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Camminare fa bene all’anima e all’Italia

Viaggi a piedi per spiriti liberi. Filosofia e prassi della “viandanza”

Potete fare il giro della Sardegna a piedi, senza mai allontanarvi dal mare, avvistando le sue

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“cento torri”. Oppure attraversare le venti foreste della Lombardia (750 km in 39 tappe), costeggiando fiumi e laghi, camminando in dodici aree protette e riserve naturali, per approdare al Parco dello Stelvio.

Potete ripercorrere i sentieri utilizzati dalla Banda di Cartore, briganti, o se preferite “spiriti liberi”, che lottavano contro l’invasione sabauda, tra Lazio e Abruzzo, lo Stato Pontificio e le terre dei Borboni: un percorso lungo sette giorni, tra gli 800 e i 1300 metri, immersi in una natura non addomesticata, affidandosi all’ospitalità di piccole strutture familiari (Cammino dei Briganti). Oppure potete conoscere le vie medievali percorse da Dante ai tempi del suo esilio, tra la Toscana e la Romagna - dal Museo Casa di Firenze alla Tomba di Ravenna – con vari tratti “in cresta” e passaggi sul selciato di antiche strade etrusche e romane: 400 km percorribili in 20 tappe, che sono anche un viaggio artistico, filosofico, spirituale tra le pagine della Divina Commedia, nata proprio in questa dimensione, fatta di castelli ed eremi, foreste (Casentinesi) e acque limpide (Acquacheta), di paesaggi che invitano alla riflessione su di sé e alla poesia (Sentiero di Dante). Il Cammino Celeste attraversa il Friuli in montagna, da Aquileia al magnifico monastero del monte Lussari. Quello di San Vicinio, invece, è consigliato a chi ama boschi e foreste, castelli e monasteri, con quattordici tappe a partire da Sarsina, lungo l’Appennino Tosco-Emiliano. C’è anche un percorso che unisce i luoghi colpiti dal terremoto nel 2016, da Fabriano a L’Aquila, suggestivo già a partire dal nome, Cammino nelle Terre Mutate, promosso dal Movimento Tellurico, “partigiani della terra” che vogliono unire trekking, ecologia e solidarietà.

In Italia siamo ormai vicini a quota ottanta “cammini”. Che non sono semplicemente e banalmente dei percorsi turistici.

Non sono (non dovrebbero mai essere) mappe astratte offerte a chi preferisce muoversi a piedi, e nemmeno palestre naturali messe a disposizione di uomini e donne in cerca di imprese sportive. Sono molto di più. Formidabili occasioni per imparare un modo diverso di viaggiare e conoscere un territorio, fondato sulla lentezza. Percorsi che uniscono natura e cultura, il piacere del paesaggio e i segni lasciati dall’uomo e dalla storia. Esperienze di libertà che fanno bene al corpo, alla mente e allo spirito.

Si parla di 79 percorsi italiani, di cui 49 con Credenziali e Testimonium (i documenti di partenza e arrivo) offerti ai camminatori. Sono 59.538 i viandanti che hanno ufficialmente attraversato queste vie nel 2021, ma

se aggiungiamo anche le persone che non segnalano la propria presenza, arriviamo a quota 80 mila. 14 mila in più rispetto al 2019, cioè ai numeri pre-Covid. Lo dice il dossier Italia: Paese di Cammini presentato anche quest’anno nei giorni di Fa’ la cosa giusta da Terre di Mezzo, editore di riferimento per le sue guide indispensabili. Ma i numero del 2022 fanno presagire un altro balzo in avanti. Tanto per farsi un’idea, il cammino più famoso del mondo, quello di Santiago, nel 2021 ha attirato quasi 179 mila persone. Nel 1985 erano solo 1245. Tra il 2022 e il 2023 si punta a superare i 347 mila pellegrini del 2019. A beneficiarne, ovviamente, è anche il settore dell’accoglienza e della ristorazione. In una forma diversa, rispetto ai luoghi del turismo di

A fianco, un’immagine del Cammino di Dante, prima del passo dell’Eremo. Sotto, il Passo della Cisa, sulla Via Francigena. Nell’altra pagina, due immagini della Via Vandelli

79 percorsi per 80 mila camminatori nel 2021. 14 mila presenze in più rispetto ai numeri pre-Covid. L’identikit? 40-60 anni (coi ventenni in grande crescita), 30-50 euro di spesa giornaliera, grande amore per la natura

massa, più attento alle ragioni del risparmio, della semplicità, della sostenibilità. Si parla soprattutto di B&B e ostelli, ma anche agriturismi e rifugi, oltre a una rete importante di accoglienza privata. L’identikit del camminatore? Uno su due ha tra i 40 e i 60 anni (ma i ventenni sono in grande crescita), con le donne che hanno superato gli uomini (50,4%), e una spesa media giornaliera di 30-50 euro (ma c’è un 22% che ce la fa anche con meno).

