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Ivan Trimarchi: un medico rinascimentale, tra arte e scienza
from RedNess - Ottobre
by MondoRed
UN MEDICO “RINASCIMENTALE” TRA ARTE E SCIENZA
Il dott. Ivan Trimarchi ha prodotto studi importanti e applicazioni tecniche, ma è anche musicista
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Èun medico, ma anche un ricercatore, uno scienziato, e perfino un musicista. Con lui potete parlare di acustica e audiologia, degli effetti dell’allergia al nichel, ma anche di Stockhausen e Stravinskij, tra una citazione di
Adorno e una considerazione sulla musica colta che si è smarrita. Leggendo il curriculum del dott. Ivan
Trimarchi, si ha l’impressione che abbia vissuto non una, ma almeno due o tre vite. Non si spiegherebbe altrimenti come ha fatto a conciliare l’attività medica, la creazione di un importante studio a Roma, che porta il suo nome, con le decine di ricerche pubblicate e i convegni da relatore di cui si è perso il conto, l’insegnamento per realtà anche prestigiose, come il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Napoli (Federico II), le collaborazioni con il C.N.R. di Genova (Istituto di Biofisica) o la Facoltà di Ingegneria di Roma (Tor Vergata), oltre alla militanza nello storico mensile Suono, di cui dirigeva la sezione “psicoacustica”. Già nel 1987, cioè due anni prima di laurearsi, aveva progettato e realizzato un audiometro ad alte frequenze, anticipando ricerche che si sarebbe poi sviluppate negli anni ‘90. Perché non avrebbe senso la teoria senza l’applicazione pratica, la tecnica, i risultati nati dalla collaborazione con altri specialisti ed enti di ricerca. Nell’elenco c’è di tutto: un orecchio elettronico, varie protesi innovative, algoritmi, un simulatore di orecchio esterno, sistemi multimediali per le farmacie (in campo audiometrico, ma anche dietologico), per non parlare del contributo alla creazione del vaccino al pelo di gatto o di quello per il nichel. Sì, perché oltre a specializzarsi in otorinolaringoiatria, il dott. Trimarchi ha pensato bene di prendere un master in Immunoterapia, diventando anche allergologo (il perché ha risvolti anche divertenti, ci arriviamo fra poco). Aggiungete il fatto che il medico-musicista continua a comporre, come dimostra Planets, disco pubblicato due anni fa, musica (colta) per pianoforte che esegue con mano sicura e grande pathos, ed ecco l’immagine di uno studioso e un creativo d’altri tempi, di quelli che aspiravano a una visione globale dell’uomo, tra discipline scientifiche e umanistiche. Per certi versi Ivan Trimarchi è un personaggio rinascimentale, che non condivide la tendenza moderna all’iper-specializzazione e ritiene fondamentale che l’arte medica venga esercitata unendo cura e ricerca, per migliorare entrambe.
Lo incontriamo in una delle rare pause che si concede. E partiamo dalle origini, dal paesino di Santa Teresa di Riva, vicino a Taormina, il suo luogo di nascita.
In realtà Ivan Trimarchi è romanissimo, è cresciuto nella Capitale e lì ha costruito la sua carriera. «Ma sono nato in vacanza, mentre ero in Sicilia – ci racconta. - Dovevo nascere ad Asti, però sono arrivato in anticipo di 15 giorni». Il padre, di origini siciliane come la madre, a quel tempo era direttore dell’Ufficio del Registro di Asti, ma la sua carriera lo porterà al Ministero delle Finanze, fino a diventare Direttore
Generale, da qui il trasferimento a
Roma.
