Musica Zero Km - MZK news n°15 febbraio 2020

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*Acquisto biglietti Eurovision 2020 Modalità di pagamento. Si potrà pagare con iDEAL, Paypal, carta di credito (Mastercard e Visa), Sofortüberweisung e Bancontact. Sarà possibile comprare fino a un massimo di 4 biglietti contemporaneamente. Verrà inoltre richiesta la “personalizzazione” del biglietto, che poi è ciò che in Italia corrisponde al biglietto nominale, che in questo caso viene reso tale tramite una procedura effettuata via mail.

Per maggiori info consultare il sito ufficiale

www.eurovision.tv


O I R A M SOM N째15 MUSICAZERO Km (MZK NEWS) N째15 anno 2020

Editore MZK Lab S.r.l. Via Flaminia 670, 00191 Roma Direttore Responsabile Valeria De Medio valeriademedio2.0@gmail.com Project Manager Marco Gargani

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Art Director e Progetto Grafico Jacopo Mancini jacopomancini08@gmail.com Assistenza Legale Avv.Vanessa Ivone Caporedattore Alessio Boccali alessioboccalimzknews@gmail.com Redattori Carlo Ferraioli, Francesco Nuccitelli, Chiara Zaccagnino, Lavinia Micheli, Cristian Barba, Manuel Saad Collaboratori Esterni Gianluca Meloni, Arianna Bureca, Marta Angelucci, Paola Carbone Sede Redazionale Via di S.Cornelia 11, 00060 Formello (RM) Sito & Contatti Tel. +39 3318710352 www.mzknews.com redazionemzknews@gmail.com

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Stampa produzione@miligraf.it Via degli Olmetti, 36 Formello 00060 Finito di stampare nel mese di marzo 2020

Autorizzazzione rilasciata dal Tribunale Civile di Roma N째2 / 2017 del 19.1.2017

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Editoriale E' giusto che i cantanti dicano la loro? Ghali Curiosando: Tha Supreme Pinguini Tattici Nucleari Fasma Musica a tratti Girl Power Rancore L'arte sfida il potere Libreria Musicale POSTER: Tha Supreme Woody Allen e la politica nei film

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Racconto della musica leggera Guccini e il suo politicar cantando Bob Dylan, il menestrello di Duluth Spazio Musica: recensioni artisti Soundmeeter: Margherita Vicario Progetti consigliati 2020 Generation: Samà Music shop: Orba Audiorandom WAO Festival Lettere da Sanremo 2020 70 anni del Festival di Sanremo #LALIFEE'BELLA: Pasolini

AVVISO IMPORTANTE: Alcune delle foto di questa rivista sono tratte dalla rete internet in totale mancanza di indicazioni sul copyright sulla proprietà e sull’autore, si intendono quindi usate in completa buona fede. Chiunque riconoscesse come suo uno scatto è pregato di segnalarcelo per un’immediata soluzione del problema - redazionemzknews@gmail.com

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Editoriale

Trattare musica è un’azione politica a cura di Alessio Boccali

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epoca, qualsiasi regime totalitario si è servito di

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canzonette di propaganda per rafforzare il proprio status e ancor di più sono stati i brani scritti come moti di libertà, in reazione alle dittature e alle censure. Anche quando il termine politica non viene inteso in senso stretto, gli artisti di ogni epoca hanno

portato in musica delle battaglie, che siano a favore dell’ambiente, della prosocialità, a difesa della diversità o in netta avversione con la violenza di genere. La chiave dentro a tutte queste opere risiede nel loro contenuto. Quando la musica vuole lanciare dei messaggi entra inevitabilmente nel campo della politica. Eppure, uno dei maestri del cantautorato italiano, e quindi del “contenuto in musica”, Francesco Guccini, rivendicava a gran voce di non aver mai detto che “a canzoni si fan rivoluzioni”. Come la mettiamo allora? Potremmo dire che l’autore spesso mette in piedi delle opere delle quali ignora il potere. Lo fa volutamente, lascia al pubblico la libera interpretazione di ciò che scrive; peccato, o anzi per fortuna, che anche questo è un atto estremamente politico: un invito alla libertà. Potrete obiettare: “Come la mettiamo con chi del contenuto se ne frega altamente?” Non esiste alcun brano totalmente scevro di influenza sulla nostra vita quotidiana, e quindi di un messaggio. Anche la musica leggera o musica pop, a seconda di come vogliate chiamarla, ha sempre un intento – la maggior parte delle volte il distrarci o il farci divertire/cantare/ballare – spesso sinceramente dedicato dall’autore, altre volte celato dietro a un’inutile e talvolta offensiva ricerca di senso studiata a tavolino. Per questo numero, abbiamo ascoltato tanta musica, abbiamo sentito tante campane e ci siamo addentrati nel Festival della Canzone Italiana per ricostruire un po’ la storia presente e passata di una kermesse, che da sempre influenza il trend degli ascolti e dei gusti di una buonissima fetta di popolazione italiana. Sta a voi ora scegliere se sfogliare le nostre pagine. Ricordate che state mettendo in pratica il più rivoluzionario degli atti politici: il libero arbitrio.

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FOCUS

Musicology

È giusto che i cantanti dicano la loro?

laurea ad honorem all’Università di Padova in lingue e letterature europee e americane, come anche Jack White, sempre nel 2019, in Lettere Classiche “per il suo contributo alle arti e per la sua dedizione alla città di Detroit”.

di Manuel Saad

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a figura dell’artista, per molti, è considerata fondamentale all’interno di una società. Ma c’è chi ritiene che debba occuparsi esclusivamente della propria arte e non mettere bocca in dinamiche sociali. Tu da che parte stai? Molte volte, diversi artisti si sono espressi in merito a situazioni politiche e sociali sia attraverso i loro canali social sia attraverso la loro musica. Le reazioni del pubblico, spesso, vanno dalla totale indifferenza al compiacimento, per passare poi nella totale indignazione per cui un artista deve preoccuparsi solo di “cantare” o “suonare”.

Riconoscimenti importanti che mandano segnali importanti alla comunità, come successe anche nel caso di Kendrick Lamar, il primo rapper della storia ad essersi aggiudicato il prestigiosissimo

La musica quindi deve essere soltanto uno strumento ludico o un semplice sottofondo per staccare la spina? La storia ci dice tutt’altro, come anche i recenti fatti che puntano una luce diversa sul ruolo di un musicista. Bob Dylan ricevette il Premio Nobel per la Letteratura nel 2016, Patti Smith una

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FOCUS

Musicology

Premio Pulitzer della Columbia University di New York, a causa di “una virtuosistica raccolta di canzoni caratterizzata da una autenticità del gergo e dalla dinamicità ritmica, capace di offrire immagini che colpiscono e che catturano la complessità della società afro-americana oggi”. Il suo quarto album, “Damn”, è stato premiato in quanto è riuscito a raccontare la cruda realtà in cui è costretta a vivere la comunità afroamericana. Attraverso la musica, Lamar è riuscito a mettere

Brian May, storico fond atore dei Queen , oltre ad essere un grande chitarrista è anche un anim alista convinto. Impegnato da sempre per la difesa e la tute la dei animali, ha acquistato un a vasta proprietà nel sud dell’Ingh ilterra, dove da rifugio ed assis tenza agli animali.

in luce situazioni scomode, raccogliere testimonianze e ricoprire il ruolo di un vero e proprio giornalista d’inchiesta. Una vera e propria scelta politica in quanto il rapper afroamericano, nato nei bassifondi di Compton, non ha mai nascosto la sua spiccata avversione nei confronti del presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump. Pensandoci bene, i musicisti e i cantautori non fanno altro che sonorizzare tutto quello che li circonda, esprimendo attraverso la musica la loro visione del mondo che può coincidere o meno con quella di un ascoltatore. La musica è uno strumento comunicativo molto potente in quanto riesce non solo a mandare messaggi importanti, ma a farli rimanere nella testa di chi li ascolta facendone carpire il fine ultimo. Semplificare il tutto con “sei un cantante, occupati di musica e non di politica” evidenzia una lacuna notevole in ambito storico, politico e sociale. Intendere la musica come un qualcosa di superficiale, come un accessorio, risalta la superficialità di chi sostiene questa tesi. Tesi priva di fondamenta e di strutture solide in grado di reggerla e farla valere. La musica è sempre stata presente e ha sempre raccontato, come una fotografia, il periodo storico nel quale usciva prepotente e inondava le orecchie delle persone: l’ha sempre fatto e per sempre lo farà.

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INTERVISTA GHALI

GHALI di Alessio Boccali

“Quanta ragione aveva chi diceva che il secondo album e' difficile. Ci ho messo tutto me stesso. Buon DNA!”

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distanza di tre anni dal primo album in studio, Ghali è tornato e l’ha fatto in grande stile con “DNA”. Un album personale, orecchiabile e allo stesso tempo di spessore. Un disco che andrebbe fatto ascoltare a razzisti e ignoranti con modalità simili a quelle della cura Ludovico in "Arancia Meccanica".

Milano con me tutto il “materiale” e assieme al mio team abbiamo lavorato a questo nuovo disco, che veramente rap-

Ciao Ghali, come stai? Partiamo subito dal titolo del tuo nuovo album “DNA”, mi piace questa tua idea di appartenenza al mondo e alla tua identità. Non è uno estraniarsi dal contesto, ma un rimanerci attaccato affermando la propria identità. Quanto è difficile da trasmettere in musica tutto ciò? Ciao! Sono passati tre anni dall’ultima volta che mi sono sentito così. Ho intitolato il mio nuovo album “DNA” perché rappresenta il mio DNA, il mio essere, più che mai questa volta. Dopo aver viaggiato ed essere stato influenzato da vari produttori e artisti internazionali ho ascoltato tanta musica in questi ultimi mesi. Ho pensato e viaggiato davvero tanto e non solo fisicamente; alla fine ho riportato a

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INTERVISTA GHALI

ph. credit MR.WATTSON

presenta la mia persona oggi come non è mai successo. È il secondo album. Rispetto al primo c’è più consapevolezza: affronto argomenti e li tratto in una maniera diversa, mi metto ancora più a nudo secondo me, ci sono delle canzoni che prima magari non avrei mai fatto. C’è proprio questa voglia di cantare, c’è una ricerca. E ci sono dei sassolini che mi sono tolto dalle scarpe. Diciamo che è il “next step”. Giochiamo sul titolo di un pezzo del tuo nuovo album, “Flashback”, e quindi facciamo un salto indietro. Proprio forse agli inizi di quella che è ormai, purtroppo, un’escalation di razzismo e di paura nel nostro paese, tu, nato a Milano da genitori tunisini, sei diventato uno dei cantanti più ascoltati. Una bella “botta” per tutti i seminatori d’odio degli anni nostri sottolineata ai tempi anche da Roberto Saviano. Come ti sentivi in quei giorni e cosa senti oggi, come allora, di dover comunicare con la tua musica? Sei consapevole di fare e aver fatto “politica” – intesa come interpretazione della società - con la tua musica? Io penso di essere politico sempre in modo involontario. La mia visione della politica è ingenua non sono sicuramente uno che ne sa. Dove sono cresciuto io la politica non arrivava, non si occupava dei nostri problemi. Se faccio politica con la mia musica non è mai in modo ideologico, racconto solo delle cose che mi sono successe.

Ghali ha creato un modo tutto suo di fare musica partendo dal rap. Non hai bisogno di fare il gangsta, sei un essere umano con le sue fragilità e ciò ti piace. Sei il supereroe di cui la musica italiana, e più in specifico il rap, aveva bisogno? Io mi ispiro a Michael Jackson e a Stromae. Non penso di essermi inventato qualcosa, penso solo di essere molto fedele a quello che sono. Dato che siamo tutti diversi questo ci rende in un certo senso tutti unici. Mi piacerebbe essere un supereroe, ma in realtà sono felice di essere solo Ghali. Dalla tua esibizione aperta dalla “finta caduta” sul palco dell’Ariston, ma anche dai primi singoli usciti, ho trovato un Ghali teatrale, non solo in grado di creare uno show come era in passato, ma soprattutto volenteroso di crearlo; oggi più che mai è evidente questa volontà di costruire un grande immaginario intorno a te e di riempirlo di significati? Avevo un po’ di ansia prima di salire sul palco di Sanremo, però il feedback è stato mega positivo, la gente era felice e quello che avevamo in mente è riuscito. Penso che sia andata bene, la

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mia intenzione è quella di portare questo format “teatrale” già l’8, il 9 e il 10 maggio al Fabrique. Le tre date in una sola location sicuramente mi aiuteranno a creare una tipologia di show diverso: il fatto che sia fermo in uno stesso posto mi aiuterà tantissimo, poi capirete perché. Non mancheranno tutte quelle atmosfere viste nei precedenti spettacoli: il cinema, la moda, le luci… sarà sensazionale. Tutto questo, sì, mi aiuta ad “ampliare” i pezzi sul palco riempiendoli di significati. Tutto ciò ti porterà a sperimentare senza più paura di cadere (per davvero)? Hai raggiunto una nuova consapevolezza/maturità? Sicuramente sì, questo è il mio disco più maturo perché anch’io ora sono più maturo. Sto facendo piccoli passi, caderne ne fa parte, ma sento di essere davvero cresciuto rispetto ai miei lavori precedenti, senza rinnegarli naturalmente.

