23 minute read

Dati dietetico-nutrizionali

Antonio Caretto

Presidente Fondazione ADI Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica

Le abitudini alimentari degli italiani sono molto cambiate nel corso degli ultimi anni, e nonostante ci sia una tendenza comune a fare delle scelte nutrizionali più consapevoli, dove ogni individuo mette in primo piano differenti esigenze, l’importante flusso di informazioni con le quali si viene a contatto può risultare a volte fuorviante, allontanando così la persona da quelle che sono le sue abitudini, portandolo a sperimentare. Siamo in un’epoca caratterizzata da un polimorfismo alimentare, numerose sono le persone che adottano scelte alimentari personali: c’è chi segue regimi alimentari particolari perché pensa possano portare benefici per la propria salute, chi per motivi etici o religiosi o salutistici decide di eliminare degli alimenti dalla propria dieta, chi compra solo biologico, chi tende a consumare solo prodotti di alta qualità, chi sceglie di eliminare i cibi cotti, chi sceglie l’equo-solidale, chi preferisce il km 0, ognuno adotta le abitudini che sente più sue. Secondo gli studi fatti negli ultimi anni quasi 2 italiani su 5 dichiarano di seguire un personale tipo di alimentazione che esclude o limita il consumo di determinati ingredienti: le diete più comuni tra i consumatori italiani sono quelle a basso contenuto di grassi (18%) e “lowcarb” (11%). Per oltre 1 italiano su 5, invece, il cibo è vissuto come una “medicina” e privarsi di un particolare alimento o gruppo alimentare diventa quasi una necessità funzionale a determinate patologie: il 23% dei rispondenti afferma di essere personalmente intollerante o allergico a qualche ingrediente oppure di avere in famiglia qualcuno che soffre di particolari intolleranze o allergie alimentari, senza dimostrazione scientifica. [1] Il polimorfismo alimentare però sta proprio nel fatto che ognuno tende a seguire un proprio “credo alimentare”, ma poi si tende a spaziare incoerentemente, infatti ad esempio si recano al fast-food il 27% di acquirenti abituali del commercio equo-solidale, il 26,7% degli acquirenti abituali di prodotti biologici, il 22% di acquirenti di prodotti Dop e Igp ed il 22,6% di coloro che solitamente fanno acquisti direttamente dal produttore. [2] Il consumo frequente di e ai fast food è stato associato ad un aumento dell’indice di massa corporea (BMI). L’accesso al fast food è stato associato a maggiori assunzioni di energia, grassi, sodio, zuccheri aggiunti e bevande zuccherate e minori assunzioni di frutta, verdura, fibre e latte nei bambini, negli adolescenti e negli adulti. [3]

Alimentazione, obesità e malattie non-trasmissibili.

L’obesità è una malattia multifattoriale di cui l’apporto alimentare svolge un ruolo nel determinismo e nella terapia della stessa patologia. Uno dei motivi per cui il numero di persone obese ha subito un continuo critico aumento nel corso degli ultimi decenni è da attribuire anche al fatto che sono aumentati i livelli di calorie assunte quotidianamente, che sono ben oltre il fabbisogno energetico giornaliero. Oltre alla quantità di alimenti vi è anche stato un errato apporto qualitativo nella alimentazione della popolazione, che si interseca nel globale ambiente obesogeno. Un apporto dietetico non ottimale è un importante fattore di rischio prevenibile per le malattie non trasmissibili (NCD); la correlazione tra le abitudini alimentari e le NCD è stata ampiamente studiata. Studi randomizzati a lungo termine con endpoint NCD sono stati eseguiti solo per alcuni dei fattori dietetici, ma la sintesi di altre prove epidemiologiche, inclusi studi osservazionali prospettici a lungo termine e studi a breve termine con esiti intermedi, hanno fornito prove a sostegno di potenziali relazioni causali tra fattori dietetici specifici (ad es. frutta, verdura, carne lavorata e assunzione di grassi trans) e NCD (cardiopatia ischemica, diabete e tumore del colonretto). Uno studio recente pubblicato sul The Lancet nel 2019 sugli effetti sulla salute di fattori di rischio alimentari in 195 paesi, 1990–2017, con un’analisi sistematica per il Global Burden of Disease Study 2017 ha dimostrato che nel 2017, 11 milioni di decessi e 255 milioni di DALY (Disability-adjusted life year) erano attribuibili a fattori di rischio dietetici. In particolare l’elevata assunzione di sodio (3 milioni di decessi e 70 milioni di DALY), la bassa assunzione di cereali integrali (3 milioni di decessi e 82 milioni di DALY), e la scarsa assunzione di frutta (2 milioni di decessi e 65 milioni di DALY) sono stati i principali fattori di rischio dietetici per decessi e di DALY a livello globale e in molti paesi. [4] L’eccessivo apporto calorico e la cattiva qualità della dieta sono tra i principali fattori dell’obesità, insieme a uno stile di vita sedentario. Tra le strategie disponibili per la riduzione del peso, l’intervento dietetico più importante è il controllo delle porzioni e la limitazione dell’apporto calorico poiché il bilancio energetico negativo totale è fondamentale per la perdita di peso. Inoltre la qualità dell’assunzione di cibo oltre alla quantità ha un

