10 minute read

TM, da corrieri a imprenditori mestiere, merito e semplicità

IL TRASPORTO DOC? MESTIERE, MERITO E SEMPLICITÀ

Da corrieri a imprenditori: il (buon) lavoro paga tra consegne speciali e logistica a 360°

Advertisement

Dicono che la meritocrazia in Italia non esista. Dipende. Ci sono tante storie che dimostrano il contrario. Magari non le trovate sui giornali o nei tg, perché

“non fanno notizia”, ma le potete incontrare tutti i giorni, nel mondo del lavoro. Se, ad esempio, avete un trasporto speciale da fare, un oggetto prezioso da consegnare, o vi serve un magazzino in cui stoccare merce da spedire in giro per l’Italia, può darsi che vi rivolgiate alla TM srl (Trasporti e Magazzini), forte dei suoi 150 mezzi e di una fama conquistata velocemente sul campo.

Ma chi sono i soci titolari dell’azienda? Due ex-corrieri, che hanno cominciato trasportando merce dall’alba al tramonto, hanno imparato a gestire gruppi di autisti che fanno 80 stop al giorno (tra ritiri e consegne) e oggi gestiscono un’azienda che l’anno scorso ha fatturato 7 milioni e 800 mila euro. Mica male come carriera.

Perché a volte le cose accadono così, ti telefona una nota multinazionale americana che si occupa di trasporti e corrieri, con cui hai collaborato lavorando in un consorzio, che evidentemente ha apprezzato il tuo lavoro, e ti chiede: te la senti di gestire le consegne nella zona di Como? È successo a Pietro Cugnonatto, 52 anni, torinese, che aveva anche un passato in banca e da promotore finanziario, prima di approdare nei trasporti, come magazziniere e poi autista. Chi lavora sodo si fa notare, se poi ha anche il “bernoccolo” dell’imprenditoria, può tentare il grande salto. La telefonata è arrivata alle 10 di sera di un giorno di giugno nel 2019. A settembre Cugnonatto aveva già costituito la srl, diventandone amministratore unico. A novembre è partita l’avventura, con 65 dipendenti (e 1 milione 800 mila euro di fatturato il primo anno!). Poi è arrivato il socio, Giorgio Salvati, 48 anni, umbro, che invece aveva lavorato nella ristorazione (un albergo ristorante a Norcia e poi a Rieti, un bar a Como) e come lui aveva fatto tutto l’iter: facchino, autista, responsabile mezzi, preposto (colui che si occupa di organizzare e seguire tutte le spedizioni di giornata). Anche lui un “natalino”, cioè uno di quei lavoratori che vengono messi sotto contratto quando si avvicinano le feste. Dopo di che, come dicono loro, scherzando, «siamo stati condannati a crescere».

Li incontriamo un lunedì mattina, non senza fatica, perché hanno un’agenda da mettersi le mani nei capelli: parliamo di due imprenditori alla vecchia maniera, di quelli cioè che i clienti li vogliono

incontrare, per farci due chiacchiere e prendere un caffè insieme, che hanno un rapporto costante con i loro dipendenti e che non si fanno pregare se ci sono dei mezzi da spostare da una sede all’altra. «Siamo persone semplici – dice Pietro Cugnonatto. - Oggi sono venuto in ufficio portando un furgone che era in una carrozzeria a Torino. Domani torno indietro con un altro furgone». La sede operativa è a Lurago Marinone, nel Comasco, quella legale a Torino, ma c’è n’è una anche a Milano. Cugnonatto è appena tornato dagli unici quattro giorni di vacanza dell’anno. Proviamo a chiedere quante ore lavorano al giorno: «Ci alziamo alle 5 e mezzo di mattino e andiamo avanti fino alle 9 di sera». Che detto così, suona quasi come una tortura. «Ma a noi piace. È un lavoro che dà tante soddisfazioni. Non ci pesa», dice Salvati. L’80% del giro d’affari è legato ai corrieri espresso per la multinazionale. «Gestiamo una grossa fetta della Lombardia (province di Como, Lecco, Sondrio). Ultimamente si è aggiunto un pezzo di Milano, la parte alta di Monza-Brianza. Siamo una società molto easy e molto fast, come piace dire agli americani. Semplici e veloci. Si decide in fretta. Ci hanno chiamato il 27 settembre e ci hanno detto: dal 1° di ottobre dovreste assumere 45 persone e iniziare a operare nella zona di Monza-Brianza. Sì o no? Il tempo di prendere il caffè e abbiamo deciso. La segretaria ha fatto le 3 di notte per riuscire ad assumere le persone e noi per trovare i furgoni». Poi c’è quel 20% che è la parte più bella e divertente del lavoro. Quella che, ad esempio, ti richiede di trasportare dei tartufi di notte, che devono stare al fresco ma non in una cella frigo, e arrivare fino a Parigi, dove ci sono tre chef stellati che li devono trovare in cucina alle 9 del mattino. Oppure le tre bottiglie di Barolo, preziosissime, da consegnare in centro a Varese, sulla scrivania di un noto personaggio buongustaio. O a i gatti che da un allevamento di Torino devono approdare a Milano, Firenze e Venezia, in piena pandemia, viaggiando in gabbiette apposite, su mezzi adeguati.

