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Area Cultura, Territorio e Famiglia e Area Scuola

Area Cultura, territorio, famiglia e Area Scuola

intervista ad Andrea Vigni

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di Fabrizio Mattevi

In primo luogo ti chiedo di ricostruire, per sommi capi, lo sviluppo delle due Aree di cui sei stato responsabile.

Nel 2013 sono diventato responsabile dell’Area “Cultura, territorio, famiglia”, che allora comprendeva tre Centri giovani (“Charlie Brown” e “Villa delle rose” a Bolzano, “Tilt” a Merano), il polo educativo “Polo Ovest” e altri progetti. I primi interventi nelle scuole erano incominciati già verso il 2010, in seguito a richieste che giungevano all’Associazione. Si trattava però di iniziative intraprese sempre e solo a fronte di situazioni di emergenza, riguardanti singoli alunni problematici. L’Intendenza scolastica ha poi cercato di coordinare gli interventi, per favorire una migliore progettazione e attuazione. Le domande delle scuole sono cresciute rapidamente, comportando anche per me una notevole mole di lavoro: incontrare i coordinatori di classe, mettere a fuoco i problemi da affrontare, predisporre progetti di intervento, individuare la persona più adatta per seguire quel dato ragazzo. La cura nel selezionare, di volta in volta, gli operatori da inviare nelle scuole ha costituito e costituisce un valore aggiunto del modo di operare de “La Strada-Der Weg”. Inizialmente potevo contare sulla disponibilità degli educatori inseriti nei

progetti di accompagnamento pomeridiano, i cosiddetti “dopo scuola”: svolgendosi sempre di pomeriggio, permettevano, abbastanza agevolmente, di utilizzare gli educatori in interventi nelle scuole nell’orario del mattino. A un certo punto, però, facevo fatica

a rispondere alle tante richieste che pervenivano. Nel 2018 si sono attivati i finanziamenti tramite il Fondo sociale europeo, il che ha comportato a una strutturazione molto più articolata, organica, complessa, con il coinvolgimento di più partner. Questo passaggio ha determinato un forte accrescimento dell’impegno all’interno dell’Area. A quel punto nel 2019 il Consiglio di Amministrazione ha approvato la proposta di istituire una specifica Area “Scuola”, accanto a “Cultura, territorio, famiglia”.

Tu sei rimasto responsabile di entrambe le aree?

Sì, ho optato per questa soluzione poiché gli intrecci e le collaborazioni sono molto ampie, soprattutto per quel che concerne la gestione del personale. La figura professionale prevalente in questi progetti e servizi è l’educatore, che può essere impiegato in entrambe le aree. Inoltre la severa strutturazione richiesta dal FSE ha imposto di nominare più coordinatori, suddivisi per ambiti territoriali. In tal modo ho potuto contare su un prezioso gruppo di collaboratori. Con il supporto fattivo e competente dell’Amministrazione, la lucida creatività del direttore, la visione del Centro studi che stava impostando il futuro “Ufficio progettazione”, siamo riusciti a superare gli scogli e gli ostacoli che i progetti con il FSE inevitabilmente comportano. In questi anni l’azione degli educatori all’interno delle scuole si è progressivamente consolidata e ha dato frutti lusinghieri. Non mi riferisco solo al supporto offerto ai singoli alunni, in molti casi si è stabilito un rapporto di collaborazione tra insegnanti ed educatori, scuola e centri giovani. Questo dato è molto importante perché rafforza l’attenzione al singolo bambino o ragazzino, permettendogli di percepire che ci si accorge e ci si occupa di lui. È vero che questa premura viene meno alla scuola superiore. Via via che l’Area Scuola cresceva in quantità e in complessità si è evidenziata l’opportunità di avere un proprio responsabile. Mi sono quindi trovato a valutare in quale Area proseguire l’incarico di responsabile.

Dunque è venuto il tempo della scelta…

Devo dire che la mia storia professionale di educatore mi ha sempre portato a coltivare un legame parti-

