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La scuola della felicità esiste dav vero

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Boom di richieste di credito per far fronte alla liquidità

La crescita riguarda sia le imprese individuali (+20%) sia le società di capitali (+34%)

Per far fronte al fabbisogno di liquidità, nel 2020 le imprese italiane hanno intensificato la propensione a rivolgersi agli istituti finanziari, tendenza che si è confermata anche nel primo trimestre del 2021 con le richieste di credito che sono cresciute complessivamente del +28,7% rispetto al Q1 2020. È quanto emerge dall’analisi delle istruttorie di finanziamento registrate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF. “La pandemia da Covid-19 ha generato uno shock economico senza precedenti, che ha colpito immediatamente e duramente il tessuto economico nazionale, ma va detto che una componente non trascurabile delle imprese italiane partiva da situazioni di liquidità che risultavano già delicate, con una disponibilità di cassa in grado di coprire meno del 50% dei debiti finanziari a breve termine in scadenza, cui va aggiunto un ulteriore 8% di imprese senza particolari margini di manovra” - commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. Per altro, il trend di crescita riguarda sia le Società di capitali, che nei primi tre mesi dell’anno hanno fatto segnare un +34%, sia le Imprese individuali, per le quali l’incremento è stato del +20%. Entrando nel dettaglio, il 38% delle richieste totali proviene dal settore dei servizi, che precede nell’ordine l’industria, con il 36,6%, il commercio al dettaglio, con il 14,5%, e il commercio all’ingrosso, con il 10,9%. “Le previsioni contenute nell’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio Pulse di CRIF sottolineano come il crollo del fatturato delle imprese italiane registrato nel 2020 non verrà recuperato interamente nel 2021, quando le stime di crescita sono del +7,5% a fronte di una perdita attesa del 11,1% nel 2020. Al contempo, il rallentamento del ciclo economico continua a condizionare l’andamento dei flussi di cassa delle imprese, che in questa fase patiscono anche l’allungamento dei ritardi nei pagamenti commerciali, specie nei settori più ciclici ed esposti alle dinamiche dei consumi, che non a caso sono anche quelli più colpiti dalla pandemia. Per molte aziende aumenterà l’esigenza di reperire significativi importi di nuova finanza entro il 2021, fino a coprire il 50% del fatturato per i settori più colpiti. Per far fronte al fabbisogno di liquidità, le imprese hanno fortemente intensificato la richiesta di credito e in parallelo è cresciuto anche l’importo medio” - commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. Dall’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF emerge anche un notevole incremento dell’importo medio richiesto (+61,9%), che nel primo trimestre dell’anno si è attestato a 111.997 Euro. Per quanto riguarda le Imprese individuali, che rappresentano la spina dorsale del tessuto economico e produttivo nazionale, le richieste di credito hanno visto un importo medio pari a 41.655 Euro (+44,5% rispetto al corrispondente periodo 2020). L’incidenza dello scaglione fino ai 20.000 Euro arriva a spiegare il 61,5% del totale. Per quanto riguarda le Società di Capitali, invece, l’importo medio richiesto ammonta a 150.212 Euro, segnando un incremento percentuale pari a +60,5%. Nello specifico, oltre la metà delle richieste presenta un importo superiore ai 20.000 Euro. A livello regionale, nel primo trimestre del 2021 si registrano incrementi particolarmente significativi delle richieste di credito soprattutto in Sicilia (+47,8%), Campania (+44,2%) e Lazio (+44,1%), mentre il rimbalzo della domanda è stato più contenuto nelle Marche (+6,0%) e in Toscana (+11,4%). Il Trentino-Alto Adige, invece, è la regione caratterizzata dall’importo medio più elevato (€133.336), seguita da Lazio (€107.351) e Lombardia (€106.785). All’opposto, l’ammontare più basso è stato riscontrato in Valle D’Aosta (€45.174), Sicilia (€55.279) e Sardegna (€57.099).

LA SCUOLA DELLA FELICITÀ ESISTE DAVVERO

Accade a Troia, dove l’istituto comprensivo Virgilio Salandra ha dato vita ad un originale progetto, ideato dal professor Mariano Laudisi, nell’orario scolastico è stata introdotta “l’ora di Felicità”

MARIA PIA ROMANO

Nel film “L’attimo fuggente” il professor John Keating, Robin Williams, saliva sulla cattedra per incitare a vedere il mondo da angolazioni diverse e spingeva audacemente i ragazzi a scoprire la bellezza della vita: era una voce fuori dal coro e veniva cacciato dalla sua scuola. In un paese in provincia di Foggia, invece, un giovane docente che s’inventa “L’ora della felicità” incontra il consenso dei suoi colleghi ed insieme danno vita alla “scuola della felicità”. Accade a Troia, dove l’istituto comprensivo Virgilio Salandra ha dato vita ad un originale progetto, ideato dal professor Mariano Laudisi. “Ci teniamo tutti ad essere accettati, ma dovete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani e impopolari, anche se il gregge dice: Non è beeee. “, diceva il professor Keating spronando i ragazzi a rendere le loro vite straordinarie. Oggi più che mai, in tempi di pandemia, si potrebbe vivere la scuola in modo diverso. Ce lo insegna la preziosa esperienza di un piccolo paese pugliese, dove le utopie diventano progetti, poi si fanno realtà, a cui ci si può aggrappare per trovare un senso. La strada non è mai scontata, la felicità è un attimo, ma è fare il cammino insieme che regala il sorriso. E la consapevolezza di aver percorso un tratto di quella strada insieme a chi, compagni di classe e professori, dimostra di saper ascoltare, entrando in punta di piedi nel complesso paesaggio interiore delle vite degli altri.

