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Il Punto di Vista della Società Scientifiche
Il Punto di vista delle Società Scientifiche
Giuseppe Malfi
Presidente ADI Direttore Medico S.C. Dietetica e Nutrizione Clinica ASO Santa Croce e Carle Cuneo
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto l’obesità come un’epidemia globale. È stato dimostrato che il sovrappeso e l’obesità rappresentano fattori di rischio. determinanti per l’insorgenza di diverse patologie croniche, a loro volta responsabili del 60% delle morti a livello mondiale. Questo ha portato la European Association for the Study of Diabetes (EASD) a riconoscere l’importanza della prevenzione e del trattamento dell’obesità, considerata «il più importante problema di salute pubblica in tutto il mondo».
Le cause che hanno portato all’esplosione del fenomeno dell’obesità e le differenze che esistono relativamente alla prevalenza di questa condizione tra i diversi gruppi sociali sono di natura culturale ed economica, oltre che biologica ed epidemiologica. Fattori come il livello di istruzione, il reddito e la posizione sociale sembrano rappresentare aspetti determinanti rispetto alla probabilità di un individuo di diventare obeso.
Questo fenomeno ha degli impatti significativi sulla collettività dal punto di vista dei costi legati al trattamento della malattia e delle sue complicanze (assistenza medica personale, assistenza ospedaliera, servizi sanitari e farmaci). I costi diretti legati all’obesità rappresentano una quota compresa tra il 2 e l’8% dei costi sanitari totali a livello mondiale (OMS); la spesa sanitaria sostenuta da un obeso è in media il 25% più alta di quella di un soggetto normopeso (Withrow e Alter, 2010). Un’altra quota importante di costi, definiti indiretti, è legata alla perdita di produttività.
Sovrappeso e obesità hanno importanti implicazioni anche in ambito lavorativo. Diversi studi mostrano, infatti, che le persone in sovrappeso o obese percepiscono in media una retribuzione più bassa, sono escluse da determinati tipi di occupazione (come ad esempio quelle di rappresentanza o di relazione con il cliente) e sono vittime di discriminazioni sul posto di lavoro. Inoltre, le aziende sostengono costi legati all’assenteismo (Finkelstein, Fiebelkorne Wang, 2005; Ricci e Chee, 2005), alla minore produttività sul lavoro a causa di problemi di salute, ossia “presenteismo” (Ricci e Chee, 2005), e disabilità (Sturm, Ringel e Andreyeva, 2004). (Finkelstein et al., 2010). L’ADI sostiene un approccio multiprofessionale e multidisciplinare delle conoscenze sanitarie ed una visione fondata sull’inclusività di tutte le professionalità che, a vario titolo, intervengono nel processo di cura dei pazienti obesi; collabora inoltre con altre Società Scientifiche con cui condivide iniziative scientifiche e di coordinamento per favorire il progresso della ricerca sull’obesità ma anche su altre malattie metaboliche quali diabete e sindrome metabolica.
ADI come associazione scientifica intende sviluppare i seguenti punti: – intervenire per ridurre il problema dell’obesità con programmi di prevenzione primaria mediante campagne di informazione, educazione, persuasione che rendano gli individui più consapevoli sulle conseguenze per la salute, sull’impatto sociale e sui costi economici e ambientali dell’obesità, nonché attivare piani integrati e coordinati di medio-lungo periodo per la lotta all’obesità, che coinvolgano tutti i principali attori interessati ( Campagna Obesity Day); – diffondere la conoscenza di alternative di consumo più salutari e creare i presupposti per combattere la sedentarietà; – migliorare le conoscenze scientifiche disponibili, attraverso investimenti in ricerca applicata con creazione di gruppi misti università - associazione scientifica , che possano portare a migliorare la comprensione dei legami tra obesità e una serie di variabili esterne ambientali; – favorire iniziative atte a migliorare l’appropriatezza gestionale e professionale nella cura delle persone con obesità, ottimizzando i percorsi assistenziali di diagnosi e trattamento dell’ obesità, in collaborazione con istituzioni pubbliche e private ed altre società scientifiche; – promuovere il dialogo ed il confronto culturale intersocietario; – sviluppare programmi formativi attraverso l’organizzazione di eventi regionali e nazionali.