La vocazione medica? Viene dopo quella musicale. Capita a volte che la fine prematura di una carriera ne generi un’altra ancora più importante, facendoci scoprire qual era la nostra vera “missione”. Ivan
Trimarchi era concertista e studiava composizione. Ha scelto di studiare
Medicina per comprendere come e perché ascoltiamo. «Volevo capire i meccanismi di apprendimento del suono sia dal punto di vista fisico, fisiologico, che psichico. Quindi mi sono iscritto a La Sapienza, con l’intenzione di fare otorinolaringoiatria». Potere della curiosità e della voglia di conoscere e capire. Ma anche potere del servizio militare. «Ci ha pensato lo Stato italiano a decidere per la mia carriera. Essendo nato in una località marittima negli ultimi quattro mesi dell’anno (era questa la regola), ho prestato servizio in Marina. Diciotto mesi. Qualsiasi velleità di ricominciare la carriera concertistica era impensabile». Verrebbe quasi da ringraziare lo Stato italiano, visto il bisogno che abbiamo di bravi medici e ricercatori appassionati. Lui, invece di accontentarsi di fare l’otorinolaringoiatra, ha deciso di specializzarsi anche in allergologia. di sapere”. «Diciamo di sì, rendiamolo nobile». La sua materia preferita, però, rimane l’acustica, come dimostrano le ricerche fatte ai tempi della riviste Suono e Stereoplay. «Abbiamo anche pubblicato delle

Dalla carriera concertistica alla laurea in medicina, prima otorinolaringoiatra e poi allergologia. Il suo studio si trova a Roma
«L’ho fatto per disperazione – ci racconta, sorridendo. - Noi otorini vediamo immediatamente se una persona è allergica o no, dal colorito delle mucose, da come ci appaiono. Io mandavo i pazienti dai colleghi e loro tornavano con risposte di non-allergia che mi lasciavano molto perplesso. Mi sono detto: devo iniziare a capire come mai». Invece di “disperazione” la si potrebbe anche chiamare “sete ricerche che poi hanno portato al Dts e all’Mp3. Abbiamo fatto la mappatura di come si sente in funzione della provenienza del suono, scoprendo che ogni persona ha una specie di “impronta digitale sonora”: ognuno sente in maniera leggermente diversa rispetto all’altro». Tanto per dimostrare che è possibile esercitare la professione di medico e contemporaneamente fare ricerca.

«È importantissimo. La ricerca è la base della medicina. Devi sempre constatare sul campo se quello che hai pensato è giusto oppure no. Ciò che funziona teoricamente deve poi essere applicato. Tante volte la ricerca diventa autoreferenziale, così come può esserlo l’esercizio della medicina». Fatto un riassunto delle sue pubblicazioni e delle applicazioni pratiche dei suoi studi, gli chiediamo dove trova il tempo per fare tutto. «Se uno nasce in un modo, è difficile fare suono e come lo trasmette al cervello. Per realizzare il modello matematico ho coinvolto i più grandi matematici e fisici del mondo, dai russi agli americani, dagli indiani agli italiani, e poi ho scoperto che la risposta era di una semplicità unica, l’ho avuta sempre davanti agli occhi ma non la vedevo, una cosa davvero stupida. L’ho capito all’improvviso mentre tenevo un corso alla Facoltà di Ingegneria aerospaziale». La spiegazione ve la lasciamo solo immaginare, perché sarebbe troppo lungo e difficile raccontare quanto sia “facile” la risposta a questo problema. Vi diciamo solo che ascoltare un medico-ricercatore che parla della sua materia può avere un effetto quasi ipnotico – soprattutto con l’attenzione al dettaglio e la tranquillità con cui lo fa il dott. Trimarchi.
L’importanza di unire pratica e teoria: nel suo curriculum ci sono anche un orecchio elettronico, protesi innovative e il vaccino per l’allergia al nichel
altro. Come si dice: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Se nasci con il bisogno di sapere e di capire non puoi porti dei limiti. Tante volte si prendono pure delle strade sbagliate. Io ho impiegato quasi 25 anni per capire come l’orecchio trasduce il Mai pensato di dedicarsi solo alla ricerca? «Devo anche mettere in pratica ciò che penso e scopro. La scienza medica non può prescindere dalla pratica, perché si corre il rischio di non avere più il quadro generale. È un po’ il problema che sta attraversando oggi la medicina. Il fatto di iper-specializzarsi sta togliendo la capacità di comprendere la complessità dei problemi e i suoi meccanismi». La cosa vale anche al contrario. In audiologia, ad esempio, la base dovrebbe essere la fisica, che invece è quasi completamente sconosciuta. «A furia di insegnare ingegneria e fisica mi hanno “bacato”, comincio a ragionare in maniera diversa rispetto ai medici, e in certi congressi mi sembra che parliamo lingue completamente differenti. A volte darei delle capocciate al muro. Non si possono ridurre questi momenti a quattro chiacchiere generiche, oltretutto promuovendo farmaci che costano quello che costano».
