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MondoRed: una SpA fatta in casa
by MondoRed
RED È IL COLORE DEL WEB
Da venditori (letali) a imprenditori. Tre storie per un’azienda-mondo. Nascita di una SpA “fatta in casa”
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Avolte si comincia anche così, riempiendo i tubi delle Pringles con monete da 1000 lire. Immaginate la scena: in un negozio che vende pc, arriva questo ragazzino di 14 anni, che appoggia sul bancone il suo pesantissimo tubo, un tesoro accumulato per settimane, e chiede al titolare di assemblargli un super-computer, suggerendo anche marca e performance dei vari componenti. Le monetine le aveva recuperate dai carrelli dei bagagli alla Malpensa, dove in teoria avrebbe dovuto frequentare il centro estivo. Lui è Natale Spagnolo, per tutti Nat, oggi imprenditore di 34 anni, uno che nel tempo libero, per distrarsi, si occupa di mercato immobiliare, e che non va a dormire se prima non ha svuotato la casella mail. Oppure c’è chi, come Marco Cotroneo (35 anni), ha scoperto la sua vocazione ai tempi delle superiori, in un call center, quando ancora si vendevano contratti a migliaia usando solo il telefono: grazie alla sua parlantina, ai tempi, riuscì a pagarsi la scuola privata. Da solo. Poi scoprì di essere in grado di attivare 80 contratti telefonici in un mese, con il porta a porta, per un’azienda in cui al massimo se ne facevano una trentina. Fu in quel periodo che formò un tandem spettacolare insieme a Natale, con cui collezionava premi e provvigioni record.

Professionalità, ma anche grande umanità. Il segreto è questo. Ecco i tre soci di Mondo Red: Ferdinando Bova, Marco Cotroneo e Natale Spagnolo

E che dire di Ferdinando Bova, il “re dei commerciali”, uno che mentre preparava la maturità (si fa per dire) guadagnò 3 milioni e 800 mila lire in un mese, attivando nuove linee telefoniche, battendo a tappeto i negozi di Milano? Vedendo quei soldi, a suo padre, giustamente, venne qualche dubbio: «Ma cosa vendi?». Lui, che oggi di anni ne ha 44, a differenza dei colleghi, non è mai stato uno stacanovista indefesso: oltre a formare squadre di venditori letali, ama stare con la famiglia e godersi la sua libertà. Ma i risultati parlano da soli. milioni e mezzo di euro. Sono più di 10, in totale, dal giorno della fondazione. Tutto questo nel caotico mondo del web marketing, che in teoria è la cosa più astratta e fumosa che ci sia (quante aziende sono passate come comete, negli anni del boom), ma che a saperlo maneggiare, crea fatturato per chi lo fa e per chi lo usa. La “formula magica” di MondoRed? È riassunta nello slogan: «Generiamo clienti per i nostri clienti». Che vuol dire software di proprietà, tecnici allenati a navigare tra i mari perigliosi del web, servizi in grado di generare lead e contatti.
Perché i tre, nel frattempo, sono diventati imprenditori, creando un’azienda che assomiglia a certe realtà anglosassoni, leggere, giovani e sempre in movimento. Lo si capisce anche solo entrando nella sede operativa, che non è a Milano – il mercato principale, insieme a
Una sede a Roma e una a Milano. Ma la base operativa è a Gallarate (VA), in un edificio che un tempo era una scuola di aeronautica
Roma (dove c’è un’altra sede) – ma a Gallarate, in un edificio di tre piani che un tempo è stato una scuola di aeronautica, e che ora è un dedalo di uffici, sale riunioni, aree attrezzate per tecnici, impiegati, addetti commerciali, ma anche per incontri e corsi. C’è perfino uno spazio per le riprese video, dove i clienti vengono filmati e intervistati. E poi la sala giochi (PlayStation compresa), il biliardino e uno spazio relax con cucina, perché il dovere deve essere
VOLARE, OH OH...
Quando tre personaggi del genere si incontrano nel mondo dell’impresa (e non solo in quello), è quasi inevitabile che facciano il botto. Tipo inventarsi una società da zero e trasformarla in SpA nel giro di cinque anni, arrivando a gestire una sessantina tra dipendenti e collaboratori. MondoRed, nel 2022, sta veleggiando verso un fatturato da 3
Azienda leggera, software di proprietà, nuove idee: e nel 2022 si veleggia verso i 3 milioni e mezzo di fatturato
anche un piacere. C’è un continuo viavai di persone, che attraversano corridoi resi più ampi dalle grandi vetrate, computer a decine, e il colore rosso che campeggia ovunque. Ma facciamo un passo indietro. Perché ogni storia è fatta di tante storie.