Giuseppe Fatati
Presidente Italian Obesity Network
Durante il corso dei secoli la medicina ha attraversato diversi stadi che, secondo gli storici, sono i seguenti: medicina istintiva, medicina sacerdotale, medicina magica, medicina empirica, medicina scientifica e infine la medicina di precisione. In una prima fase all’obesità veniva dato un valore positivo: le veneri steatopigie simboleggiano le fertilità femminile nella loro pienezza e il colore rosso ocra esalta la capacità della donna di generare nuova vita. Al contrario attualmente il mito della magrezza è stato enfatizzato e il pregiudizio sul peso è diventato pervasivo e motore di un circolo vizioso che autoalimenta e incrementa il problema obesità attraverso diversi e integrati meccanismi. In una società votata all’efficienza apparente non c’è posto per le taglie forti e il salutismo esasperato è degenerato fino a diventare ossessivo e colpevolizzante.
L’Obesità è condizione complessa che deriva dall’interazione di fattori genetici, psicologici e ambientali. Purtroppo il paradigma della responsabilità personale ha penalizzato gli interventi di prevenzione. Il pensare che il soggetto ingrassa solo perché non è in grado di rispettare le regole genera atteggiamenti superficiali e fuorvianti. In molti casi, purtroppo, la persona con obesità è vittima di stigma sociale e mediatico che finisce per condizionarne la qualità di vita. In una società dove i cittadini globali si dividono in tribù alimentari (macrobiotici, lattofobi, crudisti, naturisti, macrobiotici, no carb, etc) la persona con obesità sembra non avere alcuna cittadinanza.
L’Italian Obesity Network (IO-NET) si propone come fine l’aggregazione di tutti quei soggetti che hanno a cuore il problema obesità. In occasione dell’Obesity Day 2018 è stato presentato ufficialmente il Manifesto dell’Italian Obesity Network per un futuro sostenibile firmato dalle principali società scientifiche e culturali del settore. Il Manifesto tende ad identificare una roadmap sulla quale agire per migliorare la qualità di vita delle persone con obesità. Afferma con forza che è imprescindibile considerare l’obesità come una priorità nazionale a livello sanitario, politico, sociale e clinico, riconoscendo che la stessa è una malattia altamente disabilitante e rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie non trasmissibili (NCDs).
In Occasione dell’Obesity Day 2019 IO-NET ha presentato la carta dei diritti e dei doveri della persona con obesità che nasce come action del Manifesto e vuole dare concretezza ad alcuni principi generali, indicando le strade da intraprendere per tutelare e garantire la persona con obesità. La Carta è strutturata in 10 sezioni: Diritti della persona con obesità, Responsabilità e doveri della persona con obesità e dei suoi familiari, Educazione e formazione continua della persona con obesità, Dialogo medico-persona con obesità, Gestione dell’obesità, Prevenzione dell’obesità, Impegno nella ricerca, Associazionismo responsabile, Obesità in età evolutiva, Lotta allo stigma. La Carta ribadisce con forza che i diritti delle persone con obesità sono gli stessi diritti umani e sociali delle persone senza obesità. Questi diritti prevedono la parità di accesso all’informazione, all’educazione terapeutica, al trattamento dell’obesità e alla diagnosi e cura delle sue complicanze.
La Carta ha l’ambizione di essere uno strumento di advocacy, sensibilizzazione e dialogo con le Istituzioni. Richiamandosi ai diritti della persona, la Carta implicitamente richiede l’uniformità su tutto il territorio italiano delle azioni suggerite. Candida le associazioni a un ruolo di controllore di queste azioni, attraverso una attività di sostegno a specifiche iniziative di carattere politico, sanitario e sociale, al fine di influenzare gli esiti delle politiche pubbliche o delle decisioni che hanno un impatto concreto sulla vita delle persone con obesità (advocacy). Stimola le associazioni ad implementare le attività volte a sensibilizzare ed orientare la pubblica opinione, sostenendo e difendendo il punto di vista scientifico che riconosce che l’obesità è una malattia con il fine ultimo di accrescere il consenso esistente attorno a tale evidenza (advocacy advertising).
