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Thomas Torelli: «Il mondo è lo specchio di ciò che siamo dentro»
by MondoRed
«Il mondo, là fuori, è lo specchio di ciò che siamo dentro»
THOMAS TORELLI SI RACCONTA: LA CRISI, LA SCOPERTA DI UN NUOVO MODO DI ESSERE, L’APPELLO ALLA “CONNESSIONE”, LA CREAZIONE DI UAM
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Un Altro Mondo, all’inizio, era un film e un libro. Poi è diventato anche una web
tv. E soprattutto una comunità di persone che si riconoscono in un certo stile di vita. “Un altro mondo” è soprattutto un auspicio. Come lo descriveresti? Quali sono le caratteristiche principali di questo mondo altro?
«Usando uno slogan, potremmo dire: un mondo in cui non si crei separazione. In cui siamo tutti connessi, e consapevoli di esserlo. L’idea di Un Altro Mondo è nata quando mi sono reso conto che le culture ancestrali, ovunque, parlano della connessione esistente tra tutte le cose. Anche la scienza contemporanea e la filosofia ci parlano di connessione. L’idea era mettere insieme culture apparentemente diverse e farle convergere verso questa visione del mondo, in cui non c’è violenza ma fratellanza, in cui c’è speranza».
Una visione che sa di utopia.
«Il mondo che creiamo, fuori di noi, è lo specchio di ciò che siamo dentro. E quello che siamo è a sua volta condizionato da ciò che riceviamo. Immagina un alieno, proveniente dalle Pleiadi, che arriva sulla Terra ed è curioso di scoprire com’è il pianeta. Se accende la tv e vede il telegiornale pensa: “Mamma mia questo è un mondo di matti” e torna subito a casa. Se lo stesso extraterrestre guardasse Uam.Tv, invece, troverebbe solo cose che parlano di speranza, connessione, condivisione, e avrebbe un’altra visione del mondo. Potrebbe dire: “Bello questo pianeta, quasi quasi ci resto. Fondo una comunità”. La differenza la fa la percezione che hai delle cose».
Insomma, è utopia per chi non ci crede, ma per gli altri può diventare un progetto, una realtà che potrebbe cominciare domani.
«Proprio così, potrebbe cominciare anche domani! Il grande poeta Rumi diceva: “Quando ero giovane volevo cambiare il mondo. Ora che sono saggio voglio cambiare me stesso”. Il mondo siamo noi. Da qui bisogna partire. Il mondo è abitato da sette miliardi di persone. È il risultato della risonanza, l’energia, la visione di queste
persone. Se il mondo è pieno di guerre, se è quello che è, è perché qualcuno l’ha voluto. Allora cominciamo a ri-educare le persone a una nuova visione del mondo. In tanti sono pronti a farlo. L’umanità è molto meglio di come ce la raccontano».
Quindi le grandi battaglie sociali e ambientali non servono se manca un cambiamento dei singoli individui, della loro consapevolezza.
«Penso a quelli che partecipano alle manifestazioni sul cambiamento climatico e poi lasciano la monnezza per terra. Puoi teorizzare, usare tante belle parole, ma se nei fatti non sei quella cosa, non serve a nulla. “Sii il mondo che vuoi creare”, come diceva Gandhi. È questo il grande lavoro da fare. Devi nutrire ogni giorno questa energia, questo “campo”, questa consapevolezza. Uam.Tv è uno strumento che, nel suo piccolo, aiuta a farlo. Un Altro Mondo è il manifesto, la web tv è il braccio operativo. Non è l’unico, ovviamente, ognuno può fare il suo percorso, può praticare yoga o meditazione, può fare ciò che ritiene giusto e necessario, basta che diventi il cambiamento. Se vado in piazza e grido con violenza “no alla guerra” in faccia al poliziotto, sto comunque alimentando quella violenza. Se rinchiudiamo una persona che ha commesso un reato insieme ad altre persone violente, cosa pensiamo di ottenere? Mentre preparavo Choose Love ho incontrato Serve una nuova visione del mondo. un ragazzo che a 16 anni ha perso la madre, con il padre e il fratello che già “facevano il mestiere”. Cosa In tanti sono pronti al cambiamento. L’umanità è meglio di come ce la raccontano pretendiamo che faccia un giovane in queste condizioni? L’architetto? Ha sbagliato, deve pagare. Ma va educato, non punito, non serve la violenza, altrimenti continuerà a ripetere quell’errore. Bisogna rieducare all’amore, alla speranza, all’idea che esista sempre un’altra possibilità».