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CURIOSANDO Tha Supreme

Anneddoti e curiosità dal globo Tutto quello che non sapevate sui vostri artisti preferiti di Francesco Nuccitelli

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Chi è Tha Supreme? Davide Mattei, meglio noto come Tha Supreme è il giovanissimo rapper e producer romano classe 2001 che negli ultimi mesi ha rivoluzionato la scena rap e musicale italiana. Anche sua sorella è una cantante e ha scelto il nome di Mara Sattei. Insomma, una famiglia in musica.

Enfant prodige del rap italiano Grande talento per il giovanissimo Mattei, scoperto da Salmo che lo sceglie per realizzare il beat per uno dei suoi ultimi brani (Perdonami). “23 6451” è invece il suo primo album e all’interno possiamo trovare tante collaborazioni di prestigio come quelle con Fabri Fibra, Mahmood, Nitro, Gemitaiz, Nayt, Lazza, Marracash, MadMan, Dani Faiv e con lo stesso Salmo.

Tha Supreme

Una… anzi due statue per Tha Supreme Tante sono le curiosità che si nascondono dietro questo misterioso personaggio. Tra le più interessanti c’è la partnership con Spotif. Questa collaborazione innovativa ha portato alla creazione di due vere sculture: una alla stazione di Milano Centrale e un’altra a Roma Termini.

Nascosto da un cartone ete “Non mi av ”, brano fatto niente nremo festival di Sa vincitore del ni e per an e piuto du 2018 ha com i questa d o ri nniversa festeggiare l’a Meta al m nzone, Er splendida ca rpreti te in e u oro – i d M o zi ri b Fa e i diritti del iso di cedere ec d o n an h – cavati poi ergency. I ri Em ad o n ra b uire izzati per eseg sono stati util ti en rv te ila in oltre dodicim chirurgici.

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Originale è anche il protagonista dei video di Tha Supreme. Infatti, questo è una versione animata dell'artista stesso. Solo di recente e davanti ai suoi followers su Instagram Tha Supreme si è lasciato intravedere.

Stream di successo Tra i tanti riconoscimenti per il giovane rapper c’è anche quello per il numero di view. Infatti, il brano “blun7 a swishland” ha superato le 20 Milioni di views su YouTube, mentre il suo account ha raggiunto i 700.000 iscritti. Inoltre, tutti i suoi pezzi hanno raggiunto prima e superato poi i 100 milioni di stream considerando tutte le piattaforme online.

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INTERVISTA

ph. Paolo De Francesco

Pinguini Tattici Nucleari

Pinguini Tattici Nucleari di Francesco Nuccitelli

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rande rivelazione sul palco dell’Ariston sul quale sono arrivati terzi con la loro “Ringo Starr” nella categoria BIG del Festival di Sanremo 2020, i Pinguini Tattici Nucleari (all’anagrafe Riccardo Zanotti, Nicola Buttafuoco, Lorenzo Pasini, Simone Pagani, Matteo Locati ed Elio Biffi) si sono prestati con grande simpatia alle nostre domande. Dopo questo Sanremo vi sentite ancora “Ringo Starr” in un mondo di John e Paul? Non abbiamo mai smesso di esserlo,

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è vero, abbiamo acquisito molta più visibilità dopo Sanremo, ma restiamo quelli di sempre, Ringo lo siamo stati per molti anni durante la nostra gavetta e anche se la partecipazione a Sanremo ci ha permesso di fare il salto e arrivare al grande pubblico, continuiamo a conservare lo spirito di Ringo Starr. Com’è suonare sul palco dell'Ariston? Suonare sul palco dell’Ariston è stata probabilmente una delle esperienze più emozionanti della nostra vita, è stato stimolante ed è stata una sfida con noi stessi in uno dei contesti più complessi con cui un musicista si può rapportare.

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Abbiamo vissuto una settimana magica piena di cose bellissime e che ci ha caricati al massimo per affrontare al meglio l’instore tour prima ed il tour nei palazzetti poi. Qual è stato il criterio di scelta dei brani per il medley? Come primo criterio di selezione abbiamo adottato l’ordine cronologico, prendendo le canzoni degli anni 50 e andando poi avanti con i decenni successivi. Abbiamo poi tenuto in considerazione la musicalità dei vari brani e la loro potenza musicale; non tutte le canzoni si riescono ad unire bene


INTERVISTA

Pinguini Tattici Nucleari

ph. Paolo De Francesco

Con l’aiuto del WWF e grazie ai Pinguini Tattici Nucleari, da oggi in Antartide ci sono 100 pinguini imperatore che portano i nomi di stelle della musica italiana, e che non sono più in pericolo.

Il gruppo rivelazione di Sanremo 2020 con le altre e quindi si doveva trovare qualcosa che avesse una certa potenza musicale, ma che allo stesso tempo avesse delle connessioni armoniche che permettessero alle canzoni di amalgamarsi le une con le altre. Cosa significava per voi il festival e cosa significherà da oggi in poi? Era un’esperienza nuova, che avremmo voluto provare. Da oggi in poi sarà una cosa in più che abbiamo fatto, un’esperienza che ci ha permesso di metterci in gioco e provare qualcosa di diverso, strepitoso. Nonostante sia stato molto importante, per noi in fondo

è stata però solo una tappa: eravamo già per strada, con il successo di Fuori dall’hype e il tour nei palazzetti in partenza, ma il podio davvero non ce lo aspettavamo. La vostra canzone di Sanremo? Della settantesima edizione del Festival ci sono piaciute molto la canzone di Gabbani e quella di Anastasio.

zone d’amore per la nostra città natale, è in realtà un brano sulla bellezza, mentre “Ridere” è un pezzo che parla della grande paura generazionale degli gli Under30: la convivenza. Se va male, ci puoi solo ridere su! Ci sono poi gli arrangiamenti di Irene, in acustico con gli archi, e di Cancelleria, registrata live all'RCA Studio.

In “Fuori dall’Hype Ringo Starr”, la riedizioni del vostro “Fuori dall’Hype”, ci sono nuovi inediti e nuovi arrangiamenti. Cosa ci potete a proposito? “Bergamo”, che sembra essere una can-

Neanche il tempo di rifiatare che già ripartirete per il tour. Non riposate mai? Abbiamo deciso di goderci la vita da John e Paul per un po’, poi vediamo che accadrà

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INTERVISTA Fasma

FASMA

“VOGLIO SOLO CHE SI CAPISCA CHE FASMA NON SONO (SOLO) IO, MA UNA STRADA CHE TIBERIO HA DECISO DI INTRAPRENDERE”

ph. Fabrizio Cestari

di Alessio Boccali

H

o incontrato Fasma (all’anagrafe Tiberio Fazioli) all’alba del suo esordio sul palco del Teatro Ariston e in un clima estremamente disteso si è parlato di “Per sentirmi vivo” e del messaggio che la sua musica vuole veicolare. Ciao Tiberio! Innanzitutto, come stai? Com’è stare qui a Sanremo? Ciao Alessio, diciamo che "sto". Arrivare qua è bello, ma molto ansiogeno. Incontrare per la prima volta un mondo che è fortemente preparato al Festival è un bel banco di prova. Ho tanta voglia di far ascoltare la mia musica, ma c’è anche tutto un intorno che va vissuto e non è facile farlo. Eppure, dalle tue esibizioni, come da quelle dei tuoi colleghi, nel percorso per arrivare sul palco dell’Ariston si è sempre avvertita una grande padronanza… Ti ringrazio. Non devo essere io a sostenerlo, ma mi fa molto piacere sentirmelo dire. Certo, affrontare il palco di Sanremo è tutta un’altra storia rispetto ai “miei” palchi. Sono abituato ad aprire le “cerchie”, a buttarmi tra la gente, a cantare insieme alle persone; qui, naturalmente, c’è una maggiore attenzione alla narrazione artista-pubblico. È una cosa nuova che mi sta rendendo sempre più consapevole del mio status di cantante. Vorrei arrivare

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al pubblico di Sanremo per come sono quando sto tra la “mia” gente. Ho visto che hai portato qui anche la tua crew, la WFK… Sì, il mio socio GG sale anche con me sul palco. Era giusto che questo pezzo fosse presentato al pubblico per come è nato, ovvero come un dialogo tra noi. Nei tuoi pezzi hai spesso preso in prestito il nome di grandi personaggi del passato per i titoli. Se dovessi associare un personaggio a questa “Per sentirmi vivo” a chi penseresti? Lo sai che è geniale questa domanda? Ti spiego, ho sempre trovato più semplice associare delle immagini ai miei pezzi per comunicare il loro contenuto; Nel mio ultimo album all’attivo “Moriresti per vivere con me”, infatti, trovi tutti titoli molto particolari, non ho mai pensato a un titolo ad effetto. Se dovessi scegliere un personaggio da associare a questo pezzo probabilmente penserei ad una vita da film e quindi, riprenderei come in passato, i nomi di Marilyn e di Lady D. Mi ha da sempre colpito la loro sensibilità. Ti dirò anche che questo pezzo lo associo pure così tanto a me che avrei pure potuto chiamarlo Fasma o Tiberio. “Via da me, via da te, via da questa città…” da cosa vorresti scappare? Se è una fuga quella di cui vuoi parlare… No, non voglio scappare. Sto capendo

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che a volte non è necessario scappare, ma è meglio andarsene, non perché stando fermi si sbaglia, ma perché muoversi ci aiuta ad accettare il passato. È un andare via per non star fermo ad accettare passivamente tutto ciò che ci viene offerto. Non amo dare etichette alla musica e so che tu la pensi come me, possiamo riflettere però sul potere che associ alle immagini nella tua musica. Hai anche una passione per qualche forma di arte visiva? Vedo un sacco di film. Il cinema mi fa impazzire. Quando ero più piccolo andavo al cinema anche due volte al giorno e oggi grazie all’insonnia che mi affligge proseguo questo trend. Qual è il messaggio principe di “Per sentirmi vivo”? Questo sono io e questo sei tu. Non voglio costringere nessuno a pensarla come me e non voglio indottrinare nessuno. Voglio solo che tutti quanti possano avere la possibilità di fare un viaggio dentro loro stessi come ho fatto io quando l’ho scritta. Il tuo nuovo disco uscirà il 28 febbraio e si chiamerà “Io sono Fasma”… Sì, ma non voglio che abbia un’accezione personale. Voglio solo che si capisca che Fasma non sono io, ma una strada che Tiberio ha deciso di intraprendere. Tutti possono portare a casa il loro Fasma.


Giorgio Poi STELLA MUSICA A TRATTI

di

CHIARA ZACCAGNINO @Chiara.zac

@Chiarazac


MUSICAZERO Girl Power

La musica ha un problema con le donne, ma il GIRL POWER vincerà Quello che anche gli uomini dovrebbero dire di Alessio Boccali

V

ista la tematica trattata forse vi sareste aspettati un articolo scritto da una donna, ma non pensate che anche questa sia una forma di discriminazione? Andiamo per gradi. Vi tolgo subito un dubbio che potrebbe attanagliarvi: no, non sto scrivendo questo pezzo per far colpo su qualcuna o chiederle scusa. Semplicemente c’era bisogno di dire certe cose e queste cose può, e deve, dirle anche un uomo. Nella mia esperienza nel campo musicale mi è capitato di trovarmi in situazioni alquanto bizzarre, se non, a volte, addirittura vergognose. La scena musicale mondiale ha un problema serio con le donne: siano queste delle musiciste oppure delle “semplici” protagoniste delle canzoni.

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MUSICAZERO Girl Power

Da “La donna è mobile” del “Rigoletto” sono passati quasi 170 anni, eppure non è raro scorgere all’interno di testi musicali di ogni genere un dipinto Gigliola Cinquetti è l’artista altrettanto vuoto e passivo della figura femminile. La donna cantata è spespiù giovane ad aver vi so un mero oggetto del desiderio, bella da vedere, ma inavvicinabile perché nto il festival di Sanrem instabile e pazza. Come se noi uomini, soprattutto quando si parla d’amoo, all’età di 16 anni. Era il 19 re, non lo fossimo. L’unica donna sempre santificata è la mamma, ma solo 64 e nello stesso anno bisserà la vittoria perché lei è al di sopra di ogni malizia e tentazione, ha perso le vesti lascive portandosi a casa anche e superficiali di donna per investirsi dell’aura purificatrice e santificatrice di l’Eurofestival madre. Ebbene, ok che come, dice la canzone, “Son tutte belle le mamme del mondo”, ma da qui a fargli perdere la loro personalità, e la loro dignità di donne è davvero esagerato. Certo, se le donne cantate sono sempre bistrattate, forse alle mamme non va proprio male; io, però, dico che è anche ora di cambiare la tendenza. Passiamo dal contenuto delle canzoni, alle interpreti di queste. Sapete quante volte ho ricevuto dei comunicati stampa in cui ho letto l’espressione “band tutta al femminile”? Davvero tante, troppe. Questa fastidiosa specifica attribuisce alle musiciste l’etichetta di “eccezione”. Come a dire: “la musica è roba da uomini, poi, oh, ci sono ‘ste 4 pischellette che fanno musica e non sono poi così male; concedete loro un ascolto o almeno guardatele…”. Sì, “guardatele”. Ecco, quello dell’aspetto fisico è un altro pregiudizio duro a morire. Ci avete mai fatto caso a quanta attenzione si faccia all’aspetto esteriore delle artiste? Qui potrebbero partire tutti i vari sermoni sulla società moderna, sull’importanza data all’apparire a discapito dell’essere nell’era dei social

network, ecc. ecc. Sì, ok, tutto verissimo, ma come mai la stessa cura dell’aspetto fisico non viene richiesta all’uomo, che anzi, più è trasandato e più sa di vissuto e quindi è “rock”? Attenzione: nessuno sta colpevolizzando le donne che tengono al loro aspetto, che curano il loro corpo e, per fortuna, anche la loro mente. È pero doveroso affermare che per fare musica non devi essere necessariamente riconosciuta come una femme fatale. Insomma, l’importante è che alle artiste venga riconosciuta la stessa libertà espressiva e di costumi che viene riconosciuta ai colleghi maschietti. Quasi sempre eh, perché anche lì se provi a giocare un po’ di più con le identità di genere… apriti cielo! Non si deve però incorrere anche stavolta nell’errore di identificare la donna come un soggetto passivo. Sono tantissime le artiste, le donne, che quotidianamente si impegnano per sdoganare gli indegni preconcetti di cui sono vittime, e ci sono anche dei casi eclatanti che hanno fatto la storia. Andate su Google e cercate la storia di Millo Castro Zaldarriaga, che iniziò a suonare i tamburi sfidando il regime cubano che glielo vietava, oppure le lotte di Miriam Makeba, la “Mama Africa” impegnata contro l’apartheid, o, arrivando ai giorni nostri, la storia della rapper afgana Sonita Alizadeh, che ha rifiutato la barbarie del matrimonio combinato e con un brano divenuto virale sul web ha denunciato la vergognosa questione delle spose bambine. Esempi eclatanti, come dicevamo, ma che vanno accumunati per coraggio alle scelte quotidiane di tutte le donne che decidono di esibirsi su un palco non perché sono “fighe”, ma semplicemente perché “hanno un mondo nel cuore” e a, differenza del Matto di Fabrizio De André, riescono ad esprimerlo con le parole… e con la musica.