Il Cammino nelle Terre Mutate percorre i territori sconvolti dal terremoto. Per conoscere storie e progetti di rinascita, ma anche attraversare luoghi molto suggestivi. Sopra, Amatrice. Nell’altra pagina, un sentiero verso Ussita e il lago di Fiastra

La maggior parte delle persone si sposta per le ferie, quindi a luglio e agosto, ma uno su tre si mette in viaggio tra settembre e ottobre, un ottimo periodo per questo genere di esperienza. La maggior parte delle persone cerca soprattutto di scoprire nuovi luoghi in modo diverso (52%), un’esperienza che faccia benealla mente e al cuore prima ancora che al corpo (il 51% cerca il benessere psicologico ed emotivo), immersi nella natura (45,1%). Ma c’è anche un 33% che sottolinea l’interesse culturale e un 23% che ha motivazioni religiose e spirituali. Ce lo spiega Luigi Nacci, poeta, scrittore e guida escursionistica, che nel marzo di quest’anno ha pubblicato Non mancherò la strada (Laterza) per provare a spiegarci questa differenza ed evocare “che cosa può insegnarci il cammino”. Il suo decalogo informale suggerisce che «la vacanza ha a che fare col vuoto, la viandanza col pieno». Da una parte c’è la passeggiata, che è come «camminare in una gabbia», strettamente legata allo «schema casa-ufficio-sport-svago-casa», al bisogno di prendersi una pausa. Dall’altra il cammino inteso come

Luigi Nacci (poeta, scrittore, camminatore): «La vacanza ha a che fare col vuoto, la viandanza col pieno»

Certo, si fa presto a dire “camminare”. Intanto bisognerebbe distinguere tra il “camminatore”, che cerca semplicemente una nuova esperienza da raccontare, e il “viandante”, che insegue un’autentica occasione di libertà e immersione nel territorio. viandanza, che comporta il non avere vincoli e orari, il piacere dell’ignoto, «il richiamo dell’eccezionalità, l’attrazione della meraviglia». Non il benessere, ma la gioia. Non la vaga possibilità di incontrare persone sconosciute, ma un senso di fratellanza da condividere con chi ha scelto di vivere in un “mondo aperto”: «Nei cammini ci eravamo abituati a dividere il pane, ad essere accolti, a non giudicare dall’aspetto, a non avere timore degli altri. Ci sentivamo esseri umani migliori». In un certo senso, la viandanza è una filosofia di vita che va al di là del cammino in sé, la perenne ricerca di «una vita nuova, una soglia», tipica dei sognatori ad occhi aperti. Tanto che risulta difficile spiegare la necessità di partire e camminare a chi ti sta accanto: «Come far capire loro che ciò di cui hai bisogno non è una pausa? Come dire loro, senza farsi fraintendere, che hai bisogno di stracciare l’agenda, il contratto, il mutuo, ogni genere di impegno, e di andare a riprenderti la tua vita, senza sapere su quale strada essa sia?». Poi, certo, tra il turista che ama la vita facile e il viandante che preferisce l’imprevedibilità, ci sono tante vie di mezzo. Ed è qui che ognuno può trovare la sua dimensione, il suo personalissimo modo di percorrere un “cammino”. Anche perché ce n’è davvero per tutti i gusti e tutte le sensibilità.

La più conosciuta e frequentata è la Via Francigena, che nel 2021 da sola ha raccolto 11500 camminatori, quasi uno su cinque. D’altra parte parliamo di uno dei percorsi più conosciuti e amati al mondo (aiutato anche da finanziamenti pubblici importanti), oltre 3mila chilometri che attraversano cinque Stati e più di seicento Comuni. Da sempre, come sappiamo, “tutte le strade portano a Roma”. Anche quando partono da Canterbury. Oppure da Santa

Maria di Leuca. «Facili sentieri di montagna, mulattiere di pietra, vie campestri e viabilità minore, senza traffico, strade bianche tra i cipressi, oppure ombreggiati da solenni pini domestici. Sotto i tuoi piedi scorrono le più antiche strade d’Europa».

Quella che un tempo era la Via di Monte Bardone, passata l’era longobarda diventò “la strada originata dalla Francia”, principale asse di collegamento tra il nord e il sud dell’Europa «lungo il quale transitavano mercanti, eserciti, pellegrini». Al secondo posto di questa classifica, con 10000 camminatori, c’è la Via degli Dei, 130 chilometri tra Bologna e Firenze, che ha un nome impegnativo – d’altra parte si raggiungono il Monte Adone e il Monzuno (monte di Giove), il Monte Venere e il Luario (la dea Lua) – percorre l’antica Flaminia (che risale al 187 a.C.), attraversa la riserva naturale del Contrafforte Pliocenico e in parte coincide con la Linea Gotica,ma nacque grazie allo spirito goliardico dei camminatori del CAI bolognese, che volevano arrivare a Firenze per mangiarsi una fiorentina. Tra i cammini più amati, poi, ci sono quelli francescani. Ci si può accontentare (si fa per dire) di percorrere gli 80 chilometri che uniscono i quattro santuari fondati dal santo (Greccio, La Foresta, Poggio Bustone, Fonte Colombo).