Chi sono i principali ispiratori di questo cambiamento? Se dovessi fare dei nomi - filosofi, scienziati, artisti, maestri spirituali - quali sono i punti di riferimento imprescindibili?
«In tutti i miei film coinvolgo persone che possono raccontare questo altro mondo. Così come nella Uam.Tv. I grandi nomi li conoscono tutti, ma vanno cercate anche tutte quelle persone che, nel loro piccolo, sono un esempio vivente del cambiamento possibile. Anche la storia è piena di grandi esempi. Nelson Mandela, dopo essere stato in carcere quasi trent’anni, quando è uscito, invece di vendicarsi, ha accolto nel suo governo le persone che lo avevano incarcerato: doveva dimostra che la “nazione arcobaleno” partiva da scelte coraggiose, anche dolorose, fondate sul perdono e la comprensione. Per scegliere l’amore serve più coraggio e forza che per scegliere l’odio. Per Mandela era più facile vendicarsi di chi gli aveva fatto del male, piuttosto che metterselo in casa. Ma chi è davvero più forte?».
Thomas Torelli, negli anni, ha incontrato numerosi personaggi, intervistati nei suoi documentari o per la web tv. Eccolo insieme ad Antonio Velasco Piña, a Città del Messico
Quando hai capito che la tua strada era questa? Tu sei partito dal documentario d’inchiesta, hai prodotto film molto vari, basti pensare a quelli dedicati a Neruda o al subcomandante Marcos, hai affrontato tematiche ambientali e sociali. Merito di un incontro particolare, un’esperienza che hai avuto, un’intuizione?
«Ho sempre saputo, già da ragazzo, che “dai diamanti non nasce niente, dai letami nascono i fiori”. Sono le difficoltà che ti mettono in condizione di volare. Io, lo dico scherzosamente, ho avuto la fortuna di vivere un’infanzia complicata, e questo mi ha messo in condizione di cercare un altro punto di vista sulla realtà intorno a me. Poi ho scoperto che non bastava risolvere le cose pragmaticamente, lavorando sette giorni a settimana, se non curi anche l’anima. Tra il 2008 e il 2011 sono successe altre cose che mi hanno rimesso in grande difficoltà, tra cui la morte di mio padre, e quindi ho deciso di fare un percorso, una ricerca, e ho pensato anche di raccontarla. Quando decidi di fare un film sul tuo viaggio personale, poi è difficile che non lo porti a termine. Non puoi raccontare qualcosa che non hai dentro. Dal 2011 al 2014 ho lavorato a Un Altro Mondo e questo mi ha cambiato in profondità. Da quel momento ho capito che il documentario d’inchiesta non mi interessava più: non mi interessava mettere l’accento sul problema (rischiando di alimentarlo), ma sulla soluzione. Le cose che ci succedono non sono “belle” o “brutte”. Bello e brutto è la tua interpretazione personale di ciò che accede. Quando fai un film del genere difficilmente torni indietro. Ho ricevuto centinaia di mail da persone che avevano tratto beneficio dalla visione del film. È un mestiere che ti ripaga con soddisfazioni incredibili».

Cosa ha significato per te questa svolta, dal punto di vista pratico, nella vita quotidiana? La gestione del tempo, l’alimentazione, la scelta di seguire una particolare disciplina interiore... Mettiamo che qualcuno dica: da domani ci voglio provare.
«Non ho la bacchetta magica e la ricetta assoluta. Posso dire quello che faccio io e che mi fa bene. Meditare, ad esempio, lo consiglio a tutti. Anche soltanto un quarto d’ora al giorno, possibilmente la mattina e la sera. Ti connette, ti fa stare con te stesso. Uno dei grandi problemi di oggi è il fatto che le persone sono perse. La vita ci viene imposta da tutto e tutti, dalla scuola, i genitori, gli amici, dal quartiere, da quello che gli altri si aspettano da noi. Gli antichi greci parlavano di eudaimonia: il bene del nostre “demone”, la nostra “missione”.