Sappiamo che lo stigma del peso si ritrova nei comportamenti e negli atteggiamenti negativi, che sono rivolti verso le persone obese unicamente a causa del loro peso non solo dalla gente comune ma, a volte, anche dagli operatori sanitari. Le stesse applicazioni mobili (app) dedicate ai soggetti obesi che giudicano i comportamenti attraverso i risultati ottenuti con l’utilizzo di simboli grafici apparentemente innocenti (semafori, faccette etc) possono stigmatizzare in modo non contestabile la persona e la sua condotta di vita. Il passo dalla colpevolizzazione alla autocolpevolizzazione può essere breve. La Carta sottolinea come per realizzare un’efficace gestione
della persona con obesità è indispensabile che il medico curante e il gruppo multidisciplinare di riferimento conoscano non solo gli aspetti biomedici ma anche quelli psicologici, relazionali e sociali della persona, le sue percezioni, le sue aspettative, i suoi bisogni e gli ostacoli che deve fronteggiare, integrando tutti gli elementi raccolti all’interno del piano assistenziale.
Fortunatamente in ambito sanitario si sta affermando un concetto di medicina cucito sulle differenze individuali, che tiene conto della variabilità genetica, dell’ambiente, delle caratteristiche del microbioma e dello stile di vita delle singole persone. Ed è il minuzioso processo di individuazione di terapie e cure in modo così soggettivo che prende il nome di medicina di precisione. E’ una pratica clinica più attenta alla persona è forse meno alla moda delle parole chiave che popolano la più recente letteratura scientifica quali genomica, proteomica, metabolomica o epigenomica. Secondo alcuni, per ottenere buoni risultati, paradossalmente basterebbe aggiungere il suffisso –omics alla parola persona. Personomics è il termine coniato da Roy Ziegelstein per nobilitare un’attenzione rinnovata alla persona malata.
La Carta fa propri i concetti base della Personomica e invita il mondo sanitario a considerare l’obesità una malattia e a seguire la personalizzazione dell’approccio alla persona che ne è affetta. La crisi che sta attraversando la medicina basata sulle prove (EBM) non va considerata un male ma l’occasione per riflettere sullo stile con il quale il professionista sanitario sceglie di praticare la propria professione. La personalizzazione dell’intervento sanitario può anche essere agevolato dalla medicina narrativa che è una metodologia che facilita l’ascolto e l’interpretazione delle storie dei pazienti con tecniche informatizzate. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si può integrare con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, è in grado di rendere le decisioni clinico-assistenziali più complete, e appropriate.
L’Italian Obesity Network ritiene giunto il momento in cui la persona con obesità riceva le giuste cure e soprattutto sia rispettata nei propri diritti e nella propria identità nella speranza che venga recuperato un rapporto diretto e umano con l’individuo, al di fuori di rigidi schemi preconcetti che possono con pertinenza far parlare di morte della clinica.
Ferruccio Santini
Presidente Società Italiana dell’Obesità
L’obesità non è soltanto un problema di salute pubblica; è anche,forse soprattutto, un problema di natura culturale, dovuto alla scarsa consapevolezza delle cause, delle conseguenze e delle possibili soluzioni che riguardano l’eccesso di peso corporeo, divenuto un fenomeno di proporzioni mondiali. Il peso dell’uomo, come quello di molte specie animali, è una caratteristica finemente regolata,mediante una rete di complessi meccanismi che coinvolgono molteplici organi ed apparati e convergono a livello del sistema nervoso centrale per adattare al meglio il nostro corpo al tipo di vita che conduciamo. Una prima, diffusa, ingannevole convinzione è che il peso dipenda esclusivamente dall’alimentazione. Il peso corporeo, come molti attributi dell’organismo umano, deriva principalmente dall’assetto genetico individuale, che si eredita dagli antenati ed è frutto di migliaia di anni di evoluzione della nostra specie. Questo lungo processo di adattamento coinvolge certamente alcuni aspetti dell’alimentazione, che sono tuttavia strettamente connessi allo stile di vita, comprendendo in questo le modalità con cui l’uomo ottiene il cibo, indispensabile per l’esistenza e il mantenimento della specie, lo utilizza e lo condivide nel contesto sociale in cui vive. E’ del tutto evidente