All’inizio c’era solo una segretaria. Poi sono arrivati i venditori, una squadra di tecnici sempre più folta, il reparto amministrativo. Oggi questa azienda, partita da zero, può contare su una sessantina tra dipendenti e collaboratori. Lo spirito? Giovane!
Il fattore umano è ciò che fa la differenza. Insieme al caso (o la provvidenza) che fa incontrare le persone e rende possibili certe imprese. Lombardo, Cardano al Campo e Gallarate, ma il luogo di nascita è Reggio Calabria. Perché lui ha sempre avuto fretta, fin da piccolo, e ha deciso di nascere un mese prima del previsto, al mare. Ad assistere la madre c’era lo zio, che si chiamava Natale... Nat va fiero della «famiglia iper-umile, la classica famiglia che fa il mutuo ed è felicissima quando riesce ad estinguerlo dopo quindici anni». Madre impiegata, padre operaio e il sogno di un figlio con contratto a tempo indeterminato. Uno qualsiasi. Che lui avesse altri progetti nella vita, lo si è capito dopo “l’affaire” della Malpensa, dove passava le giornate e rincorrere i carrelli dei bagagli («L’incantesimo durò poco,
Tutto è cominciato dai coupon. Un prestito di 15 mila euro per un fatturato di 250 mila euro, lavorando in due
NAT
Nessuno è più lombardo dei tre soci alla guida di MondoRed, eppure questa storia, in un certo senso, nasce in terra calabrese. Natale Spagnolo, ad esempio, è cresciuto tra Somma perché convocarono mia madre che lavorava all’aeroporto»). Ma anche alla facilità con cui passava da un lavoro saltuario all’altro, per pagarsi l’università di Informatica, dopo il diploma da perito aziendale. «Mi sentivo un po’ un numero, e non mi piaceva», ricorda lui. Che infatti si dilettava con eBay e, ai tempi delle superiori, aveva creato anche un catalogo da distribuire nei cinque piani della scuola. «Mi piaceva la vendita applicata al digital. All’epoca non c’era ancora Amazon, ma il commercio online cominciava a fruttare bene. Ho provato anche a crearmi un e-commerce, ma allora non capivo niente di brand e non avevo soldi da investire». La svolta arrivò verso i 20 anni, quando scoprì che poteva guadagnare 28 euro per ogni linea telefonica attivata, per un’azienda del settore. «Facevo anche cento, duecento linee al mese, suonando i campanelli». Che detto così, sembra semplice, e per lui in effetti lo era: ma per uno che ce la fa (grazie all’indole e al talento), ce ne sono sempre tanti che naufragano nell’illusione dei “soldi facili”. «Arrivai a prendere 14 mila euro di stipendio in un mese, comprandomi pure una casa». Non era neanche una questione di soldi, ma «l’ossessione del risultato. Il mettere in pratica determinate azioni che portano a dei risultati. I risultati arrivavano facendo sempre quelle due-tre cose essenziali: è stato come scoprire un tesoro».
Tanto che a 25 anni aveva già bisogno di nuove sfide, insieme all’amico-collega Marco. Perché non basta essere area manager di quattro regioni del Nord Italia, in una grande azienda, “a tempo indeterminato”, se senti di «essere “arrivato”, in qualche modo, alla fine di un percorso». “Le idee sono nell’aria, basta fiutarle”, diceva il titolare della sua azienda. E Nat fiutava. All’inizio dell’era Groupon, riuscì a far fruttare i contatti maturati nel suo lavoro, proponendo un’alternativa legata al territorio: «Offrivamo pacchetti di 300 euro. Il ristoratore comprava 50 coupon-sconto, che venivano inseriti in un portale, fino a esaurimento. Coupon che poi venivano scaricati gratuitamente. I dati venivano filtrati al ristoratore e quando i clienti andavano a mangiare venivano trattati come tutti gli altri». Il segreto è migliorare ciò che già esiste. Risolvere problemi. La storia imprenditoriale comincia da qui, da RedCoupon srl, nata nel 2013 a Busto Arsizio, con un prestito bancario di 15 mila euro. «Tirammo su i primi 250 mila euro lavorando in due, vendendo pacchetti da 300 euro». Ecco poi la creazione di una rete commerciale, la prima segretaria, la nascita di Red WebFactory nel 2015, «quando cominciammo a vendere siti internet ai clienti del couponing».