effetto significativo sulla perdita di peso. In generale, il consumo di alimenti ad alto contenuto di fibre e acqua come frutta, verdura e cereali integrali può aiutare a promuovere un peso sano dato il loro alto indice di sazietà e il contenuto di fibre/acqua. Così pure la limitazione simultanea di alimenti “calorie vuote” come bevande zuccherate, dolciumi, verdure amidacee e alimenti trasformati sono essenziali per una perdita di peso prolungata.

Dieta Mediterranea

Tra i modelli dietetici più studiati per efficacia nelle malattie cardiovascolari sono la dieta mediterranea e la DASH, che hanno dimostrato di essere strategie efficaci per la perdita di peso a lungo termine. La dieta mediterranea (MD) è stata identificata come la più efficace tra le altre diete in termini di prevenzione delle malattie legate all’obesità. La MD è caratterizzata da un alto apporto di verdure, frutta, noci, legumi, cereali integrali e olio d’oliva, nonché da un moderato consumo di pesce e prodotti lattiero-caseari e da un basso apporto di carne rossa e dolci. E’ una alimentazione povera di grassi saturi e ricca di grassi monoinsaturi, fornisce un’elevata quantità di composti bioattivi antiossidanti e di fibra, ed è caratterizzata da un rapporto bilanciato di acidi grassi essenziali n-6/n-3. L’adozione della MD su larga scala è stata a lungo riportata come protettiva contro il verificarsi di diversi esiti sanitari. [5] Una recente review sistematica ha dimostrato che tredici (72%) degli studi, per un totale di 7186 soggetti (5168 soggetti assegnati a una dieta mediterranea), hanno riportato una riduzione significativa dell’obesità centrale con una dieta di tipo mediterraneo. Tuttavia, sette di questi 13 interventi hanno comportato restrizioni energetiche e solo tre hanno mostrato un effetto favorevole statisticamente significativo della dieta mediterranea rispetto a un gruppo di controllo. Questa pubblicazione ha evidenziato la potenziale efficacia della dieta mediterranea per ridurre l’obesità centrale e, a sua volta, ridurre il rischio di malattie croniche legate all’obesità e il relativo onere per la salute pubblica. [6] In effetti negli ultimi 2 decenni, molti studi hanno contribuito con il maggior numero di citazioni scientifiche alla evidenza dell’associazione tra maggiore aderenza alla MD e riduzione del rischio di malattie croniche, con soprattutto su un ridotto rischio di malattie cardiovascolari (CVD), ma anche pubblicazioni che suggeriscono riduzioni di altre malattie croniche tra cui il cancro, il diabete e le malattie neurodegenerative. [5]

