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A COSA SERVE UN GIORNALE DI ZONA
C PROBLEMI - DIFFICOLTÀ - PROSPETTIVE )
A cosa serve un giornale di zo na? E' una domanda che il Comitato di Redazione de "La Nostra Realtà" si è posto e si pone spesso.
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L'essere infatti giornale di zona pone di per sè problemi e difficoltà peculiari, ma anche stimoli e prospettive nuove.
Milano si sta ormai, se pure lentamente, abituando a "vivere" la dimensione della zona. "La nostra reltà" è nata, quindi, da una reale, anche se molto spesso latente; necessità di avere uno strumento di informazione e un veicolo di partecipazione all'interno della zona. Noi oggi sappiamo che questo obbiettivo non è stato completamente raggiunto; siamo nella fase in cui lo strumento esiste ma non abbiamo ancora imparato, nè noi della redazione, nè le forze politiche, nè i cittadini, ad usarlo correttamente. Non nascondiamo che ci aspettavamo una maggior collaborazione da parte soprattutto delle forze politiche. In questo senso i Partiti hanno, a parere fascio, perchè sarebbe scorretto se non riconoscessimo che il PCI e il PSI hanno dato in più occasioni il loro contributo al giornale (e deve essere chiaro che non stiamo parlando di contributo economico, perchè di soldi non ne abbiamo chiesti, nè tanto meno ricevuti da nessuno). Intendiamo invece parlare di contributi di idee, articoli, segnalazioni di fatti e di cose che avrebbero meritato spazio nel giornale e che le forze politiche, chi più chi meno, non sempre hanno sentito l'interesse di farci pervenire. glio la sua funzione. zione straordinaria dei primi di ottobre pensiamo di avere in buona misura impostato correttamente il nostro rapporto con il mondo del lavoro, anche se sarà necessario andare a una verifica nei prossimi mesi. tranquillità dal punto di vista editoriale. nostro, il bisogno, e perchè no, l'obbligo, di rinnovarsi o meglio di rinnovare il loro tradizionale modo di far politica. Con questo discorso non vogliamo certamente fare di ogni erba un
Per quanto riguarda il giornale visto come veicolo di partecipazione dal basso, si può.dire che le cose stanno migliorando.
Dopo i primi mesi avevamo paura di aver fatto un buco nell'acqua, a partire da quest'estate, invece, qualcosa si sta muovendo.
Abbiamo ancora molto da fare per stringere rapporti più stretti con la gente dei nostri quartieri, però, già da ora, possiamo dire che i momenti di collaborazione esterna stanno aumentando di mese in mese.
Per quanto riguarda il mondo della scuola, noi crediamo sia utile che i Consigli scolastici e le associazioni dei genitori si sforzino di comprendere che uno dei motivi della crisi profonda che stanno attraversando è costituito proprio dall'isolamento in cui si trovano.
Al di là di questo, comunque, il momento più vivo e più utile della nostra attività è quello che riguarda tutto quel lavoro di connessione o addirittura di cucitura che un giornale di zona può svolgere. Le zone di Milano, come suddivisione territoriale, sono nate in qualche ufficio comunale, grazie ad una riga tracciata sulla piantina della città: non esistevano nella storia, nella coscienza, nella cultura dei milanesi.
Siamo convinti, invece, che sarebbe utile e anche doveroso, da parte dei Partiti far conoscere ai cittadini le loro posizioni, i loro documenti, o anche soltanto le loro impressioni su tutto ciò che in qualche modo riguarda la zona. Forse se il dibattito attorno al Piano Regolatore o ai nuovi poteri dei Consigli di Zona, tanto per fare un esempio, fosse arrivato direttamente sulle pagine de "La nostra realtà", ne sarebbe derivato un vantaggio per tutti: per i cittadini che sarebbero stati così informati direttamente dai loro rappresentanti più vicini, per i Partiti che avrebbero avuto l'occasione di parlare ai loro elettori in modo diverso e più immediato, per il giornale che avrebbe potuto Svolgere me-
Nel mondo della moda
presti ad etichettare i vari ceti, non distrarrà certo la donna dai suoi compiti sociali, nè dalle sue giuste rivendicazioni.
Per affermare l'importanza del nostro ruolo di donne non è affatto necessario ( anzi, lo riterrei controproducente) essere di aspetto sciatto e disordinato. I problemi dell'emancipazione femminile non si risolvono certo vestendo le donne in modo più o meno approssimativo.
Ma mi è sembrato giusto sentire su questo argomento il parere di una indossatrice, che conosce a fondo i problemi e le contraddizioni del mondo della moda e che forse più di ogni altra donna è costretta a subire l'odioso ruolo di bambola seducente, di oggetto piacevole.
"Innanzi tutto - comincia Carla Frigeri, indossatrice, abitante in via Sauli - vorrei mettere a fuoco nel suo vero ruolo la figura dell'indossatrice, che purtroppo ancora oggi è spesso vista in maniera non corrispondente alla realtà. Addirittura, alcuni settori dell'opinione pubblica ne hanno una visione poco edifican- te anche su un piano morale.