Prima il dovere, ma sempre insieme al piacere. E il rendimento è assicurato. MondoRed è un’azienda “all’americana”, che in ufficio bada ai risultati, più che alle regole e agli orari




MondoRed è sempre in cerca di nuovi talenti. La selezione è (giustamente) dura. Prima del colloquio, bisogna dimostrare di conoscere il proprio mestiere. Ma dopo si entra a far parte di una grande famiglia faccio la mattina è salutare l’azienda su WhatsApp e pensare a tutto ciò che i vari reparti devono fare per centrare l’obiettivo del giorno». Rimane anche l’attitudine a incontrare e ascoltare chiunque. «Gli imprenditori sbagliano in questo: non ascoltano chi hanno di fronte. E così si limitano. Le mie collaborazioni di oggi, nascono tutte dagli incontri che ho fatto vendendo contratti porta a porta a Milano».

Il buon imprenditore? «Sa delegare e si circonda di persone più competenti di lui, perché c’è sempre da imparare»
Fino alla svolta del 2017, con l’arrivo di Ferdinando Bova e l’avvio del “triumvirato”. «Il lavoro per me è ossessione e passione», racconta Natale. «Anche in vacanza è difficile che non guardi il telefono, fa parte della mia vita. Ma non è una cosa che mi pesa. Fino al 2019 lavoravo anche 20 ore al giorno. Avevo l’idea che se dormivo 8 ore, 33 anni su 100 li avrei passati a letto. Cinque-sei ore dovevano bastare». Oggi non è più necessario tenere quei ritmi. «Ma la prima cosa che
MARCO
La storia di Marco Cotroneo, invece, ha a che vedere con il motocross. Perché lui, che è nato e cresciuto a Novara (ma il cognome è calabresissimo), che ha avuto un’infanzia «da bambino viziato, figlio di due dipendenti statali», a 15 anni fu costretto ad abbandonare la sua passione più grande (la moto), per colpa di un problema di salute. Facile entrare in crisi, quando succede una cosa del genere. «Quando hai quell’età, qualsiasi cosa accada, sembra che ti cada il mondo addosso». Parliamo di un ragazzino felice, che passava tre mesi all’anno, d’estate, in terra calabrese dai nonni, e che sognava di diventare un pilota di aerei militari. Finì per pagare la crisi anche a scuola, trascinandosela per un paio d’anni. Salvo poi guardarsi allo specchio e decidere che forse era arrivato il momento di darsi una mossa. A quel punto aveva 17 anni. «In quel periodo erano nati i primi call center. A Novara ce n’era uno tra i più grandi in Italia. Decisi di andare a lavorare lì, per pagarmi la scuola privata. Non avevo idea di che lavoro fosse. È iniziato come un gioco, ma ho capito che mi piaceva vendere. Mi sono pagato la scuola, diplomandomi, e intanto sono diventato supervisore». Oggi se nomini un call center, ti guardano male. Ma già allora, dopo qualche anno, c’erano i primi sintomi di una possibile degenerazione, «tanto che, giustamente, cominciarono a registrare le telefonate, per il controllo della qualità e della veridicità dei contratti fatti al telefono». Ma intanto Marco aveva capito di
«avere un futuro nelle vendite e nella comunicazione». Intuizione confermata dalla facilità con cui vendeva linee telefoniche, nell’azienda in cui incontrò Natale. «Lui era devastante. Ci trovavamo molto bene anche fuori dal lavoro. Eravamo amanti della bella vita. Ma io avevano necessità di guadagnare anche perché mi era nato un bambino». Nessuna tecnica, solo istinto: «Quando prendi più fiducia in te stesso, ti auto-formi». Però non ti accontenti mai. «Stavamo molto bene in quell’azienda, ma poi è scattata la molla... Ad un certo punto non c’era più quell’adrenalina. L’imprenditore vive di questo: i momenti migliori sono quelli critici. Volevo lavorare esclusivamente per me stesso, con tutti gli oneri e gli onori». Come si coltiva una collaborazione come quella con Nat? «Il nostro segreto, soprattutto da imprenditori, è che abbiamo imparato a conoscerci e a dirci le cose subito, anche le più scomode. Essere soci è peggio che essere sposati. Servono anche le sfuriate, quelle sane, se ti permettono