La ricerca recente del dott. Trimarchi, in questi anni, si è allargata in varie direzioni. Una delle sue “fissazioni” (lui le chiama così) è quella degli acufeni. «C’è chi pensa che su questo tema possa esistere una sorta di panacea universale. In realtà finora abbiamo trovato venti cause differenti del problema. E se non andiamo a incidere sulla causa, che possibilità abbiamo di curarli? L’unica cosa che funziona davvero, quando non si riesce a risalire alle origini del problema, è quella del condizionamento skinneriano, cioè l’accettazione dell’acufene. Si lavora su quello». Per molti è una questione davvero seria, che diventa anche e soprattutto psicologica, abbassando la qualità della vita. «Tante persone tendono a porre il problema dell’acufene al centro del loro universo. Più lo percepiscono come un problema, più lo sentono; più lo sentono e più diventa un
problema. È un gatto che si morde la coda. Ecco perché funziona il “condizionamento”, che insegna a “non farci caso”. La cosa interessante è che quando l’acufene diventa cronico, si ha un’alterazione dell’encefalogramma, nella corteccia prefrontale. Il ritmo da alpha inizia a diventare beta o addirittura theta. Tanto che abbiamo avuto risultato incredibili (in termini di accettazione) con il neurofeedback, all’inizio degli anni Duemila, aiutando il paziente a riconoscere il “ritmo” e a riportarlo a valori normali». Altra questione a cui si è dedicato è l’allergia al nichel. «Abbiamo anche realizzato diversi tipi di vaccino, modificandoli nel tempo». Pochi sanno che questa è l’allergia più diffusa al mondo. «Il 42% di tutte le allergie. Ed è facilmente intuibile perché, pensando ad esempio alle intossicazioni da particolato e alle polveri sottili, che contengono questo elemento. Noi in teoria dovremmo avere un apporto di nichel di 45 mcg al giorno, ma se uno sta nel centro di Roma ne respira 150 mcg al giorno. Il nostro corpo non può farne a meno del nichel, è importantissimo per gli scambi elettrolitici. L’allergia si manifesta quando abbiamo un introito molto maggiore rispetto a quanto ne consumiamo. Si manifesta soprattutto d’estate: da una parte perché espelliamo il nichel con il sudore, e quindi abbiamo una maggiore propensione a eritemi e dermatiti; dall’altra perché sono soprattutto gli ortaggi a contenerlo, provocando problematiche gastrointestinali». A proposito di pratica medica e ricerca: «Del tutto casualmente ho scoperto che l’allergia al nichel porta dei dolori di tipo reumatico.




Un paziente, sette-otto anni fa, che aveva problemi dermatologici, è venuto a fare le prove per l’allergia al nichel, ma contemporaneamente, da almeno vent’anni, soffriva di forti dolenzie migranti alle articolazioni. Aveva consultato molti ortopedici, senza trovare la soluzione. Curando il problema del nichel con una dieta, i dolori sono scomparsi. Da allora ho cominciato a interrogare i pazienti e ho visto che il 7-8% di allergici hanno anche queste artralgie reumatoidi». evolutivo. Gli chiediamo il perché di questa attenzione particolare per le terapie riabilitative. «Credo sia importante che in uno studio medico si possa trovare tutto ciò che serve per poter instaurare una terapia. La mia idea è quella di realizzare un centro con diversi colleghi, ognuno con la sua specializzazione in un campo dell’otorinolaringoiatria, in cui si fa un esame collegiale, nel senso che il paziente viene visitato in tutte le sfaccettature. Così si può avere il quadro completo e intervenire nel modo migliore».
