ARTE IN ASSETTO DI GUERRA

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IV. 1944: LA LINEA DELL’ARNO

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Il 15 dicembre Farnesi annotava che i lavori al Camposanto e al tetto del Duomo, eseguiti a cura della Soprintendenza, erano sospesi, mancando i fondi. Il 31 dicembre gravi rischi corse il Palazzo della Carovana, dove si sviluppò un incendio in occasione di una delle numerose feste organizzate dagli Alleati, a causa di una stufa a nafta e benzina fatta collocare dagli ufficiali nel Salone degli Stemmi. Il fuoco fu domato in 30 minuti, prima di propagarsi alla biblioteca di 280.000 volumi collocata al piano inferiore. Luigi Russo scrisse al generale Hume per chiedere nuovamente la derequisizione del palazzo: «Signor Generale Hume Compio il dolorosissimo incarico di comunicarle che a Pisa, nel Palazzo cinquecentesco, opera del Vasari, della Scuola Normale Superiore, il 31 dicembre si è sviluppato un grave incendio nel Salone degli Stemmi (la nostra Aula Magna), per adesso adibita a sala da ballo degli ufficiali americani»62. I danni non erano gravi, ma era grave il fatto che gli ufficiali, dopo l’incendio, fossero tornati ad utilizzare la sala per concerti e balli, senza rispettare un palazzo cinquecentesco «che non si può lasciar andare in rovina, per nulla» e che conteneva una preziosissima biblioteca. E concludeva: «la cittadinanza pisana osserva: i tedeschi erano cattivi, e con loro non c’era niente da fare; ma gli americani sono esseri buoni e affettuosi. Perché ci devono procurare queste nuove sventure?». Il palazzo fu riconsegnato alla città soltanto il 25 settembre 1945.

9. Ricostruzione Il 25 novembre 1944 l’Università aveva inaugurato l’anno accademico 1944-1945. Due sale del Museo civico, quella degli arazzi e quella della pittura, furono concesse in uso temporaneo alla Facoltà di Ingegneria, occupata dagli Alleati. L’Università si impegnò così a trasferire i pochi oggetti ancora esistenti in altre sale, isolandole da quelle utilizzate. Erano occupati anche altri istituti, come quello di Agraria, di Chimica Generale e di Igiene, oltre alle abitazioni di alcuni professori universitari «ridotti pertanto a vivere in condizioni di intollerabile disagio in Pisa o a trovare alloggio fuori della città»63. L’Hotel Victoria venne restituito ai proprietari alla fine dell’estate 1945, con gli arredi semidistrutti e un quarto del volume crollato. Andrea Piegaja non chiese i danni di guerra, perché riteneva dovessero es-


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