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Il Parlamento deve fare in fretta:
Seveso - la diossina - l'aborto
Mentre in Parlamento si discute e si litiga, senza mai arrivare ad una conclusione positiva, a Seveso il problema dell'aborto ha assunto dimensioni drammatiche: cento gestanti, intossicate dalla diossina, aspettano ancora. Sono passati piú di due mesi e mezzo dal giorno dell'esplosione all'Icmesa e le donne incinte di Seveso continuano a vivere una condizione di cavie. Sottoposte alla pressione psicologica di medici, esperti vari, cardinali e militanti ciellini, costrette a fingersi pazze (nel migliore dei casi) per ottenere l'aborto, sballottate da un ospedale all'altro, da una commissione all'altra per strappare un consenso già maturato con la propria angoscia. Ma procediamo con ordine.
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gravi rischi per la salute della donna incinta; 3) che nei primi tre mesi di gravidanza la diossina esercita sull'embrione un'azione tossica che ostacola lo sviluppo di quegli organismi che proprio nel momento dell'intossicazione stanno formandosi; 4) che non si ha alcun modo per accertare se un organismo esposto all'azione della diossina ne sia stato realmente colpito. Quegli uomini di scienza avrebbero dovuto dire queste cose, subito, in modo che le donne esposte al rischio di intossicarsi di diossina, qualsiasi fosse il momento della gravidanza in cui l'esposizione aveva avuto luogo, avrebbero avuto subito il diritto di chiedere l'aborto terapeutico. Diritto basato su due motiva- duare la presenza di diossina nel sangue, quando non c'erano ancora riusciti gli scienziati di quei paesi che da anni, e con ben altri mezzi a disposizione, stanno studiando la diossina. Era impossibile riuscirci in pochi giorni, e a Milano.Difatti , venti giorni dopo hanno stabilito che é impossibile: la diossina si raccoglie nel fegato. Ma non era finita qui. In questi diciotto giorni, mentre una squadra cercava la diossina nel sangue. altre squadre facevano ricerche attorno ad altre teorie; che la diossina possa servire di pretesto per comperare attrezzature e finanziare ricerche, che in Italia sono ancora cosí scarse può anche andare bene: purché sia chiaro che soltanto i moralismi e le assurde contese dei baroni della medicina hanno impedito alle donne gravide di Seveso di risolvere subito il loro dramma. Chi aveva un minimo di spirito critico restava allibito, perlomeno perplesso, insoddisfatto, e, anche se inesperto, nutriva molti dubbi sulla reale utilità di queste ricerche; e pochi hanno avuto il coraggio di denunciare pubblicamente il bluff. Intanto nei ventri delle madri i feti crescevano.
Il risultato é che dopo diciotto giorni di terribile attesa le donne della zona inquinata apprendono che la loro eventuale richiesta di aborto verrà accolta, alla clinica "Mangiagalli", se il giorno della nuvola non avevano ancora compiuto il terzo mese di gravidanza; verrà accolta in con- siderazione del trauma psichico che le coglie al pensiero di correre il rischio di mettere al mondo un bambino malformato. Potrebbe sembrare una decisione progressista. Ma un attimo di attenta riflessione mette in luce gli aspetti reazionari: essa nega alla donna il diritto di preoccuparsi del proprio sistema fegato - rene, e già impegnato nella gravidanza ora messo a repentaglio dalla diossina.
Non le viene per niente riconosciuto il diritto di preoccuparsi anche della propria salute fisica, in quanto questa puó essere stata messa a repentaglio anche se la gravidanza era già al quinto mese. Ancora una volta la donna viene negata come persona, viene considerata come un'incubatrice dotata di placenta, alla quale si riconosce la possibilità di preoccuparsi del nascituro, ma non di se stessa.
In questa drammatica circostanza si é potuto constatare quante difficoltà incontrerà una nuova legge sull'aborto, quando si tratterà di metterla in pratica; quando la mano passerà ai medici, anche quei medici che fanno onesti sforzi per essere progressisti e democratici, e non si accorgono che, nel momento stesso in cui praticano l'aborto solo a quelle donne che hanno ragione di temere una malformazione dell'embrione ribadiscono il tradizionale concetto della donna come strumento di riproduzione, come non - persona che serve a far nascere le persone.
