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Europa, un futuro già visto di Luigi Bertoldi

Attualità Europa, un futuro già visto

Il dissidente sovietico Vladimir Bukovskij, noto per aver accusato Putin di attentare alla libertà di stampa in Russia, torna a puntare il proprio indice, questa volta però contro l’Europa, che conterrebbe «già in sé tutti i germi della propria caduta. Io ho vissuto nel vostro futuro – ha aggiunto –e non ha funzionato». Ma sempre più diffuso – e confermato dai documenti trovati negli archivi – è il sospetto che l’Ue non si sia costituita da sola, che vi sia una grande regia. La stessa che ora punterebbe alla sua dissoluzione e, forse, all’imposizione del “Phoenix”, la moneta mondiale…

di Luigi Bertoldi

Nella foto, il dissidente sovietico Vladimir Bukovskij, ora pronto a puntare l’indice contro l’Unione Europea, che – dice –«contiene già in sé tutti i germi della propria caduta. Ma c’è un’alternativa, si chiama indipendenza». Il dissidente Vladimir Bukovskij è noto all’opinione pubblica, per avere denunciato, già sei anni fa, gravi limitazioni alla libertà di stampa nella Russia di Putin. Per questo, assieme ad altri – pochi altri, in verità, tra cui la vedova Sacharov – ha rivolto un accorato appello ai leader europei, affinché tengano conto di tutto ciò prima di stringere ulteriori accordi con Mosca.

Sono oltre 130 i giornalisti uccisi in Russia dall’avvento di Putin al potere. Oltre una dozzina gli scomparsi, una trentina i deceduti in incidenti sospetti (o, come si dice, «non confermati»), una quarantina quelli «per cause acciden-

tali», in alcuni casi si parla esplicitamente di morti “di Stato”.

«L’Ue crollerà»

Bukovskij – 74 anni ed un curriculum da dissidente sovietico –, da sempre fiero attivista anticomunista, fu il primo a denunciare il ricorso alla reclusione psichiatrica contro i detenuti politici in Urss, ciò che sperimentò sulla sua pelle. Ed ora è pronto a puntare di nuovo l’indice, questa volta contro l’Unione Europea, che – dice –«contiene già in sé tutti i germi della propria caduta. Purtroppo, quando crollerà – perché certamente crollerà –, lascerà dietro di sé un’immensa devastazione e problemi giganteschi, economici ed etnici. Il vecchio sistema sovietico non era riformabile. L’Unione europea non lo è più. Ma c’è un’alternativa all’esser governati da queste due dozzine di responsabili autoproclamatisi a Bruxelles. E questa alternativa si chiama indipendenza. Voi non siete costretti ad accettare quello che loro hanno pianificato per voi. Dopo tutto, non vi è mai stato chiesto se desideriate unirvi a loro. Io ho vissuto nel vostro futuro e non ha funzionato».

Emerge da queste parole l’immagine di interi popoli, dominati da una dittatura oligarchica, che pilota il Continente tramite il Politburo di Bruxelles. Le molte pagine ancora da scrivere della storia europea potrebbero, almeno in parte, confermare tale visione, per niente isolata.

Negli Anni ’50 le basi dell’Ue

Già il 26 luglio 1950 un memorandum conteneva tutte le indicazioni necessarie per lanciare una vasta campagna di sensibilizzazione, che inducesse a ritenere necessaria la costituzione di un vero e proprio parlamento europeo. Tale scritto era firmato niente meno che dal generale William J. Donovan, vertice dell’Oss, l’ufficio statunitense dei servizi strategici in tempo di guerra ovvero il precursore della stessa Cia.

Il 19 settembre del 2000 Ambrose EvansPritchard, sul Daily Telegraph, ha riportato alcuni stralci estratti da un documento del governo americano desegretato, documento che rivelava come la Cia avesse fondato e diretto in gran segreto già negli Anni Cinquanta e Sessanta il movimento federalista europeo.

In tale direzione si mosse anche l’Acue, American Committee on United Europe, creato nel 1948. Non a caso lo stesso generale Donovan, all’epoca presentatosi come un semplice avvocato specializzato in diritto privato, ne fu presidente. Suo vice fu Allen Dulles, direttore della Cia in quegli stessi anni. Ma di questo comitato fecero parte anche Walter Bedell Smith, primo direttore della Cia e molte altre vecchie conoscenze dell’Oss, “prestate” ai servizi segreti americani.