Dalle bottiglie di Barolo, preziosissime, ai tartufi destinati a Parigi nella cucina di tre chef stellati, viaggiando di notte

TM offre servizi personalizzati, trasporti speciali, «viaggi dedicati, garantiti, con autisti qualificati». Qui si tratta di capire l’esigenza del cliente e trovare la soluzione più efficace, per portare dei mobili antichi a Ginevra, degli stand per una gara motociclistica o trasportare pneumatici in giro per la Lombardia e il Piemonte. Da una parte c’è il lavoro quotidiano, la routine, garantendo le consegne espresso («noi non buttiamo i pacchi nel giardino, non li infiliamo nelle cassette delle lettere, acquisiamo la firma o la certezza di aver consegnato alla persona giusta»), dall’altra le richieste più strane e complesse, i “vip”, i trasporti creativi: «Ogni volta c’è l’imprevisto, la necessità specifica». In casi come questi, il servizio si paga, visto che è di qualità. A loro piace sentirsi dire: «Siete cari, ma siete i migliori.

C’è anche chi cerca il modo di risparmiare qualcosa, ma poi cambia idea quando perde clienti e finisce per perderci anche dei soldi». Hanno furgoni, motrici e cassonati. Ma anche bilici, se serve, appoggiandosi a ditte amiche. «Siamo persone semplici anche in questo. Non abbiamo concorrenti, ma colleghi. Se il lavoro non lo prendo io, lo prendi tu, non siamo invidiosi». Il nemico comune sta in quelle aziende («squali») che nascono e muoiono in fretta, continuamente, lavorando male.

Non è facile trovare persone disposte a fare il corriere. «È un lavoro molto faticoso e stressante. Devi essere portato per fare il corriere. Sei su strada tutto il giorno, che ci siano quaranta gradi, la neve o la pioggia, tu le consegne le devi fare. C’è il traffico, quelli col monopattino, il tizio che ti suona, la signora che non trovi, il magazziniere che ti manda a quel paese...». E però si guadagnano 2 mila euro al mese. «Il lavoro non manca, bisogna aver voglia. Nel Comasco il 90% sono italiani. Su Milano, invece, quasi tutti i dipendenti sono di origine sudamericana. Molti non ce la fanno. C’è chi viene per quattro giorni e al quinto dice che non ce la fa più perché “c’è troppo da guidare”. Chi preferisce stare a casa con il sussidio a giocare alla PlayStation. Chi ci chiede di lavorare in nero, come se potessimo mettere una persona su un furgone senza regolarizzarla».

In epoca Covid, mentre il Paese si fermava, la TM assumeva 15 lavoratori per far fronte alle richieste in aumento. Ora ne cercano altri 30 per il periodo natalizio