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INTERVISTA Rancore

RANCORE Essere Luce

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n grande immaginario e una maniacale cura delle parole. Sta in questo il segreto della musica di Tarek Iurcich aka Rancore, che al suo secondo festival di Sanremo da protagonista vince il Premio “Sergio Bardotti” per il miglior testo tra le canzoni in gara, e si conferma tra i più grandi talenti del nostro rap. Pur essendo entrambi romani, il nostro primo incontro è andato in scena in quel di Sanremo nei giorni del festival. Ecco cosa ne è uscito fuori…

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Ciao Tarek, partiamo dal pezzo sanremese: com’è nata “Eden” e la collaborazione con Dario Faini aka Dardust? Io e Dario non ci conoscevamo, ma in una sessione di studio avevamo già un embrione di “Eden” sia nella musica che nel testo. Siamo partiti dal piano, poi, come Dardust è solito fare, ha mixato classicismo ed elettronica ed è arrivato a questa produzione. Io poi ci ho scritto partendo dalla base già nata, mi sono trasformato in un detective e ho iniziato questo viaggio nel tempo per raccogliere tutte le mele che trovavo - da Newton a Magritte, da Touring a Guglielmo Tell – per poi descrivere come ognuno di questi

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momenti, sia esso letterario, artistico, scientifico…, abbia determinato un cambiamento nella storia dell’uomo e, di conseguenza, come una scelta ben precisa abbia determinato una svolta. Da lì si arriva ad oggi, epoca in cui presente e futuro si incrociano e in cui siamo di fronte a un’altra grande scelta che poi è il tema portante della canzone:

ph. Serena Clessi

di Alessio Bocali


INTERVISTA

ph. Serena Clessi

Rancore

l’unione o la divisione. La mela che si stacca da un albero è simbolo di questo. Nelle tue canzoni ho sempre notato la forte presenza della “luce” e anche il fatto che la cover che hai deciso di portare a Sanremo sia stata proprio “Luce” di Elisa non sarà stato di certo un caso, anzi lì chiami in causa la Luna, mentre nel tuo pezzo “S.U.N.S.H.I.N.E.” parlavi di bisogno di luce pur affermando di non voler essere un Sole. Mi racconti un po’ questo rapporto con la luce. Partiamo dalla Luna. Lei vive di luce riflessa, è l’alternativa della luce, è come la musica che faccio io, che nasce di notte ed è sempre stata capace di vivere di luce riflessa senza per forza essere

“La mia musica e' come la luna […] nasce di notte ed e' sempre stata capace di vivere di luce riflessa senza per forza essere il Sole, nonostante l’egocentrismo nel rap sia sempre molto vivo.”

il Sole, nonostante l’egocentrismo nel rap sia sempre molto vivo. Sarà che mi chiamo Rancore, e questo rancore ce l’ho soprattutto verso di me, ma ho avuto spesso il piacere di stare nell’ombra, lo dimostrano il cappuccio, il cappello e altre cose. La Luna respira attraverso le maree ed è una bussola nel cielo, nel buio è una guida fedele a tutti. Il mio rapporto con la luce è molto profondo, venendo da una generazione che sente spesso la mancanza di terreno sotto ai piedi è ovvio che, nonostante l’oscurità di cui mi circondo, è la luce quella che cerco e che, in realtà, sto già trovando nella musica che mi guida nel mio cammino espressivo. Oltre ad essere precaria, la nostra è anche una generazione "artistica"? In realtà ci sentiamo quasi costretti a fare arte. Abbiamo così tanti mezzi che ci facilitano le cose, che sembra quasi diventato di moda essere artisti. Il problema è che lo sprone che riceviamo non è tanto quello di migliorare la nostra creatività quanto la necessità di doverci sentire artisti a tutti i costi. L’atto creativo dovrebbe essere puro N°15 "MUSICOLOGY" / WWW.MZKNEWS.COM / #MUSICAZEROKM

divertimento scevro dall’importanza del giudizio altrui. L’opera d’arte non è il quadro finito, ma il momento in cui tu compi quell’opera. Tutto ciò nasce naturalmente, sempre dalla precarietà e dalla mancanza di un orientamento preciso. Me la prendo un po’ anche con la tecnologia, che ha scoperchiato dei vasi di Pandora e tutto è diventato il contrario di tutto. Pensa alle varie teorie complottistiche o alle fake news. È importante non ridurre la complessità delle cose importanti per dargli un senso e per comprenderle meglio. Chiudiamo parlando della nostra città: Roma. Fondamentalmente la nostra è una città difficile, in cui spesso non si comunica. Roma sembra quasi avere tre città distinte al suo interno. Tuttavia, è una città carica di energie e, naturalmente, di storia e questa energia e questa storia si respirano tra le sue strade. Ogni luogo ti regala una faccia diversa della città. Una semplice passeggiata a Roma, in periferia o al centro, ti dà tanti spunti per scrivere e per raccontare. Per questo Roma ha influenzato fortemente l’intera scena hip hop e nel rancore, nell’intenzione del mio rap, Roma e il mio quartiere, il Tufello, sono sempre protagonisti. 21



INTERVISTA Intervista

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Gruppo romano specializzato nei settori audio visivi, editoriali e di informazione PRODUZIONE DISCOGRAFICA / EDITORE SERVIZI AUDIO / VIDEO MANAGMENT CONSULENZA

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FOCUS

#musicology

a cura di Cristian Barba

L'ARTE SFIDA IL POTERE

NOTE DI PROTESTA

C

ile, Hong Kong, Francia, Libano, Catalogna, Bolivia. Nell’ultimo anno, gli equilibri politici di diversi paesi in giro per il mondo sono stati messi in discussione da agitazioni popolari intense, sviluppatesi in contesti sociopolitici anche molto lontani tra loro, ma accomunate dal desiderio di riscatto di categorie sociali la cui insoddisfazione si è trasformata in rabbia. Le strade dei principali centri urbani sono state prese d’assalto e i fuochi di protesta sono divampati, prolungandosi per settimane se non addirittura mesi. Le folle di manifestanti hanno quindi avvertito la necessità di unirsi sotto bandiere e messaggi comuni, volte a dare un obiettivo unitario alle mobilitazioni ma anche a plasmarne l’immaginario. Immaginario plasmato in più modi, a seconda delle circostanze: cortei, popolarità di alcuni leader, social network, striscioni. Ma anche cori, balli e canzoni, perché nella maggior parte di queste battaglie la musica è stata un potente mezzo di aggregazione e rafforzamento identitario attorno alle ragioni della protesta. In paesi con una tradizione storico-politica importante sono state rievocate le canzoni simbolo di epoche passate, evidentemente ancora adatte a rappresentare lo spirito delle rivendicazioni odierne. È il caso del Sud America, dove la stagnazione economica degli ultimi anni ha accentuato le lacerazioni sociali, esplose nell’intero continente creando un clima da guerra civile. Non è stato un anno tranquillo neanche a Hong Kong, la città-stato all’interno del territorio cinese, di nuovo alla ribalta per le riaffiorate tensioni col governo di Pechino, accusato di non rispettare l’autonomia dell’ex colonia britannica. La difesa dell’indipendenza di Hong Kong non ha però un corposo immaginario di riferimento, così all’interno dei movimenti studenteschi sono nate canzoni che nel giro di poche settimane sono diventate veri e propri inni. Istanze indipendentiste hanno mobilitato anche la Catalogna, dove si avvertono gli strascichi della repressione a cui andò incontro il referendum per l’indipendenza organizzato nel 2017, mentre le strade di Parigi e di tutta la Francia hanno fatto i conti col malcontento dei gilet gialli, voce di un ceto medio esasperato dall’impoverimento. Nel resto del mondo occidentale, la protesta è sfumata nel dissenso, trovando più diffusione sui social network che nelle piazze. La traslazione del dibattito pubblico sui social è coincisa con l’avanzata di movimenti sociali nuovi, che hanno estremizzato il lin-

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Cile 2019 - credit: pressenza.com

guaggio della politica e polarizzato le opinioni. La presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump e la Brexit ne hanno fornito la massima espressione, mostrando la nuova faccia del conservatorismo fondato sul protezionismo commerciale e sul controllo delle frontiere. Numerose star, da entrambe le sponde dell’Atlantico, hanno espresso posizioni in contrasto con le politiche di Trump e con la Brexit, ma il consenso del presidente americano e i risultati delle ultime elezioni nel Regno Unito sembrano orientare la volontà popolare in altre direzioni. L’incidenza delle nuove tecnologie sulla vita politica ha influenzato significativamente anche la “seconda vita” di battaglie sociali come il femminismo e l’ambientalismo, i cui ideali si stanno riaffermando nel XXI secolo grazie a movimenti globali come Non Una Di Meno e Fridays For Future, esempi virtuosi di attivismo nell’era della globalizzazione. Flash mob e cortei dal carattere non violento vedono la musica giocare un ruolo di primo piano, con canzoni-simbolo che identificano e accompagnano le manifestazioni in tutto il mondo. Complessivamente, si può dire che il crescente fervore politico degli ultimi anni abbia provocato, a diverse latitudini, il bisogno di esprimere con la protesta, più o meno pacifica, sentimenti derivanti da un’appartenenza sociale, culturale e politica. Le canzoni che hanno dato voce al malcontento riflettono quel senso d’appartenenza e lo rafforzano, irrigando il terreno nel quale germoglia il seme della rivolta.

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FOCUS

#musicology

VENTO DEL SUD…AMERICA

I

l connubio tra suoni e agitazioni politiche ha trovato terreno fertile in Sud America, dove la storia politica, caratterizzata da grandi movimenti popolari e spietati autoritarismi, incontra la tradizione musicale, ricca di incroci e contaminazioni (dalle sonorità dei colonizzatori europei a quelle degli schiavi africani). Instabilità politica e stagnazione economica segnano un paesaggio ripiombato nell’incubo di povertà e disordine, dopo un inizio di secolo nel quale lo sviluppo economico e il sogno socialista sembrarono gettare le basi per un futuro di crescita. Il 2019 è stato un anno di scontri in Ecuador, Cile, Colombia e Perù, mentre in Bolivia i militari hanno costretto alle dimissioni e all’esilio Evo Morales, in Argentina le contestazioni sono culminate nell’elezione di un nuovo governo e il Venezuela, con lo scontro per il potere tra Maduro e Guaidó, ha visto aggravarsi una condizione già devastata. Un denominatore comune alla base di tutte le proteste è stato l’aumento delle disuguaglianze sociali e l’allargamento della forbice tra l’élite, sempre più ricca, e le classi popolari, sempre più povere. L’espressione più violenta del malcontento si è registrata in Cile, le cui città sono state messe a ferro e fuoco per settimane, causando centinaia di feriti e decine di morti. Lo spirito della protesta ha rievocato in parte l’ondata rivoluzionaria che si diffuse in Sud America negli anni Sessanta e che in Cile portò alla nascita della Nueva Canción Chilena, movimento artistico con una esplicita identità politica, legato alle battaglie di Salvador Allende e ispirato dai principi della Rivoluzione Cubana, di Fidel Castro e Che Guevara.Quell’esperienza si

HONG KONG IS NOT CHINA

U

no dei luoghi su cui gli occhi del mondo sono stati puntati a lungo nel 2019 è stato senza dubbio Hong Kong, teatro di proteste e scontri andati avanti per mesi a causa

Hong Kong 2019 - credit: nationalgeographic.com.au

concluse in modo traumatico nel 1973 col golpe militare guidato da Pinochet, cui seguirono 17 anni di dittatura. Eppure, a 46 anni di distanza, la mobilitazione cilena si è affidata ancora alle parole e alla musica di El Derecho a vivir en paz di Victor Jara - di cui è stata prodotta anche una nuova versione, scritta e interpretata da una trentina di artisti cileni - e di El pueblo unido jamás será vencido, eseguita da un’orchestra e cantata da un milione di persone durante una manifestazione a Santiago del Cile il 25 ottobre. Molti dei manifestanti sono troppo giovani per aver vissuto gli anni in cui quelle canzoni sono state scritte e si sono intrecciate con la storia del paese, ma in quei brani è evidentemente ancora ben rappresentato l’orgoglio del popolo cileno.