In chiusura di intervista, gli facciamo anche una domanda sullo stato delle cose in Italia. Una volta si diceva che il nostro fosse uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, anche per la sua universalità, oggi invece ci si lamenta per la mancanza di medici, per i tempi biblici di
Ma non ha rinunciato a suonare: nel suo studio c’è un pianoforte pronto all’uso e due anni fa ha realizzato un disco, che riecheggia la musica (colta) del Novecento
Nello Studio Medico Trimarchi (www.studiomedicotrimarchi. it), oltre all’otorinolaringoiatria e l’allergologia, l’audiologia e la foniatria – con vari tipi di trattamenti ed esami specifici - si praticano anche la logopedia, l’osteopatia, la fisioterapia e la psicoterapia a indirizzo visite ed esami, per i posti letto che mancano... E il dott. Trimarchi non si fa certo pregare: «Noi abbiamo una classe medica a macchia di leopardo. Abbiamo delle eccellenze che sono di livello mondiale, ma anche delle capre mondiali. Mentre ci sono Stati in cui c’è una certa uniformità, e viene assicurato un livello medio accettabile, qui da noi purtroppo passiamo dalle stelle alle stalle. In Italia comunque la preparazione assicurata è davvero notevole. Noi e la Francia rappresentiamo ancora il miglior approccio possibile alla medicina. Non dimentichiamo però i tagli su tagli che sono stati fatti nel nostro Paese: siamo passati da un posto letto ogni 1400 persone a uno ogni 70 mila persone. Come si dice: meglio un giorno da leoni che cento da pecora, ma cinquanta da orsetto?». Alla fine si torna alla musica, anche perché ci sono cambiamenti e tendenze che si ripercuoto da un campo all’altro del sapere. Ivan Trimarchi fa dell’autoironia, quando riconosce che la musica da lui amata, la “classica contemporanea”, «non piace a nessuno». Ciò non gli impedisce di suonare e comporre «per mio diletto». Vedi il disco Planets, «un balletto ispirato ai pianeti del nostro Sistema e al Sole. Ho utilizzato tanti tipi di musica, dal gregoriano al misolidio fino alla contemporanea. Vuole essere una descrizione degli stati d’animo vissuti dall’uomo nel suo percorso, dalla nascita alla morte». Anche qui c’è l’occasione di riflettere sul rischio dell’autoreferenzialità, «che mi dà fastidio anche quando si parla della cosiddetta musica colta. A volte la sperimentazione in sé non porta da nessuna parte. La musica è una lingua. Se proponi l’abbandono della lingua, la sua destrutturazione, devi anche capire in funzione di cosa lo stai facendo. Quello che viene proposto sembra spesso un espediente, piuttosto che un discorso musicale. Adorno diceva che la musica del futuro sarebbe stata dodecafonica e
dava un giudizio estremamente duro e limitato su Stravinskij. Ma oggi cosa ascoltiamo? Stravinskij! Il grammelot, nel suo essere un linguaggio inventato, non-senso, si proponeva in tal modo da farsi capire in quanto linguaggio. Con la musica contemporanea questo si è perso. Si è seguita più la tecnica, l’espediente, rispetto all’espressione. Che senso ha comporre per gli addetti ai lavori? Platone parlava solamente ai suoi discepoli o cercava di parlare all’umanità in generale? Lo stesso vale per la ricerca medica e scientifica: la fai perché deve servire a tutti, non a te stesso o ai colleghi». Sia detto per inciso che il disco lo abbiamo ascoltato ed è un notevole tuffo nel Novecento, le avanguardie che riscrivevano la grande musica del passato. A parte il sorprendente virtuosismo del medico pianista, si sentono echi di Satie e Debussy, di Stravinskij e Ravel, ma anche Hindemith o il nostro Respighi, con accenni quasi mistici e liturgici. Si sentono anche le varie culture musicali che venivano riscoperte in quell’epoca fervida (il canto monodico, la musica rinascimentale e quella greca...), l’ultima forse che ha prodotto opere capaci di portare il discorso musicale più in là, ma riuscendo ad arrivare anche al pubblico, a farsi comprendere e apprezzare. Insomma, quando l’otorinolaringoiatra e l’allergologo andranno in pensione, avremo un pianista-compositore in più. Sempre seguendo l’idea di unire teoria e pratica, conoscenza ed espressione. Tornando al famoso motto: che si tratti di medicina, scienza o musica, meglio cento giorni da leone, senza rimpianti.