L'indossatrice è una donna lavoratrice. Non è una donna oggetto, patinata, lunare, non è un manichino sofisticato ed elegante, che attraversa una passerella unicamente per dimostrare che solo il lusso ed il bello sono importanti.
Tutt'altro, il nostro lavoro è precario, faticoso, nonostante le superficiali apparenze. Siamo spesso costrette a spostamenti tempestivi, a precari contratti di lavoro, perdiamo troppe ore di sonno".
"Dal punto di vista sindacale, come siete organizzate?"
"Noi indossatrici, gli indossatori e le fotomodelle, ci siamo costituiti in sindacato aderendo alla C.N.A. (Confederazione Nazionale dell'Artigianato). Perchè vedi, al momento noi siamo inquadrate come libere professioniste, in un contesto fiscale che ha grossi oneri, ma nonostante ciò non abbiamo nè riconoscimento, nè collocazione giuridica. Difatti il primo degli obiettivi che si è posto il nostro sindacato è proprio di ottenere il riconoscimen-
Pensiamo che dovremo fare uno sforzo per spiegare meglio che il giornale è aperto a tutti, che tutti possono dare il loro contributo per rendere quindi più agevoli questi contatti con un più stabile e periodico lavoro della redazione. Dovremo inoltre tenere aperta la sede del giornale almeno alcune sere la settimana. Forse non è inutile sottolineare che i componenti del Comitato di Redazione sono tutti lavoratori, operai e impiegati, nessuno dei quali aveva precedenti esperienze giornalistiche, e questo per dire che scrivere sul nostro giornale non implica la necessità di essere degli esperti: basta avere delle cose da dire e credere che sia importante farle conoscere agli altri.
Altro problema importante sul quale indiscutibilmente siamo in ritardo, è quello dei nostri rapporti con gli organismi di nuova democrazia: il C.U.Z., i Consigli di fabbrica, i Consigli di istituto e di circolo, in parole poveré il inondo del lavoro e quello della scuola. Ogni volta che abbiamo cercato di affrontare la questione delle fabbriche e della scuola ci siamo trovati in difficoltà.
Probabilmente in alcune occasioni abbiamo dato l'impressione di calare dall'alto o quanto meno di essere degli estranei. Con l'edi-
Abbiamo scritto su queste colonne che il Comitato di Redazione intende mantenere la sua autonomia e la sua indipendenza, ma abbiamo anche scritto che il nostro è un giornale aperto al contributo di tutti; ebbene, se è vero che non possiamo diventare il portavoce del mondo della scuola, perchè sarebbe sbagliato, è altrettanto vero che proprio il mondo della scuola, meglio di chiunque altro, potrebbe "usare" il nostro giornale.
Queste che abbiamo esposte sono alcune possibili risposte al-
I moduli di abbonamento e un opuscolo per la pubblicità la domanda: "a cosa serve il giornale". Sono risposte, ma soprattutto offerte, offerte di un uso migliore del giornale stesso. Restano ancora da sottolineare altri aspetti positivi, o comunque stimolanti, del nostro lavoro. to giuridico che ci consenta di usufruire dei benefici mutualistici e pensionistici.
Probabilmente non c'era altro modo di farle nascere, ma adesso che ci sono, se vogliamo che "vivano" e non rimangano soltanto spartizioni della macchina amministrativa del Comune, dobbiamo, tutti, considerarle unità complessive, sia pure facenti parte del tutt'uno che è Milano.
I lavoratori si sono dati i Consigli Unitari Sindacali di Zona, le scuole avranno i loro Distretti, nasceranno le unità sanitarie locali, i Partiti politici hanno o dovranno avere le loro strutture di zona.
"Comunque - continua Carla — ci tengo a precisare che anche attraverso il sindacato l'impegno, la volontà di tutte noi è di non assoggettarci più al ruolo di donne che contribuiscono a diffondere l'imperativo della donna "piacevole oggetto".
Anche perché siamo proprio indossatrici come donne, ma soprattutto come lavoratrici, che subiamo per prime il peso di questo mito: difatti le prime rughe condannano una pur validissima professionista all'oblio da parte di tutte le ditte committenti. Come se il compito della moda fosse quello di vestire solo le donne giovani e belle.
Se fino ad ora siamo state lo strumento passivo di un mercato, oggi vogliamo collaborare, contribuendo a smitizzare l'importanza dello stravagante e del nuovo a tutti i costi, a vantaggio dello sviluppo di una più concreta maniera di fare la moda".
In primo luogo, non abbiamo concorrenza, e se ciò testimonia purtroppo di uno scarso sviluppo della vita politica, associativa e culturale della zona, è anche vero che ci garantisce maggior
In una realtà come questa è necessario, indispensabile a parer nostro, uno strumento che faccia circolare le informazioni e propaghi le esperienze a livello di zona.
Noi crediamo che nel processo di formazione e di crescita di una "identità" di zona si collochi il ruolo, la funzione, il perchè di un giornale come il nostro.
Denzo Bertellini
FORNITURA CON POSA IN OPERA
Moquettes Tappezzerie
GOMMA-LINOLEUM