FULVIA FASOLA
La Regione aveva insediato una commissione medica per i problemi sanitari, e della commissione facevano parte i ginecologi della prestigiosa clinica universitaria "Mangiagalli", che dovevano pronunciarsi sulla questione dell'aborto.
Questi luminari, appena accertato che l'inquinamento era dovuto alla diossina, avrebbero dovuto esporre subito i rischi cui andavano incontro le donne incinte. Dovevano cioé dire subito:
I) che la diossina ha presumibilmente azione mutagena, cioé puó colpire in qualsiasi momento sia l'organismo della madre sia l'organismo racchiuso nel suo utero provocando il rischio di una piú frequente incidenza di cancri o di malattie ereditarie; 2) che la diossina ha effetti anche a distanza sul fegato e sul rene, che questi organi sono già messi a dura prova dalla gravidanza, cosicché gli effetti della gravidanza e dell'intossicazione possono in qualche modo sommarsi, provocando zioni: o sulla sofferenza psichica per il timore di mettere al mondo un bambino malato, o sul timore per la propria salute, per il proprio fegato e i propri reni.
Ma i baroni si sono comportati in ben altro modo. Hanno continuato a tergiversare, a rimandare, eludendo l'ostacolo e mollandosi l'un l'altro la patata bollente, senza nessun riguardo per la salute delle donne incinte; e questo per un dottore é cosa grave.
Infatti all'inizio, invece di servirsi umilmente dei dati già in loro possesso, piú che sufficienti per una seria diagnosi, hanno chiesto tempo per "mettere a punto nuove tecniche". Hanno in questo modo aspettato diciotto giorni per riconoscere alle donne il diritto a una scelta che oggi diventa piú straziante, e anche piú pericolosa dal punto di vista fisico. In questi diciotto giorni i luminari hanno giocato alla ricerca scientifica. Volevano elaborare una tecnica per indivi-
Aborto: a che punto è la legge
La battaglia politica sull'aborto non accenna a risolversi. Su questo terreno la tattica del "ni", dell'astensione, non sembra possibile. E' un problema troppo scottante. Qui é necessaria una chiara presa di posizione, una scelta di campo, in un senso o nell'altro, anche se mitigata da un'accorta scelta di termini, per stabilire se alla fine sarà la donna a decidere oppure no. Le prime avvisaglie avevano preannunciato un autunno caldo su questo fronte, ma successive messe a punto hanno sdrammatizzato il clima precisando la presa di posizione ufficiale del P.C.I.: l'ultima parola, cioé la decisione definitiva, quella che conta, spetta alle dirette interessate, alle donne. Però prima di decidere definitivamente, dovranno passare attraverso il filtro e il vaglio del medico. Secondo i comunisti si tratta di un filtro e di un vaglio che avranno valore di puro, ma fermo consiglio. Radicali e PdUP respingono ogni commissione e colloquio preventivo. I socialisti sono piú elastici. Secondo loro la messa a punto del P.C.I. apre la strada alla possibilità di un ragionevole accordo tra i partiti laici. Difatti gli abortisti sono ora in maggioranza, una maggioranza da cui puó scaturire un progetto unico.
Ma cosa farà la D.C.? Le voci sono tante e diverse: ci sono settori del partito, si dice, che sono pronti a servirsi della battaglia sull'aborto per mettere in crisi il governo. Altri invece stanno spolverando corazze e cimieri per la prossima crociata. Ma c'é chi dice che tutte queste son scene: la Democrazia Cristiana se ne starà lí buona buona, pronta ad afferrare il minimo appiglio che le potrà venire da qualche divergenza del fronte laico.
Comunque, tutto lascia sperare che se la D.C. farà un discorso anche di contestazione, ma non di ostruzionismo, si possa arrivare a una legge che risolva finalmente il problema dell'aborto lasciando alla donna la facoltà di decidere.
S.R.L.
FOTO - OTTICA
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