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2. L’ opera dell’OIM

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ARTE IN ASSETTO DI GUERRA

dere a nasconderli, ma solo a porli in condizione di resistere agli effetti dei bombardamenti non mirati salvo il caso in cui il loro occultamento non sia richiesto da esigenze belliche, come quella di togliere al nemico sicuri punti di riferimento»6 . Particolari accordi, comunque, andavano presi con le Autorità Militari per allontanare possibili obiettivi militari dagli immobili di maggior valore. Il Comitato provinciale, d’ accordo con il soprintendente, avrebbe dovuto compilare due registri, uno per la protezione del patrimonio intrasportabile ed uno per il patrimonio mobile da sgomberare, suddiviso in oggetti di pregio da trasportare lontano dalle città, ma sempre, possibilmente, entro l’ ambito della provincia; oggetti di minor pregio da nascondere in sotterranei della città; oggetti comuni da lasciare sul posto.

La circolare 158 del 13 ottobre 1938 avrebbe infatti richiesto gli elenchi delle opere d’ arte suddivise nelle tre classificazioni proposte dalla Commissione per la protezione e vigilanza delle opere e degli istituti in caso di guerra: opere di «preminente interesse artistico», opere «di qualche interesse artistico» e «opere rimanenti», dopo aver sottolineato, con la circolare del 7 giugno, che le opere d’ arte di «eccezionale interesse» erano quelle la cui distruzione o il cui danneggiamento avrebbe costituito «una gravissima perdita per il patrimonio artistico nazionale».

2. L’ opera dell’OIM

In seguito alle gravi perdite subite dal patrimonio artistico durante la prima guerra mondiale, l’Office International des Musées (OIM) stava elaborando un progetto di convenzione da presentare alla Società delle Nazioni. Rappresentante dell’Italia nel comitato di esperti, in qualità di membro del Comitato di direzione dell’OIM, era Francesco Pellati, ispettore superiore delle Belle Arti di Roma che, come Alfred Stix rappresentante austriaco, si dimise nel 1938; Charles de Visscher, membro della Corte Permanente di Giustizia Internazionale, giocò un ruolo fondamentale nella stesura del progetto. Obiettivo dell’OIM era quello di ispirarsi a concezioni realistiche della guerra: gli Stati avrebbero accettato la convenzione se questa non si fosse opposta agli interessi militari. Era quindi necessario togliere ogni pretesto all’ attacco di monumenti e opere d’ arte, sottolineando l’ assenza «d’ un intérêt militaire sérieux à leur destruction»7 . Al progetto dell’OIM si deve il concetto, ripreso dalla Convenzione dell’Aja del 1954, che la preparazione dei monumenti

II. INTORNO AL 1940: ITALIA IN GUERRA 31

alla guerra va effettuata in tempo di pace, ammettendo che «la conservation du patrimoine artistique et historique intéresse la communauté des Etats: les pays détenteurs des richesses artistiques n ’ en sont que les dépositaires et ils en restent comptables vis-à-vis de la collectivité»8 . Si sottolineava inoltre la necessità da parte delle autorità di «inculquer», parola ripresa nella Convenzione dell’Aja, il senso di rispetto delle truppe per il patrimonio artistico, reprimendo ogni forma di saccheggio, depredazione e rappresaglia. Lo scoppio della guerra impedì lo sviluppo delle consultazioni, e il progetto dell’OIM rimase sulla carta.

Non ebbe seguito nemmeno il tentativo dell’ associazione Lieux de Genève, che prescriveva il rispetto dei monumenti non solo nel momento dell’ offesa, ma anche in quello della ritirata, aspetto che sarebbe stato particolarmente importante durante la campagna d’Italia.

Le ricerche dell’OIM sfociarono, nel 1939, in un numero monografico di «Mouseion» dedicato alla protezione dei monumenti e delle opere d’ arte in tempo di guerra, un manuale tecnico e giuridico di istruzioni per gli Stati coinvolti in un conflitto. La prima parte, relativa ai metodi tecnici di protezione, distingueva fra salvaguardia di opere d’ arte mobili, protezione dei locali e protezione dei monumenti d’ arte e di storia. Saranno queste le indicazioni che guideranno i Paesi belligeranti nella difesa delle proprie opere. La seconda parte, giuridica, raccoglieva i principali provvedimenti in vigore.

Per le opere d’ arte mobili le istruzioni riguardano la selezione degli oggetti, la loro evacuazione e la scelta del rifugio adatto, lontano da obiettivi militari, grandi vie di comunicazione e grandi centri industriali o demografici. Seguivano indicazioni per l’imballaggio degli oggetti, da realizzare con materiale ignifugo e in modo da permettere ispezioni periodiche. Per le protezioni sul posto si suggerivano materassi con imbottitura vegetale o lana di vetro davanti agli affreschi e, per i mosaici, sacchi di sabbia impermeabili e incombustibili sorretti da una struttura metallica. Le superfici pittoriche dovevano essere protette con veline e ricoperte da tele ignifughe non aderenti.

Per la protezione dei locali, rivestimenti inclinati in materiale ammortizzante e un sistema di superfici di esplosione avrebbero potuto ridurre gli effetti delle bombe esplosive. Nella maggioranza dei casi, comunque, era consigliabile premunirsi contro i rischi meno gravi, ma più frequenti, degli effetti indiretti delle esplosioni: schegge, spostamento d’ aria, vibrazioni. Terrapieni, sacchi di sabbia, contrafforti verranno così a caratterizzare il panorama delle nostre città d’ arte, nella piena consapevolezza, però, che «nessun blindamento, nessuna protezione poteva