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Il sentiero della gioia

«Scegli di essere felice» Storie da “un altro mondo”

“IL SENTIERO DELLA GIOIA” È IL NUOVO DOC DI THOMAS TORELLI SIMONA ATZORI: «LA QUALITÀ DELLA VITA È TUTTA IN QUESTO ISTANTE»

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Tutti intorno dicono che sei «un errore, una tragedia, una sfortuna». Sei nata senza braccia, come potrai avere una vita “normale”? Ma poi arriva lei, che ti guarda in quel modo, solo suo, e ti dice: «Io so di essere nata per essere tua madre». Un’espressione d’amore che va oltre ogni sentimentalismo, ogni luogo comune sull’essere figlie e madri, ogni banalità sul “destino” che ci segna per sempre. E allora capisci che nulla è impossibile, e decidi di essere felice: «Abbiamo tutto ciò che serve per esserlo». È da qui, da questa consapevolezza, che nasce il sorriso contagioso di Simona Atzori, ballerina, pittrice, scrittrice. Quello di Andrea Caschetto, invece, è nato in Sudafrica, la prima volta che ha incontrato i bambini di un orfanotrofio. Lui che, per colpa di un tumore, a 15 anni, aveva perso la capacità di ricordare (la memoria a breve termine), ha scoperto che di quel viaggio ricordava tutto. Merito delle emozioni vissute, capaci di incidere volti, nomi e affetti nella memoria a lungo termine. Da qui la decisione di fare il giro del mondo degli orfanotrofi. Di immergersi nella gioia. «Bisogna vivere la vita con un grande sorriso», ha detto un giorno all’assemblea dell’Onu, dove era stato invitato a raccontare la sua

Simona Atzori è danzatrice, pittrice e scrittrice. Ma tutto questo lo fa senza braccia e con un sorriso contagioso sul viso. Così come Nicoletta Tinti, che vediamo nella foto a fianco, impegnata in un “passo a due”

incredibile esperienza. Lo dobbiamo a noi e agli altri. E poi c’è Nicoletta Tinti, atleta olimpionica (di ginnastica ritmica) e danzatrice, che un giorno sente una fitta alla schiena, subisce una lesione spinale e scopre che non potrà più camminare. A una cosa del genere, di solito, si reagisce maledicendo il mondo e la sfortuna, rinchiudendosi nella rabbia o nella depressione. Lei ha affrontato la malattia come una sfida, ha re-imparato a fare le cose di ogni giorno - anche quelle che non avrebbe mai immaginato di fare - e ha trasformato il dolore in un’opportunità. È ritornata anche a danzare, in un modo nuovo, diverso, commovente.

STAI CON CIÒ CHE C’È

Il sentiero della gioia non è una formula astratta o uno slogan naïf. E queste tre storie stanno lì a dimostrarlo. Sono l’incarnazione vivente di una verità semplice e spesso dimenticata, legata alla «funzione degli eventi negativi nella nostra vita», come spiega lo psicologo Alberto Simone: «Quei momenti complicati a volte hanno il potere di risvegliare delle risorse interne e delle qualità che non sapevamo neanche di avere». Il segreto? Lo riassume Erica Francesca Poli, psicoterapeuta: «Bisogna sentire ciò che c’è, senza ma, senza se, senza perché, senza commenti e giudizi: lo lasci essere, e ti trasforma». La “gioia interiore” non ha nulla a che vedere con l’euforia, o il godimento di un piacere passeggero, può essere perfino collegata a un dolore, a una malattia, e generare una misteriosa serenità, una profonda felicità. Sta qui il nucleo dell’ultimo documentario di Thomas Torelli, l’autore di Un altro mondo e Choose Love, che torna a proporre la sua visione della vita, ottimista e spirituale, fondata sull’interconnessione (degli esseri umani tra loro, di noi tutti con la natura, di tutte le cose in generale). Una visione “altra”, inevitabilmente anticonformista, se paragonata al cinismo corrente e a quel materialismo grossolano e anche un po’ meschino che trasforma gli individui in automi condizionati, consumatori passivi chiusi nel proprio egoismo, impegnati sempre e solamente a inseguire nuovi desideri (ogni cosa ha un prezzo), oltre a un’impossibile, frustrante, “perfezione”.