Cile 2019 - credit: Marcelo Hernandez/Getty Image

di contrasti col governo cinese. Gli equilibri nel rapporto con Pechino - rispetto a cui Hong Kong gode di una sostanziale indipendenza - erano già precari e hanno rischiato di saltare del tutto a causa di un emendamento alla legge sull’estradizione, visto dagli abitanti della città-stato come un tentativo da parte della Cina di interferire con il loro sistema giuridico. A partire dallo scorso giugno, e fino alla fine dell’anno, le manifestazioni si sono moltiplicate e col passare del tempo sono diventate sempre più violente, portando all’arresto di oltre 7mila persone e a più di 2500 feriti. La legge sull’estradizione è stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso in bilico da tempo, tanto che i manifestanti non si sono accontentati dell’avvenuto ritiro della legge ma hanno chiesto le dimissioni della governatrice Carrie Lam e un sistema di democrazia diretta. A rivendicare e difendere l’indipendenza di Hong Kong sono stati principalmente i più giovani, organizzati all’interno del movimento democratico, che hanno dato alla protesta contenuti e obiettivi politici ma anche e soprattutto contenuti simbolici,

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#musicology

di natura artistica, fondamentali per conoscere e raccontare la generazione di studenti ai quali appartiene questa battaglia. Oltre alle pietre, i fumogeni, i manganelli o le pistole, a sostegno dell’indipendenza di Hong Kong sono state impiegate anche armi come matite, colori e note: molti ragazzi hanno messo a disposizione le loro capacità artistiche, tappezzando le strade della rivolta con graffiti, adesivi, caricature e in alcuni casi vere e proprie opere d’arte come The Vantage, firmato da @harcourtromanticist, quadro-citazione de La libertà guida il popolo di Delacroix. Non sono mancati neanche gli spunti musicali: durante i cortei è stata più volte intonata Do you hear the people

sing? - il brano più celebre del musical Les Miserables - ma col prolungarsi delle proteste, diversi artisti e band locali hanno scelto di produrre canzoni in favore delle istanze indipendentiste. Uno di loro - protetto dallo pseudonimo “Thomas dgx yhl” - ha scritto una marcia in cantonese e l’ha pubblicata a fine agosto col titolo Glory to Hong Kong. La canzone ha iniziato a circolare e in poche settimane è diventata un vero e proprio inno della protesta, al punto che, durante una partita di calcio tra Hong Kong e Iran, i tifosi hanno dato le spalle al campo mentre risuonava l’inno cinese e poco dopo hanno cantato Glory to Hong Kong.

Fridays For Future - credit: ohga.it

Hong Kong 2019 - credit: nationalgeographic.com.au

Greta Thunberg - credit: peopleforplanet.it

DAL POPOLO SOVRANO AL POPULISMO SOVRANISTA

D

ai tempi della polis greca a oggi, la piazza è sempre stata il simbolo della partecipazione cittadina alla vita della comunità, soprattutto a quella politica. In piazza sono stati bruciati eretici e decapitati re, sono state dichiarate guerre e appesi dittatori, sono stati rovesciati governi e consumate brutali repressioni. Ancora oggi le piazze riescono a essere il luogo nel quale si scrivono pagine di storia, ma nel mondo occidentale ciò accade sempre meno. Le cause sono più di una: individualismo capitalistico, dominio dell’economia sulla politica, nascita di nuove piazze virtuali, crisi degli ideali e conseguente crisi della rappresentanza.

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Eppure qualcosa nelle democrazie nordatlantiche succede: le elezioni europee dello scorso maggio hanno confermato la crescita in tutto il continente delle forze sovraniste, un modello di destra che in parte si rifà al nazionalismo novecentesco ma che al tempo stesso ha cambiato il linguaggio della politica, rendendolo più semplicista e meno composto. L’apripista di questa nuova tendenza è stato Donald Trump, che grazie a una campagna elettorale controversa e aggressiva si è guadagnato la presidenza degli Stati Uniti a fine 2016, ispirando il modus operandi di diversi leader europei tra cui Boris Johnson, trionfatore delle ultime elezioni nel Regno Unito e firmatario della Brexit. L’elezione di Trump e la Brexit sono stati eventi estremamente polarizzanti e hanno generato un confronto pubblico internazionale che inevitabilmente ha toccato anche il mondo della musica, con artisti di fama mondiale che si sono schierati

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apertamente. Lo sa bene Trump, che nel 2017 per organizzare la cerimonia di insediamento alla Casa Bianca non riuscì a trovare una superstar che volesse cantare per lui, mentre alla cerimonia per l’insediamento di Obama nel 2013 parteciparono (tra gli altri) Stevie Wonder, John Legend, Beyoncé e Alicia Keys. Il tycoon non si è fatto molti ammiratori nel mondo dello spettacolo, e quelli che potrebbe avere preferiscono tenere la loro carriera lontana dalla politica. Eppure, la lista infinita di giganti della musica che lo hanno criticato non ha scalfito il consenso elettorale nei confronti del presidente, che anzi a oggi (febbraio 2020) vanta indici di gradimento molto alti e buone possibilità di ottenere un secondo mandato. Discorso simile nel Regno Unito: a fronte di qualche artista pro-Brexit (come Ringo Starr e Bruce Dickinson), la maggior parte della scena musicale si è espressa per la permanenza nell’UE, da Ed Sheeran a Sting, da Rita Ora a Elton John. Non è bastato: la vittoria dei conservatori alle ultime elezioni è stata la più schiacciante dai tempi di Margaret Thatcher. Get Brexit done.

OLTRE I CONFINI: L’ATTIVISMO AI TEMPI DEL WEB 2.0

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a digitalizzazione delle nostre vite ha investito e trasformato anche le modalità di costruzione e orientamento dell’opinione pubblica, portando la politica tradizionale ad affidarsi a studiosi ed esperti dei nuovi spazi comunicativi, “tecnocrati digitali” col compito di gestire la comunicazione sui social di leader e partiti. Al tempo stesso, l’interconnessione globale e le nuove modalità di aggregazione digitale hanno stimolato la nascita e la crescita di movimenti su scala mondiale, che portano avanti battaglie su temi specifici, di carattere politicamente trasversale. Due esempi esplicativi sono i movimenti Non Una Di Meno e Fridays For Future, impegnati rispettivamente a favore dei diritti delle donne e contro il riscaldamento globale. In questi casi i social network hanno permesso la creazione di nuove comunità, attirando i riflettori mediatici e favorendo la sensibilizzazione su temi che altrimenti sarebbero rimasti nell’ombra, nonché su categorie sociali spesso in crisi di rappresentanza: le donne e i giovani. La rete, in questo senso, ha risvegliato una “coscienza di classe” che ricorda quella caratterizzante le battaglie femministe e ambientaliste dello scorso secolo, portate avanti però in anni nei quali la politica era molto più centrale nella vita sociale. Oggi gli esempi di partecipazione di matrice femminista e ambientalista assumono un significato e un valore diverso, generando un senso d’appartenenza che,

Donald Trump e Boris Johnson, 2019 - credit: Steve Parsons-WPA Pool/Getty Images

specie tra i più giovani, non si ritrova facilmente su altri aspetti della vita pubblica. L’universalità degli ideali su cui si fondano queste battaglie ne spiega anche la diffusione internazionale che negli ultimi anni ha portato gli attivisti a indire delle giornate di sciopero globale. Di portata globale è stata anche la musica al servizio della protesta, veri e propri inni risuonati durante le manifestazioni in tutti i continenti. Il movimento Non Una Di Meno è nato in Sud America e si è diffuso a livello mondiale in seguito al “caso Weinstein” e all’esplosione dell’hashtag #metoo. Gli ultimi due anni sono stati un crescendo di cortei e flash mob, il cui punto più alto si è toccato probabilmente a Santiago del Cile il 25 novembre 2019, quando 10mila donne bendate si sono radunate (davanti allo stadio nel quale Pinochet faceva torturare gli oppositori) per cantare e ballare Un violador en tu camino, canzone scritta dal gruppo Las Tesis, composto da quattro giovani artiste cilene. Il brano è diventato virale e flash mob analoghi sono stati organizzati in tutto il mondo. Viene dall’Europa invece la colonna sonora dei venerdì green promossi da Greta Thunberg, la sedicenne svedese che a dicembre è stata nominata “persona dell’anno” dal Time. Il movimento Fridays For Future ha indetto finora 4 scioperi scolastici globali, coinvolgendo 157 paesi. La protesta degli studenti ha riportato alla luce un’iniziativa realizzata qualche anno fa dal regista belga Nic Balthazar, che scrisse una canzone ambientalista sulla base musicale di Bella Ciao, chiamandola Sing for the climate. Il brano è stato intonato durante gli scioperi in tutto il mondo, come l’inno di una nuova resistenza.

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LIBRERIA M Le letture consigliate dalla redazione

a cura di Alessio Boccali

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“BOWIE Stardust, Rayguns & Moonage Daydreams”

“Il suono del secolo”

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di Eugenio Capozzi

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storia.

che abbiamo ascoltato e

di Steve Horton & Michael Allred e Laura Allred La graphic novel che racconta la vita dell’icona mondiale David Bowie: un artista anticonformista che ha sedotto e segnato l’immaginario collettivo. Edito da Panini Comics 28

ascoltiamo ancora oggi.

Edito da Mursia N°15 "MUSICOLOGY" / WWW.MZKNEWS.COM / #MUSICAZEROKM

Edito da Rubbettino Editore


MUSICALE 4

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“MOD”

“Musicofilia”

“Retromania”

di Richard Weight

di Oliver Sacks

di Simon Reynolds

Un viaggio musicale

La musica guarisce, la musica comprende, la musica è vita. Ogni storia che il maestro delle neuroscienze Sacks racconta ci illumina su come musica, emozione, memoria e identità abbiano il potere di intrecciaersi per poi definirci.

(e non solo) nella patria del MOD: immancabile per gli amanti del genere e per chi comprende bene l’inglese, naturalmente.

Edito da Vintage Publishing

Edito da ADELPHI EDIZIONI N°15 "MUSICOLOGY" / WWW.MZKNEWS.COM / #MUSICAZEROKM

Per chi accarezza i vinili prima di andare a dormire.

Edito da Minimumfax 29


paolacarbonem


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Il magazine della capitale


FOCUS

Woody Allen

WOODY ALLEN E LA POLITICA NEI FILM “I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale.” di Manuel Saad

E

bene si, partiamo da una delle citazioni più famose del regista americano Woody Allen. Dagli esordi fino ad oggi, lo stile di Allen si è plasmato con il tempo, diventando unico e facilmente riconosci-

bile. Uno stile che è stato in grado di spaziare su numerosi temi in cui la critica e la satira sono stati gli unici strumenti in grado di sviscerare le dinamiche più curiose e complesse dell’essere umano. La borghesia, il capitalismo e la politica stessa, infatti, si sono ritrovate sotto i ferri di un Woody Allen sempre pronto a smascherare e mettere in ridicolo alcuni meccanismi e comportamenti, servendoli al pubblico con dei colori grotteschi. In ogni suo film, tra i tanti sketch che l'artista ha scritto e recitato, c’è sempre stato un riferimento politico sul quale ha scherzato e usato a suo favore per tradurre determinate sensazioni. Ricordiamo “Manhattan”, film in cui si fa riferimento al rapporto tra Hitler ed Eva Braun, con un sottile velo di provocazione e sarcasmo o “Io e Annie”, caratterizzato dal famoso riferimento ad Eisenhower: “Ho avuto solo una relazione con una donna durante l’amministrazione di Eisenhower, e in breve è stata un’ironia per me, perché io cercavo di fare a lei quello che Eisenhower sta facendo al Paese per otto anni!”. Ma il film che si prende totalmente gioco della politica, è la pellicola uscita nel 1971 intitolata “Il dittatore dello stato libero di Bananas”, nella quale il giovane Woody, alle prese con il suo terzo film, inventa uno stato fittizio per ironizzare la situazione politica statunitense e le interferenze militari nel Sudamerica. Le contraddizioni dell’attivismo giovanile e della politica estera vengono mostrate attraverso dialoghi ben costruiti in cui Allen riesce a muoversi con estrema facilità parlando con un linguaggio pungente e spiccato. Anche i mass media non trovano una via di fuga dalla sua macchina da presa: il colpo di stato viene equiparato ad un grande evento sportivo, mettendo così in risalto le crepe presenti nel sistema d’informazione e di come le notizie vengono servite, perdendo di vista il focus. Un qualcosa che da una città fittizia, di un film del 1971, non si discosta molto dalla nostra realtà.

