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Pokémon, i nuovi tiranni di Mauro Faverzani
by Radici Cristiane - Il mensile che si richiama ai valori perenni della Civiltà europea e occidentale



Pokémon Go è un’applicazione gratuita, ma, per utilizzarla, occorre fornire molte, per qualcuno troppe informazioni di sé. Il proprio accesso a Google ed alla mail, innanzi tutto, password compresa; la propria posizione. Ciò, ha suscitato più di una perplessità e più di una polemica, in molti Stati.


Pokémon, i nuovi tiranni
La serie animata “Pokémon” fu un successo televisivo attorno agli Anni Novanta. Poi parve destinata al dimenticatoio, se la cosiddetta “realtà aumentata” non l’avesse riproposta all’attenzione del grande pubblico sotto forma di app gratuita, scatenando grandi e piccini in una sorta di colossale “caccia” alle bestiole virtuali. Che si nascondono ovunque. Anche dove non dovrebbero. Intanto, però, per avere un account occorre fornire troppe informazioni sensibili. E c’è già chi parla, per questo, di nuovo “totalitarismo”… Mauro Faverzani
Il regista statunitense Oliver Stone (nella foto) non ha dubbi: ritiene che il gioco serva, in realtà, come pretesto per controllarci tutti: «Hanno investito somme ingenti di denaro nell’estrazione dei dati altrui. èciò che si chiama totalitarismo». èstata lanciata come la app del momento ed in molti hanno abboccato. Ragazzini, ma anche tanti adulti. Tutti a caccia dei Pokémon ed, in particolare, dell’introvabile Pikachu ovunque, senza ritegno. A New York, la “comparsa” di Vaporeon a Central Park ha fatto precipitare una folla sul posto: un video documenta scene apocalittiche, con auto abbandonate in mezzo alla strada e traffico paralizzato. Ancora: durante le ultime Olimpiadi, a Rio, sono scoppiate le polemiche nel Villaggio atletico, poiché all’epoca in Brasile non era ancora disponibile l’applicazione. Un’applicazione peraltro scaricabile gratuitamente, ma, per utilizzarla, occorre fornire molte, per qualcuno troppe, informazioni di sé. Il proprio accesso a Google ed alla mail, innanzi tutto, password compresa; la propria posizione, quindi i propri spostamenti; lo storico del proprio browser. Ciò, che ha suscitato più di una perplessità e più di una polemica, in molti Stati. Tanto da spingere la Niantic,società che ha realizzato e controlla l’app in questione, ad una dichiarazione pubblica: «Recentemente abbiamo scoperto che il processo di creazione dell’account Pokémon Gosull’iOS richiede erroneamente l’accesso all’account degli utenti Google. Comunque, l’app utilizza solo la user ID e l’indirizzo e-mail», non altri dati sensibili e privati. Questa è quanto dicono, la loro assicurazione, però si va sulla parola, in fiducia: può bastare? Per eliminare ogni dubbio, non sarebbe stato più semplice e trasparente modificare questa procedura “ficcanaso”, rendendola più “discreta”?

Il regista Stone: “Si chiama totalitarismo”
Al riguardo, il regista statunitense Oliver Stone non ha dubbi e non ha mancato di manifestarli: secondo quanto riportato da The Guardian, lui ritiene cheil gioco serva, in realtà, come pretesto per controllarci tutti: «Non è divertente quello che sta accadendo –ha dichiarato – Hanno in-
vestito somme ingenti di denaro nel monitoraggio vale a dire nell’estrazione dei dati altrui. Si tratta di un ulteriore passo, di un nuovo livello nell’invasione della privacy, verso una nuova forma di società robotizzata, in cui ‘loro’ sanno tutto di come ci comportiamo. Èciò che si chiama totalitarismo». Non ricorre certo a mezze parole, il tono è duro ed è determinato nel mettere in guardia.
Ma gli esperti han fatto notare come nel mondo virtuale le differenze di età siano annullate e questo rappresenti un pericolo per i minori, esposti senza tutele alle mire di eventuali malintenzionati, che si insinuassero in questi spazi per tentare adescamenti on line e diffondere la pedofilia.
Già molti “divieti di caccia”
Nel frattempo, i Pokémon virtuali continuano ad apparire ovunque, anche nei posti più sconcertanti, senza risparmiarne alcuno: come i luoghi della memoria relativi alla prima guerra mondiale, ad esempio; in particolare, l’ossario di Douaumont, dove le tombe sono divenute per l’occasione una sorta di arena dell’app davvero insolita e sconveniente. Il direttore è stato costretto a comunicare ufficialmente la “disinfestazione” dell’area dalle bestiole on line, per riportarvi la necessaria quiete. Tuttavia, altre zone, sempre della battaglia di Verdun, sono state colpite da questa vera e propria “epidemia” digitale: «C’è un’arena nel museo – afferma la direzione del Memoriale di Verdun – però lì non c’è rete, quindi i giocatori non possono utilizzare i loro smartphone». Lo stesso dicasi del villaggio distrutto di Fleury-devant-Douaumont: qui un’arena è apparsa sul monumento ai fucilati. Oltre a questi, altri divieti di “caccia” ai Pokémon sono stati assunti ed altri potrebbero esserlo in futuro, per una questione di dignità e di rispetto: ad esempio, presso i lager nazionalsocialisti, a Ground Zero e negli altri memoriali. Il fatto però che la specificità delle località citate non abbia affatto fermato i patiti di questo gioco la dice lunga sul degrado morale, cui l’Occidente è giunto.


Ma al volante…
Degrado, che si rivela anche e soprattutto nelle strade. Dove si verificano anche autentici disastri. Il sito on line di Rtl Info lo scorso 13 luglio ha pubblicato un video-appello, grazie al quale la Polizia d’Anvers metteva in guardia dai pericoli insiti nel gioco Pokémon Go: incidenti, innanzi tutto. Ma anche borseggiatori, pronti ad approfittare della temporanea distrazione dei giocatori. Purtroppo quel video, oggi, non è più disponibile, benché il rischio resti, eccome. Anche in Italia. Sempre lo scorso mese di luglio un automobilista ha tamponato un’altra vettura a Crema, in via Stazione. Un incidente provvidenzialmente lieve, con danni ai mezzi ed alla segnaletica verticale ma senza feriti. Ha sconcertato però i presenti apprenderne la dinamica: il conducente si era distratto, mentre, al volante, andava a caccia di Pokémon. Incredibile.
I Pokémonvirtuali appaiono ovunque, anche nei posti più sconcertanti: come i luoghi della memoria relativi alla prima guerra mondiale, in particolare, l’ossario di Douaumont (nella foto).
Divieti di “caccia” ai Pokémon sono stati assunti, per una questione di dignità e di rispetto dei luoghi, presso i lager nazionalsocialisti (nella foto), a Ground Zero e negli altri memoriali, tra cui quello di Verdun.
