Obesity Barometer Monitor

Page 89

Dati dietetico-nutrizionali Antonio Caretto Presidente Fondazione ADI Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica

L

e abitudini alimentari degli italiani sono molto cambiate nel corso degli ultimi anni, e nonostante ci sia una tendenza comune a fare delle scelte nutrizionali più consapevoli, dove ogni individuo mette in primo piano differenti esigenze, l’importante flusso di informazioni con le quali si viene a contatto può risultare a volte fuorviante, allontanando così la persona da quelle che sono le sue abitudini, portandolo a sperimentare. Siamo in un’epoca caratterizzata da un polimorfismo alimentare, numerose sono le persone che adottano scelte alimentari personali: c’è chi segue regimi alimentari particolari perché pensa possano portare benefici per la propria salute, chi per motivi etici o religiosi o salutistici decide di eliminare degli alimenti dalla propria dieta, chi compra solo biologico, chi tende a consumare solo prodotti di alta qualità, chi sceglie di eliminare i cibi cotti, chi sceglie l’equo-solidale, chi preferisce il km 0, ognuno adotta le abitudini che sente più sue. Secondo gli studi fatti negli ultimi anni quasi 2 italiani su 5 dichiarano di seguire un personale tipo di alimentazione che esclude o limita il consumo di determinati ingredienti: le diete più comuni tra i consumatori italiani sono quelle a basso contenuto di grassi (18%) e “lowcarb” (11%). Per oltre 1 italiano su 5, invece, il cibo è vissuto come una “medicina” e privarsi di un particolare alimento o gruppo alimentare diventa quasi una necessità funzionale a determinate patologie: il 23% dei rispondenti afferma di essere personalmente intollerante o allergico a qualche ingrediente oppure di avere in famiglia qualcuno che soffre di particolari intolleranze o allergie alimentari, senza dimostrazione scientifica. [1] Il polimorfismo alimentare però sta proprio nel fatto che ognuno tende a seguire un proprio “credo alimentare”, ma poi si tende a spaziare incoerentemente, infatti ad esempio si recano al fast-food il 27% di acquirenti abituali del commercio equo-solidale, il 26,7% degli acquirenti abituali di prodotti biologici, il 22% di acquirenti di prodotti Dop e Igp ed il 22,6% di coloro che solitamente fanno acquisti direttamente dal produttore. [2] Il consumo frequente di e ai fast food è stato associato ad un aumento dell’indice di massa corporea (BMI). L’accesso al fast food è stato associato a maggiori assunzioni di energia, grassi, sodio, zuccheri aggiunti e bevande zuccherate e minori assunzioni di frutta, verdura, fibre e latte nei bambini, negli adolescenti e negli adulti. [3]

Alimentazione, obesità e malattie non-trasmissibili. L’obesità è una malattia multifattoriale di cui l’apporto alimentare svolge un ruolo nel determinismo e nella terapia della stessa patologia. Uno dei motivi per cui il numero di persone obese ha subito un continuo critico aumento nel corso degli ultimi decenni è da attribuire anche al fatto che sono aumentati i livelli di calorie assunte quotidianamente, che sono ben oltre il fabbisogno energetico giornaliero. Oltre alla quantità di alimenti vi è anche stato un errato apporto qualitativo nella alimentazione della popolazione, che si interseca nel globale ambiente obesogeno. Un apporto dietetico non ottimale è un importante fattore di rischio prevenibile per le malattie non trasmissibili (NCD); la correlazione tra le abitudini alimentari e le NCD è stata ampiamente studiata. Studi randomizzati a lungo termine con endpoint NCD sono stati eseguiti solo per alcuni dei fattori dietetici, ma la sintesi di altre prove epidemiologiche, inclusi studi osservazionali prospettici a lungo termine e studi a breve termine con esiti intermedi, hanno fornito prove a sostegno di potenziali relazioni causali tra fattori dietetici specifici (ad es. frutta, verdura, carne lavorata e assunzione di grassi trans) e NCD (cardiopatia ischemica, diabete e tumore del colonretto). Uno studio recente pubblicato sul The Lancet nel 2019 sugli effetti sulla salute di fattori di rischio alimentari in 195 paesi, 1990–2017, con un’analisi sistematica per il Global Burden of Disease Study 2017 ha dimostrato che nel 2017, 11 milioni di decessi e 255 milioni di DALY (Disability-adjusted life year) erano attribuibili a fattori di rischio dietetici. In particolare l’elevata assunzione di sodio (3 milioni di decessi e 70 milioni di DALY), la bassa assunzione di cereali integrali (3 milioni di decessi e 82 milioni di DALY), e la scarsa assunzione di frutta (2 milioni di decessi e 65 milioni di DALY) sono stati i principali fattori di rischio dietetici per decessi e di DALY a livello globale e in molti paesi. [4] L’eccessivo apporto calorico e la cattiva qualità della dieta sono tra i principali fattori dell’obesità, insieme a uno stile di vita sedentario. Tra le strategie disponibili per la riduzione del peso, l’intervento dietetico più importante è il controllo delle porzioni e la limitazione dell’apporto calorico poiché il bilancio energetico negativo totale è fondamentale per la perdita di peso. Inoltre la qualità dell’assunzione di cibo oltre alla quantità ha un 89


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.