2 minute read

2014 La grande bellezza

Quando il disincanto e la mondanità romana hanno conquistato l’Oscar

Paolo Sorrentino e Toni Servillo con l’Oscar vinto per La grande bellezza

Era dal 1999, con La vita è bella di Roberto benigni, che l’Italia non agguantava l’Oscar. la sacralità eterna di Roma, commovente e disperata, conquista l’Academy e l’ambita statuetta nel 2014: La grande bellezza di paolo

Sorrentino è il ‘Miglior film straniero’.

Visibilmente emozionato, il regista sale sul palcoscenico insieme al protagonista toni Servillo e al produttore Nicola Giuliano: “Grazie alle mie fonti di ispirazione: talking

Heads, federico fellini, Martin

Scorsese, diego Armando Maradona. Mi hanno insegnato come fare un grande spettacolo, che è la base per il cinema. Grazie a Napoli e a Roma, e alla mia personale grande bellezza, Daniela e i nostri due figli. Sono molto emozionato; questa vittoria era tutt’altro che scontata. Gli altri film erano forti; mi sento felice e sollevato”. tragicommedia avvincente delle classi agiate italiane – nella tradizione de La notte di Antonioni o La dolce vita di fellini –, La grande bellezza è un puro sovraccarico sensuale di stranezza e tristezza, un film che si scatena con aria di sfida, tra ricchi di mezza età che esercitano l’edonismo meglio dei giovani. la pellicola riunisce Sorrentino con il suo protagonista preferito, toni Servillo, potente attore teatrale e cinematografico che, come nessun altro, svela la feroce satira attraverso Jep Gambardella: sessantacinquenne al centro della vita notturna alla moda di Roma, maschera di educato disincanto, ma che spesso si piega in un sorriso di piacere voluto e coltivato. famoso per il suo giornalismo e per aver scritto un romanzo da giovanissimo, Gambardella conosce tutti quelli che contano, “precipitato abbastanza presto, quasi senza rendersene conto, in quello che si potrebbe definire il vortice della mondanità”: “Io non volevo essere semplicemente un mondano. Volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste: volevo avere il potere di farle fallire”, recita il protagonista.

E proprio nel momento in cui sta per scivolare vagamente nell’ombra della mortalità, viene elettrizzato da un evento inaspettato: uno sconosciuto si presenta alla porta del suo appartamento con una rivelazione che commuove profondamente e innesca in lui una nuova appassionata conoscenza di tutto ciò che ha amato, di tutto ciò che ha sprecato.

“È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile”.

La grande bellezza è amore, arte, morte, ma soprattutto significa Roma, e la città è evocata con estro; la caratteristica fotocamera in picchiata e zoom di Sorrentino rivela, anche questa volta, scene, figure e volti: un turista giapponese crollato per la fatica, un funerale romano, un’assordante festa di compleanno. con la sua caricatura spigolosa e la soavità cosmopolita – che avevano già contraddistinto film come Il divo, L’amico di famiglia e Le conseguenze dell’amore –, La grande bellezza di paolo Sorrentino non solo conquista Hollywood e il mondo del cinema, ma riporta sullo schermo passione rinnovata e clamore operistico, un senso di amore e perdita, e un significato ancora più acuto e penetrante delle forme del potere e del prestigio.

E per la sua intensa e insopportabile malinconia, la sequenza finale della pellicola andrebbe ammirata tutta, fino a quando lo schermo non si oscura.

This article is from: