Qui Ticino... a voi missionari, Anno 50, numero 181, marzo 2018

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Ricevete lo Spirito Santo

A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati

Il modo insufficiente con cui oggi è vissuto questo Sacramento è sotto gli occhi di tutti: non ci si confessa più o, quando lo si fa, si hanno difficoltà enormi ad indicare al sacerdote ciò che si riconosce come peccato e che si desidera venga perdonato dal Signore. La motivazione di questo fatto è una sola: la perdita del senso del peccato. Spesso ci presentiamo davanti al Signore non con il desiderio di riconoscere il nostro limite per sperimentare la bellezza del suo perdono, ma cedendo alla tentazione di autogiustificarci, di mettere in rilievo le nostre buone opere, dimenticando che, se facciamo qualcosa di buono, è solo per una Grazia che non abbiamo meritato. “Rubare non rubo, ammazzare non ammazzo, per il resto veda lei”. Questa è la frase sconsolante che ci si sente spesso dire, quando si ricevono le – ormai rare – confessioni, e questo fatto è più preoccupante che non lo scarso numero di coloro che si accostano a questo Sacramento. È ben vero che per troppo tempo si è presentato un volto

di Dio con i tratti non di un Padre misericordioso, ma con quelli di una sorta di “poliziotto dei comandamenti”, teso a sorprenderci e a punirci per inosservanze ad un codice morale astratto, dove i precetti relativi alla morale sessuale ottenevano una parte preponderante, se non esclusiva; ma oggi ciò che prevale è un sentimento autoassolutorio, in cui si confonde la bontà che Dio dimostra nel perdonarci con la svalutazione della gravità del peccato. Dobbiamo invece incominciare a renderci conto che ci sono molteplici occasioni nella nostra giornata in cui possiamo offendere Dio, anche gravemente. I nostri rapporti sono il luogo principale nel quale possiamo sorprendere il peccato nella nostra vita: nella forma di mancanza di carità, di superbia, di invidie, di fariseismi di vario tipo, che infettano la nostra vita cristiana e la nostra stessa preghiera. Ci sarebbe molto da dire relativamente all’uso dei nostri beni e del nostro tempo: realtà sempre di più svincolate dal rapporto con Dio. Certo Dio è infinita Misericordia, ma se noi non vogliamo essere perdonati, o riteniamo di non averne bisogno, perdiamo l’occasione per sperimentare questa misericordia; approfittiamo di questo scorcio di Quaresima e dei cinquanta giorni della Pasqua per riscoprire quest’aspetto essenziale della nostra fede e di riprendere a fare esperienza gioiosa del Sacramento del perdono. Buona Pasqua! don Claudio Premoli, assistente

Lettera dell’Assistente...

L’amore misericordioso del Signore può essere raggiunto da tutti in un Sacramento specifico: quello della Penitenza o Confessione, che scaturisce direttamente dal mistero pasquale. Infatti “la stessa sera di Pasqua il Signore apparve ai discepoli, chiusi nel cenacolo, e, dopo aver rivolto loro il saluto «Pace a voi!», soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati»” (Gv 20,22-23). Questo passo ci svela la dinamica più profonda che è contenuta in questo Sacramento. Anzitutto, il fatto che il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Io non posso dire: mi perdono i peccati (Papa Francesco). Il perdono dunque si chiede, si chiede a un altro e nella Confessione sacramentale chiediamo il perdono a Dio tramite il sacerdote, affidandoci al Padre delle misericordie, sorgente di ogni perdono, che realizza la riconciliazione di noi peccatori mediante la Pasqua del suo Figlio e il dono del suo Spirito, in tal modo riconosciamo che non possiamo salvarci da noi stessi.

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