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Il prossimo tuo
from RedNess - Ottobre
by MondoRed
“Amata comunità”. Martin Luther King la chiamava così. La comunità che include anche i nostri “nemici”, quelli che hanno aspirazioni diverse dalle nostre, che vivono e pensano in tutt’altro modo, che forse ci odiano, perfino. Un luogo ideale in cui c’è posto per tutti, nessuno escluso, e proprio per questo tutti sanno di dover dare il proprio contributo. C’è qualcosa di più lontano dall’idea, vecchia quanto l’uomo (fallimentare, così dice la storia), e così ampiamente diffusa in questi tempi molto social e poco sociali, che la mia felicità dipenda dalla sua fine, la mia vittoria dalla sua sconfitta, il mio successo dal suo fallimento? Nel “suo” metteteci chi volete, il vicino, il politico, l’ex-marito, lo straniero che non si integra, il padrone sfruttatore, il popolo da annientare... Ci sono i “buoni” e ci sono i “cattivi”, senza ombra di dubbio, ci sono delle regole di convivenza che dovrebbero assicurare giustizia ed equità, ma è difficile fare dei passi avanti se non si esce dalla dinamica vittima-carnefice, dalla logica dell’odio e della vendetta, da un pessimismo antropologico che spesso è una comoda scusa, più che una realtà fatale. Christiana Figueres, diplomatica costaricana, che tanto si è spesa per il raggiungimento di un accordo mondiale sul clima (Parigi 2015 porta la sua firma), ricorda che la parte più difficile del suo lavoro era esercitare un ascolto profondo e sincero di tutte le opinioni, anche le più lontane dalla sua (nel nome del suo maestro Thich Nhat Hanh). Le opinioni sono destinate a cambiare, non abbiamo alternative alla ricerca di un vero dialogo, in cui entrambe le parti sono disposte a riconsiderare ciò in cui credono, per provare a vivere in un mondo in cui “vincono tutti”.

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Christiana Figueres ricorda conversazioni interessanti anche con i fratelli Koch - magnati dei combustibili fossili, strenui oppositori di una legislazione contro il cambiamento climatico - senza mai dimenticare che «anche loro sono su questo pianeta e ne fanno parte», nonostante le loro azioni la facessero arrabbiare. Il reverendo King suggeriva di «amare l’individuo che compie l’azione malvagia e insieme odiare l’azione che quella persona compie». «Il punto non è il potere che si ha “su” qualcosa, ma il potere che occorre “per” fare qualcosa», dice Christiana Figueres: «È un’opportunità sacra quella che tutti noi stiamo avendo in questo momento: essere vivi e adulti nel momento in cui la storia e l’umanità stanno attraversando una fase di cambiamento tanto straordinaria». Queste cose le trovate scritte in un libro che si intitola Lo zen e l’arte di salvare il Pianeta (pubblicato da Garzanti, ne parliamo nelle ultime pagine della rivista), in cui Thich Nhat Hanh ci ricorda, tra le altre cose, che ogni pensiero generato, ogni parola pronunciata, ogni nostra azione «determina un cambiamento nel nostro corpo, nella nostra mente e nell’ambiente». Crea letteralmente il mondo dentro e intorno a noi. «L’ambiente in cui ci troviamo siamo noi, è il risultato della nostra azione». Il Pianeta, così com’è oggi, è la nostra “ricompensa”. E lo sono anche le nostre relazioni. La siccità di cui parla il film corale di Paolo Virzì è qualcosa che va al di là dell’emergenza ambientale o sanitaria, riguarda il nostro modo di rapportarci agli altri. Quei rapporti che sono al centro dell’educazione “risvegliata” - non per niente fondata sull’ascolto e la consapevolezza - che Grazia Roncaglia offre ai suoi ragazzi e propone a insegnanti, educatori, genitori. Se la Biennale Arte evoca un “re-incantesimo del mondo”, un nuovo rapporto con la terra e il non-umano, la Mostra del cinema di Venezia racconta la perdita dell’innocenza e il bisogno di cercare una nuova narrazione del mondo. Magari andando oltre il presunto progresso di cui ci vantiamo tanto, questi tempi rabbiosi fondati sulla semplificazione, il facilismo, la banalizzazione, di cui parla Matteo Nucci (che ci riporta a Platone, a Omero, al coraggio di pensare la morte, in un’intervista ricca di spunti). Continuiamo a cercare la redness ovunque, anche nelle parole e nel sorriso di un’atleta come Margherita Panziera, da cui ci facciamo raccontare i dubbi, i sacrifici, l’impegno totale che stanno dietro una medaglia d’oro. E l’apertura la dedichiamo a Manuel Agnelli, che in pieno lockdown si è messo a fare musica in totale libertà, come quando era ragazzo: il risultato è un disco molto bello, che probabilmente ascolteremo per anni. Guarda caso si intitola Ama il prossimo tuo come te stesso. Che, lo ricordiamo, continua ad essere una proposta rivoluzionaria. (f.t.)