di capire l’altra persona e aumentare la stima». Marco è uno stacanovista, «un lavoratore da venti ore al giorno. Ma col tempo ho imparato. Anche grazie alla conoscenza con Bova, che ha sempre dedicato il giusto al lavoro. Ho imparato a ritagliarmi i miei spazi. A delegare, che è una delle cose più importanti per un imprenditore». Le cose fondamentali, in effetti, sono due: «La prima è circondarsi di persone più competenti di te, senza aver paura che qualcuno ti faccia le scarpe: al contrario, devi sempre imparare dagli altri, e per farlo devono essere persone che ne sanno più di te. La seconda, appunto, è la capacità di delegare, che non vuol dire scaricare il lavoro, ma insegnare a una persona come si fanno le cose, monitorarla e renderla autonoma». MondoRed è il “primo figlio”, «la prima creatura, molto sudata. In futuro vedo una MondoRed che è dieci volte quella di adesso, non tanto in termini di fatturato, ma di menti brillanti. Il sogno è renderla realmente indipendente da noi. Vorrebbe dire che siamo stati davvero bravi come imprenditori. Chi è geloso della propria azienda, non la fa crescere. La soddisfazione più grande, al di là del fatturato, è vedere le persone che lavorano con te crescere nel loro lavoro, rispetto a quando sono entrate».

BOVA
MondoRed ha un gioco d’attacco, a tre punte. Metafora calcistica che si
Appuntamento irrinunciabile il lunedì mattina, quando Ferdinando Bova incontra la sua agguerrita squadra di commerciali per motivarla alla... non-vendita
presta perfettamente a Ferdinando Bova, visto che da ragazzo era un calciatore niente male. «Il sogno era quello – dice – come capita a tanti ragazzini». Nato a Milano, cresciuto a Cornaredo, infanzia felice anche per lui. In questo caso c’è anche una chiara impronta genetica: «Mio papà era un commerciante, aveva due negozi di bomboniere. Erano gli anni d’oro per i matrimoni e le liste nozze». Ferdinando era «uno studente basico». Lo si è capito alle superiori, visto che non ha mai comprato un libro di testo. «Mi sono diplomato senza libri. Ero abbastanza intelligente e me la cavavo». Amava la vita scolastica, ma solo quella non-accademica: «Mi interessava di più la “vita politica” della scuola.


Ero rappresentante di classe e poi di istituto. Amavo parlare, ma soprattutto mi piaceva andare “contro il potere”. Il che è strano, visto che sono sempre stato una persona moderata». Insomma era un ribelle, e non vedeva l’ora di dar contro a preside e professori, discutendo di orari, gestione degli spazi, mensa scolastica... alla pagina degli annunci di lavoro. Ricordo che cercavano venditori. Gli annunci dicevano: macchina aziendale, 1 milione e mezzo di fisso, provvigioni... Perché passare la mattina in classe, quando avrei potuto guadagnare un milione e mezzo al mese?». La gavetta, in realtà, è passata attra-
Il segreto della vendita? «Non vendergliela. Se la rendi una vendita, è una violenza. Vivila come una chiacchierata»
Poi, l’illuminazione. Che doveva per forza passare dalle pagine della Gazzetta dello Sport. «Ogni mattina, quando prendevo l’autobus per andare a scuola, nello zaino c’era solo la Gazzetta. E spesso andavo verso la classica estate di lavoro, in terza superiore, facendo «l’operaio specializzato... in niente. Ero l’ultima ruota del carro. Pulivo le vasche di inchiostro in una multinazionale della chimica». Salvo poi trascorrere il mese successivo in ufficio, a fare fotocopie, con tanto di lezione paterna sulla differenza tra essere impiegato e operaio. Ma lui aveva altri progetti. Come dimostrò l’anno della maturità, con la scoperta della vocazione commerciale, grazie alla vendita di contratti telefonici come se piovesse. Bova non è uno che si fa impressionare dalla cattiva fama di cui godono i venditori. Quando cominciò a portare a casa i primi stipendi sostanziosi, la nonna (calabrese), che pure aveva gestito una bottega nel suo paesino al sud, gli chiese come mai non si era ancora “sistemato”. Lui ancora si diverte, quando accoglie gli aspiranti “venditori di web”, prodotto immateriale come pochi, consigliando loro di fuggire a gambe levate, «se sani di mente», se non vogliono essere trattati come dei fastidiosi rompiscatole. Ma poi, in realtà, non se ne va nessuno, e chi ha talento scopre la gallina dalle uova d’oro. Con la massima semplicità. «Non mi è mai piaciuto studiare, neanche i corsi di vendita, anche se qualcuno ho dovuto seguirlo. Io sono “anti-vendita”. La vendita è molto basica. O meglio: non esiste. Se la
