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2020 L’incubo del virus

2020 UN DOLORE IMPOSSIBILE DA DIMENTICARE

Tutto è cambiato il 21 febbraio del 2020: da Wuhan a Codogno

C’è chi lo ha descritto come uno tsunami, chi ha parlato di un altro 11 settembre. fatto sta che da quel 20 febbraio, nulla è stato più uguale in Italia – in lombardia, prima, e nel resto del mondo. tutto è cambiato il 21 febbraio del 2020, quando in lombardia è stato annunciato il primo caso di coronavirus a codogno, nel lodigiano: un uomo di 38 anni, diventato tristemente famoso come il ‘paziente numero uno’. fino ad allora quella strana infezione sembrava lontana, in cina, a Wuhan, e si guardava con preoccupazione solo ai casi diffusi tra i turisti cinesi o chi aveva avuto contatti in cina.

Nella notte tra domenica 23 e lunedì 24 febbraio si registra la prima vittima accertata di covid in bergamasca, l’ottantatreenne, Ernesto Ravelli.

I casi di contagio crescono a dismisura a codogno,

Alzano, Nembro, mettendo in difficoltà i servizi sanitari locali, e vengono proclamate le prime zone rosse per i casi fuori controllo nel lodigiano e nel Veneto.

Il 25 febbraio, l’ospedale papa Giovanni XXIII, di bergamo, allestisce il tendone davanti al pronto Soccorso, per lo screening dei casi covid, mentre moltissime persone iniziano ad avvertire quei sintomi che impareremo tutti a conoscere bene – la febbre, assenza di gusto e olfatto, dolori muscolari, difficoltà respiratorie – e si esauriscono le scorte di mascherine di protezione nelle farmacie. la prima conferenza stampa, che da palazzo lombardia entra nelle case dei lombardi, è quella di Attilio fontana, il presidente della Regione, il 23 febbraio, che annuncia la chiusura delle scuole fino al primo marzo. In realtà, non riapriranno più per tutto l’anno scolastico. l’8 marzo arriva il decreto della presidenza del consiglio che stabilisce che 14 Regioni, inclusa la lombardia, sono ‘zona rossa’. Il giorno successivo un nuovo decreto proclama il lockdown nazionale, noto come “Io resto a casa”, la chiusura delle frontiere e le attività non necessarie. Tutte le attività produttive non indispensabili vengono sospese dal 23 marzo. bergamo è ormai deserta e il silenzio viene rotto solo dalle sirene delle ambulanze e dalle campane che suonano a morto. Giorno dopo giorno continua a salire il numero delle vittime. Il virus corre veloce e medici e operatori sanitari riescono a malapena a far fronte a tutti i malati. Il 14 marzo gli ospedali sono al collasso. le terapie intensive si riempiono di pazienti che accusano difficoltà respiratorie, polmoniti bilaterali, e che aspettano un tampone che non arriva.

Molti malati di coronavirus vengono trasferiti su voli militari in altre Regioni italiane e addirittura in altri paesi – in baviera (Germania) – perché a bergamo non ci sono più posti disponibili. è ancora difficile per tutti, specialmente per chi vive a Bergamo, rivedere le immagini della fila di camion militari lasciare, il 18 marzo 2020, il cimitero monumentale e dirigersi verso l’imbocco

Nella foto, l’omaggio ai sanitari che hanno lavorato instancabilmente durante la pandemia, dell’artista Franco Rivalli, che appare sulla facciata dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo

dell’autostrada, per portare in altri comuni i feretri delle vittime dell’epidemia, dato che nel cimitero cittadino non si riesce a gestire la tragica situazione.

Il 21 marzo si registra il picco dei contagi: 715 in 24 ore e 256 decessi. le 13 pagine del quotidiano della bergamasca, L’Eco di Bergamo, con i necrologi pubblicati il 24, 25 e 26 marzo, fanno il giro del mondo, e alla città lombarda The New York Times dedica la prima pagina con un reportage intitolato: “Nel cuore dell’epidemia da coronavirus più mortale del mondo”.

Grande risalto viene dato anche al miracolo di solidarietà, ovvero la realizzazione, in 10 giorni, del nuovo reparto di terapia intensiva, un padiglione distaccato dell’ospedale Giovanni XXIII, grazie all’interessamento dell’Associazione Nazionale Alpini, di confartigianato Imprese bergamo e ai volontari della curva Nord dell’Atalanta.

In quel periodo concitato, l’artista bergamasco Roby facchinetti, con l’amico di sempre e batterista dei Pooh, Stefano D’Orazio (che rimarrà vittima del Covid), compongono un’inno alla forza e la resistenza degli italiani e i bergamaschi – Rinascerò, rinascerai – mentre i volontari di bergamo X bergamo, un migliaio di persone, si occupano di portar spesa, medicinali e altri generi di prima necessità alle famiglie in isolamento a casa, e viene dato il via a una sottoscrizione per sostenere le strutture sanitarie, un progetto che raccoglierà tre milioni e mezzo di euro.

A due mesi dall’inizio della pandemia, il 27 aprile, arriva a bergamo l’allora presidente del consiglio, Giuseppe conte, per ringraziare medici e operatori sanitari, mentre il numero dei guariti comincia a superare quello dei contagiati. Il lockdown si concluderà di lì a pochi giorni, il 4 maggio.

Nel 2020 i decessi per covid, in tutta Italia, sono stati 95.235, quelli della lombardia sono un terzo, 27.971. A bergamo i morti sono stati quasi 7000.

“Qui c’è il cuore dell’Italia ferita -ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al cimitero monumentale, per la Messa da Requiem, il 28 giugno -. Il destino di tante persone e delle loro famiglie è cambiato all’improvviso. Vite e affetti strappati, spesso senza un ultimo abbraccio, senza l’ultimo saluto, senza poter stringere la mano di un familiare. tutti conserviamo nel pensiero immagini che saranno impossibile dimenticare”.

“cronache di un dolore che hanno toccato la coscienza e la sensibilità di tutto il Paese, ma che, per chi le ha vissute personalmente, rappresentano cicatrici indelebili”.

“Non sarà come prima perché ci mancheranno persone care, amici, colleghi. Non sarà mai come prima perché la sofferenza collettiva, che all’improvviso abbiamo attraversato, ha certamente inciso nella vita di ciascuno, sul modo in cui si guarda la realtà – ha ricordato il capo dello Stato -. La strada della ripartenza è stretta e in salita. Va percorsa con coraggio e determinazione, con tenacia, con ostinazione, con spirito di sacrificio”.

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