Aderenza a dieta salutistica

Un criticità importante è correlata con la reale aderenza da parte della popolazione a modelli di alimentazione salutistica. Tutti i diversi metodi/indici utilizzati per valutare l’aderenza consentono di ottenere i punteggi più alti mediante il consumo superiore alla media di cereali non raffinati, frutta, verdura, legumi, pesce e olio d’oliva, mentre i punteggi più bassi o negativi sono ottenuti con un consumo sopra la media di carne, prodotti lattierocaseari e con eccesso di alcool. I punteggi ottenuti con i diversi indici a disposizione sono stati utilizzati per esplorare le associazioni multiple tra la dieta mediterranea, come un’entità unica, e parametri di salute come l’aspettativa di vita o l’incidenza di obesità, diabete mellito, malattie cardiovascolari, malattie croniche degenerative e alcuni tipi di tumori. Inoltre, questi indici sono anche strumenti utili per misurare le tendenze del consumo alimentare e per identificare i fattori coinvolti, nonché per sviluppare politiche complessive di salute pubblica e raccomandazioni nutrizionali. È stato suggerito che in realtà andrebbero sempre studiati i modelli dietetici complessivi e non i singoli nutrienti, poiché i prodotti alimentari potrebbero avere un effetto sinergico o antagonista sulla salute. [7] Tali indagini effettuate tramite indici di aderenza hanno consentito di evidenziare importanti variazioni negative nelle abitudini alimentari. Purtroppo, la maggior parte dei paesi hanno avuto la tendenza ad allontanarsi da un modello dietetico simile al Mediterraneo. I paesi dell’Europa mediterranea e degli altri paesi del Mediterraneo hanno subito una riduzione significativa della aderenza ad una alimentazione tipo dieta mediterranea (MD) valutato con un indice il Mediterranean Adequacy Index (MAI). Il gruppo europeo mediterraneo, in particolare la Grecia, ha registrato la maggiore riduzione del valore MAI, così come in misura minore l’Italia. In un’analisi per paesi, l’Iran ha registrato il più alto aumento di MAI nel corso dei periodi di tempo. Il gruppo dei paesi del Nord Europa è stato l’unico a registrare un aumento del MAI, sebbene questo non fosse statisticamente significativo. In sintesi, molti paesi del bacino del Mediterraneo si stanno allontanando dal modello dietetico mediterraneo. Tuttavia, i paesi del Nord Europa e alcuni altri paesi del mondo stanno adottando un modello alimentare simile al Mediterraneo. [8] In effetti, vi è una scarsa aderenza alla dieta mediterranea (MD) in Italia, nonostante sia stata la culla, insieme ad altri paesi del bacino mediterraneo, della stessa MD. Un nostro studio realizzato somministrando un completo questionario, con uno score di frequenza di assunzione di alimenti, a circa 1500 persone, che afferivano al Festival della Scienza di Genova, ha evidenziato la scarsa aderenza al pattern dietetico tipico della dieta mediterranea con negli adulti una aderenza moderata nel 23%

e scarsa nel 77% e nella fascia di età tra i 4 e 20 anni rispettivamente moderata 11% e scarsa 89%. [Caretto et al. Unpublished] Figura 1

Figura 1

Consumi di frutta e verdura.

Un dato corrispettivo viene dalle varie indagini effettuate, sia da progetti ministeriali (vedi OKkkio alla Salute, ecc.) che da varie pubblicazioni, in merito alla assunzione di frutta e verdura (alimenti fondamentali nella Dieta mediterranea) nella popolazione italiana ovvero si mangia meno frutta e verdura di quanto bisognerebbe assumerne quotidianamente data la evidenza sul ruolo positivo che hanno nella prevenzione delle malattie cronico-degenerative, obesità e mortalità prematura. Nelle nuove Linee Guida italiane per una sana alimentazione 2018 presentate nel Dicembre 2019 dal Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione del Crea è stata inserita una direttiva specifica su “Più frutta e verdura”, in considerazione dell’importanza di questi alimenti nel quadro di un’alimentazione bilanciata e nella promozione della salute. Purtroppo, gli italiani consumano in media circa 200 grammi di frutta e 200 grammi di verdura, che è la metà della dose raccomandata dalle Linee guida, cioè 450 grammi di frutta e 400 di verdura”. [9] Questo dato si evince anche da altre indagini come i dati sul consumo di frutta e verdura di “OKkio alla salute” del programma ministeriale “Guadagnare salute” nel quale i genitori dichiarano che nel 2016 il 20% (nel 2008 il 23%) dei propri figli hanno un consumo non quotidiano di frutta e/o verdura. Dal questionario dell’ Obesity day del 2016 su 2200 partecipanti solo il 46% dichiarava di mangiare molta frutta e verdura ed inoltre si evinceva da parte della popolazione la mancata consapevolezza della quantità in grammi che corrispondono le 5 porzioni di frutta e verdura consigliate al giorno per una sana alimentazione, ovvero il 14% diceva che le 5 porzioni corrispondono a 150 g, il 28% a 300 g, il 35% a 400 g e solo il 23% a 800 g. (Figura 2 ) .