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INTERVISTA FOCUS Musica Intervista leggera

RACCONTO DELLA

Gigliola Cinquetti è l’artista più giovane ad aver vi nto il festival di Sanrem o, all’età di 16 anni. Era il 1964 e nello stesso anno bisserà la vittoria portandosi a casa anche l’Eurofestival

MUSICA LEGGERA Com’è nata, come si è diffusa e perché è ormai onnipresente nelle vite di tutti noi di Alessio Boccali

S

empre più protagonista delle nostre vite è la musica. Ascoltiamo canzoni per così tanto tempo e in così tanti luoghi che ormai probabilmente nemmeno riusciamo ad apprezzarla fino in fondo e a concepirla come ente a sé stante rispetto al “rumore” che ci circonda. È probabilmente con questa unica velleità che nasce la musica leggera: produzione musicale di consumo destinata ad intrattenere la massa e a diffondersi tra questa attraverso le casse di un centro commerciale, l’autoradio o, semplicemente, attraverso quelle cuffiette che ci isolano nelle nostre metropoli.

In Italia, la musica leggera è ormai universalmente riconosciuta come pop – dall’inglese popular – e trae le sue origini dalla canzonetta popolare, dal melodramma e dagli stornelli, ma con lo scorrere del tempo artisti e produttori ne hanno completamente sconvolto i ritmi e assottigliato i linguaggi al fine di confezionare atmosfere soft orecchiabili e disincantanti. Contestualizzando storicamente la

nascita della musica leggera possiamo dire che la sua prima diffusione è strettamente collegata all’ascolto tra le mura domestiche. E a dare l’impulso decisivo a questa forma di fruizione musicale sono stati certamente i due primi grandi mezzi di comunicazione di massa: radio e TV. Parliamo quindi di anni ’20 del Novecento nel primo caso e di anni ’40, sempre del Novecento, nel secondo caso. Di lì in poi quella della musica leggera è divenuta una vera e propria industria, che tendeva ad espandersi a ritmi forsennati e a creare e coinvolgere sempre più professionisti del settore. Compatibilmente con la sua prima diffusione in radio e TV, vien da sé l’affermare che, inizialmente, la musica leggera era prerogativa delle classi ricche e quando poi il pop si stava avvicinando, perlomeno, alla classe borghese, la ghigliottina delle due Grandi Guerre bloccò la sua diffusione a favore delle canzoni di propaganda. La radio italiana del ventennio fascista, infatti, aveva un’impronta di esclusiva conservazione del controllo da parte del regime ed era totalmente chiusa a ogni influenza esterna. Dopo la Seconda

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Guerra Mondiale, però, mode e stili musicali stranieri, prima censurati, travolsero il nostro paese sulle note di Frank Sinatra, Louis Armstrong e Cole Porter prima e di Elvis Presley e Paul Anka poi – tanto per citarne alcuni -. Contemporaneamente nasceva, nel 1951, la kermesse principe della Canzone Italiana: il Festival di Sanremo. Questa nascita segna non solo l’inizio di una vera e propria diffusione di massa della musica melodica italiana, ma anche l’affermarsi di una prima distinzione tra musica “leggera”, per l’appunto, e musica rock o comunque più “impegnata”. Negli anni successivi una miriade di generi hanno influenzato i nostri ascolti, ma quello della musica pop è rimasto sempre l’unico baluardo inattaccabile, mutando, lasciandosi influenzare, ma soprattutto influenzando generi alle origini così lontani come il già citato rock, e poi il cantautorato, la musica prog, il rap, la trap e addirittura la lirica, e portando tutti nel mercato mainstream. Naturalmente, uno zoccolo duro e puro e indipendente resta e resiste, ma la musica leggera è ormai padrona delle nostre orecchie.

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FOCUS

Francesco Guccini

"Ma se io avessi previsto tutto questo?"

FRANCESCO GUCCINI e il suo politicar cantando.

L

di Lavinia Micheli

a prima volta che Francesco Guccini entrò nella mia vita avevo quindici o sedici anni. L’adolescenza si sa è un periodo turbolento, fucina della personalità, dove si mescolano numerosi input ed output generando una confusione produttiva che crea la necessità di trovare un appiglio sicuro, in cui riconoscersi. Questo mi accadde quando mi imbattei nell’ascolto di Eskimo, contenuta nell’album Amerigo del 1978. Apparentemente una canzone d’amore, che però conteneva qualcosa in più, che la rendeva unica nel suo genere. Era una canzone che mi parlava di un amore globale, che partiva dalla persona amata per arrivare a comprendere un sentimento generale rivolto alla società in cui Francesco Guccini viveva. Un poeta, un cantastorie il Guccio, capace di racchiudere nelle sue strofe storie personali e atti politici e di formarne un connubio di sublime fascino. I brani di Francesco Guccini sono canzoni che vanno ascoltate nel vero senso della parola: devono avere la libertà di scavare dentro pian piano, di essere assimilate con il tempo. Bisogna avere la pazienza di ascoltare quelle dodici-tredici strofe senza ritornello, lasciandosi trasportare dall’incanto di composizioni di altri tempi, perché quelle gucciniane sono vere e proprie ballate che raccontano la quotidianità e i sogni di un uomo che non ha mai rinunciato alla schiettezza, che non si è mai preoccupato di piacere al pubblico né di ricavare chissà quale compenso. Ce lo spiega bene ne L’Avvelenata: “Io canto quando posso, come posso/ quando ne ho voglia senza applausi o fischi/ vendere o no non passa fra i miei rischi/ non comprate i miei dischi e sputatemi addosso”. Si è sempre guardato a Francesco Guccini come ad un cantante schierato politicamente, proprio perché nelle sue canzoni si scorgevano riferimenti a quanto accadeva al di fuori del mondo

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della musica, nelle piazze, tra i ragazzi della sua generazione, nelle occasioni storiche e politiche di decenni cruciali in cui Guccini ha vissuto e scritto. In realtà, per dichiarazione dello stesso cantante e come si legge sul suo sito internet ufficiale: “L’impegno politico di Guccini consiste nel suo modo di raccontare storie particolari elevandole a significati generali, per non dire universali. Politico è Guccini anche nel suo perenne invito al dubbio, alla possibilità di osservare la realtà e il mondo da un altro punto di vista, come rivela anche il ricorso frequente all’ironia e all’autoironia, che sono fra le caratteristiche più costitutive e interessanti della sua fisionomia d’artista”. Ironia che traspare benissimo nei ruoli d’attore in cui è stato coinvolto, uno fra tutti il burbero barista di Radiofreccia, film del 1998 di Luciano Ligabue, amico e fan appassionato. Ironia che devo aver colto fra i versi malinconici e romantici di Eskimo quel giorno di primavera in cui cominciai ad aprire lo scrigno dei capolavori gucciniani: da La Locomotiva a Farewell, da Due Anni Dopo ad Incontro, dallo sfogo de L’Avvelenata alle lacrime versate su Cirano. Siamo diventati amici, senza che lui lo sapesse nei suoi testi trovavo conforto ed ammirazione con quell’attenzione e quella profondità che si ha solo a sedici anni, quando si sceglie la musica fidata che ci accompagnerà per la vita. Dev’essere stato lo stesso sentimento che ha accompagnato la schiera di artisti che ha partecipato all’album tributo Note di Viaggio-Capitolo 1: Venite avanti…a cura di Mauro Pagani, uscito nel novembre 2019. Francesco Guccini è un caposaldo, un uomo che racconta sogni, problematiche universali senza tempo. È proprio questa sua aurea sacrale sprigionata da una figura semplice e riservata che ce lo fa amare come se fosse un membro della nostra famiglia. “Come si porta un maglione sformato su un paio di jeans”.

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FOCUS Bob Dylan

BOB DYLAN Il menestrello di Duluth, attraverso le sue canzoni, ha sempre detto la sua: raccontando, giudicando e condannando le ingiustizie intorno a lui.

di Manuel Saad

N

el 1964 uscì un album intitolato “The Times They Are a-Changin’”. Fu il terzo disco pubblicato da Robert Allen Zimmerman, meglio conosciuto come Bob Dylan. Un disco che raccoglie canzoni che affrontano problemi sociali, politici e culturali attraverso il sempiterno e celebre folk, il genere per eccellenza in grado di tramandare storie e racconti. “The Times They Are a-Changin’” diventò il megafono degli ultimi, degli sfruttati, dei prigionieri e delle vittime dei meccanismi che caratterizzano un tipo di società sbagliata. Nonostante quest’album sia stato pubblicato più di 50 anni fa, il nucleo del disco sembra non essere stato intaccato dallo scorrere del tempo. In maniera profetica, Dylan non canta, ma sentenzia in nome di una politica corretta e di una giustizia limpida. “Only a Pawn in Their Game”, “With God on Our Side” e “The Lonesome Death of Hattie Carroll” sono solo alcuni dei brani che sventolano la bandiera principale del disco. Quando John F. Kennedy fu assassinato a Dallas, nel ’63, Dylan rimase particolarmente scosso dall’accaduto e disse: “Questo significa che stanno tentando di dirci di "non sperare neanche che si possano cambiare le cose”.

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SPAZIO

MUSICA

RECENSIONI ARTISTI E NUOVE PRODUZIONI DISCOGRAFICHE redazionemzknews@gmail.com

NÙMA - NARGHILÈ E BABÀ | POP / FOLK Vita quotidiana in musica, l’attualità e la contrapposizione tra nord e sud. Lorenzo Pompili, in arte Nùma, in questo nuovo singolo dal nome “Narghilè & Babà” si esalta e oltre a mostrare una penna molto raffinata e ironica, mette in evidenza una voce non comune e unica nel suo genere, aiutato dai tipici ritmi della musica folk, ma legati comunque alla modernità dei suoni. La canzone è una gita continua tra culture differenti di uno stesso paese; "dal mercato dell’usato che vende i dischi di Concato al porto di Napoli" con il suo via vai, passando per i ritardi di Roma Termini e il vento d’Africa. Di Francesco Nuccitelli

A67 - NAPLES CALLING | RAP / DANCE La formazione di Scampia si è fatta internazionale e il loro grido di rabbia più melodico. “Naples Calling” è nel titolo un chiaro omaggio ai Clash e negli intenti un’evoluzione dance del suono tipico della band. Il contenuto dei pezzi, rappresentato dal rappato, è rimasto intatto; gli argomenti trattati sono i più disparati e non mancano mai è la passione e la verve tipiche del progetto. Belle e azzeccate le collaborazioni proposte, su tutte quella con l’inconfondibile Caparezza, e davvero interessante la cover di “Tuyo”, sigla della serie “Narcos”, presentata in una veste napoletana che ne mantiene senso e pathos. Di Alessio Boccali

HOMBREE - MAI SENZA UN SE | CANTAUTORATO POP “Mai senza un se” è il nuovo singolo di Cristian Baroni, in arte Hombree. Il testo mette in mostra un’ottima propensione alla scrittura e una cura maniacale nella ricerca musicale, non fine a sé stessa, ma che si amalgama alla perfezione con il testo e con la vocalità del giovane artista. Anche l’interpretazione del brano colpisce ed esalta maggiormente la ballad romantica in tutte le sue forme. Una storia d’amore tormentata, esaltata da un testo diretto, dalle chitarre alle percussioni e dall’intervento di un pianoforte decisivo, ma non ingombrante. Di Francesco Nuccitelli 36


IL TRIANGOLO - FACCIO UN CINEMA | CANTAUTORATO / POP Sonorità retrò, o per meglio dire senza tempo, accompagnate da testi ben scritti e “sul pezzo”. A 5 anni dall’ultimo album pubblicato, Il Triangolo ha dato vita a un bel disco e gli ha trovato proprio il titolo giusto: “Faccio un cinema”. Sì, perché tutte le storie raccontate da questi ragazzi potrebbero benissimo fare il pienone in sala: sono interessanti, non tanto leggere quanto trattate con leggerezza, condite dall’eleganza del cantautorato e allo stesso tempo dalla fruibilità del pop. I 5 anni di stallo del progetto non hanno arrugginito il Triangolo, anzi gli hanno donato una nuova lucentezza e consapevolezza. Di Alessio Boccali

BARDAMÙ - STRAY BOT | JAZZ / HIP HOP Anticipato dall’omonimo singolo, “Stray Bop” è il nuovo progetto discografico del duo Bardamù. Un album che va al di sopra del semplice crossover, dove le sonorità jazz si mischiano alle sonorità dell’hip hop, con brani strumentali e ritmati e con la costante presenza di un pianoforte a fare da cornice. 10 sono i pezzi presenti all’interno di questo disco, i quali vedono tante collaborazioni di livello nazionale e internazionale. Il Jazz randagio dei Bardamù vive di contaminazioni, di storie e di esperienze di vita vissuta e proprio “Stray Bop” porta nel mondo tutto lo straordinario scenario musicale dei due fratelli. Di Francesco Nuccitelli

TUTTI FENOMENI - MERCE FUNEBRE | CANTAUTORATO / ELETTRONICA

Tutti Fenomeni, all’anagrafe Giorgio Quarzo Guarascio, è la possibile rivelazione di questo 2020. La sua scrittura è fuori dagli schemi, così eclettica e strampalata da essere in grado di inquadrare alla perfezione tutto ciò che ci circonda. Il ragazzo riuscirebbe a prendere ispirazione anche da un sacco dell’immondizia e a trasformarlo, nel suo racconto, in un sacco d’oro. Quello espresso in “Merce funebre” è un cantautorato onirico che balla su delle basi elettroniche e lo fa con una naturalezza e una genialità che lo rendono davvero piacevole all’ascolto anche all’orecchio più scettico. Teniamo d’occhio questo ragazzo, l’esordio è da numero 10. Di Alessio Boccali

Viola Violi - Alma | RNB / SOUL / URBAN “Alma” è un omaggio di Viola Violi ad Alma Mahler, compositrice e scrittrice austriaca considerata femme fatale indomabile e tormentata, amante di molte figure note della scena artistica e intellettuale novecentesca, a lungo discriminata ed esclusa dalla società. Attraverso questa dedica la toscana Violi intende rivendicare la libertà e l’indipendenza della donna. Un grido al “girl power” condito da storie forti e toccanti, senza tralasciare l’intimità emozionale della cantautrice, raccontate sulle sonorità calde dell’r’n’b e del soul modernizzate grazie a degli influssi urban. La voce e la personalità di Viola sono ben riconoscibili e spaziano dai tempi più “stretti” del rap alla melodia di gran respiro. Un progetto originale e che ben rappresenta la battaglia, purtroppo non ancora vinta, per l’emancipazione femminile. Di Alessio Boccali

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INTERVISTA Margherita Vicario

Guarda la video intervista!