colare con l’Area “Cultura, territorio, famiglia”. Inoltre Marion Lorenzon, la mia vice per l’Area “Scuola” ha acquisito molta esperienza sul campo e ha dimostrato una particolare attitudine nell’occuparsi di un ambito che esige di coniugare dimensione educativa e dimensione amministrativo-gestionale. Da tempo avevo colto in lei il profilo del nuovo responsabile d’Area. Peraltro, essendo lei di madre lingua tedesca, ha rappresentato un perfetto interlocutore allorché abbiamo iniziato a ricevere richieste, sempre più numerose, da scuole in lingua tedesca, di tutto il territorio provinciale. Anche perché non si tratta solo di una questione linguistica, occorre misurarsi con differenze di mentalità e visione tra i due sistemi scolastici. Allo stesso modo la vice responsabile dell’Area “Cultura territorio e famiglia”, Roberta Catania, avrebbe il profilo ideale per gestire e sviluppare questa Area, ma la mia pensione è ancora lontana... e dunque, da un parte o dall’altra, dovevo continuare a lavorare. Comunque il fattore decisivo che ha motivato la mia scelta è il profondo legame con l’ambito dell’animazione ed educazione giovanile. L’educatore sviluppa uno sguardo particolare nei confronti delle persone che ha davanti e non solo con i piccoli: intravvedere l’ambito, l’incarico, l’esperienza a lui più congeniale per valorizzarne attitudini, capacità, passioni, talenti. È un tratto relazionale che sento mio e che provo ad applicare anche nel ruolo di responsabile, nella gestione di chi collabora con me. Se ci si trova bene nel proprio spazio lavorativo, se ci si sente al posto giusto si genera un effetto a cascata che incide sulla qualità delle prestazioni e sulle relazioni con le persone. Nell’ambito dei servizi sociali ed educativi, in particolare, l’attenzione al benessere occupazionale si trasforma in benessere per chi entra a contatto con i servizi e, dunque, per persone che sono portatrici di un bisogno. Peraltro questa impostazione corrisponde allo stile praticato da tutta l’Associazione e al mandato su cui ha sempre insistito il nostro direttore.

Quindi ora puoi occuparti a tempo pieno dell’Area che è più legata alla tua vocazione professionale…

Sì, sono molto legato alla mia esperienza di educatore e per me è gratificante continuare a operare in questo ambito, che è molto ricco, fecondo e anche impegnativo.

L’attività svolta all’interno di quest’Area è esposta al rischio di essere sottostimata e un po’ squalificata, rismo e buon cuore…”. In realtà questi servizi, aperti e con orari fissi, presentano loro specifiche

spetto ad altri servizi associativi; quasi che la drammaticità delle situazioni e delle storie personali prese in carico determini un minor o maggior grado di fatica e competenza professionale. Un pregiudizio a cui sono esposte un po’ tutte le professioni del sociale, ma in modo particolare le figure che si prendono cura dei piccoli e dei preadolescenti, come se lavorare in un doposcuola pomeridiano fosse semplice e alla portata di tutti: “e che ci vuole!... bastano un po’ di entusiacomplessità, che richiedono agli operatori dedizione, competenza, professionalità. Inoltre, oggi come oggi, nella città di Bolzano, costituiscono la quasi totalità di spazi di accoglienza e accompagnamento non istituzionali per piccoli e preadolescenti. Nei luoghi di aggregazione giovanile vi è certamente una componente piacevole, ludica, divertente, che però presuppone progettazione e cura; inoltre in questi ambiti ci si imbatte

in situazioni e storie di fatica e sofferenza che, altrimenti, rimarrebbero silenziose e invisibili. Capita poi che l’educatore operi in contatto con i servizi territoriali senza però avere un esplicito mandato istituzionale, il che è motivo di fatica e frustrazione. Le situazioni con cui ci confrontiamo sono spesso indefinite, sfuggenti, sotterranee e non è facile impostare un’azione di intervento. Anche perché abbiamo adottato l’atteggiamento di prestare attenzione alle persone che incontriamo e, nel rispetto di ruoli e responsabilità, lasciarci interpellare dalle loro storie e dai loro bisogni, rinunciando a modalità burocratiche che si limitano a seguire protocolli standard e svolgere prestazioni concordate.

Come e quanto è cambiata in questi anni l’Area “Cultura, territorio, famiglia”?

Nel corso degli anni le proposte e le iniziative dell’Area si sono evolute e trasformate, sulla base di innovazioni ed esperienze vissute direttamente sul campo. “COOLtour”, ad esempio, è stato una grande esperimento: un centro giovani che promuove proposte a tema, più definite e strutturate, pur mantenendo l’attenzione alla dimensione relazionale, alla mission educativa di promuovere la valorizzazione personale dei giovani. COOLtour è stata ed è capace di intercettare una fascia di età un po’ più alta e interlocutori con propri interessi e motivazioni. “Villa delle rose” a Bolzano e “Tilt” a Merano sono invece centri che privilegiano l’accoglienza e lo stare bene insieme. Lì vanno ragazze e ragazzi più giovani, tra i dodici e i quindici anni, che ancora non hanno proprie propensioni e passioni, vivono una realtà per ora sospesa e incerta anche a proposito del loro futuro, sono alla ricerca di figure e mondi di riferimento. Va inoltre sottolineata l’incidenza che strutture ed edifici hanno sul tipo di offerta: “Villa” è dotato di grandi spazi, “COOLtour” opera in un locale piccolissimo. In ogni caso non si tratta di formule alternative, sono modelli che convivono e integrano le rispettive peculiarità e specificità. “Animare-Beseelen 2022”, che ha approfondito proprio questi temi, è stato stimolante e ha invitato ad aprirsi a un varietà di soluzioni e modalità. Forse dovremmo essere più capaci di interpellare i giovani stessi, chiedere loro in quale direzione orientarci, ve-

rificare quanto la dimensione digitale costituisce realmente un nuovo spazio di incontro, aggregazione, partecipazione.