Figura 2

Figura 3

Gli ultimi dati (last update 31/1/2020) pubblicati da Eurostat dichiarano che nel 2017 solo il 64% della popolazione in Europa ha un consumo quotidiano sia di frutta che di verdura, mentre in Italia è più alto ovvero rispettivamente di 83% per la frutta e dell’80% per le verdure. Tuttavia se la frequenza di assunzione nella settimana in Italia si va a guardare precisamente, si evidenzia che solo il 39% della popolazione assume frutta due volte al giorno ed il 44% una volta al giorno, e per la verdura solo il 36% due volte al giorno e il 44% una volta al giorno (Figura 3) [10]. Pertanto solo una parte limitata della popolazione italiana assume le quantità consigliate dalle linee guida del Ministero e Società scientifiche per prevenire le malattie. Figura 3

E’ stato osservato che un aumento dell’assunzione di frutta e verdura era associato a un rischio significativamente più basso di obesità, con crescente evidenza che l’assunzione di frutta e verdura è inversamente proporzionale al peso corporeo. Pertanto questi risultati supportano l’aumento dell’assunzione di frutta e verdura come parte di una strategia dietetica per controllare il sovrappeso e l’obesità. Tuttavia già il “Primo rapporto sulle abitudini alimentari” del Censis-Coldiretti del 2010 evidenziava delle criticità sulle motivazioni che riducono l’apporto alimentare della frutta e verdura nella popolazione. Il 45% degli italiani dichiarava che mangerebbe più frutta, e il 41% più verdura, adducendo tra le cause della rinuncia soprattutto al costo di questi alimenti; infatti il 26% che mangerebbero più frutta lo farebbe a seguito di una riduzione dei prezzi, mentre per la verdura è poco più di un quinto che sarebbe disposto a mangiarne di più se costasse meno. Inoltre il 10% e il 9% rispettivamente per frutta e verdura ne mangerebbe di più se fosse più genuina e di qualità migliore. Infine quasi il 79% degli italiani dichiarava che per frutta e verdura vuole solo prodotti di provenienza italiana. [1]

Le nuove linee guida italiane della sana alimentazione hanno coinvolto quattro Ministeri (Agricoltura, Salute, Istruzione e Ambiente), numerosi esperti tra medici nutrizionisti, dietisti, biologi e associazioni di consumatori e hanno dichiarato 13 (anziché dieci) nuove direttive tra cui tre novità: una specifica su frutta e verdura (che è stata appena sopra esposta), una sull’impatto ambientale, economico e sociale delle diverse scelte alimentari ed una sulla dietoterapia e sull’uso di integratori (dimagranti o di altro tipo). [9]

Ecosostenibilità, alimentazione e obesità.