Le interviste di

a cura di Marta Angelucci

MARGHERITA VICARIO

M

argherita Vicario, istrionica artista attiva sia nel campo cinematografico che musicale, ha concesso a Sound Meeter un’intervista a Piazza Vittorio Emanuele, crocevia di vite, etnie e storie che l’ha ispirata nei suoi pezzi e testi. Fresca del suo nuovo singolo, Giubbottino, realizzato insieme a Davide Pavanello e Dardust, Margherita racconta nella puntata “vi ho portato a Piazza Vittorio perché è la mia zona preferita di Roma. Un’unione di gente, etnie, odori e

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persone: sembra di stare a New York! Sono queste strade che hanno influenzato la mia scrittura ultimamente, soprattutto per quanto riguarda Mandela. A proposito, oggi vi porto a far vedere chi è, per me, il vero Mandela!” Dalla tv al teatro passando per la musica: Margherita Vicario ha svelato alle telecamere di Sound Meeter la sua vita davanti e dietro i riflettori, passando per l’infanzia in campagna (a cui è dedicata Castagne) e

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INTERVISTA

ph. by Giacomo Latorrata

Margherita Vicario

i retroscena della sua vita capitolina fino ad arrivare alle “hit” Abauè e Mandela. Hai vissuto a Piazza Vittorio, vero? Ce ne parli? Ho molto amato Piazza Vittorio, ho conosciuto tanta gente proveniente da tutto il mondo che mi ha donato anche l’ispirazione per scrivere Mandela. Tornavo da una serata alcolica, e non ho potuto fare a meno di paragonare questo quartiere con la New York che piace a me, ma al contempo coglierne le inevitabili differenze. Il benzinaio di Via Merulana, dove andavo a rifornirmi, rappresenta proprio il mio, di Mandela. Perché il Teatro Brancaccio è un luogo importante per la tua crescita? Il Teatro Brancaccio è un luogo simbolo per me, ho visto tanti spettacoli, ci venivo con nonna, fin da tredici anni: ho un vaso pieno di biglietti! Il teatro mi ha creato un senso critico e personale. Sopporti ancora chi ti chiede se preferisci fare l’attrice o la cantante? Per protesta rispondo sempre nello stesso modo: ho due occhi, due braccia, due gambe e non posso fare a meno dell’uno o dell’altro. (ndr: ride)

Hai sempre amato il mondo dello spettacolo? Ogni volta che vedevo una telecamera mi ci fiondavo. Addirittura, alle elementari, per fare le prove per cantare per Babbo Natale andai via dalla classe in anticipo, con gioia. Se non avessi fatto questo percorso però mi sarei iscritta a Lettere Antiche, amavo la letteratura latina e greca, specialmente per il collegamento che aveva con il teatro. Quanto sei cambiata nello stile musicale? Mi sono aperta al pop, prima ero più intellettualoide, voce e chitarra (anche se sempre un po’ a cazzeggio, però più seriosa!). L’indie ormai però è diventato pop, ascoltiamo la trap, i limiti tra i generi sono labili e…. se non lo faccio ora, non lo faccio più! Diciamo che sono solo diventata più movimentata, flessibile, dinamica. Hai cantato con ironia temi importanti. Non hai paura che vengano trattati con superficialità? È la cosa più bella di alcune canzoni, se ci pensi. Hanno vari livelli di lettura. Per esempio ho scoperto che piaccio molto ai bambini, faccio presa ed è una cosa molto bella. Più gente ascolta, meglio è. Poi ognuno capisce e coglie qualcosa di diverso. Io per prima sono ambigua, nei miei testi!

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i t ia l g i s n o c i t t Proge 2020

Produzioni, progetti ed artisti da non perdere nel nuovo anno

Quomo

di Alessio Boccali

Quomo nasce a Napoli, ma è da sempre tiburtino d’adozione. Appassionato di musica fin da piccolo studia pianoforte e comincia a fare un po’ di gavetta. Inizia a coltivare con decisione il suo lato creativo alla fine del 2018, quando con l’aiuto di Fabrizio Candidi (batteria) e David Denora (basso) si mette a lavorare sull’arrangiamento dei suoi brani e, dopo pochi mesi, inizia a registrare presso gli studi della Jungle Music Factory di Tivoli (RM). Quomo ha solo 24 anni eppure sembra un uomo cresciuto e pasciuto negli anni ’70. Egli è un cantautore molto introspettivo, le sue canzoni sondano la delicata fase della maturazione scontrandosi con la realtà. I suoni sono presi in prestito dal rock-progressive e mixati alla musica pop moderna creando una miscela sonora molto riconoscibile, che ben si sposa col racconto fatto dai testi. Il suo percorso d’esordio dà i primi frutti nel maggio del 2019 con la pubblicazione di “Uscirà una musica”, brano che non sarà poi inserito nell’album ufficiale, e successivamente, a giugno, con il primo singolo ufficiale dell’album “L’alba e la luna”, brano che descrive il primo confronto dell’essere umano con il mondo che lo circonda e lo invita ad abbandonarsi alle sue bellezze, e a novembre con “Rumore mentale”, canzone che fa da apripista nella tracklist de “Il mondo della mancanza” – questo il nome del disco – e contribuisce ad accogliere l’ascoltatore nei tormenti dell’anima all’inizio di un percorso riflessivo così introspettivo, che culminerà nella “Pace”, che dà il titolo all’ultimo brano del disco, uscito ufficialmente ad inizio dicembre.

a c i s u

M m K

Siberia

di Lavinia Micheli

Il nome della band si deve al romanzo “Educazione Siberiana” di Nicolai Lilin, ma più per come suona la parola Siberia che per la crudezza della storia. La musica della band livornese composta da Cristiano Sbolci Tortori al basso, Luca Pascual Mele alla batteria, Matteo d’Angelo alla chitarra sembra una prosecuzione naturale della voce profonda e fascinosa di Eugenio Sournia, front-man tenebroso a metà fra Ian Curtis dei Joy Division e Luigi Tenco, appassionato di letteratura russa: Dostoevskij e Puskin sopra a tutti. Una scrittura seria, elegante ma schietta, romantica e gotica come le poesie di Baudelaire. Il primo LP, “In un sogno è la mia patria” esce nel 2016 per Maciste Dischi ed è sicuramente più criptico e più elusivo nella scrittura rispetto al secondo, “Si vuole scappare” del 2018, con cui i Siberia dichiarano la volontà di distaccarsi da temi impegnati ed in un certo senso inquadrati, per dedicarsi alla spontaneità dei sentimenti e alla spudoratezza nella scrittura. A fine 2019 è uscito il loro ultimo lavoro per Sugar, “Tutti amiamo senza fine”, che rimanda a sonorità cantautorali nostrane (penso a Bianconi e De André) e conferma la volontà di creare un prodotto raffinato, originale e ricercato.

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Santamarya

di Alessio Boccali

Siete pronti a partire per un viaggio? Bene, affidatevi all’agenzia viaggi “Santamarya”. La band composta da Francesco Brunetti alla chitarra, Gabriele Santoni al basso, Filippo Potenziani alla batteria e Leonardo Belleggi alla voce, fa della metafora del viaggio il suo tema principe. Tutto ciò che li riguarda può essere inteso attraverso questa tematica. I Santamarya partono, infatti, dalla Tuscia viterbese e viaggiano prima separati, militando in formazioni differenti, e poi insieme, attraverso le sterminate campagne alle porte di Roma, le superstrade, le autostrade e poi le viette cittadine. Dal punto di visto sonoro altro viaggio; si parte da sonorità vintage un po’ retromaniache per abbracciare poi il pop avanguardistico della scena internazionale, senza mai dimenticare però l’intimità del cantautorato. Tutto questo bel percorso porta, nel 2018, a gettare le basi di quello che sarebbe poi diventato il disco d’esordio della band. La produzione artistica del tutto viene affidata a Giorgio Maria Condemi, chitarrista per Motta, Marina Rei e non solo, e in questo modo si arriva al singolo d’esordio “Fantasmi”, registrato e mixato allo StraStudio di Centocelle (Roma) e masterizzato al Synthesis Recording Studio, uscito il 13 settembre 2019. Il pezzo analizza il “sonniloquio”, ovvero quella specie di monologo che, talvolta, pronunciamo a voce alta durante il sonno. Il protagonista si chiede se questa particolare forma espressiva non sia in realtà una via di fuga dalle paure di ogni giorno. Da qui si parte nel viaggio - ecco che torna la metafora preferita dai Santamarya - alla scoperta di noi stessi, che si tramuta in un confronto tra la nostra generazione fragile e senza sogni nel cassetto e la generazione dei nostri genitori o forse dei nostri nonni, che potevano ancora permettersi il lusso di sognare e di credere in degli ideali. Questo viaggio si chiama “Amsterdam” e rappresenta un altro tassello congeniale all’idea che la band ha del proprio lavoro d’esordio.

o r e z a Mura Masa

Km

di Valeria De Medio

Mura Masa ha 24 anni e ama passare le giornate componendo e creando suoni con Ableton. Fin qui il ritratto di un qualsiasi ragazzo della generazione Z con la passione per la musica. Ma Alexander Crossan non è uno qualunque: ha all’attivo più di 5.000.000 ascoltatori su spotify, 4 album e collaborazioni con le personalità più importanti della musica mondiale, come slowthai, Clairo, Charli XCX, Damon Albarn e Asap Rocky, coproduttore, quest’ultimo, di Love$ick, pezzo candidato nel 2017 agli Ivors nella sezione “best contemporary song” e inserito nell’ omonimo album Mura Masa con cui il producer britannico si è fatto conoscere in tutto il mondo. EDM, chillout, dance, r’n’b, autotune e leggerissimi suoni dal gusto orientale, fil rouge di tutte le sue produzioni, fanno del giovane e complesso universo di Alexander lo specchio perfetto del meltin’pot della sua Londra, a “big, confusing and beautiful thing”. Dalla sua cameretta al Tonite Show di Jimmy Fellon il passo è stato breve: ha portato in studio Deal Wiv It, una delle highlights del nuovissimo album R.Y.C., realizzata in collaborazione con slowthai. Da vedere, come il video, tutto in pianosequenza. Raw Youth Collage è un dolcissimo racconto nostalgico della cruda verità dell’adolescenza, dove Alexander fa parlare chitarra e basso: “If you’re smart right now, you’re making guitar music” dice in un’intervista a NME, “I feel like people are now praying for some authenticity and some human touch to music. There’s no simpler outlet to that than guitar and piano.” L’ultimo album di Mura Masa è la conferma di un genio che, con grazia e naturalezza, racconta il suo mondo senza definirlo in maniera univoca e, proprio per questo, lo descrive nella sua unicità. Imperdibile.

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GENERATION Best Dj's

GENERATION

STORIE DI MUSICA ELETTRONICA, BIOGRAFIE ED EVENTI DEI MIGLIORI DJ & PRODUCERS DI OGGI E DI SEMPRE

SAMa' Musicrae

per resiste

a cura di Carlo Ferraioli

Nel 2017,

mentre stava per stabilirsi a Parigi, Samà decise di cambiare il nome da Skywalker a SAMÀ, il suo attuale nome d'arte, che tradotto dall'arabo significa cielo”.