Il film è costruito intorno a tre testimonianze eccezionali: tre persone che sembravano destinate a un’esistenza segnata dalla privazione e dal dolore, e che invece hanno trovato la forza di ricominciare, di ritrovare l’entusiasmo e la gioia di vivere

Andrea , condannato a una vita senza memoria (colpa di un tumore), tornando da un’esperienza di volontariato in un orfanotrofio, ha scoperto che ricordava tutto: merito delle emozioni provate. A fianco, un’immagine sorridente di Nicoletta Tinti

Bisogna avere il coraggio di «vivere il disagio» E andare oltre «l’immagine, le aspettative, i ruoli»

Nel prologo del film, Alberto Simone ricorda una storia indiana, ambientata in tempi remoti, con gli dèi in assemblea, preoccupati perché gli uomini erano troppo felici: «Prima o poi non avranno più bisogno di noi». Che fare allora? Basta nascondere la felicità. Sì, ma dove? «Nel loro cuore, sarà l’ultimo posto in cui lo andranno a cercare». La cosa può suonare ingenua, o troppo edificante, solo a chi non abbia mai intrapreso un percorso di ricerca interiore. Non sempre ciò che è vero e giusto passa attraverso acrobazie filosofiche o sofismi cervellotici. L’idea del documentario è quella di unire la teoria alla pratica: la testimonianza di donne e uomini che portano avanti da anni una riflessione su questi temi, insieme alle parole di chi li ha vissuti sulla propria pelle. Qualcosa a metà strada fra il florilegio di pensieri e il doc biografico: da una parte c’è la cornice degli “esperti”, con le loro suggestioni teoriche, e dall’altra l’immersione nelle vite dei tre protagonisti, con un loro sviluppo narrativo, anche sorprendente, dalle foto e i video del passato, al presente vissuto in tempo reale. Si può anche non essere sensibili all’evocazione di “trasformazioni alchemiche”, “coscienze cosmiche”, “vibrazioni energetiche”, e però apprezzare la verità di quelle esistenze, la concretezza di scelte e atteggiamenti che testimoniano davvero un altro mondo, un altro modo di

essere e pensare. Che ci sia bisogno di questo modo di vedere e sentire la vita, lo dimostrano, oltre al successo dei progetti passati di Thomas Torelli, le 972 persone che hanno contribuito al crowdfunding per la realizzazione del film, e il tutto esaurito che registra quasi ogni tappa dell’infinito tour di proiezioni portato avanti in queste settimane in giro per l’Italia.

PIOMBO E ORO

Avolte, quasi sempre, facciamo di tutto per eliminare il “piombo” che c’è dentro di noi: «non riusciamo a vedere l’oro». Vediamo la rabbia, la paura, il dolore, e non abbiamo la lucidità e