In effetti l’impatto ambientale sta sempre più assumendo importanza nelle scelte alimentari e quindi sullo stato nutrizionale degli italiani. In effetti una domanda alla quale bisogna rispondere quando si parla di abitudini alimentari degli italiani è: quanto sta pesando “l’effetto Greta” sulle scelte che si fanno mentre si fa spesa? Agricoltura e allevamento sono responsabili del 35% delle emissioni di anidride carbonica a livello globale e consumano il 70% dell’acqua disponibile sul pianeta, incrementando l’inquinamento, uno dei fattori che accelerano e provocano il riscaldamento globale. Semplicemente seguendo le raccomandazioni nutrizionali si può ottenere una riduzione del 28% di gas a effetto serra (GHG). In Italia, modellando la dieta con la riduzione del consumo di carne (-70%) e il contestuale incremento di verdura (+30%) e legumi si potrebbe ottenere un risparmio del 50% di emissioni di GHG. Gli italiani si dimostrano molto sensibili al tema della sostenibilità, infatti secondo una recente indagine condotta da Nielsen, la maggioranza assoluta dei cittadini ritiene importante il tema dell’impatto ambientale nella propria dieta ed è sensibile a temi quali la lotta contro lo spreco alimentare, la ricerca di un packaging biodegradabile e compostabile, la scelta di alimenti biologici e l’importanza dell’etichetta trasparente. Secondo quanto riportato nel Rapporto Coop il merito di questo va ai più giovani, la “Generazione Greta” , ragazzi per cui la tutela dell’ambiente è una priorità quasi assoluta. Può un approccio nutrizionale ecosostenibile essere d’aiuto per combattere la lotta all’obesità? Probabilmente si, infatti One Planet Food, portale del WWF dedicato all’alimentazione sostenibile, ci indica 10 strategie da applicare per salvaguardare il nostro pianeta , tra le quali degli accorgimenti che potrebbero contribuire alla lotta contro l’obesità, tra cui il ridurre il consumo di carne (con conseguente diminuzione dell’introito di grassi saturi), evitare i cibi troppo lavorati, quindi tutti quei cibi ad alta densità energetica ed evitare i cibi con troppi imballaggi, il che favorirebbe di gran lunga il consumo di frutta, verdura, cereali integrali, legumi secchi, frutta a guscio, tutti alimenti caratteristici della Dieta Mediterranea e consigliati nella perdita di peso.[11] Anche nelle nuove Linee guida per una sana alimentazione del CREA Alimenti e Nutrizione sono state date indicazioni su quali alimenti preferire per rispettare la salute e andare incontro anche alle esigenze del pianeta, indirizzando per una alimentazione soprattutto verso frutta, verdura, pesce azzurro dei nostri mari, latte, yogurt e uova che sono più sostenibili sotto vari punti di vista.

Diete e obesità

L’eccessivo apporto calorico e la cattiva qualità della dieta sono i principali motori dell’obesità, insieme a uno stile di vita sedentario.