Per quanto riguarda l’ambito giovanile i sono nuovi bisogni?

Non mi pare che la situazione sia molto cambiata rispetto a quando lavoravo come educatore: il desiderio degli adolescenti di avere uno spazio in cui incontrarsi non è venuto meno. Per questo ritengo che sia senz’altro condivisibile l’indicazione mersa dal meeting di favorire l’ibridazione degli spazi, ma sono convinto che valga la pena mantenere ancora spazi dedicati a più giovani. Semmai va tenuto presente che per una fetta di adolescenti si è ridotto il tempo libero a disposizione, in seguito alla crescita di impegni scolastici, sportivi, musicali e altro. In qualche modo si è accentuata la divaricazione tra chi ha e chi non ha accesso a opportunità formative e ricreative, chi ha le giornate piene, anche troppo, e chi vive un tempo vuoto. Un fenomeno nuovo è il ruolo di aggregazione assunto dai centri commerciali. Però, sono convinto che i tratti essen-

ziali dell’azione educativa non siano cambiati e, in particolare, la centralità della relazione: solo instaurando un’autentica relazione è possibile incidere sul comportamento, sul modo di porsi, sulla storia di un giovane. La capacità relazionale non può essere insegnata in modo accademico, può essere alimentata dal proprio incontro con figure significative, può essere rafforzata dalle conoscenze teoriche, ma si apprende solamente nell’esperienza diretta e concreta con le persone.

Il disagio adolescenziale è ancora una realtà che merita attenzione e cura?

Certamente. I segnali del disagio sono molto forti e insistenti. Stanno aumentando le richieste di intervento da diverse località della provincia, tutte realtà non cittadine ma di paese. Solitamente riguardano comportamenti di adolescenti che suscitano preoccupazione. Gli adulti sono subito allarmati da queste situazioni e colgono gli aspetti provocatori di quegli atteggiamenti, faticano a scorgere il vuoto che fa da sfondo e la domanda di senso che da quegli episodi trapela. Ci si imbatte anche in ragazzi veramente difficili e impegnativi, il cui percorso di vita e di crescita è già fortemente segnato e condizionato, a seguito di contesti parentali e ambientali inadeguati o carenti, che producono anche conseguenze di tipo psichiatrico. Lì è realmente arduo avviare azioni e relazioni in un qualche modo feconde. Occorre anche essere capaci di riconoscere i nostri limiti e dire dei no. Quando ci si imbatte in questi casi problematici la questione del mandato dei nostri educatori, delle consegne e delle responsabilità che assegniamo loro, mostra tutta la sua rilevanza e drammaticità. Come Associazione ci sentiamo sempre coinvolti da chi fa più fatica, ha più bisogno, sta peggio: l’ammaestramento del nostro fondatore orienta il modo di agire e lavorare anche dei colleghi più giovani.

La tua Area è dunque assai coinvolgente e stimolante…

Sì, indubbiamente. Peraltro non si occupa solo di adolescenti e giovani. Avverto l’importanza di mantenere sempre forte l’attenzione alla dimensione preventiva, non farci assorbire dall’intervento emergenziale e promuovere benessere sociale, a tutti i livelli, in particolare nell’ambito dell’educazione e formazioni di bambini e adolescenti. In tale prospettiva va inteso e apprez-

zato l’abbassamento dell’età di coloro a cui si rivolgono servizi e progetti dell’Area. In questi anni è cresciuta l’offerta di servizi per genitori e famiglie: “Spazio 0-3”, “All together”, “Family point Brunico”, “Family support”, sono progetti che funzionano. Quel che li accomuna è la modalità di mettere a disposizione uno spazio aperto e informale di incontro, supporto, consulenza per genitori con bambini ancora piccoli. Il compianto presidente Otto Saurer ci invitava a entrare nei reparti di ostetricia e iniziare già da lì l’azione educativa. Non si trattava di una tesi paradossale, ma di una visione anticipatrice: oggi è in atto il progetto “Il ponte” che prevede l’inserimento di educatori nelle scuole per l’infanzia.

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