che la società contemporanea si è allontanata dallo stile di vita originale che ha condotto l’uomo a stabilirsi con successo in tutti gli angoli della terra. Se la modernità ha migliorato la nostra qualità di vita sotto innumerevoli punti di vista, non è stata però capace di conservare alcune caratteristiche originarie del nostro modo di vivere, che risultano indispensabili per la nostra salute. Prima fra tutte l’attitudine all’esercizio fisico, che si è drasticamente ridotta. Questa menomazione riguarda la popolazione adulta nella conduzione dell’esistenza giornaliera e coinvolge l’età evolutiva nelle attività ludiche. La standardizzazione delle consuetudini a prescindere dai contesti di vita, l’isolamento sociale, gli effetti dell’inquinamento ambientale, le interferenze sul ritmo del sonno sono ulteriori conseguenze della discrasia tra comportamenti e substrato biologico, che contribuiscono alla patogenesi dell’obesità e delle altre condizioni morbose tipiche del nostro tempo. Sulla base di queste considerazioni, risulta facilmente comprensibile come l’esclusivo ricorso alla dieta per contrastare l’obesità sia spesso inefficace o risulti effimero. Negli ultimi mesi si è discusso vivacemente in merito all’introduzione di imposte per disincentivare il ricorso agli alimenti ad elevato contenuto calorico. Una misura di questo genere, intesa come semplice deterrente, ha scarse probabilità di ottenere risultati apprezzabili: è difficile pensare che chi desidera una bevanda zuccherata se ne privi per un costo aggiuntivo di pochi centesimi. Diverso è se la tassa rappresenta un mezzo per veicolare un messaggio educativo di più larga portata e se i proventi ricavati andranno a sostenere misure specifiche per la prevenzione del fenomeno: l’incentivo al consumo di alimenti salutari, spesso sfavoriti da un maggior onere economico, unitamente a specifici interventi sulle scuole, sui luoghi di lavoro e sul contesto urbano in generale per procurare opportunità di svago, di incontro, di stimolo culturale, che forniscano alternative valide alla noia e all’inattività che stanno alla base delle abitudini nocive. L’eccesso di peso è sicuramente oggetto di grande interesse nella gerarchia delle preoccupazioni, ma solo in termini estetici, con minima consapevolezza delle ricadute negative per la salute. Su questa ignoranza collettiva trovano facile presa le false credenze e le soluzioni miracolose,che alimentano un mercato ricco di potenziali risorse che potrebbero essere utilizzatecon migliore efficacia, ove correttamente indirizzate. Lo “stigma” nei confronti dell’obesità, vale a dire la derisione del soggetto obeso in quanto persona priva di volontà, se non addirittura pigra o golosa, è frutto del mancato riconoscimento dell’obesità come malattia dilagante,nei confronti della quale l’individuo isolato presenta fragili difese nel contesto ambientale attuale. La derisione dell’obeso è ovviamente un’attitudine deplorevole, assimilabile a quanto si verifica per altre malattie e per le deformità in genere, ed è dovuta all’insensibilità di chi vive nell’ignoranza. Diventa ingiustificabile se in qualche misura è manifestata da chi opera nel settore della salute che, sottovalutando le cause del problema o minimizzandone le conseguenze,dimostra un preoccupante vuoto di conoscenze su un argomento di fondamentale importanza. Tra gli scopi principali della Società Italiana dell’Obesità (SIO) c’è quello di coinvolgere i professionisti che sono implicati o interessati nella gestione dell’obesità, indipendentemente dal ruolo che svolgono e dal titolo di studio che posseggono, attraverso la diffusione delle conoscenze, su una base scientifica rigorosa e puntuale. Si tratta di un’opera di aggiornamento costante e di crescita collettiva, che vede in prima linea gli esperti e coinvolge nella discussione tutti i soci, si affianca all’attività di ricerca scientifica e si propone alle istituzioni, mediante la partecipazione attiva ai progetti e alle iniziative che vengono presentati, in stretto collegamento con gli organismi scientifici internazionali.
UOC Pediatria Indirizzo Diabetologico e Malattie del Metabolismo, Università e Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata - Verona
Giuliana Valerio
Dipartimento di Scienze Motorie e del Benessere, Università di Napoli Parthenope - Napoli
Obesità pediatrica: il punto di vista della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica.