Tra le strategie disponibili per la riduzione del peso, l’intervento dietetico più importante è il controllo delle porzioni e la limitazione dell’apporto calorico poiché il bilancio energetico negativo totale è fondamentale per la perdita di peso. Esistono numerosi strumenti per i pazienti per calcolare i loro fabbisogni energetici metabolici basali e, in combinazione con l’energia extra bruciata durante l’esercizio, i pazienti possono calcolare i limiti calorici giornalieri. L’uso di un diario alimentare o di applicazioni per smartphone può essere utile per alcuni per quantificare l’apporto calorico e i modelli nutrizionali. La qualità dell’assunzione di cibo oltre alla quantità ha un effetto significativo sulla perdita di peso. Un RCT ha dimostrato che la riduzione dell’assunzione di carboidrati nella dieta per 20 settimane ha aumentato il dispendio energetico durante il mantenimento della perdita di peso di 91 e 209 kcal / die in quelli con una dieta a basso contenuto di carboidrati, rispettivamente, rispetto a una dieta ricca di carboidrati. Ulteriori benefici sono stati osservati nei soggetti con la più alta secrezione di insulina al basale. Hanno osservato livelli ridotti di ormone leptina e grelina nel gruppo a basso contenuto di carboidrati, suggerendo che il consumo di carboidrati può influenzare la regolazione neuro-ormonale del dispendio metabolico basale. In generale, il consumo di alimenti ad alto contenuto di fibre e acqua come frutta, verdura e cereali integrali può aiutare a promuovere uno stato nutrizionale nella norma, dato il loro alto indice di sazietà e il contenuto di fibre/acqua. Inoltre la limitazione simultanea di alimenti come bevande zuccherate, dolciumi, verdure amidacee ed alimenti trasformati sono essenziali per una perdita di peso prolungata. I vari approcci di dietoterapia della persona con obesità sono sempre molto variegati e implementati da varianti di diete costituite da una variabile riduzione dell’apporto calorico che va dalle fortemente alle moderatamente ipocaloriche; c’è da sottolineare che la formulazione della dieta non sempre viene realizzata in base ad una sottrazione calorica della dieta calcolata in riferimento al fabbisogno energetico del paziente. Altra caratteristica delle diete è quella di dare la sottrazione calorica riducendo uno o più quantità dei macronutrienti (glucidi, lipidi e proteine) forniti con la dieta. Ovvero ci sono le diete fortemente ipoglucidiche, moderatamente ipoglucidiche, ipolipidiche, iperproteiche, e quelle equilibrate nella composizione dei macronutrieti come la Dieta Mediterranea e la DASH. Quali di tutte queste sia più efficace nella perdita di peso e nel prevenire la eventuale successiva ripresa ponderale è molto discusso. Altro aspetto importante da considerare sono gli esiti della applicazione dietetica sui parametri metabolici e fattori di rischio cardiovascolari delle varie diete soprattutto nel lungo termine. Tuttavia le meta-analisi e review sistematiche non hanno dato univoci consensi. Sicuramente le diete fortemente ipoglucidiche danno un calo ponderale maggiore nel breve-medio termine, ma sul lungo termine non ci sono dati concordi sulla maggiore efficacia rispetto alla stessa dieta mediterranea. Un dato in letteratura ampiamente accettato è la evidenza di maggiore efficacia nel lungo termine sulla riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare e sulla prevenzione delle malattie non-trasmissibili. [12] Sicuramente una criticità importante nella efficacia della dietoterapia per la perdita di peso è il mantenimento di questo. Vari sono i fattori che possono svolgere un ruolo importante nel mantenimento del peso perduto e l’esercizio fisico ne è un elemto cardine comportamentale di un corretto stile di vita. Altro aspetto fondamentale è la condivisione delle scelte terapeutiche tra medico/paziente e possibilmente un approccio di intervento multidisciplinare dove intervengono varie figure professionali dal medico dietologo o endocrinologo, al dietista e allo psicologo. Inoltre l’applicazione di una alternanza di regimi dietetici sopramenzionati in alcuni trials fornisce maggiore compliance dei pazienti e buon esito clinico. L’aggiunta di farmaci per la perdita di peso migliora in qualche modo non solo il calo ponderale ma anche il mantenimento dello stesso.

I Media e Social e le scelte nutrizionali.

Un enorme problema di salute pubblica è il ruolo che svolgono i Media e i Social sull’equilibrio nutrizionale e sulle scelte della persona con obesità. La confusione dell’individuo quando si parla di alimentazione probabilmente deriva dalle troppe informazioni che riceve, più si vuole essere informati e più è facile cadere in un turbinio di informazioni spesso anche contrastanti tra loro. L’italiano ogni giorno riceve delle informazioni riguardanti la nutrizione, anche se non vuole, comunque verrà a contatto con queste, dalle confezioni di latte con indicati gli effetti benefici per le ossa, l’articolo su facebook “Makai al posto della carne”, programmi radiofonici che citano nuove ricerche in campo nutrizionale fino ad arrivare all’influencer che su instagram posta stories su cosa mangia e perché. I media parlano continuamente di nutrizione, e l’italiano vuole sapere, vuole fare delle scelte consapevoli e che possano aiutarlo a rimanere o migliorare il proprio stato di salute. Giornali e tv da sempre ritagliano il loro spazio per parlare di nutrizione, ma ad oggi l’individuo ha a disposizione anche i social sia per prendere che dare informazioni riguardo l’alimentazione : su instagram sono 19,8 milioni i post con hashtag #dieta, 1,1 milioni con #dieta sana, 393000 con #obesità, 646.000 sono i post con #dimagrire mentre l’hashtag #dietamediterranea ne ha 361000. Questi numeri ci dimostrano quante

