Lanterna #49

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Società Scacco matto, impostore Carlotta Pagani

Il cervello è un organo estremamente complesso, eppure così facile da ingannare, e non solo dall’esterno. Come individui, per meccanismi di difesa e autoconvincimenti, siamo in grado di alterare la percezione della nostra realtà. La sindrome dell’impostore è frutto della distorsione di noi stessi e delle nostre capacità, ed è una delle duali dell’effetto Dunning-Kruger. Il nome deriva dai due vincitori del premio Ignobel nel 2000, che studiarono il socratiano “so di non sapere” a livello psicologico: provarono che, meno un soggetto sa, più è portato a sentirsi preparato in un dato ambito, e viceversa, più sa, maggiore è la consapevolezza dell’impossibilità di padroneggiare l’intera conoscenza.

È da qui che nasce la sindrome dell’impostore, una figura competente nel proprio campo, con l’auto-illusione di non sapere abbastanza, e di aver ingannato le persone che lo circondano e che gli hanno affidato un ruolo. Quante volte non ti sei sentito all’altezza della situazione e quante volte hai attribuito i tuoi successi a una serie di combinazioni fortuite? È una sensazione spesso radicata in contesti in cui la competizione è alta, ma più comune di quel che si pensi; ad un tratto ti accorgi di quello che ti sta intorno: frequenti un’università il cui nome fa drizzare le

orecchie agli amici dei tuoi genitori, in prima fila c’è il collezionista di trenta e lode, mentre tu potresti essere seduto tra i banchi di legno una volta occupati da Gae Aulenti o Giulio Natta. Probabilmente se entrassimo in qualsiasi aula universitaria durante le lezioni saremmo in grado di individuare tutte le categorie dell’impostore... Ecco la perfezionista, presumibilmente figlia di un medico e un’accademica, cresciuta in una casa piena di libri, affetto quanto basta e alte aspettative. Ha una resistenza fisica di cinque moke di caffè al giorno e tra i mille impegni trova sempre il tempo per un workout giornaliero. Nasconde lo stress dietro una cintura abbinata allo scrunchie, la sera crolla esausta mentre guarda “Le regole del delitto perfetto”. Nell’angolo in fondo il solista, ha sempre odiato gli sport di squadra, potenzialmente interessante, peccato non abbia mai dato agli altri la possibilità di farsi conoscere. Preferisce la didattica a distanza e non alza la mano nemmeno nelle classi virtuali, è sintomo di debolezza. Nel tempo ha sviluppato una grande tenacia di fronte ai problemi complessi, non riuscire a risolverli potrebbe portarlo a una profonda crisi esistenziale. Non ha mai saputo apprezzare la possibilità di osservare da punti di vista diversi e Roma non l’hai mai vista dal Gianicolo.

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