La prevenzione e la cura dell’obesità in età pediatrica e delle sue complicanze sono obiettivi strategici di fondamentale importanza per il Sistema Sanitario Nazionale. Quattro i principali fattori di preoccupazione: a. l’elevata prevalenza di sovrappeso e obesità (21% e 9% rispettivamente nei bambini di scuola primaria), con maggior prevalenza nelle regioni meridionali; b. l’incremento dei casi di obesità grave nel bambino e nell’adolescente; c. l’elevata persistenza dell’eccesso ponderale dall’età evolutiva all’età adulta; d. la co-morbilità fisica e psicologica associata all’obesità. Il problema co-morbilità è il più pressante. Infatti anche nel bambino l’accumulo di tessuto adiposo, soprattutto se localizzato in sede addominale, è associato a complicanze principalmente cardio-metaboliche che, con il persistere dell’obesità, tendono ad aggravarsi in età adulta. Queste si accompagnano spesso a complicanze di carattere psicosociale (autoemarginazione, scarsa autostima, insoddisfazione per l’immagine coroporea) che contribuiscono al peggioramento della qualità di vita, potenziata dallo stigma e da atti di bullismo fisico e relazionale sempre più diffusi nei confronti del bambino/adolescente con obesità. Urge quindi un’azione efficace di prevenzione e cura dell’obesità sin dalle prime età, che trovi nelle evidenze scientifiche la solida base per la costruzione di programmi di intervento specifici per i diversi ambiti: popolazione generale, popolazione a rischio, popolazione obesa in età infantile, prescolare e adolescenza, grande obesità. La ricerca condotta in questo ambito, cui per l’Italia ha largamente contribuito il Gruppo di Studio “Obesità” della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), cui afferiscono numerosi pediatri, endocrinologi, nutrizionisti e psicologi provenienti da più di 70 centri ospedalieri o universitari impegnati nello studio e nella cura del’obesità pediatrica, ha permesso dei progressi sia in termini teorici che pratici. Una sintesi delle evidenze scientifiche sull’obesità del bambino e dell’adolescente è stata recentemente messa a disposizione dalla SIEDP, insieme con la Società Italiana di Pediatria (SIP), nella forma di una Consensus su diagnosi, terapia e prevenzione dell’obesità infantile, da cui è anche derivata la stesura di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico per il bambino e adolescente con obesità. I punti più rilevanti di questi documenti sono qui riassunti:
Prevenzione
L’obesità è una patologia multifattoriale, per cui un intervento preventivo deve essere attuato per modificare i determinanti ambientali e sociali e a più livelli. Prevenzione primaria volta a ridurre l’incidenza dell’obesità attraverso modifiche di determinanti ambientali e sociali. E’ indirizzata alla popolazione in toto (prevenzione universale) e/o ai gruppi maggiormente a rischio, come i figli di genitori obesi e/o con basso livello socioeconomico, e i bambini con basso o alto peso alla nascita (prevenzione selettiva). Oggetto primario della prevenzione sia primaria che secondaria e terziaria è la famiglia. Dopo la famiglia la scuola. Famiglia e scuola sono gli ambiti in cui i bambini trascorrono la quasi totalità del loro tempo e in cui apprendono in buona parte i comportamenti e quindi sono target di intervento preferenziale. Un’attività preventiva diretta sulla famiglia è operata dal pediatra, attraverso la promozione di comportamenti salutari a partire dai primi mesi di vita, dall’allattamento al seno, alla corretta nutrizione del bambino e della famiglia, ad assicurare qualità e quantità delle ore di sonno, alla promozione dell’attività fisica e alla riduzione della sedentarietà. Il pediatra dovrebbe sempre far parte delle equipes coinvolte nei processi di progettazione e realizzazione di tutte le iniziative di prevenzione per l’età evolutiva. La difficile azione preventiva dell’obesità deve essere corredata di adeguati provvedimenti legislativi mirati a facilitare la realizzazione di condizioni ambientali favorevoli per la popolazione ad operare scelte salutari (favorire l’accesso ai cibi sani, scoraggiare il consumo di cibi ipercalorici e di scarso valore nutrizionale, dare maggiori opportunità di essere fisicamente attivi) al fine di incrementare le possibilità di successo degli interventi.