informazioni circolano riguardanti la nutrizione, e come spesso si può cadere nell’errore; l’individuo non può sapere quanto realmente sia informato chi sta dall’altra parte dello schermo, non può sapere se le indicazioni nutrizionali che sta dando siano corrette o meno, spesso per paura nei confronti della propria salute tende a fidarsi senza porsi troppe domande, giustificandosi con il ”l’ho letto su Facebook o l’ho sentito in televisione”. E’ noto che la persona con sovrappeso/obesità cerca in rete web le soluzioni per il proprio problema di dimagrire. La mala informazione in ambito alimentare ha due cause alla base, spesso concomitanti: la parola a chi non è esperto e il business degli integratori/prodotti dietetici. Spesso sono correlati perché nella maggior parte dei casi chi vende determinati prodotti utilizza persone con un’alta visibilità (attori, modelle, influencer, calciatori, ecc..) per pubblicizzare i loro prodotti, l’acquirente prende come esempio questi , che pubblicizzano in maniera anche “velata “ la pubblicità, facendola passare quasi per un consiglio, così che la persona neanche pensa al giro milionario dei prodotti dietetici.

Mercato delle Diete

A quanto appena esposto, altro aspetto critico da non sottovalutare sono le diete online, anche queste vengono date da qualsiasi tipo di individuo: dall’app di fitness con il “meal plan” compreso, alle diete dei fitness coach, quelle dei dieta coach o delle fitness model, fino ad arrivare alle diete online fatte (si spera) da chi si qualifica come medico nutrizionista o dietista o biologo, due solitamente sono i requisiti necessari: indirizzo email e metodo di pagamento sicuro! Il tutto senza che sia stata fatta una valutazione clinica del paziente. Si ribadisce l’importanza e la competenza professionale che tale patologia richiede ovvero che vi sia una indispensabile iniziale visita medica per una valutazione diagnostica e la consequenziale opportuna prescrizione terapeutica. Pertanto il paziente obeso deve sapere l’importanza della sua patologia per fare le scelte giuste. L’ Obesity Day è un evento annuale della Fondazione ADI dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica, in collaborazione con IO-net, ed è una Giornata nazionale di sensibilizzazione per la prevenzione dell’obesità e del sovrappeso che si effettua dal 2001 in circa 160 centri italiani [13]. Viene anche somministrato un questionario dal quale vengono rilevate alcune informazioni importanti. Il paziente obeso non è sempre consapevole della importanza della patologia di cui è affetto. Nell’Obesity Day 2016 alla domanda se “si è preoccupato di aver perso il controllo su quanto aveva mangiato” il 40% ha risposto di no benché il 71% dei 2200 partecipanti fosse in eccesso ponderale. (Figura 4)

Figura 4

Già nell’ Obesity Day del 2002 veniva rilevato che il 60% dei 5000 soggetti intervistati era in sovrappeso/obesità e il circa il 65% aveva fatto una dieta per dimagrire e che il 47% aveva ripreso il peso perduto completamente e il 38% parzialmente, mentre solo il 15% aveva mantenuto il peso perduto. Inoltre alla domanda “a chi si sono rivolti per avere una dieta” è emerso un dato preoccupante in quanto il 20% utilizzava diete fai da te e il 10% da mass media e conoscenti, ma solo il 30% da centri ospedalieri.

Presenza dei Servizi di Dietetica e Centri di obesiologia nel SSN

Purtroppo le persone affette da obesità in Italia continuano ad avere solo limitatamente punti di riferimento assistenziali nel servizio sanitario nazionale, in quanto i centri specialistici per la diagnosi e cura dell’obesità sono pochi e altamente insufficienti. Nel corso di questi anni le unità operative di Dietetica e Nutrizione clinica vengono progressivamente declassate o peggio cancellate in tutta Italia, in coincidenza del pensionamento dei medici responsabili delle stesse strutture. Questo fenomeno avrebbe dovuto avere invece una opportuna inversione di tendenza, soprattutto per la necessità assistenziale delle patologie, tra cui l’obesità, di cui le Unità operative assicurano erogando le proprie prestazioni professionali. Inoltre il 24 novembre 2016 è stato emanato un documento del Consiglio dei Ministri