PALESTINESE, DAL 2006 SUONA TECHNO E DIFFONDE IL PROPRIO MESSAGGIO DI UNIONE DA RAMALLAH AL RESTO DEL MONDO La prima donna dj della sua terra e pioniere di un genere che comunica anche senza parole, l’elettronica

"L

a prima volta che ho sentito la techno ero in Libano, ed era la prima volta che lasciavo la Palestina. È stata la prima in cui mi sono sentita libera. Non ero più in una situazione di guerra, la musica mi ha estraniata dal presente e mi ha portata in uno spazio tutto mio. Mi sentivo completamente distacca-

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di Carlo Ferraioli

ta dalla realtà, non capivo da dove provenissero i suoni», parole significative quelle della palestinese Samà Abdulhadi, in un’intervista video rilasciata a Repubblica poco meno di un anno fa. Le parole di chi, come Samà, è andata oltre non solo i ruoli di genere, ma anche oltre guerre, conflitti e pregiudizi. Quelli della sua lingua di terra: un luogo capace di vedere represse anN°15 "MUSICOLOGY" / WWW.MZKNEWS.COM / #MUSICAZEROKM

che le libertà più elementari, quelle che a noi sembrano scontate.Fra queste, quella di suonare, di cantare, di ballare al ritmo di un brano, di melodie incalzanti, quelle che Samà sa sprigionare bene tra bassi, frustate, cambi di direzione e sporcature di una musica fatta per raccontare un’esigenza. Nel 2006 ha iniziato a organizzare feste a


GENERATION Best Dj's

Ramallah, in Cisgiordania, ma ci sono voluti dieci anni prima che il genere venisse accettato (quasi) del tutto. «La prima volta che ho suonato a Ramallah non è andata bene. Andarono tutti via. Nessuno capiva cosa stavo suonando, eravamo abituati ad ascoltare hip hop in arabo e quello che passava in radio. Mi guardavano tutti come a dire “dove sono le parole? Cos’è questo rumore?”». All’inizio della sua carriera, Samà non viene capita, e sarà solo dopo alcune conoscenze e una formazione acquisita fra Regno Unito ed Egitto che la star palestinese riuscirà ad imporsi come dj sia in Cisgiordania che nel resto d’Europa. A Londra (2011) frequenta la School of Audio Engineering e SAE Technology College: l’esperienza rafforzerà le sue certezze. Esce

sotto lo pseudonimo Skywalker con gli EP Life’s Pace e Quantum Morphosis. Nel 2013 inizierà a lavorare a Il Cairo come produttrice di musica per film, e nel 2016 fonderà Awyav, un’agenzia di publishing che rappresenta artisti indipendenti provenienti dal mondo arabo. Ad oggi, Samà gira il mondo e rappresenta ancora - e in modo nitido - ciò per cui la techno - e la musica elettronica - sono nate: cambiamento, rottura, discussione. Anarchia. Se la Palestina, per qualcuno nel mondo, è un esempio di resistenza, questo è anche merito suo.

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Prima di arrivare al su ccesso, Vinnie Vin cent storico membro dei K iss (una delle band più controvers e del panoram a musicale mondiale), ha composto alcu ne colonne sonore per diversi telefilm , tra cui la serie cult “Happy Day s”.

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MUSIC SHOP Orba

Orba, musica fra le mani Non è un controller, ma uno strumento musicale progettato per creare musica di buona qualità in un lampo

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u Kickstarter ha raggiunto 300mila dollari poco dopo il lancio da parte di Artiphon, si può preordinare al prezzo di 97 euro e conta su design minimalista che ricorda a tratti un controller per videogame ma anche un altoparlante intelligente. Ospita un assistente vocale ed è capace di tradurre i gesti delle dita e delle mani in segnali e suoni, introducendo un modo nuovo e divertente per fare musica ovunque. La grande novità di Orba è la facilità con cui è possibile passare da una batteria a un basso, da un accordo a un lead e sovrapporre più registrazioni per la creazione di un brano. Ci vuole davvero poco per riprodurre un ritmo, dopodi-

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di Carlo Ferraioli

ché suonare sarà intuitivo perché Orba si adatta al nostro modo di calibrare ed equalizzare. Vengono catturati anche i gesti più lievi: basta toccarlo con una mano o con entrambe, con la punta delle dita o con un pollice, oppure scuotendolo e agitandolo. «Abbiamo cercato a tutti i costi una forma che si adattasse a tutte le dimensioni delle mani e andasse oltre lo schema di tastiere e controller convenzionali, ispirandosi a oggetti musicali portatili come shaker, sonagli, kalimba, tamburi e campane», ha detto Mike Butera, il fondatore di Artiphon. Questo strumento, infatti, è sensibile per conformazione a movimenti naturali come agitazione, inclinazione e ondeggiamento.

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Fra le ulteriori specifiche, dei LED che rispondono alle note, un motore tattile, un sintetizzatore integrato e un altoparlante per un’esperienza di suono di ottima qualità, e immediata. È gestibile anche via bluetooth o USB e conta su un’uscita da 3,5 mm per ascoltare i propri la-


MUSIC SHOP Orba

vori attraverso cuffie e amplificatori. Insomma, uno strumento che racchiude parecchie funzionalità ed offre prestazioni discrete per una qualità fatta di integrazioni e sottili equilibri. I materiali di cui è composto sono ottimi e restituiscono un suono soffice e duro a seconda della fattispecie, ma di certo sempre lineare e pulito. Fondata nel 2011, con sede a Nashville (USA), Artiphon progetta strumenti intelligenti per tutti i musicisti. L’introduzione di Orba dimostra a tutto il mondo della musica (elettronica e non) che le vie della duttilità e della praticità sono fra le priorità dei producers.

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AGAZ INE IL NUO VO M T AL E! DEL LA CA P I

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AUDIORANDOM

Audiotecnica a Roma

L'AUDIOTECNICA A ROMA A CURA DI GIANLUCA MELONI www.audiorandom.com / info@audiorandom.com

Benvenuti a questo nuovo appuntamento di AUDIORANDOM.

PLUG-IN UTILI PER LA MUSICA TRAP

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n questa puntata cercheremo di esplorare quali sono i plugin più usati per gli stili musicali del momento. Ovviamente sto parlando degli stili urban e principalmente della trap, che in questi ultimi anni ha preso molto piede fra i giovani, ma anche tra gli avanguardisti delle etichette indipendenti, vantando ormai un parco artisti sempre più rigoglioso di sperimentatori della canzone, che miscelano le caratteristiche principali dello stile che proviene dal rap all’hip hop. Strofe e ritornelli si presentano semplici come nella tradizione della composizione di una canzone classica, ma corredati da groove minimalisti con il kick basato sempre sulla matrice della nota

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Roland 808 e melodie minimali, ma sempre orecchiabili, dove la fanno da protagonisti i synth. Arricchire la propria banca dati sonora, è un traguardo che sembra molto spesso essere inarrivabile. In poche parole, pur avendo a disposizione la nostra libreria super fornita del nostro campionatore preferito, per esempio, Kontakt di Native Instruments, per citarne uno dei più “articolati”, oppure Omnisphere della Spectrasonics, e sfilate di sintetizzatori di tutti i tipi in formato plugin, tuttavia non troviamo mai quel suono che abbiamo in testa oppure dopo un po’ - ma parlo proprio di qualche settimana -, dopo aver prodotto

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AUDIORANDOM

Audiotecnica a Roma

varie canzoni, ci accorgiamo che abbiamo usato sempre i stessi suoni, presi da quei 4/5 software più blasonati che ci arrivano sul piatto anche per merito della rete, e ci costringono a pensare che sono i plugin del momento e che se non abbiamo quel plugin non possiamo avere qualità o stile per questo genere di musica. Beh! In merito a questo, vorrei darvi un altro punto di vista, molto umile, ma, al tempo stesso, potente per “raggirare il sistema”. Vi rimando ad un sito qui sopra, dove potrete scaricare una serie di plugins, che a mio avviso sono molto interessanti, e soprattutto gratuiti e utili al nostro scopo. In un primo momento noterete che i loro suoni non sono timbricamente fantastici, anzi, risulteranno, come si dice in gergo, un po’ plasticosi, ma con un adeguata catena audio sentirete come prenderanno vita.

ricando questi.

www.millhbeatz.com

Una volta scaricati i plugins, vi suggerisco di applicare alla vostra catena audio due strumenti, un compressore del noto pacchetto Waves API 2500, e L’equalizzatore parametrico della SSL. Potrete poi inserirli in un VST Rack per chi usa Ableton Live e salvare comodamente il set-up memorizzandolo nella vostra libreria. Scegliete voi se porre l’equalizzatore in pre o in post a seconda di quello che state facendo. In questo modo, ridarete un colore ed una saturazione più corposa ai suoni un po’ plastici dei plugin e noterete immediatamente come acquisiranno credibilità.

Vi posso assicurare che avrete dei suoni dal “sapore” particolare e, soprattutto, originale. Ultimamente queste “songs” non vi sembrano tutti uguali? Bene, proviamo a cambiare le carte in tavola e cominciate sca-

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INTERVISTA Lune Magrini

Musica e politica ambientale

WAO FESTIVAL Dal 12 al 17 agosto

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l WAO Festival è un evento di musica, arte e discipline olistiche che si svolge ogni anno, ormai da 6 anni, all’interno della splendida cornice del Monte Peglia, in Umbria, patrimonio MAB UNESCO dal 2018.

Il programma conta oltre 100 djs da tutto il mondo, 2 stages e oltre 40 attività tra workshops, laboratori teorico-pratici dedicati alla cura dell’ambiente, della persona e della spiritualità. L’intero evento viene organizzato secondo le logiche della sostenibilità, del risparmio energetico, del riciclo e del consumo di prodotti biologici e a km0. Abbiamo intervistato Lune Magrini, organizzazione WAO. Come e quando nasce il progetto di un festival ecosostenibile? Il progetto WAO nasce nel 2014 da un’idea di Vero Dall’Aglio, Michelangelo Parolin e Luca Blasi, che hanno proposto il festival al comune di San Venanzo in un momento in cui l'iniziativa privata si scontrava con il concetto e la realizzazione del bene comune. L’intento era quello di diffondere consapevolezza am-

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bientale attraverso l’organizzazione di un festival con un marcato focus sui temi della sostenibilità e della green culture. WAO vuole ispirare i partecipanti ad abbracciare uno stile di vita consapevole, imparando a gioire dei frutti del nostro pianeta nel rispetto del suo equilibrio e delle creature che lo abitano. Pensiamo che ognuno nel suo settore potrebbe, dovrebbe fare la differenza applicando i principi di sostenibilità. Questo è il significato più profondo di WAO, acronimo delle parole “We Are One”, riassunto di una visione olistica dello stare al mondo. A chi vi siete ispirati? Sicuramente al Boom Festival, al Fusion Festival, all’Envision Festival e ad altri eventi internazionali che sono fonte di ispirazione sia per la qualità artistica che per i principi di rispetto e cooperazione che li animano. Chi sono i Partners che vi sostengono nell’impresa? Tra i Partner storici di WAO ci sono l’Associazione culturale Artemide "Casa laboratorio il Cerquosino", una realtà locale che è stata fondamentale per l’arrivo del Festival sul Monte Pe-

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INTERVISTA Lune Magrini

Intervista a Lune Magrini organizzatrice del festival umbro di Valeria De Medio

glia, e Canyaviva Italia che diffonde i principi e le tecniche della bioarchitettura. Come viene accolto il WAO dal territorio circostante? L’idea motrice di WAO, “We Are One”, è essere parte organica di un ecosistema, e questo viene messo in pratica anche attraverso la relazione con il territorio che ospita il festival. Collaboriamo con le realtà sociali ed istituzionali del territorio per portare avanti quello che ci sta a cuore, in un’accezione ampia di sostenibilità che include la cura dell’ambiente ma anche la sostenibilità delle relazioni umane e delle dinamiche sociali. Chi partecipa al WAO si dimostra sensibile alla vostra politica ambientale? Assolutamente sì: nella scorsa edizione abbiamo testato alcune soluzioni per la riduzione dell’impatto ambientale del Festival e la risposta del pubblico è stata di grande attenzione ed entusiasmo. Dalla raccolta differenziata alle stoviglie solo compostabili, dall’utilizzo di saponi biologici all’incessante lavoro dell’Eco

Team. Feedback positivo anche quello di alcuni artisti che frequentano festival internazionali e che erano colpiti dall’attenzione e gli sforzi che abbiamo messo in questo settore. Quali difficoltà avete trovato, se ne avete trovate, nell’organizzazione del festival? Le difficoltà più grandi per portare realizzare un evento realmente sostenibile in Italia sono la burocrazia ed i costi elevati. La legge italiana non permette di adottare alcune strategie ecologiche che in altri Paesi sono ammesse senza problemi. Un esempio sono le “compost toilet”, che costituiscono una soluzione ottimale per l’ambiente e che vengono utilizzate in grandissimi eventi internazionali, mentre la normativa italiana non lo permette. Quali progetti avete per il futuro del WAO? Affinare la nostra ricerca di soluzioni eco compatibili, arrivare a realizzare un evento a impatto zero, e diffondere la cultura delle sostenibilità nel mondo dello spettacolo e dell’organizzazione eventi.

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MUSICAZERO Sanremo 2020

LETTERE DA SANREMO 2020

DIODATO “Sono contento di essere arrivato a questo festival dopo un percorso così importante. Passo dopo passo. Ora inizio a vedere un percorso che mi piace, in cui mi riconosco perfettamente e dove vedo la soddisfazione dei tanti sacrifici fatti in questi anni. Sacrifici silenziosi perché non sono un tipo polemico, o un tipo che si mette molto in mostra (purtroppo). Di “Fai Rumore” è stato compreso il messaggio e questo è importante per me”.

ELETTRA LAMBORGHINI “Quest’estate mentre ero in tour, subito dopo un riposino, ho detto al mio staff: ‘ma che ne pensate se andassi a Sanremo?’ Era un’idea che non mi era mai venuta prima, però ho pensato di farlo per portare qualcosa di nuovo su quel palco. Il personaggio può interessare, ma è la canzone che vince alla fine. Per me è una bellissima opportunità, anche perché comunque dietro Elettra c’è una persona che è stata mesi e mesi a prepararsi al festival e ce la sta mettendo tutta”.

ELODIE “Andromeda è un brano a cui sono veramente legata e che mi ha fatto crescere sia professionalmente che come donna. È un brano che abbraccia la tradizione della musicalità italiana e la modernità. È un brano donna, molto complesso da cantare. Sono contenta di non aver fatto gaffe”.