Il lavoro della TM è esploso nei due anni del Covid. Il commercio si svolgeva quasi esclusivamente online e ci voleva qualcuno che trasportasse la merce. «In quel periodo abbiamo anche fatto un accordo sindacale per poter assumere 14 persone. L’Inps non ce lo lasciava fare, erano i tempi della cassa integrazione (che noi non abbiamo mai chiesto)». Ora stanno cercando altre trenta persone. «Per il picco natalizio, da ottobre a dicembre. Tutti quelli che sono qua, ora, hanno cominciato proprio in quel periodo. Anche noi due, vent’anni fa. Se il lavoratore è valido, l’imprenditore lo tiene. Le aziende vere si basano sulla meritocrazia, le persone meritevoli vengono fatte crescere. Anche da noi funziona così». Cugnonatto ripete spesso l’aggettivo “semplice”. E si capisce il perché. È semplice e spartano l’ufficio in cui siamo, è semplice l’approccio al lavoro e il modo in cui lo affrontano, è semplice anche il rapporto con i lavoratori, visto che lo sono anche loro. «Abbiamo un buon rapporto con i dipendenti. Per noi è motivo di orgoglio il fatto che la multinazionale con cui lavoriamo lo abbia notato. È un rapporto molto fisico, schietto, diretto, preferiamo urlare e litigare, piuttosto che mandare la lettera di contestazione. Ci si parla vis-à-vis». Anche perché qui la puntualità e l’efficacia del servizio sono fondamentali. «Abbiamo acquisito i clienti per la serietà e dobbiamo continuare così. Se dobbiamo custodire un centinaio di bancali di vestiti firmati, sanno che il capannone è allarmato, che c’è l’assicurazione, che gli estintori sono collaudati, ecc.». Perché poi c’è anche tutto il lavoro legato alla logistica. Che non è un banale servizio di stoccaggio della merce. «Noi offriamo tutta la filiera. Una ditta di Cuneo, famosa per la produzione di panettoni, per il periodo di Natale ci manderà tre bilici di materiale e gli ordini: noi confezioniamo l’ordine, lo impacchettiamo, lo etichettiamo e lo spediamo. Molte aziende oggi decentrano la logistica, così risparmiano, non devono mantenere capannoni e materiale ingombranti, non devono assumere persone per tre mesi. E poi lavorano anche meglio. Ognuno deve fare ciò che sa fare. Se sono un ingegnere e mi si rompe il lavandino, non lo riparo io, chiamo l’idraulico. Alcuni si improvvisano, prendono dei mezzi, due

o tre autisti, e poi si rendono conto di quanto sia complicato gestirli». Si fa magazzino per chi non ce l’ha. E si rende la logistica più efficiente. Funziona anche per i privati. «Penso al negozio di abbigliamento che vende online e deve far arrivare un pacco a Courmayeur: in questo caso, la merce non passa per nessun magazzino, la andiamo a ritirare, la etichettiamo e la consegniamo. Oppure c’è il ferramenta che ha bisogno di materiale per il giorno dopo, magari il fornitore fa solo una spedizione alla settimana e allora contatta noi per trasportare il pezzo».

Parliamo di tante cose, anche divertenti, tipo le passeggiate nei boschi la sera, col cane, per fare la telefonata di lavoro di nascosto dalla famiglia. O il rapporto di collaborazione col socio che è praticamente un matrimonio, in cui ognuno sa già cosa pensa l’altro, ci si telefona anche la domenica, magari ci si manda a quel paese («meglio arrossire subito che impallidire più avanti»), ma ci si capisce al volo e ci si aiuta. Il motto? «Ogni problema genera delle opportunità». La parola magica è “contingency”, il succo di questo lavoro, il problema quotidiano che in realtà non è un problema, perché genera occasioni. Preoccupazioni per il futuro? Per niente. L’idea è che nei periodi critici non bisogna sopravvivere o tenere duro, ma investire: «Cerchiamo di risolvere i problemi prima che arrivino. La bravura di un imprenditore oggi è anticipare le difficoltà. Abbiamo anche comprato una pompa di benzina...». Come la mettiamo con la difesa dell’ambiente? «A Milano abbiamo venti mezzi ibridi. I furgoni li cambiamo ogni tre-quattro anni e sono tutti Euro 6D. I mezzi elettrici non fanno il caso nostro perché hanno pochi chilometri di autonomia. Però abbiamo anche questa attenzione. Cerchiamo di essere rispettosi verso l’ambiente». E poi c’è il sociale, di cui parlano malvolentieri (la “semplicità” suggerisce che non bisogna parlare del bene fatto), anche se alla fine scopriamo l’aiuto dato a una squadra di pallavolo (minore), un incontro con Simona Atzori nel Comasco (di lei abbiamo parlato su Redness di settembre), i contributi a canili e gattili, i soci e gli autisti che danno una mano a una cooperativa di lavoratori disabili... Si viaggia ovunque, ma si rimane radicati nel territorio. Quando si comincia dal basso, si rimane con i piedi per terra. Che è poi il segreto per andare lontano.

This article is from: