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di Mattia De Minico pag
from ViaLibera n. 2
by LiceoRummo
Il gender pay gap è la differenza tra il salario annuale medio maschile e femminile. Viene spesso utilizzato per marcare la differenza tra uomo e donna nella società, ma non tiene conto di fattori che incidono su questa differenza, per esempio: in media, nell'Ue il tasso di occupazione degli uomini è più alto di quello delle donne, 74 % e 63 % rispettivamente nel 2019 (Istat).
Il gender pay gap e le bufale della rete
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di Mattia De Minico
Dai dati Istat emerge che nell'Ue nel 2019 “il tasso di occupazione per le donne senza figli è il 67 %, mentre è il 75 % per gli uomini. Con un figlio, il tasso aumenta al 72 % per le donne e all'87 % per gli uomini. Per le donne con due figli, il tasso rimane quasi invariato al 73 %, mentre quello degli uomini aumenta al 91 %. Per le persone con tre o più figli, il tasso di occupazione diminuisce al 58 % per le donne, mentre per gli uomini è dell'85 %. Questa struttura si osserva nella larga maggioranza degli Stati membri” . La disparità di genere nell'orario di lavoro settimanale resta rilevante; nell'UE27 gli uomini lavorano in media 40,2 ore e le donne 35,4 ore settimanali. (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro). La distribuzione dell'orario di lavoro è maggiore tra le donne rispetto agli uomini. L'orario di lavoro è fortemente influenzato dalla fase della vita. In tutte le fasi della vita, le donne occupate in attività lavorative lavorano un numero di ore retribuite minore rispetto a quello degli uomini. In tutti i gruppi di paesi, l'orario lavorativo delle donne diminuisce durante la genitorialità, mentre, nel contempo, la disparità di genere nell'orario di lavoro aumenta in misura significativa. Se poi a ciò si aggiunge anche la differenza del tasso di disoccupazione tra uomo e donna (completamente sbilanciato a svantaggio della donna), il quadro della discriminazione diventa ancora più chiaro. Una oculata lettura di questi dati permetterebbe di comprendere in maniera abbastanza evidente che è fuori da ogni logica pensare che, essendoci più lavoratori maschi che a loro volta hanno orari lavorativi maggiori, ci sia una giustificabile differenza tra ciò che guadagnano i due sessi. La decodifica dei dati, dunque, richiede necessariamente la domanda del “perché” accada questo, e la risposta non è certo imputabile ad una ovvia conta di ore lavorative in meno, quanto piuttosto ad un retaggio culturale che comporta, in determinate circostanze, una riduzione di ore lavorative a scapito delle attività svolte dalle donne, non colpendo, se non in minima misura, i lavoratori maschi. Operazioni di questo tipo, che spesso generano tesi complottistiche, o fanno gridare alla “bufala”, o ancora sminuiscono la portata dei dati oggettivi, sono spesso sorrette da questioni ideologiche, come accade, ad esempio, ai redattori del sito “lafionda.com”, che presenta il gender pay gap come una fake news dalla quale difendersi. Secondo questo sito, infatti, ad aver architettato la bufala è il vittimismo ideologico, perché nella realtà dei fatti non esistono contratti lavorativi nei quali emerga la discriminazione salariale tra uomo e donna, mentre le differenze di remunerazione sono ascrivibili esclusivamente a straordinari, turni festivi o notturni, premi di produzione, bonus, dunque, si legge nel sito, “se lui guadagna 100 euro in più della collega è perché ha lavorato di più, non perché è un uomo”. Negare, però, che ci sia ancora un forte divario sia occupazionale che remunerativo tra uomo e donna, equivale a non voler riconoscere una realtà evidente, ed il mancato riconoscimento di questa discriminazione rimarca i principi che animano questo sito, e che si leggono in maniera esplicita nella presentazione degli intenti: difesa della famiglia tradizionale, tutela dei minori soprattutto da adozioni da parte di famiglie omosessuali, riconoscimento di due soli generi sessuali (maschile, femminile), attribuendo a qualunque altra variante l'appellativo di “rara aberrazione dei processi fisio-biologici” , denigrazione del femminismo, ritenuto un espediente per “condurre una guerra di annientamento della figura dell'uomo e del padre, con lo scopo di acquisire privilegi, primazie e vantaggi per una minoranza ideologizzata che si autodefinisce rappresentante di un'intera comunità connotata dal genere”. Dunque, invece di preoccuparsi di rafforzare affermazioni che molto spesso sono lesive del genere umano, impariamo a comportarci di conseguenza quando, di fronte alla scoperta di evidenti ingiustizie, bisogna riuscire a trovare la strada più efficace per porre rimedio e ripristinare gli equilibri.