SECONDO EUROSTAT IN EUROPA 1 MANAGER SU 3 È DONNA. IN ITALIA LA PROPORZIONE SCENDE A 1 SU 5
Donna e uomo, nessuna pari opportunità Essere donna in Italia significa guadagnare meno degli uomini, differenza di retribuzioni e opportunità, condizione rimarcata anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi, durante il suo discorso programmatico
I 28 Progetti Finanza&
SIMONA DE DONATO
risultati degli ultimi sondaggi commissionati da Linkedin su mondo del lavoro e donne, non si discostano dai precedenti e nessuno di questi fa approdare sulla spiaggia della positività, al solito stipendi più alti e posizioni di vertice appartengono agli uomini. Oltre a guadagnare più delle donne in tutte le fasce di età, gli uomini percepiscono anche un aumento medio della retribuzione maggiore rispetto alle donne. In Italia la retribuzione media annua delle donne è più bassa del 43,7% rispetto a quella degli uomini. Il dato dipende soprattutto dalla difficoltà delle donne di accedere ai ruoli di vertice. Secondo Eurostat in Europa 1 manager su 3 è donna. In Italia la proporzione scende a 1 su 5, ne consegue una discesa del Paese agli ultimi posti della classifica europea. Più si guarda verso le posizioni apicali, più le donne restano sotto al cosiddetto «soffitto di cristallo». Essere donna in Italia significa guadagnare meno degli uomini, differenza di retribuzioni e opportunità, condizione
rimarcata anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi, durante il suo discorso programmatico al Senato del mese scorso. Non esiste però nessuno studio scientifico che connoti la leadership secondo il genere e all’epoca del COVID-19, tutto peggiora. E allora perché queste differenze? Le donne vogliono e possono avere successo nel mondo del lavoro senza rinunciare alla propria identità, con regole, linguaggi e riti in uso da imparare e utilizzarli a proprio vantaggio o, almeno, non inciamparci. Vuol dire anche non rinunciare alle caratteristiche distintive del comando al femminile, né alla propria cifra. Tutto questo non è facile, è un talento. La differenza salariale tra uomo e donna, a parità di competenze, nel 2020 aveva ricominciato ad allargarsi, mentre fino al 2018 aveva visto una leggera ma progressiva riduzione delle disparità. Secondo una ricerca della di ODM Consulting, società di consulenza HR di GI Group, il terzo trimestre dello scorso anno, ha visto registrare un calo dell’8,7% della busta paga di lavoratrici
e professioniste, rispetto a quella dei colleghi maschietti. Nel nostro Paese il tasso di occupazione delle donne è uno dei più bassi in Europa, visto che già prima della pandemia, nel 2019, si attestava intorno al 50,1% contro il 68% degli uomini. Una dinamica che in Italia si inserisce in un contesto già difficile ma c’è da ammettere che l’emergenza sanitaria ha finito per dare un duro colpo a guadagni e prospettive occupazionali. I settori più colpiti quelli nei quali la forza lavoro è in gran parte femminile ossia commercio al dettaglio, servizi ricreativi e alla persona. Eppure le donne sono istruite come e quanto gli uomini (più del 50% dei laureati in Italia è donna, con votazioni in media più alte degli uomini), maturano competenze analoghe ma sono ancora sotto-rappresentate. Troppo spesso la donna abbandona il lavoro dopo la nascita dei figli e, ancora oggi, solo il 9% delle posizioni di top management è occupato da donne (SDA Bocconi). Alcuni studi fanno risiedere il problema nella sola cultura aziendale italia-
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