ENRICO NIGIOTTI “Il festival? Io lo vedo come una vetrina enorme. Non credo che ci sia troppa differenza tra il festival di Sanremo e un talent. Credo, piuttosto, che ci sia la stessa motivazione dietro. Uno va al festival di Sanremo o ad un talent per farsi conoscere e per farsi pubblicità. Non capisco perché si debba rinnegare il talent e non si dica la stessa cosa di Sanremo. Io ho fatto entrambe le cose e non trovo differenze né motivi di vergogna”.

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MUSICAZERO Sanremo 2020

LETTERE DA SANREMO 2020

FRANCESCO GABBANI “Gabbani non è cambiato, ha solo scelto di tornare a Sanremo con questa canzone, ‘Viceversa’, che non rappresenta un nuovo Gabbani, ma un’altra componente del suo modo di far musica che è sempre esistita; un mondo più intimista che si basa sull’aspetto più emotivo e sentimentale. Il mio approccio al festival è stato sereno quest’anno. Non sono arrivato con l’idea di giocarmi il tutto per tutto, ma con la voglia di mostrarmi per quello che sono”.

IRENE GRANDI “Mi ha fatto molto piacere aprire la 70° edizione del festival, perché è stata una dichiarazione di stima nei miei confronti. Aprire un festival è una bella responsabilità e sapere che la prima esibizione era la mia mi ha molto aiutato. La tensione che poteva esserci è stata superata da un momento di orgoglio”

LEVANTE “Tikibombom” parla degli ultimi che preferiscono sentirsi ultimi, perché non amano ballare su un ritmo collettivo. Nasce da una situazione di solitudine provata da me stessa. Sono così passata dall’animale stanco all’anima indifesa, dal freak della classe all’anima in rivolta. Forse sono tutte queste persone o forse non sono nessuna di loro, però mi sono rivista in quella sensazione di solitudine emotiva… credo che almeno una volta ognuno di noi si sia sentito solo e incompreso”.

PIERO PELU' “L’esigenza di portare un brano del genere a Sanremo nasce dall’esperienza con i ragazzi del carcere minorile, che è stata una delle esperienze più forti che io abbia fatto negli ultimi anni. Un progetto lungo una settimana, in cui si sono intrecciate tante storie e ho conosciuto meglio molte realtà. Con ‘Gigante’ volevo portare questo spaccato di Italia perché anche questo è il nostro Paese”.

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MUSICAZERO Sanremo 2020

70 ANNI DEL

FESTIVAL DI SANREMO a cura di Cristian Barba e Francesco Nuccitelli

C

anzoni, classifiche, polemiche, colpi di scena: il Festival di Sanremo è ancora l’evento televisivo nazionalpopolare per eccellenza, una macchina mediatica in grado di catalizzare l’attenzione su di sé e produrre momenti destinati a restare

nell’immaginario collettivo del paese. L’edizione del 2020 ne ha celebrato il 70° anniversario nel miglior modo possibile, con ascolti record che hanno superato le migliori aspettative della vigilia: il 52,2% di share della prima serata si è consolidato nelle serate successive ed è arrivato

nella finale di sabato a toccare il 60,6%, numeri che non si registravano dal 2002. Ne esce a testa altissima Amadeus, scommessa vincente dei vertici di viale Mazzini nonostante la falsa partenza causata da alcune uscite poco felici durante la conferenza stampa di presentazione.

1. Il grafico e i dati d’ascolto (in termini di share) delle cinque serate del Festival dal 2010 al 2020

5°serata %

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MUSICAZERO Sanremo 2020

70 ANNI DEL

FESTIVAL DI SANREMO 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020

1° Serata 2° Serata 3° Serata 4° Serata 5° Serata 45,29% 43,87% 46% 50,74% 53,21% 46,32% 42,67% 50,90% 46,91% 52,12% 49,69% 39,28% 47,76% 41,97% 57,43% 45,93% 42,89% 42,48% 48,17% 53,80% 49,34% 33,95% 34,94% 37,97% 43,51% 49,34% 41,67% 49,50% 47,81% 54,21% 49,48% 49,91% 47,88% 47,81% 52,52% 50,37% 46,60% 49,70% 47,05% 58,40% 52,10% 47,70% 51,60% 51,10% 58,30% 49,50% 47,30% 46,70% 46,10% 56,50% 52,20% 53,30% 54,50% 53,30% 60,60%

2. Illustrazione dei vincitori della categoria "Big" divisi per genere dal 1951 al 2020

SANREMO BIG (generi) La competizione canora, elemento costitutivo ma non sempre centrale dello show sanremese, ha visto trionfare Diodato per la categoria big e Leo Gassman tra le nuove proposte. La vittoria del cantautore tarantino e quella del giovane figlio d’arte romano confermano una tendenza appartenente alla storia del Festival e contemporaneamente specchio della nostra tradizione culturale: le interpretazioni di cantanti solisti uomini sono quelle maggiormente premiate sul palco dell’Ariston, ma nell’albo d’oro non manca la rappresentanza femminile.

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MUSICAZERO Sanremo 2020

70 ANNI DEL

FESTIVAL DI SANREMO 3. Illustrazione dei vincitori della categoria "Giovani" divisi per genere dal 1951 al 2020

SANREMO GIOVANI (generi) Le vittorie degli uomini sono state 23 in 70 edizioni, contro le 14 occasioni nelle quali ha trionfato una donna. La categoria “doppie interpretazioni” fa riferimento alle edizioni dal 1953 al 1971, in cui ogni brano in gara era eseguito da due cantanti (18), un solo terzetto presente, 5 i duetti vincenti e 9 vittorie per i gruppi. Anche tra i giovani le vittorie degli uomini sono maggiori con 20 successi, contro le vittorie delle donne che sono solo 11. 4 sono stati i gruppi vincenti e 2 solo i duetti.

Può essere interessante notare come il profilo del vincitore confermi un altro trend, molto più marcato di quello relativo alle differenze di genere: per 56 volte su 70, infatti, il vincitore del Festival di Sanremo ha avuto un’età compresa tra i 25 e i 40 anni. Diodato rientra in questa categoria, eppure le edizioni degli ultimi anni non hanno fatto mancare le eccezioni

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in questo senso, vedendo trionfare sia nuove leve che veterani della canzone italiana. Molto curiosa l’altalena tra il 2009 e il 2016: dopo le vittorie di Marco Carta (2009) a 24 anni e Valerio Scanu (2010) a 20 anni, nel 2011 la palma di Sanremo è andata al 68enne Roberto Vecchioni, ad oggi l’artista più anziano ad averla conquistata. Nel 2015 Il Volo ha riportato ai minimi

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l’asticella dell’età, mentre l’anno successivo c’è stata una nuova inversione di tendenza con il trionfo degli Stadio. Si può infine evidenziare una correlazione tra età e genere: la fascia d’età più vincente per gli uomini è quella tra i 30 e i 40 anni, mentre il talento femminile è stato premiato prevalentemente in un’età compresa tra i 20 e i 30 anni.


MUSICAZERO Sanremo 2020

70 ANNI DEL

FESTIVAL DI SANREMO 4. Il grafico mostra l'età dei vincitori della categoria "BIG" del Festival di Sanremo dal 1951 al 2020

*(Dal 1953 al 1971 con unica eccezzione per il 1956) i brani venivano cantati da 2 interpreti; è stata, quindi, presa in considerazione la media dell'età dei 2 vincitori.

Altro dato particolarmente interessante di questo festival, è nell’esaltazione della parola. Infatti, mai come quest’anno, gli artisti hanno arricchito i propri testi utilizzando tanti termini. Nella speciale classifica degli artisti più prolissi troviamo nelle prime tre posizioni due rapper:al primo posto Rancore con 571 parole all’interno del suo brano, a seguire Elettra Lambor-

ghini con 403 parole e in terza posizione l’altro rapper Anastasio con 369 termini. Anche le nuove proposte sanremesi non sono state da meno, con Marco Sentieri che ha utilizzato ben 426 parole nel suo brano, a seguire Matteo Faustini con 406 e Fasma con 402 parole. Tanti testi ricchi, ma quali sono stati i termini più utilizzati? Al primo posto troviamo una nega-

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zione, Infatti, “Non” è il termine più utilizzato del festival, ben 219 volte. Al secondo posto “Dov’è”, termine utilizzato per 56 volte (titolo anche del brano delle vibrazioni) e a seguire “Come” adoperato per 54 volte, “Mondo” per 40 volte, “Tutto” per 34 volte. Il termine “Amore” è stato utilizzato solo 17 volte, per una chiara controtendenza rispetto al passato.

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#LALIFEèBELLA

Pier Paolo Pasolini

LE IMPRONTE DI P.P.P.

di Alessio Boccali

"Per essere poeti, bisogna avere molto tempo.” cit. Pier

U

Paolo Pasolini

n istrionico protagonista dell’arte a 360° e un intellettuale in anticipo sui tempi. Questo e tanto altro è Pier Paolo Pasolini. Difficile, infatti, definire la sua personalità multiforme come la sua arte o racchiudere il suo pensiero dentro a un recinto. È comunque assai utile per noi e per i nostri tempi provare a comprendere meglio il suo pensiero. Interessante è, innanzitutto, la sua vi-

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sione politica. Egli era un intellettuale di sinistra eppure, a differenza di molti scrittori comunisti, era contrario all’aborto e non esitò nel suo “Il PCI ai giovani” a difendere i celerini, “figli di poveri provenienti da subtopie contadine o urbane […] umiliati dalla qualità di uomini per quella di poliziotti”, negli scontri con gli studenti a Valle Giulia. Allo stesso tempo, egli auspicava il ritorno a una vita di campagna di innocenza e quiete contadina che il

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fascismo e la società in continua evoluzione avevano demonizzato. Nella sua arte così nella sua vita, Pasolini tentò addirittura di coniugare comunismo e cristianesimo, affascinato com’era dalle idee di Marx, ma ancor di più amante della figura rivoluzionaria e sofferente di Gesù Cristo. Il fil rouge che legò l’intera esistenza di Pier Paolo Pasolini fu rappresentato dal potere comunicativo della sua arte.


#LALIFEèBELLA

Pier Paolo Pasolini

Niente ha influenzato la nostra cultura quanto la contraddittorietà “pensata” dell’arte di Pier Paolo Pasolini Che si esprimesse in parola o in immagini, egli sapeva di potere/dovere lasciare qualcosa a chi stava contemplando i frutti del suo intelletto. L’intellettuale ha disseminato di tracce espressive la sua vita d’artista, impersonando e riversando su sé stesso le distorsioni della realtà italiana, nella convinzione che soltanto la forza nobilitante dell’arte potesse riscattare la mediocrità e la fuggevolezza della vita. Egli non si è mai “collocato fuori dalla storia” arrivando a mettere in scena anche le sue di contraddizioni fino all’esibizione. Così la sua arte va letta come un enorme schermo entro cui è stato possibile proiettare non soltanto le mancanze del presente, ma anche le nostalgie di un passato perduto e, anche se lui non lo sapeva, ma forse lo immaginava, i rimpianti del futuro. Chi sarebbe Pier Paolo Pasolini oggi? Un rapper controverso, che prima o poi sarebbe ostracizzato dai puristi del genere per la sua voglia di sperimentare nuovi stili, oppure un atipico influencer onnipresente su tutti i social network, ma mai schiavo di questi, o ancora un personaggio pubblico schietto, diretto, contraddittorio, ma a suo modo geniale. Sarebbe amato? Forse no, ma egli non cambierebbe una virgola del suo essere. Anche oggi Pier Paolo Pasolini sarebbe mistico, polemico, rivoluzionario, veggente, eretico, profeta…

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NEXT STOPS I prossimi eventi da non perdere in Italia

Italy

X AMBASSADORS 7 marzo - Fabrique MILANO GEMITAIZ & MADMAN 13 marzo - Palazzo dello Sport ROMA AVRIL LAVIGNE 16 marzo - Fabrique MILANO JAMES BLUNT 28 marzo - Palazzo dello Sport ROMA MARRACASH 6 aprile - Palazzo dello Sport ROMA MAHMOOD 14 aprile - Alcatraz MILANO DUA LIPA 30 aprile - Mediolanum Forum MILANO GHALI 8-9-10 maggio - Fabrique MILANO LANA DEL REY 9 giugno - Arena VERONA PAUL MCCARTNEY 10 giugno - Piazza del Plebiscito NAPOLI GREEN DAY 11 giugno - Visarno Arena FIRENZE



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Articles inside

LALIFEE'BELLA: Pasolini

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pages 56-60

70 anni del Festival di Sanremo

4min
pages 52-55

Lettere da Sanremo 2020

3min
pages 50-51

Audiorandom

2min
pages 46-47

WAO Festival

3min
pages 48-49

Music shop: Orba

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pages 44-45

Generation: Samà

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Bob Dylan, il menestrello di Duluth

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page 35

Soundmeeter: Margherita Vicario

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pages 38-39

Progetti consigliati 2020

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pages 40-41

Racconto della musica leggera

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Spazio Musica: recensioni artisti

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pages 36-37

Guccini e il suo politicar cantando

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Woody Allen e la politica nei film

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Libreria Musicale

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L'arte sfida il potere

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Ghali

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Rancore

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pages 20-23

Curiosando: Tha Supreme

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Girl Power

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pages 18-19

Fasma

3min
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Editoriale

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pages 6-7

E' giusto che i cantanti dicano la loro?

2min
pages 8-9

Pinguini Tattici Nucleari

2min
pages 14-15
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