con la Conferenza permanente Stato-Regioni recante “Valutazione delle criticità nazionali in ambito nutrizionale e strategie d’intervento 2016-2019” che, tra le varie disposizioni, indicava la individuazione di almeno una struttura di Nutrizione Clinica e una struttura per la Nutrizione Preventiva (SIAN) di riferimento a livello di ASL, per attuare efficaci strategie d’intervento clinico e preventivo in ambito pubblico. Inoltre stabiliva un obbiettivo di indicatore di esito al 2017 la presenza di un referente medico per la Nutrizione Clinica in almeno il 60% delle strutture ospedaliere in Italia. Purtroppo tali indicazioni sono rimaste disattese a livello regionale e quindi in tutta Italia continuano a non esserci unità operative (anche semplici) di Nutrizione clinica indispensabili per ottimizzare il livello assistenziale delle patologie nutrizionali della popolazione. Tali unità operative, insieme ai centri di obesiologia nelle UO di Endocrinologia, sono essenziali per la cura dell’obesità in quanto permettono la copresenza di varie figure professionali (medici, dietisti e psicologi) aggregate in team multidisciplinari che intervengono insieme ad assicurare tutte le modalità terapeutiche integrate (dietetiche, comportamentali e farmacologiche) necessarie per ottimizzare la cura della persona obesa.

Referenze Bibliografiche

1- Primo rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani.

Censis Coldiretti 2011

2- The Nielsen Global Survey of Corporate Social Responsibility and Sustainability. NV Nielsen 2015

3- S. E. Fleischhacker, K. R. Evenson, D. A. Rodriguez and A.

S. Ammerman. A systematic review of fast food access studies. Obesity reviews (2011) 12, e460–e471

4- GBD 2017 Diet Collaborators. Health effects of dietary risks in 195 countries, 1990–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017. Lancet. 2019 May 11; 393(10184): 1958–1972.

5- Antonio Caretto e Palma Dicorato. Nutrienti della dieta

Mediterranea: ruolo su organi ed apparati. In: Lucchin L e

Caretto A. La Dieta Mediterranea tra mito e realtà. Il Pensiero Scientifico Editore. Nov. 2012. 6- C. L. Bendall, H. L. Mayr, R. S. Opie, M. Bes-Rastrollo, C.

Itsiopoulos & C. J. Thomas (2017): Central obesity and the

Mediterranean diet: A systematic review of intervention trials, Critical Reviews in Food Science and Nutrition, DOI: 10.1080/10408398.2017.1351917

7- Caretto A, Lagattolla V. Non-communicable diseases and adherence to Mediterranean diet. Endocr Metab Immune

Disord Drug Targets. 2015;15(1):10-7.

8- Rui da Silva, Anna Bach-Faig, Blanca RaidoQuintana, Genevieve Buckland, Maria Daniel Vaz de Almeida and Lluıs

Serra-Majem. Worldwide variation of adherence to the

Mediterranean diet in 1961–1965 and 2000–2003. Public

Health Nutrition: 12(9A), 1676–1684.

9- CREA Alimenti e Nutrizione. Linee guida per una sana alimentazione 2018

10- https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostatnews/-/DDN-20190401-1?inheritRedirect=true&redirect=%2Feurostat%2F

11- www.oneplanetfood.info/alimentazione-sostenibile

12- Palazzolo VA, Davie DM s, Whelton et al. A Clinician’s

Guide to Healthy Eating for Cardiovascular Disease Prevention. Mayo Clin Proc Inn Qual Out n September 2019;3(3):251-267.

13- www.obesityday.org

14- Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza permanente Stato-Regione. Valutazione delle criticità nazionali in ambito nutrizionale e strategie d’intervento 2016-2019.

Rep. Atti n 222/CSR del 24 novembre 2016

This article is from: