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Baldovino IV, un vero esempio di Gianandrea de Antonellis

Storia Baldovino IV, un vero esempio

Salito al trono di Gerusalemme nel 1174, a 14 anni, Baldovino ne visse undici nella sofferenza fisica e morale, talvolta intollerabile, generata dalla lebbra; non si compianse, non si rifugiò in un letto, ma scelse di stare sui campi di battaglia, dove lo chiamava il suo dovere di Re.

di Gianandrea de Antonellis

Ènoto come il «Re lebbroso»: Baldovino IV, sesto Re di Gerusalemme (e penultimo, prima che al titolo non corrispondesse più un regno vero e proprio, a causa della conquista musulmana), governò pochi anni, dal 1174 al 1185. Ma in questo breve periodo, nonostante la giovanissima età (era solo tredicenne quando fu incoronato) e soprattutto nonostante la gravissima malattia che lo stroncò a meno di venticinque anni, seppe dimostrarsi un soldato intrepido, capace di imprese memorabili. Come condottiero, gli riuscì di sconfiggere il feroce Saladino; come governante, si dimostrò molto attento al destino del proprio regno e, nonostante fosse costretto a destreggiarsi tra le manovre dei cortigiani, seppe evitare i favoritismi e gli screzi (sfociati anche in una guerra civile) che avevano caratterizzato i regni dei suoi due predecessori, lo zio Baldovino III e il padre Amalrico I.

In battaglia, benché malato

Baldovino, nato nel 1161 a Gerusalemme, era appunto figlio di Amalrico d’Angiò e di Agnese di Courtenay. Alla morte del padre – avvenuta all’età di soli 38 anni, l’11 luglio 1174, mentre avviava i negoziati con Guglielmo II di Sicilia per una spedizione congiunta contro l’Egitto, cuore del dominio di Saladino – il giovane Baldovino era già stato colpito dalla lebbra, ma non ne erano chiari i sintomi: prima di rendersi conto che aveva il braccio inutilizzabile, pensava addirittura che la mancata sensibilità dell’arto fosse dovuta ad una eccezionale resistenza al dolore.

«È morto il Re, viva il Re!»: così, quattro giorni dopo la morte del padre, Baldovino venne incoronato. Suo consigliere principale fu il saggio Guglielmo di Tiro, che era stato anche suo precettore e che aveva ricoperto la carica di cancelliere del Regno, divenendo nel maggio dello stesso 1174 arcivescovo di Tiro.

Nonostante la menomazione fisica che gli impediva di utilizzare il braccio destro, Baldovino non si limitò a seguire le operazioni belliche dalla reggia, ma volle essere presente sul campo di battaglia, dove combatté utilizzando il braccio sini-

Nella foto, l’Incoronazione di Baldovino IV di Gerusalemme, noto come il «Re lebbroso», opera del XIV secolo.

Nella foto, una miniatura del 1250, di autore ignoto, raffigurante come Guglielmo di Tiro si sia reso conto che il Re era affetto da lebbra. L’immagine è tratta da un’antica traduzione francese dell’Historia rerum in partibus transmarinis gestarum.

Nella foto, il dipinto de La battaglia di Montgisard, opera realizzata nel 1842 da CharlesPhilippe Larivière, oggi nella Sala dei Crociati presso la Reggia di Versailles. Il 25 novembre 1177, Baldovino, nonostante l’inferiorità numerica, colse di sorpresa a Montgisard il feroce Saladino, ponendo in pericolo la sua stessa vita ed infliggendogli gravi perdite nell’esercito.

stro. Affrontò Saladino con un esercito di gran lunga inferiore a quello saraceno (soli 500 cavalieri, più 80 Templari e poche migliaia di fanti contro circa 26.000 uomini). Il condottiero musulmano sottovalutò l’avversario e disperse il proprio esercito, allargandolo su un’area molto vasta. Così, il 25 novembre 1177, Baldovino colse di sorpresa l’avversario a Montgisard, nei pressi di Ramla. La battaglia fu una sciagura per Saladino, che perse buona parte del suo esercito, rischiando addirittura di morire; sul fronte cristiano, l’epica vittoria sulle sovrastanti forze musulmane, frutto dell’aiuto divino (si disse che le truppe cristiane non avessero combattuto, ma solo pregato, mettendo in tal modo in fuga gli avversari), dette respiro al Re di Gerusalemme e permise un sia pur breve periodo di pace.

Una difficile successione

Baldovino, conscio dei pochi anni di vita che ancora gli rimanevano, cercò di stabilire la successione, dando la sorella Sibilla, vedova di Guglielmo Spadalunga di Monferrato, in sposa a Guido di Lusignano, che, per i suoi stretti rapporti con Filippo II di Francia e Enrico II d’Inghilterra (quello di san Tommaso Becket), sembrava un ottimo partito per attrarre aiuti militari dall’Europa. Ma Guido non si rivelò all’altezza del compito e Baldovino decise di escluderlo dalla linea successoria, nominando erede l’infante Baldovino, figlio delle prime nozze di Sibilla con Guglielmo. Ciò provocò un risentimento da parte del cognato, che causò ulteriori frazionamenti interni.

Il «Re lebbroso» morì nel marzo 1185, dopo avere, pur se all’estremo di ogni sua forza, partecipato a una spedizione di soccorso al castello di Kerak, assediato da Saladino. Lasciò sul trono il giovanissimo Baldovino V, di soli otto anni, circondato da validi consiglieri. Ma quando, un anno dopo, anche il giovanissimo Re morì, al suo posto salì al trono il mediocre Guido di Lusignano, il quale, circondatosi di consiglieri inetti ed imprudenti, portò i Cristiani alla disfatta di Hattin (4 luglio 1187). Tre mesi dopo (2 ottobre 1187) Saladino conquistò la Città Santa e, da quel momento, il Regno iniziò una lunga agonia, privo di capitale e collegato ai sempre più esigui possedimenti cristiani in Terra Santa, divenendo in breve un titolo meramente formale (fino all’Ottocento era legato al Regno di Napoli, dopo l’Unità fu utilizzato dai Savoia, attualmente è generalmente assegnato ai discendenti della Casa di Borbone).

Sovrano sino in fondo

Di fatto, Baldovino IV fu uno dei personaggi più ammirevoli dell’epoca delle Crociate per il coraggio, la lealtà e la saggezza dimostrate, nonostante le grandi sofferenze a causa della sua malattia; l’esempio del padre e l’educazione ricevuta da Guglielmo di Tiro gli diedero la coscienza dei doveri di un Principe: così, non solo sopportò il suo male con grande forza, ma non si risparmiò mai nella sua opera di Sovrano.

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