Come nasce il progetto “La scuola della felicità”?

Nell’anno scolastico 2019-2020 ho proposto questo progetto trasversale che, grazie al beneplacito della dirigente scolastica, prof.ssa Maria Michela Ciampi, è stato approvato da tutti i docenti, adottato ed è tuttora in corso. Questo tentativo nasce dal mio interesse per il “metodo danese”. Ho cercato di capire il metodo didattico di questa nazione a cui l’UNESCO ha attribuito il titolo di “Nazione più felice”. Ho, così, tentato di calare alcune componenti fondamentali di questo processo nel sistema scolastico italiano. Sono partito, inoltre, dalla riflessione circa il comandamento biblico dell’ “ama il prossimo tuo come te

stesso”. Credo che tra i messaggi più rivoluzionari della storia ci sia questo comandamento. Ci siamo mai posti la domanda, forse troppo banale, “io mi amo?”. La risposta sembrerebbe così scontata, invece non lo è. Sono convinto che la chiave di tutto, dell’intera esistenza, risieda nell’attuazione di questo amore per se stessi. Noi fingiamo di stare bene. Basti pensare ai social più usati come Facebook o Instagram. Uno scorrere continuo di immagini di benessere e di felicità. Ma allora come si spiegano i dati sempre più allarmanti, specie tra gli adolescenti e tra i giovani, circa l’aumento dei disturbi legati alla psiche, all’apprendimento, alla depressione, all’uso di droghe ed alcool, alla sofferenza da bullismo, all’emarginazione?

Lei ha fortemente voluto che nell’orario scolastico ci fosse “l’ora della felicità” in cui ogni alunno potesse scoprire il suo “diritto alla felicità”. Qual è stata la reazione iniziale degli studenti? E dei Suoi Colleghi?

Sì, ho ritenuto fondamentale che nell’orario scolastico fosse presente “l’ora della felicità”. Ho trovato un grande entusiasmo da parte dei miei Finanza&Progetti colleghi: c’è stata una grande colla-

borazione ed empatia non solo tra gli insegnanti della secondaria di primo grado, ma anche tra i docenti dell’infanzia e della primaria. Con gli alunni, dal primo incontro, fino ad oggi, è stata una continua scoperta. Quando trovi la chiave per aprire il loro cuore puoi spingerti a grandi cose.

“Il primo requisito per rendere possibile l’educazione è far scoprire la vita e la sua bellezza (…) educare non significa insegnare le buone maniere, ma far riscoprire la gioia di vita”: la scuola della felicità si ispira a Vittorino Andreoli auspicando un’ora della felicità in cui potersi dedicare all’introspezione. Un tempo lento, dunque, per prendersi cura di se stessi. Cosa vi siete proposti di fare e cosa avete poi messo in pratica, fino ad ora?

Molteplici sono state le attività messe in campo, specie nel periodo pre-pandemia. L’ alfabetizzazione emotiva è stata condotta con gli stessi strumenti atti al raggiungimento della abilità richieste quali scrivere, leggere, parlare, ascoltare. Importante, per monitorare l’evoluzione del lavoro e avere il polso della situazione, è stata la stesura del diario della felicità: un vero e proprio diario di bordo in cui sono confluite le nostre attività con tutto il corredo delle sensazioni provate. Grande interesse ha suscitato la scatola della felicità, in cui ogni alunno ha imbucato un bigliettino anonimo per segnalare un disagio, per apportare un suggerimento o per segnalare una situazione particolare. Grazie ai test della felicità abbiamo misurato, in termini percentuali, quali sono i disagi e le paure più comuni sulle quali lavorare. Abbiamo lavorato molto anche sulla poesia, anche spogliandola dai tecnicismi, per gustarne l’universalità del suo messaggio, su brani musicali e ci siamo serviti della proiezione di film scelti per affrontare determinate dinamiche.

Quanto è stato difficile portare avanti questo progetto in tempi di pandemia?

L’anno scorso a Marzo quando, in maniera del tutto inaspettata, piombammo in lockdown, insieme al mio collega, prof. Vito Tozzi, decidemmo che la scuola della felicità non poteva risultare assente in un momento di così forte smarrimento. In pochi giorni mettemmo su un progetto dal titolo “Una rete di emozioni” visibile su YouTube. Grazie al prezioso contributo che, in modo gratuito, hanno dato padre Alessio, l’attore Gaetano Doto, la prof.ssa Roberta Sassano, la psicologa Antonella Cappiello e i colleghi della nostra scuola, abbiamo trattato, in ogni puntata, un argomento specifico sul quale i nostri alunni si sono espressi con poesie, pensieri e rappresentazioni iconiche. La ferita, il dolore, la speranza, la relazione sono state le tematiche fin qui affrontate nel corso delle nostre puntate.

Quanto sono vicini, o lontani oggi gli adolescenti italiani dagli Hikikomori giapponesi, che si isolano dal mondo trascorrendo lunghi periodi in casa?

Ogni individuo ha bisogno di relazioni autentiche, di essere riconosciuto e amato dall’altro. “Abbiamo bisogno di sconnetterci per sentirci realmente connessi”: è il grido d’allarme che arriva dai lavori dei nostri alunni nell’ultima puntata del progetto “Una rete di emozioni”. Dunque, per evitare l’emulazione del noto fenomeno degli hikikomori giapponesi, noi insegnanti, congiuntamente alle istituzioni preposte e alle famiglie, abbiamo una grande responsabilità.

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