Diagnosi e stratificazione del rischio
La diagnosi di sovrappeso o obesità compete al pediatra di libera scelta o al medico di medicina generale (per le età di competenza), che ne definiscono l’entità (sovrappeso, obesità, obesità grave) e il rischio di salute fisica e/o psicologica. Ciò permette di pianificare il livello e l’intensità delle cure. La definizione di sovrappeso/obesità si basa sull’uso dei
percentili del rapporto peso/lunghezza o del BMI dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nonostante non rappresentino un modello ideale, hanno una maggiore sensibilità nell’individuare bambini e adolescenti con sovrappeso e obesità rispetto ad altri sistemi di riferimento. Il 95% dei casi di obesità nell’età evolutiva è primitiva, cioè non è dovuta ad una specifica causa (endocrina, genetica, o iatrogena), riconoscibile solo in circa il 5% dei casi, che richiedono un approccio di cura diversificato e di alta specializzazione. E’ sempre una malattia multisistemica, che coinvolge sistemi e apparati: cardiocircolatorio, respiratorio, gastrointestinale, endocrino, muscoloscheletrico e nervoso. Storia clinica ed esame obiettivo, completati da indagini di laboratorio e/o strumentali consentono la diagnosi delle comorbilità e delle obesità secondarie. Nel caso di particolari correlati psicologici (immagine corporea insoddisfacente, sintomi depressivi e ansiosi, disordini della condotta alimentare, bassa autostima) è fondamentale il contributo del neuropsichiatra o dello psicologo clinico, importante per migliorare i risultati a lungo termine nei programmi di intervento terapeutico.
Setting di cura
La diagnosi clinica precoce è cruciale per iniziare al più presto il programma di intervento multi professionale (pediatra, dietista, psicologo) pediatrico, dimostratosi determinante per il successo terapeutico. Educazione alimentare e stile di vita attivo sono il cardine del trattamento di bambini e adolescenti obesi. Terapia farmacologica e chirurgia bariatrica possono essere considerate solamente dopo il fallimento di tutti gli interventi multidisciplinari di modifica dello stile di vita e prescritte da pediatri esperti nel trattamento dell’obesità e secondo le linee guida. Tali terapie vanno comunque riservate ad adolescenti con alto indice di massa corporea e con complicanze obesità-correlate. Operativamente, l’assistenza al bambino/adolescente con obesità viene offerta in modalità di rete, organizzata su tre livelli, in base alla complessità del quadro clinico, laboratoristico e strumentale e della necessità di un trattamento intensivo: primo livello: Pediatra di Famiglia o Medico di Medicina Generale (per l’età di sua competenza); secondo livello: unità specialistica ospedaliera o di territorio; terzo livello: centro di riferimento regionale. Chiare evidenze confermano che quanto più specialistica e adeguata è la formazione del team multidisciplinare e quanto maggiori sono le ore di contatto con il bambino e la famiglia, tanto maggiori sono le probabilità di successo.
Criticità
Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione nei confronti dell’obesità pediatrica da parte di ricercatori, professionisti della salute, autorità di governo e opinione pubblica. E’ condivisa la convinzione che l’obesità del bambino costituisce un serio motivo di preoccupazione per le sue inevitabili conseguenze in età adulta, che metteranno a rischio la sostenibilità del sistema sanitario attuale. Tuttavia, sono ancora assai esigue le risorse stanziate per contrastare in modo efficace tale patologia. Rispetto alla copiosa massa di bambini e adolescenti con obesità, ancora pochi sono i centri specialistici di cura in grado di fronteggiare in modo efficace ed efficiente questa particolare utenza. Se risulta carente l’offerta assistenziale pubblica nelle zone urbane, lo è ancora di più nelle zone periferiche, costituendo un motivo di disuguaglianza per la popolazione. E’ fondamentale che l’obesità sia riconosciuta come malattia cronica anche nel bambino e nell’adolescente e che nuove politiche sanitarie siano realizzate per la cura di questa patologia.
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Presentazione e nota metodologica