Le carte ritrovate dimostrano come l’Acue abbia finanziato il movimento europeista, l’organizzazione federalista più importante del dopoguerra, il cui budget, nel 1958, proveniva per il 53,5% proprio dal fantomatico comitato statunitense. Non solo. «L’European Youth Campaign risulta totalmente controllata da Washington –ha scritto Evans-Pritchard – Il suo direttore belga, il barone Boel, riceveva versamenti mensili su di un conto speciale». Quando si trovò alla testa del movimento Joseph Retinger, di origine polacca, tentò di porre un freno a quest’andazzo, ma venne immediatamente rimproverato.

Stessa sorte per l’euro

Anche l’euro, la moneta unica, subì un pro-

Il 26 luglio 1950 un memorandum conteneva tutte le indicazioni necessarie per lanciare una vasta campagna di sensibilizzazione, che inducesse a ritenere necessaria la costituzione di un vero e proprio parlamento europeo. Tale scritto era firmato niente meno che dal generale William J. Donovan (nella foto), vertice dell’Oss, l’ufficio statunitense dei servizi strategici, il precursore della stessa Cia.

L’Acue, American Committee on United Europe, finanziò il movimento europeista: suo presidente ne fu lo stesso generale Donovan, suo vice Allen Dulles (nella foto), direttore della Cia in quegli stessi anni. Ma di questo comitato fecero parte anche altre vecchie conoscenze dell’Oss e dei servizi segreti americani.

Anche l’euro subì un processo analogo: una nota emessa dalla Direzione Europa l’11 giugno 1965 consigliava al vicepresidente della Cee, Robert Marjolin (nella foto), di perseguire in modo surrettizio l’obiettivo di un’unione monetaria. Si raccomandava di continuare a parlarne sino a quando l’adozione dell’euro non apparisse «praticamente inevitabile». è necessario. Questo spiega la trasferta di Barak Obama in Gran Bretagna durante la campagna elettorale sul Brexit. In tale occasione il presidente degli Stati Uniti ha minacciato il Regno Unito di rappresaglie commerciali in caso di uscita dall’Ue, rimettendo in questione il partenariato» tra i due Stati, infischiandosene dei trattati transatlantici.

cesso analogo: una nota emessa dalla Direzione Europa l’11 giugno 1965 consigliava al vicepresidente della Cee, Robert Marjolin, di perseguire in modo surrettizio l’obiettivo di un’unione monetaria. Si raccomandava di continuare a parlarne sino a quando l’adozione dell’euro non apparisse «praticamente inevitabile».

Per quale motivo? L’obiettivo pare fosse quello di neutralizzare l’Europa, impedendole una politica indipendente e mantenendola sotto tutela americana, distruggendo l’economia dell’Ue (in particolare, di Francia e Italia) e favorendo quella tedesca, promuovendo un libero mercato a concorrenza sleale ed accelerando l’annientamento del tessuto industriale continentale. Risultati che in buona parte possono dirsi conseguiti.

Del resto, niente di nuovo sotto il sole: nel 1997, nel suo libro La grande scacchiera, il geopolitologo americano Zbigniew Brzezinski evidenziò con precisione millimetrica le medesime linee fondanti la strategia di dominio Usa ed aggiunse: «Il sostegno statunitense al progetto europeo

E la fine?

Ma, se la costituzione dell’Europa è stata pilotata, ora che se ne vedono chiaramente le crepe, è ragionevole ritenere che anche la sua fine lo possa essere? Secondo Pierre Hillard, esperto di regionalismi europei, la destrutturazione del Continente potrebbe condurre al mondialismo con la «costituzione di una moneta universale, il “Phoenix”, prevista in linea teorica per il 2018 dall’Economist, nonché la frammentazione degli Stati Uniti d’America in sette mega-regioni, come rivelato dal New York Times». Che questo possa avvenire o meno, già questo basta per comprendere come la realtà sia molto più complessa di quanto la nostra perspicacia, per quanto allenata, possa ipotizzare.

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