Apro una parent esi in prima persona....

SL I socialisti hanno degli alleati più o meno incoscienti, ma il . nostro popolo è sano, I soldati lo stesso, È inutile che i socialisti gettino fra ' i soldati i volantini eccitatori. I soldati lo Sanno che si tratta nella maggior parte di imboscati; di gente che ha attraversato quatuo anni di guerra con tanto di fascia al braccio; di gente che s i è d ivertita, che ha gozzovigliato, che se n'è infischiata, mentre lassù, n ell'arco tragico dallo Stelvio all'Adriatico, si sanguinava e si moriva, perché fosse concesso all'A vanti! di stampare le sue ignobili vignette, senza il visto preventiVo della Ko111111a11dan1J,r•••.

« A b b asso la dittatura di un Partito !», gridavano or è poco tempo gli operai di Pietrograd o, affamati, mitragliati, torturati e dispersi dalla feroce polizia leninista!

Q uesto è il vostro grido I

È il grido col quale chiamiamo a raccolta. _tutte le forze vive della Nazione italiana, ·

Nel Paese che ha dato zoo mila v olontari alla guerra di liberazione, non ci sono dunque più trentamila uomini disposti, se è necessario, . ad i mpegnare la battaglia? q sono. È di ieri l'appello dell'Associazione volontari italiani nel quale è detto che essi « riprende.ranno le armi n per difendere la vittoria da chiunque volesse mutilarla o sabotarla

Noi sappiamo benissimo che stanno sul tappeto problemi formidabili. Sappiamo perfettamente che l'Italia dev'essere rinnovata dal profondo, nella s ostanza e non solo nelle etichette. Ma tutto ciò d ev' eSsere l 'opera del popolo v ittorioso, di quello che è t ornato o tornerà dalle trincee, di quei combattenti che si raccolgono dovunque in ogni angolo d ' Italia e cercano un te rreno comune per la intesa e per l'azione, contro tutte le forze disgregatrici della Nazione.

L'Italia non è la Russia e Roma l'Eterna - centro di tre civiltà mondiali - non è la città costruita artificiosamente sulle rive di un fiume gelato, come Pietrogrado. In Italia, non c'è la mentalità pas· siva, fatalistica, orientale racchiusa nel disperato-Nitcewo (non fa nulla), col quale i russi cercano di dare una 6.Iosoha alla vita e di rJl.sseg narsi all' avversità degli uomini e del destino.

Mussouni

Da Il Ptopolo d'Italia, N. 101, 11 aprile 1919, VJ,

La Grande Menzogna

Se è vero, come si afferma d a taluno , che la democrazia « politica )> sia una delle più grandi menzogne convenzionali del secolo, è altrettanto vero che la « d emocrazia p r oletaria )) è una menzogna convenzionale, nel pieno senso delle due parole.

I dirigenti del proletariato la fanno da padroni. Quante volte vi è accaduto di sentire un socialista u fficiale, dall'alto della bigoncia mit.ingaia, tuonare contro i re, gli i mperatori, i cliplomatici, i genetaU, i governi che dispongono delle masse del popolo senza d arsi la pena di preventivamente consu ltarle?

Ora i dirigenti d el proletariato agiscono come i tappresentanti delle vecchie istituzioni: fanno quel che voglio n o, da padroni, senza interrogarlo mai. Quel ch'è successo a Roma dimo stra che la dem ocrazi.i. proletaria rassomiglia a quell'altra; anzi è ancor più anden rlgi N1e ; prova che i capi delle masse, ·siano poveri e modesti segretari di Camere del Lavor~. considerano gli organizzati o i marchettati come dei « sudditi >> che devono eseguire, senza discutere, gli ordini emanati dall'alto. Chi ha proclamato lo sciopero generale a Roma ? Il p rolètariafo, forse ? No. Il p roletariato non c'entra. Non è -stat o né direttamente né indirettamente inte rpellato.

Padro nissimo il signo.c Manic i, noto per le sue revolve.cate amorose nelle piccole cronache nere della capitale, d_i. proporre lo sdÒpei:o generale, l'i nsurrezione, il catafasc io mondiale. Proporre, signori della democrazia proletaria, ma non disporre. Né la C. E., che equivarrebbe al Consiglio dei ministri nel porenzia.le costituzionalismo proletario, poteva disporre. E nemmeno il Consiglio generale, che sa.tebbe come chi dicesse il padamento della massa, o rganizzata nella C. del L., 'aveva il diritto dì gettare allo sbaraglio i lavoratori romani. Bisognava, se la democrazia proletaria non .rassomigliasse all'altra, bisognava convocare le assemblee delle singole leghe e ivi i delegati al Consiglio generale avrebbero dovuto porre i n discussione la proposia di sciop ero generale, Solo nel caso in cui la maggioranza di tutte le assemblee di tutte le leghe aderenti si fosse pronunciata favorevole allo sciopero generale, solo allora, il dirigente o i dirigenti, avr ebbero potuto, con sicura coscienu, lancia.re l'ordine d i sciopero, certi d'in- t erpretare la volontà della massa. A Roma, nulla dì ciò è avvenuto. Tre, cinque u omini, n on proletari, invece di eseguire la vo lontà delle masse, hanno capovolto ·esattamente i termini, e hanno fa tto eseguire alla massa la loro volo ntà personale, hanno fatto della massa il ludibrio e lo strumento di un lo ro capriccio, di una loro speculazione politica, più o meno nefanda.

Lo sciopero generale che d o vrebbe impegnare ben otto milio ni di operai in tutta Italia, non è stat o, forse, decretato da dieci signori borghesi, riuniti a conclave a Milano ?

Può essere che il sistema d e lla consultazione diretta non sia sempre applicabile nella concreta realtà della vita; può essere che democrazia proletaria, più che un sistema g iuridico , sia soltanto· u na « tendenza » ; ma aHora i socialist i ufficiali perdono il diritto di criticare i metodi e i sistemi dei . governi capitalisti, , perché ess i socialisti non fanno che p edissequamente imitarli.

]\fa no i vorremmo c hiedere ai proletari, specialmente a que Ui che avendo fatto la guerra hanno una vasta esperienza: fino a quando permet tciete che .ì vostri dirigenti, che i vostri stipendiati giuochino sulla vostra pelle? Sino a quando permetterete ch'essi vi m enino per il naso, nella più ridicola delle maniere? Richiamateli, se non alla coerenza, almeno al pudore I

Si vuol togliere ai re, per investirne i parlamenti e il popolo tutto, il diritto d i pace e di g uerra; ma perché il diritto di pace o di guerra proletaria - e Jo sciopero generale è l'episodio più clamoroso di questa guerra - inVece di risiedere nelle masse, è monopolizzato d ai novissimi « unti )) di un miste rio so signore. che imperversa a Mosca? C'è una stridentissima conuaddizione. La parola d'ordine dei prolc:tari veramente co scienti dovrebbe es sere questa: prima di disporre a vostro piacimento della nostra vita, signori dirigenti, interr ogateci a m ezzo delle assemblee o meglio ancora coi referendum. L'autorità suprema sia in noi, nOn in voi....

Ma questo discorso è, fo rse, inutile. Come ieri, come oggi, come d omani, come sempre; sotto t utte le latitudini, presso· t utti i popoli, in regime pre ' 89, in regime post '89;, capitalistico, proletario, sovietis tico : vulgus vult decipi: il volgo vuo l essere turlupinato.

E s' egli ne è co ntento, goda I

Da li P.o polo d'Italia, N. 102, 12 :tpti le 19 19, V J.

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