Luoghi suggestivi sul Cammino di Dante: in alto, l’Eremo di Gamogna, a fianco due immagini di Brisighella, la Via degli Asini e i Calanchi

Si possono attraversare l’Umbria e le Marche, dall’Appennino al Parco dei Sibillini, grazie al Cammino Francescano della Marca. Oppure c’è la tradizionale Via di Francesco, 5000 km in tutto, se si considera sia il tratto nord (La Verna-Assisi) che quello sud (Assisi-Roma), per ritrovare le tappe della sua vita, le parole, gli episodi più celebri, in una terra «nutrita di una spiritualità che parla di amore per le piccole cose, di rispetto e gratitudine per il creato, di accoglienza generosa dell’altro».

Ma i cammini sono tanti, vari e anche originali. Vedi il tracciato “illuminista” della Via Vandelli, che attraversa il fu Ducato Estense, dall’Appennino alle Alpi Apuane, dalla pianura modenese al Mar Tirreno.

Una strada leggendaria che risale al 1739, ricostruita dopo lunghe ricerche d’archivio: 150 chilometri di cammino, per quella che è stata definita la «madre di tutte le strade moderne», progettata da Domenico

Vandelli. «Una strada lastricata di centinaia di chilometri che attraversa due catene montuose e porta dalla pianura al mare con soluzioni ingegneristiche e logistiche uniche: tornanti, canalette di scolo, osterie, stazioni di posta, sbancamenti, muri a secco, filari di querce tuttora visibili sul cammino». Il Cammino nelle Terre Mutate, lungo 250 km, attraversa quattro regioni e due parchi nazionali (Monti Sibillini e Gran Sasso), ma consente anche di conoscere «le storie, i protagonisti e i progetti di rinascita delle comunità locali». Qui si tratta di immergersi nella bellezza del paesaggio, ma anche nella fragilità di questi territori e delle comunità che sono state sconvolte dal sisma. Ecco perché si parla di un viaggio «lento e responsabile», un contributo alla «“ricucitura” dei territori nel lungo arco di tempo necessario alla ricostruzione». Se volete visitare la Majella, e avete un debole per i rifugi eremitici e i luoghi che incoraggiano la meditazione, c’è il Sentiero dello Spirito, un trekking in montagna di quattro giorni, sulle tracce di colui che diven-

terà papa Celestino V. Ma c’è anche il Cammino di Santa Barbara, che si sviluppa per 500 km in Sardegna tra sentieri e mulattiere, all’insegna dell’archeologia industriale (mineraria, siamo in zona Sulcis-Guspinese) e di quella classica. Ci sono i cammini di Oropa e del Salento, di Sant’Agostino e San Benedetto, la Kalabria Coast to Coast, l’Alta Via delle Grazie, il Cammino di San Vili... Tra i più recenti, segnaliamo il Cammino di don Tonino Bello, 400 chilometri da Molfetta a Santa Maria di Leuca, facendo visita anche alla tomba di Alessano. 32 città pugliesi e la memoria di un grande uomo, all’insegna della contemplazione, «al riparo dal superfluo», evocando i «costruttori di pace». Citando le parole di don Tonino: «La strada è lunga, ma non esiste che un solo mezzo per sapere dove può condurre: proseguire il cammino».

Per finire, segnaliamo il Cammino Materano, in corso d’opera, dedicato al Sud Italia. Sei tracce «tra storia e mito, sei modi diversi di attraversare una terra ancestrale», conoscendo paesaggi differenti, «dai monti della Basilicata alle bianche rive dello Ionio», mettendo a sistema «strade secondarie romane, vie medievali, tratturi e sentieri». La Via Peuceta da Bari a Matera e quella Ellenica tra gli ulivi (Brindisi-Martina Franca) o tra le gravine (da Martina Franca ai Sassi di Matera), la Via Sveva sulle orme di Federico II, la Jonica lungo le coste pugliesi e la Lucana. Il senso dell’impresa sta in una citazione di David Le Breton e il suo “elogio della marcia” intitolato Il mondo a piedi (edito da Feltrinelli): «Camminare, nel contesto della realtà contemporanea, parrebbe esprimere una forma di nostalgia, oppure di resistenza. (…) L’atto del camminare favorisce l’elaborazione di una filosofia elementare dell’esistenza basata su una serie di piccole cose, induce per un momento il viandante a interrogarsi su di sé, sul suo rapporto con la natura e con gli altri».

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