MSOI thePost Numero 54

Page 7

MEDIO ORIENTE L’ONU E LA QUESTIONE PALESTINESE: L’ULTIMO ATTO DI OBAMA L’astensione degli USA ha sparigliato le carte, niente veto sul colonialismo in Palestina

Di Lorenzo Gilardetti Obama aveva posto al centro del suo programma per gli Esteri la questione palestinese. Se più volte gli sono state mosse critiche per aver delegato troppo spesso a John Kerry, segretario di Stato, il 23 dicembre, come ultimo atto del suo mandato, il Presidente uscente ha voluto dare un segnale forte, che ha scontentato non poco Netanyahu. Il teatro è stato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove già da lungo tempo gli USA ponevano sistematicamente il veto sui provvedimenti che potessero in qualche modo danneggiare lo Stato israeliano. Qui, Obama aveva avuto una grande occasione, molto simile a quella recente, nel 2011, quando decise per il veto nell’ambito di una condanna riguardante la questione coloniale, nonostante avesse promesso di fare il possibile per favorire i negoziati tra Israele e Palestina. La nuova occasione, l’ultima, è arrivata quando il testo per la risoluzione sugli insediamenti coloniali è stato ripresentato, nonostante il tentativo di ingerenze da parte dell’Egitto. 14 i voti favorevoli, sufficienti a farlo passare. Un’astensione, quella USA, la prima dal 2009.

Il tema delle colonie è controverso e molto dibattuto, ma è tornato alla ribalta delle cronache per il disegno di legge che permetterebbe la legalizzazione retroattiva di alcuni insediamenti coloniali israeliani in terra palestinese. Esso ha già ricevuto una prima approvazione al vaglio della Knesset ed è la prima legge che, con una virata decisamente nazionalista, punterebbe ad autorizzare formalmente il colonialismo. Resta il fatto che non si tratta di un tentativo del tutto nuovo. Il desiderio di Israele di espandersi in direzione palestinese è stato forte fin dall’inizio (1948). Dal 1970 il progetto ha preso forma grazie a una interpolazione delle antiche leggi tradizionali ottomane riconosciute dai britannici: ció ha permesso la legale appropriazione delle terre del Negev, abitate da una popolazione beduina. Da una parte, quindi, c’è uno Stato che, appoggiato in modo cruciale da una delle più grandi potenze, vuole ora un’espansione legale nella Cisgiordania; dall’altra una legge internazionale e un organo come l’ONU che prova a farsene garante, seppur con grandi limitazioni e difficoltà. Ecco che se il grande appoggio manca, le sicurezze vacillano e le cose cambiano.

L’astensione voluta da Obama ha sparigliato le carte, non solo perché va verso una risoluzione che vedrebbe il riconoscimento ufficiale di due Stati differenti, ma anche perché è giunta in un importante momento di transizione negli USA, senza lasciare spazio a una soluzione di continuità con il Presidente eletto Trump. Lo stesso Trump ha accolto in un primo momento in modo decisamente contrariato la scelta del suo predecessore, esprimendosi immediatamente con toni forti di distacco. Dal 20 gennaio (giorno dell’insediamento alla Casa Bianca), come ampiamente annunciato in campagna elettorale il Presidente si è mostrato fortemente filo-israeliano, moderando in parte la sua posizione solo in occasione della visita di Netanyahu alla Casa Bianca del 16 febbraio, quando ha parlato della necessità di compromessi tra israeliani e palestinesi non facendo però riferimento alla soluzione che vedrebbe due entità statali. Intanto l’insediamento di Trump aveva già rinvigorito i nazionalisti al Parlamento di Gerusalemme che il 24 gennaio hanno dato il via libera Netanyahu per la costruzione di 2.500 nuove case negli insediamenti della Cisgiordania. MSOI the Post • 7


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.