il coraggio necessari a trasformare il “negativo” (ciò che ci appare tale), impegnati come siamo a provare a rimuoverlo o distruggerlo. Dovremmo imparare ad accettare anche quegli aspetti di noi. «Vivere il disagio, ascoltarlo, questo è il lavoro da fare su di sé». Lo dice Salvatore Brizzi, noto autore di libri che parlano di “alchimia trasformativa”, uno dei protagonisti di questo film, che utilizza creativamente la formula della conferenza, la lezione in forma di masterclass (ce ne sono ovunque e di ogni tipo, ormai), molto amata dalla comunità Uam (Un altro mondo, appunto). E notissima è anche Erica Poli, che cita Jung - lui l’alchimia la conosceva bene, a partire dalla “congiunzione degli opposti” - per dirci che spetta a noi «scegliere come reagire» agli eventi della vita, ma che abbiamo bisogno dell’elemento plumbeo come di quello aureo. Per dirla con Alberto Simone, è la luce che definisce il buio, noi conosciamo il freddo perché sappiamo cos’è il caldo. Impossibile vivere, crescere, trovare la propria felicità, negando una parte di sé. Questo lavoro, alla scoperta di chi siamo davvero, può durare anche tutta una vita. La parte più difficile, dice Erica Poli, è andare oltre «l’immagine, le aspettative, i ruoli», ciò che gli altri pensano che noi dovremmo fare. Un modo per avvinarsi a ciò che siamo veramente, ad esempio, è affidarsi ai «talenti innati», ricordare ciò che ci riusciva facile da piccoli. Simona Atzori non sarebbe mai diventata quell’essere umano straordinario che è, felice, creativa, capace di contagiare gli altri con la propria gioia ed energia, se si fosse limitata ad assomigliare a ciò che gli altri vedevano in lei. Simona, da bambina, amava la danza e la pittura, e lei è riuscita a ballare e dipingere anche senza braccia. Sono stra-ordinarie – la miracolosa bellezza dell’ordinario, che di solito non vediamo – le immagini in cui lei si prepara un caffè, mangia, disegna, gesticola con quei piedi trasformati in strumenti duttili e portentosi.

ESSERE AMORE

Possiamo credere oppure no al fatto che la nostra “energia” influenzi il mondo intorno a noi. Che ogni cambiamento della coscienza provochi un cambiamento nel mondo. Ma sta di fatto che «noi non siamo solo corpo», ci ricorda Pier Mario Biava, medico e ricercatore, «siamo prima di tutto informazione». Anzi, la materia in sé non esiste, esistono particelle che vibrano. Possiamo essere più o meno sensibili all’idea che il «pensiero genera delle vibrazioni potenti» (Richard Romagnoli), che oltre alle dimensioni del corpo, della mente e del cuore, ci sia anche quella dello spirito (Virginio De Maio).

Le storie sono alternate alle riflessioni degli esperti: qui sotto la psicoterapeuta Erica Poli. Nell’altra pagina Alberto Simone e Salvatore Brizzi

Ma è difficile non credere ad Andrea Caschetto, quando ci spiega che è possibile trasformare la tristezza in gioia, che «basta allenare il cervello», che da quando ha scelto di usare l’arma del sorriso, la sua vita è completamente cambiata. «L’importante è dare amore», perché questo cambia se stessi e gli altri, crea un circolo virtuoso, rende la vita degna di essere vissuta. Bisogna darsi uno scopo e fare del bene a se stessi e agli altri. «Non abbiamo bisogno di un tumore per credere nella vita». Non dovremmo averne bisogno. «Possiamo decidere di essere felici». Verità che rischiano di diventare banali, quando le dici e le scrivi, ma che vedi chiaramente sul volto di Nicoletta Tinti, l’emozione di una vita che non solo è ricominciata, nonostante tutto, ma è diventata ancora più intensa, bella, emozionante. Lo si vede nella sua danza senza gambe, quasi magica. Se lo dice lei che felicità e infelicità sono scelte, e non casualità generate dal destino, noi le crediamo. Abbiamo tutti la possibilità di scegliere di quali pensieri e sentimenti nutrirci, ma spesso ce ne dimentichiamo. Ci lasciamo dominare dai condizionamenti e dalle circostanze. Quando Simona Atzori ha perso la madre, il suo sostegno più grande, ha dovuto fare i conti con un’altra crisi, che è diventata una nuova spinta al cambiamento (oltre che un nuovo libro). La consapevolezza che «anche passando attraverso un dolore si può scoprire la gioia». La convinzione che «la qualità della vita è in questo istante, ora». Se si impara a vivere in questo modo, si scopre anche di avere un potere straordinario: «Se voglio qualcosa devo incarnarla, se voglio gioia e amore devo essere gioia e amore». Quando coltivi certe emozioni dentro di te, stai sicuro che prima o poi «si manifestano all’esterno». La gioia è contagiosa e fa la differenza. Dobbiamo solo scoprirla e incarnarla nella nostra vita.

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