rendi una vendita, è una violenza che stai facendo a una persona. La devi vivere come una chiacchierata, una semplicissima trattativa, come quelle che fai ogni giorno (anche solo per comprare il pane). Io sono un professionista e tratto alla pari con la persona che ho davanti. Pochi formalismi, poche intenzioni di “vendergliela”. Non amo le trattative lunghe. Amo il contratto, è quello il momento di soddisfazione». Il vero segreto è rendere il prodotto comprensibile all’interlocutore, nel giro di un’oretta. E anche adesso, che fa l’imprenditore, qualche volta si diverte a intavolare una trattativa con un cliente, in solitaria. Per il resto, forma i venditori e segue i capi-area. In MondoRed non mancano certo le soddisfazioni, «perché c’è uno sviluppo del progetto e del prodotto». Ma la sua fama di gran lavoratore e di venditore aggressivo e vincente, non se la porta a casa. Anzi. «Do il giusto peso al lavoro. Mi serve per vivere il resto della vita. Sono un marito e un papà presente e affettuoso, che vuole passare tanto tempo con la sua famiglia. 8 ore al giorno fatte bene sono più che sufficienti. Così ne rimangono tantissime altre da vivere». Tipo alzarsi alle 7 e dedicare le prime ore della giornata alla figlia, preparandole la colazione e portandola a scuola. «Poi, in macchina, faccio le telefonate per dare la carica ai capi area e responsabili dei vari uffici».
MATRIMONI FELICI
I“matrimoni di lavoro” funzionano quando i patti sono chiari, l’affinità è immediata e ognuno ha il suo ruolo. Così è successo ai tre soci. Quasi naturalmente, fin da subito, Ferdinando si è occupato della parte commerciale,Marco di quella amministrativa e Natale del settore tecnico. E così procede il lavoro anche oggi, ovviamente scambiandosi idee e opinioni.
Se poi chiedi a loro che cos’è
MondoRed, la risposta è questa: «È una società di web-marketing. Che ha due “plus”, due aspetti che ci contraddistinguono. Il primo è di tipo tecnologico: abbiamo sviluppato dei software proprietari che permettono di lavorare il mondo web in generale, attraverso i principali player (Google, Facebook, Instagram, Linkedin...), grazie alla nostra squadra di tecnici. Il secondo aspetto è che, a differenza di altri, non ci concentriamo sul prodotto, il servizio che stiamo dando, ma sui benefici del servizio. Le aziende fanno pubblicità per avere più fatturato. Noi quello non possiamo garantirlo, dipende anche dalle capacità dell’imprenditore, però possiamo concentrarci sulle opportunità di fatturato che derivano dalla nostra strategia. Fondamentalmente si misurano i contatti. È una pubblicità un po’ più evoluta: grazie a questo investimento, si entra in contatto con tot persone interessate». L’aumento dei clienti e del fatturato, oltre alla prospettiva di aprire nuove sedi in Italia, stanno lì a dimostrare che l’idea ha funzionato. E ora ecco la trasformazione di MondoRed in SpA. Senza bisogno di grandi investitori, di mega-direttori commerciali, di strutture mastodontiche. Un’azienda che si è fatta da sé. Sommando le storie personali (simili ma diverse) di tre venditori che si sono scoperti imprenditori. Dai tubi di Pringles alla società per azioni, il passo è breve.
La MondoRed è diventata una SpA a partire dal mese di settembre. Lo slogan? «Generiamo clienti per i nostri clienti»

(Tutte le foto di questo servizio sono state realizzate da Daniele Ventola)