È questo il segreto della felicita: scopri chi sei, fai ciò per cui sei nato. Oggi è difficilissimo, perché la gente non si ascolta più. La meditazione è un mezzo per tornare ad ascoltarsi. L’importante è fermarsi, respirare in maniera consapevole, allontanare i pensieri. Poi io pratico anche i “cinque tibetani” e dedico due ore la mattina all’esercizio fisico. E continuo a studiare. Studio cose che mi aiutano a mantenere questa presenza. Il problema è che di solito leggi un libro, guardi un film, in quel momento senti di poter cambiare il mondo, poi rientri nella dinamica della bolletta e dell’affitto, che ti assorbe completamente. Per questo bisogna dedicare costantemente del tempo a se stessi. Bisogna entrare in quella “frequenza”. E rendersi conto che non siamo gli unici a pensarla in un certo modo. Una volta,
in una scuola di Bassano del Grappa, una ragazza di 14 anni è venuta da me in lacrime, dopo aver visto Un Altro Mondo e mi ha detto: “Non so come ringraziarti, perché io vedendo questo film ho capito che non sono matta. Tutte queste cose le ho sempre sentite mie, non sapevo come parlarne”».
Cosa rispondi a chi parla di “new age”, di pseudo-scienze, di stravaganze spiritualiste? Non tutto ciò che è “alternativo” è valido e serio, così come non tutto ciò che è ufficiale e convenzionale è sbagliato o dannoso. C’è un possibile luogo di incontro?
«Sempre più persone si stanno avvicinando a queste tematiche, che ormai sono sdoganate. Anche il cinema in questo aiuta molto. Un Altro Mondo condensa una cinquanta libri in un’ora. Il sentiero della gioia non è affatto un film new age, parla di persone che hanno trasformato situazioni difficili in opportunità. Ma anche qui, le parole a volte creano confusione: new age significa nuova era, che è proprio ciò che stiamo vivendo. Potremmo discutere anche del concetto di “complottista”: il complottista è chi fa i complotti, non chi ne parla e cerca di avere altri punti di vista sulla realtà».

Quali sono i numeri di Uam.Tv? Come può sopravvivere una realtà (indipendente e alternativa) di questo genere, in un universo web monopolizzato dai grandi player internazionali, dotati di mezzi finanziari enormi?
«Ti dico la verità: Uam.Tv ha difficoltà a sopravvivere, ed è solo l’amore di un gruppo di persone appassionate che la rende possibile. Abbiamo tanti abbonati, 5000, ma dal punto di vista economico non navighiamo nell’oro. Però questo progetto ha un valore che va al di là dei suoi risultati. Abbiamo 35 mila persone iscritte. E io cerco sempre di far capire che l’abbonamento a Uam va al di là degli 80 euro all’anno che paghi per vedere una web tv, è un modo per sostenere il progetto. Con gli altri competitor perdiamo in partenza: noi ci creiamo una nicchia e abbiamo un brand diverso, se vogliamo usare questi termini, parliamo di film e doc che non trovi da nessun’altra parte. Io i miei lavori li avevo proposti anche a Rai e Mediaset. Ora, ovunque vado, faccio sold out, non perché sono Kubrick, ma perché la gente ha sete, ha voglia di vedere queste cose. Il pubblico c’è. Per questo ci siamo creati la nostra tv».
Il sentiero della gioia come si inserisce in questo percorso? Qual è il suo messaggio fondamentale?
«Di non arrendersi alle difficoltà. È un film sulla resilienza. La vita non è quello che doveva essere, ma quella che è. Viviamo in questa dimensione per imparare a superare le difficoltà. La differenza la fa il modo in cui ci approcciamo alle difficoltà. Qualsiasi cosa può essere una tragedia o un’opportunità: la scelta è nostra. Questo non vuol dire che sia facile, tutt’altro. Così come non è facile il perdono. Ma fa parte del percorso. Se comprendi che ciò che è fuori, è parte di te, è dentro te, questo ti dà una grande responsabilità: diventi il timoniere della tua nave. La nave la fai andare dove vuoi tu».
