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Elodie: la bellezza sfrontata

ELODIE

La bellezza fiera, sfrontata, di chi si sente libera Esordio al cinema rosso sangue, ma in bianco e nero

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Nessuno più di Elodie è consapevole della propria bellezza e la “usa” con sfrontata naturalezza. Così come usa la sua sensualità, facendone un tema della sua musica e del suo messaggio, un argomento che non ha bisogno di parole, anche una provocazione (nel segno della libertà di essere ciò che vuoi come vuoi). «Sentirmi bella mi fa sentire più forte» dice in una sua canzone. Anche se poi, magari, si prende in giro perché indossa una 40 ma ha il 41 di scarpe, perché si sente

“femmina” ma anche una specie di “animaletto buffo”, un essere ancora in cerca di definizione. Di fatto i suoi occhi enormi ammutoliscono qualsiasi interlocutore, e lei lo sa molto bene. Forse anche per questo ha scelto di essere sempre sincera, trasparente, anche quando racconta la sua vita, quel passato difficile nella periferia romana, il degrado e la povertà, le fughe pazze, le scelte sempre istintive, in amore come nella musica.

Elodie è così come la vedi e la senti. Ed era inevitabile che la cantante ammirata, la donna desiderata, una volta approdata sul grande schermo lo avrebbe occupato per intero, senza fare neanche troppa fatica.

Questo è ciò che si percepisce guardando Ti mangio il cuore, che è un western mafioso in bianco e nero, una tragedia greca ambientata in Puglia, che vorrebbe tradurre la cronaca (la poco conosciuta “quarta mafia”, forse la più spietata in circolazione) in un film di gangster sanguinari e amori impossibili. Guardi il film di Pippo Mezzapesa e vedi soprattutto lei, perché la macchina da presa non può che guardarla in quel modo. E risulta anche difficile parlare della sua interpretazione, perché Elodie è Marilena (la prima pentita della criminalità organizzata del Gargano) ma è anche e sempre Elodie, quella bellezza fiera che non teme gli sguardi, quella libertà di essere ciò che sente e che vuole, perché l’amore vale più del sangue, della tradizione, delle regole (soprattutto quelle sbagliate). Al Lido, a pochi metri dal mare, viene presentato il film: regista e cast sono schierati (un cast molto interessante), ma tutti noi giornalisti siamo lì ad aspettare lei, che arriva con quell’attimo di ritardo che amplifica il momento. E dice: «Da tempo pensavo che sarebbe stato molto bello fare un’esperienza come attrice, ma attendevo la magia, qualcosa che veramente mi colpisse e mi desse la possibilità di fare qualcosa che non riesco a fare nel mio lavoro di cantante».

Elodie è perfettamente consapevole di ciò che fa e di cosa vorrebbe fare per non diventare un cliché: «Io faccio musica di intrattenimento. Avevo bisogno di parlare con un’altra vibrazione, un’altra profondità. Quando ho letto il copione ho pensato che il personaggio di Marilena fosse incredibilmente sfaccettato e bello, una donna vera, con un carattere complesso. Mi sono completamente innamorata del personaggio. Ho pensato che fosse un po’ pretenzioso da parte mia, ma anche che fosse una grandissima occasione per confrontarmi con qualcosa di molto distante e più profondo di quello che faccio di solito».

Di solito faccio intrattenimento. Avevo bisogno di parlare con un’altra profondità. Farò altri film? Sicuramente sì. Potrebbe essere una cura. Con la scusa di fare cinema, faccio anche terapia.

Elodie in un’immagine del film “Ti mangio il cuore”. Nella pagina a fronte, il photocall di Venezia (credits La Biennale, foto ASAC, G. Zucchiatti) La premessa era la “follia” di regista e produttore, che decidono di affidare un personaggio del genere a un’esordiente. C’era anche del calcolo, certamente, l’occasione di far parlare del film, magari anche di riportare in sala un po’ di gente, ma c’era pure la sensazione istintiva (parole di Mezzapesa) che lei fosse la persona giusta per incarnare un personaggio «così forte, complesso, variegato, con una grande grinta ma anche una grande sensibilità e fragilità. Abbiamo accerchiato Elodie, le abbiamo fatto leggere la sceneggiatura e lei, che è la più pazza e istintiva di tutti, oltre che coraggiosa, si è tuffata in questa esperienza». «Ho accettato la follia di Pippo con molto entusiasmo - dice lei. - E ho avuto la fortuna di lavorare con Lidia Vitale, che si è messa a completa disposizione. Non è scontato che un’attrice con tanta esperienza avesse il desiderio e la generosità di mettere a disposizione i suoi strumenti». Lidia Vitale interpreta l’inquietante matrona della famiglia mafiosa rivale, la madre dell’uomo di cui si innamora Marilena, un amore proibito, che scatena una faida sanguinosa. In effetti, per fare una scelta del genere – approdando al cinema da protagonista, in un film per niente facile, “d’autore”, girato in bianco e nero, che trasfigura una realtà criminale in spettacolo tragico - bisogna anche essere consapevoli dei propri limiti e darsi da fare per superarli. «Ho scoperto delle cose di me facendo questo lavoro, soprattutto grazie agli altri. Lavorare in questo modo dà la possibilità di scoprirti anche nelle tue fragilità. Mi sono trovata più volte in difficoltà e ho avuto la fortuna di confrontarmi con persone che mi hanno sostenuta». Superata la prima prova, c’è da scommettere sul fatto che ne arriveranno altre. Alla domanda ovvia “ti piacerebbe fare altri film?” lei risponde così: «Sicuramente sì. Scegliendo, come in questo caso, con cura. Anche perché, scusate il gioco di parole, potrebbe essere una cura. Con la scusa di fare cinema, faccio terapia».

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